Piccola premessa prima di
iniziare…questa è la mia prima Shot romantica che non a un pizzico di
malinconia. Non sono portata per queste cose, credo, visto che non ho affatto un
stile brillante…mi sono, però, particolarmente applicata, nella speranza di
risollevare il morale ad un’amica che, in questo momento, non se la passa
esattamente bene…
Cecilia,
amore, scrivere commedie non è nelle mie corde…non ci sono proprio portata,
tesoro mio, perché credo fondamentalmente di essere una persona un tantino
noiosetta…ci ho provato anche stavolta e, anche se non sono esattamente
soddisfatta…eccoci qui. E’ per te. Perché spesso non capiamo il motivo
delle nostre cadute, ciò che sta dietro ad un rovinoso capitombolo, o dietro la
pelle delle nostre mani, incisa dalla forma dei ciottoli su cui siamo
crollati…il destino è il più delle volte imperscrutabile. Incomprensibile. E
l’uomo non è capace di interpretarlo. A tutto c’è un perché, tesoro, non
sono certo io a dovertelo dire…si abbandona una cosa per acquistarne
un’altra migliore. Sempre. Non voglio insegnarti cose che già sai…solo
ricordartele; perché ogni tanto fa bene ^__-
Altra cosa, poi potete
andare…Lily, tesoro, avrei voluto dedicarti una bella H/G, ma
ultimamente l’ispirazione fa i capricci…conto sul fatto che mi hai sempre
detto che il mio Ron non ti dispiace più di tanto…te la dedico più che
volentieri, perché oltre ad essere una persona dolcissima- nonché unica donna
del ventiduesimo secolo votata al martirio…beta-leggere i prossimi di
TS&D…O_o-, ed avermi dedicato, con sommo onore da parte mia, la tua prima
Fanfiction, sei anche una persona con la quale è piacevolissimo parlare…ti
adoro, piccolina.
Per gli
altri…perdonatemi se questa Shot non è il massimo. Ed è noiosa. E perché
non ho ancora sfornato il nuovo capitolo del mattoncino…no, alt! Per questo
dovreste essermi grati ora che ci penso.
*The Terminal*
“Quando
penso a tutto ciò che mi è accaduto, non posso togliermi dalla testa l’idea
che un destino misterioso tessa i fili della nostra vita, con una visione chiara
del futuro, in cui i nostri desideri e progetti non hanno spazio.” -Matilde Asensi
***********************
La
Magic Airlines si presentava come la compagnia di volo più prestigiosa tra
quella presenti in territorio inglese.
“Voli
per tutte le bacchette!”, recitava lo slogan della società, nata solo qualche
anno prima, al solo scopo di soddisfare gli assurdi capricci di un nutrito
gruppo di maghi che, quasi per caso, aveva scoperto i piaceri del volo di linea.
Gli
aerei della Magic non si differenziavano poi molto da quelli della “British”
o della “American”, se non per il fatto che, a bordo, i loro passeggeri
potevano usare liberamente la magia, senza il timore di infrangere lo statuto di
segretezza, entrato in vigore da qualche mese a quella parte.
Il
ministro aveva, infatti, preso la decisione di applicare una severa legge che,
di fatto, permetteva le materializzazioni solo in territorio nazionale;
procedimento che, come si può facilmente intuire, aveva portato un malcontento
generale.
L’abile
politico, tuttavia, non sembrava curarsene troppo, sicuro del teorema che vuole
un disegno di legge valido solo se accompagnato da vivaci polemiche.
Eveline
Murdoch seguì distrattamente l’ennesima intervista al portavoce di Cooke e,
sospirando, si portò la tazzina di caffè alle labbra.
Gettò
un’occhiata veloce alla sua collega che, a qualche metro da lei, stava
ordinando un Croissant, rifilando una gomitata ad una ragazza dai capelli mossi,
che dimostrava avere la sua stessa età.
Eveline
schioccò la lingua contro il palato, assaporando l’aroma intenso ed
inebriante della bevanda che si era appena concessa.
I
suoi occhi corsero alla larga vetrata che, proprio dietro il barista, rifletteva
la sua immagine; si sistemò il colletto azzurro della divisa e, dopo essersi
portata una ciocca di capelli scappata alla sua severa crocchia dietro
l’orecchio destro, picchettò le labbra con l’indice, per sfumare
leggermente il rossetto.
Rimirò,
soddisfatta, l’immagine che lo secchio le rifletteva e, con passo altero, si
diresse verso il Container, pronta a ricevere i passeggeri che, quel giorno,
avrebbe dovuto accompagnare negli States.
Affondò
le lunga dita affusolate nella pochette, cercando a tentoni il distintivo, ma,
tra cipria e matite, l’impresa si stava dimostrando ben più ardua del
previsto; continuò a camminare, tacchi permettendo, portando, tuttavia, il suo
sguardo alla borsetta e non accorgendosi, così, che la sua traiettoria si stava
per incrociare con quella di un ragazzo molto alto e dal fisico statuario.
Quando
si scontrarono, Eveline dovette mordersi la lingua per masticare
un’imprecazione; ne andava del prestigio di un’intera categoria, diamine!
Si
massaggiò la caviglia, dolorante, ed alzò gli occhi verso l’uomo con il
quale si era scontrata; per poco non gli si mozzò il fiato in gola.
Essendo
una Hostess, considerava quasi una deformazione professionale quella di
conoscere, quotidianamente, ragazzi attraenti; ma mai, in tutta la sua carriera
-per quanto corta potesse essere- aveva incontrato un ragazzo che, pur avendo i
capelli rossi, era tanto affascinante.
Rapita
dal movimento delle labbra di lui, non fu in grado di assimilare pienamente il
suo discorso, limitandosi così ad afferrare la sua mano per rialzarsi e a
scrutare, per quanto più tempo la buona educazione le potesse concedere, quei
profondi occhi cobalto…occhi che le ricordavano qualcuno, anche se non sapeva
esattamente chi.
Il
ragazzo sorrise e si congedò, lasciandola così al centro della sala
d’aspetto, un tantino stordita, mentre la mente correva agli ultimi articoli
pubblicati dal “Settimanale delle Streghe”.
******************************
Colin
Edwards sbadigliò sonoramente, lottando tenacemente con le sue palpebre che,
quella mattina, non ne volevano sapere di restarsene aperte.
Un
sorriso debole increspò le sue labbra, quando la mente gli suggerì il perché
di quello strano fenomeno.
Suo
figlio, un cosino di neppure due mesi, aveva pianto per gran parte della notte
passata, costringendo lui e sua moglie a passare la notte in bianco.
In
tutti i sensi.
Certo,
avere un bambino era un cosa fantastica (pannolini e ariette a parte) e tutto il
resto, però…era dura per un uomo tanto giovane privarsi di uno dei piaceri
migliori della vita.
Scosse
la testa e si impose di riacquistare almeno una parvenza di lucidità.
Salutò
Joe che, dopo avergli assicurato che aveva controllato tutti i portelloni del jumbo
AZ-1515 per N.Y. scese le scalette, spostandosi così sulla pista
d’atterraggio.
Colin
portò d’istinto le mani sporche di grasso sui pantaloni della tuta da lavoro
ma, ricordando i rimproveri della sua compagnia, optò, alla fine, per l’uso
di uno strofinaccio consunto.
Almeno
resterà pulita ancora per un po’.
Si
passò una mano tra i capelli e osservò attentamente una porta scorrevole che
portava alla seconda toilette presente sul ZZ-1515; Joe era un novellino del
mestiere e, per quanto abile fosse, era meglio dare una controllata anche a
quello sportello.
Fece
per raggiungere quell’area, quando il suo Walkie-Talkie gracchiò
rumorosamente.
“Ehi,
Colin! Bisogna fare il pieno di carburante allo ZZ!”, esclamò
dall’apparecchio la voce di un suo collega.
Colin
sospirò, passandosi una mano sugli occhi.
“Ma
non doveva farlo Edwin?”, chiese, portando la bocca accanto alla radiolina.
“Doveva,
ma è in malattia…e noi non possiamo farlo. Lo fai tu?”.
Colin
sbuffò e lanciò un’occhiata alla Toilette.
Infondo
il ragazzo non ha mai sgarrato, ed è qui da sette mesi…andrà bene anche
stavolta.
“Arrivo”.
*****************************
“Non
mi importa se il capo dell’opposizione si dice contrariato dal nuovo disegno
di legge. La storia mi darà ragione!”; trattenne a stento un sorrisetto,
quando il televisore posto dietro il balcone del bar, divulgò l’ennesima
intervista del Capo del governo.
Mescolò
con le dita le caramelline presenti in un contenitore di cartone accanto ad una
tazzina vuota, sentendosi tornare bambina.
Come se smuovere delle cartine colorate potesse farlo,
ragazza…
Sospirò
pesantemente, incrociando le braccia al seno e aspettando pazientemente il suo
turno al banco.
Lanciò
un’occhiata rapida al suo orologio da polso-regalo da parte della nonna, per
il diploma-; le 9.00.
Si
morse le labbra nervosamente, chiedendosi se avesse fatto la cosa giusta; sin da
piccola, aveva amato in modo particolare le Brioche del bar dell’aereoporto ma
avrebbe dovuto prevedere che, in tutta probabilità, non era la sola.
Si
rimproverò per la sua mancanza, sperando seriamente nella sua buona stella.
Lo
sguardo le cadde su un cucchiaino d’argento; il dorso dell’oggetto le rimandò
l’immagine di una ragazza abbastanza carina, dai lunghi capelli marroni e
dagli espressivi occhi scuri, il naso impercettibilmente aquilino.
Afferrò
un lembo di pelle tra pollice ed indice e strinse violentemente; per lo meno,
non c’erano ancora rughe.
Si
alzò sulla punta dei piedi, nel mero tentativo di capire perché mai
l’anziana davanti a lei ci stesse mettendo così tanto tempo, quando si sentì
rifilare una potente gomitata al fianco.
“Ahi!”,
esclamò, portandosi una mano sulla parte dolorante.
La
giovane donna che gliela aveva data- un Hostess pesantemente truccata e con
l’aria da snob- la guarda dall’alto in basso.
“Almeno
chiedere scusa, eh?!”; sbottò lei, decisamente alterata per la maleducazione
dell’altra.
La
ragazza incrociò le braccia al petto, assumendo una posa che, presumibilmente,
considerava provocatoria.
“E
perché mai?”.
“Perché
mi hai fatto male. E perché rientra nelle regole di buona educazione.”; si
interruppe, scrutandola attentamente. “E, visto che, essendo un’ Hostess, te
ne dovresti intendere di regole comportamentali, non dovrei essere certo io a
dirtelo.”.
L’Hostess
fece per replicare, quando un luccichio di comprensione la attraversò gli
occhi.
La
fissò, sbigottita.
“Ma
lei è…!”; l’altra si scagliò contro di lei, tappandole la bocca.
“S’ì,
lo sono…cambia qualcosa…”, si interruppe.
Lo
sguardo corse al cartellino della ragazza.
“…Virginia?!”,
l’altra scosse la testa e si spostò leggermente, lasciandola raggiungere, così,
il banco.
Porse
lo scontrino e, immediatamente, le venne servito un cappuccino ed un Croissant
caramellato.
Caldo…buono.
Lascio
il passo a Virginia e, in men che non si dica, raggiunse un tavolino appartato.
Staccò
un minuscolo pezzo del dolce e, in un silenzio religioso, se lo portò
alle labbra.
Adorava
le Brioche, sin da quando suo padre- contravvenendo palesemente alle
disposizioni della madre- le portava a casa la domenica mattina, fragranti,
quando non era che una bambina.
Dopo
aver assaporato anche l’ultimo boccone, fissò attentamente indice e pollice,
appiccicaticci.
Si
gettò un’occhiata attorno; nessuno badava a lei.
Umettò
un tovagliolino e, lentamente, si pulì le dita.
Afferrò
la tazza bianca e sorseggiò la sua dose quotidiana di caffeina, guardandosi in
giro; la sala era percorsa da uomini e donne che, ventiquattrore di pelle nera
alla mano e Rayban-o Chanel- agli occhi, controllavano scrupolosamente i loro
biglietti d’imbarco.
Portò
istintivamente la mano alla borsa, cercando un corpo sottile e liscio.
Lo
aveva riposto nel bauletto di pelle già qualche giorno prima, per sicurezza, ma
l’imprevisto era sempre in agguato.
Tastò
la tasca interna e, dopo qualche manovra, estrasse
il suo pass.
Hermione
Jane Granger; ZZ-1515, posto duecentododici.
Appoggiò
il mento al palmo della mano; adorava volare.
Sarebbe
stato un gran bel viaggio.
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Che merda di viaggio che sarà!
Si
passò una mano tra i capelli rosso fiamma e umettò le labbra, incredibilmente
screpolate, con un po’ di saliva.
Odio
volare.
Affondò
le mano nelle tasche dei pantaloni da taglio classico, le maniche della camicia
di un bianco immacolato arrotolate appena sopra i gomiti.
Si
sciacquò il viso con un po’ d’acqua gelida e, quando uno schizzò raggiunse
il colletto, trattenne a stento una risata.
Si
sentiva ridicolo, con quei vestiti addosso ma, d’altronde, Molly era stata
lapidaria.
“Non ti vorrai far vedere dal tuo nipotino vestito da
barbone, vero?!”;
la voce della madre gli risuonò nelle orecchie e trattenne a stento un
sorrisetto.
Quello
che sua madre intendeva per abbigliamento da Barbone corrispondeva, in realtà,
ad un paio di Jeans abbinato ad una felpa larga.
Effettivamente,
un po’ azzardato per un ragazzo di ventisette anni, ma…miseriaccia, i tempi
erano cambiati, no?!
Si
massaggiò la gola energicamente, chiedendosi perché mai le pasticche che
Madama Chips gli aveva prescritto non avessero ancora fatto il loro dovere.
Non
voleva certo che la prima frase detta al suo nipotino- nonché figlioccio- fosse
un debole vagito, no?
“Prova,
prova…”, gracchiò, ma il suono che fuoriuscì dalla sua bocca non
assomigliava affatto alla sua voce.
Era
di almeno due ottave più basso, senza contare che era roco.
Sorrise
al suo riflesso; era stato un cretino a non prevedere che Ethel gli avrebbe
passato il mal di gola.
Valli
tu a fermare, gli istinti del momento…, pensò.
Gettò
un’occhiata al basso ventre.
Più
che altro, vallo a fermare.
Trattenne
a stento un sorrisetto d’orgoglio.
Rinfrancato
dai ricordi della piacevole notte trascorsa, si asciugò velocemente le mani,
deciso a concedersi almeno un succo prima dell’imbarco.
Dopo
essersi chiuso la porta del bagno alle spalle, avanzò lentamente tra la folla,
guardandosi in giro senza sapere esattamente il perché.
Sensazioni,
ecco.
“Bubi!”;
il suo sguardo si spostò su un alano che aveva l’aria di essere alquanto
nervoso e che stava letteralmente trascinando la sua padrona, tra un morso alle
scarpe e l’altro; stava per raggiungerla per darle una mano, quando si scontrò
con un’altra ragazza.
Si
massaggiò il collo lentamente, e, dopo qualche istante, si rialzò, recuperando
il portafoglio, caduto a terra.
Studiò
il volto della giovane donna, colpito dalle fattezze innegabilmente belle della
ragazza.
Pronto
a fare il Replay, a bordo, amico?, pensò, gettando un’occhiata
alla zip dei pantaloni.
Si
stampò sulle labbra un sorriso di circostanza e porse la mano all’Hotess.
“Mi
perdoni…”; lo sguardo corse al distintivo.
“…Eveline.
Ero troppo occupato ad osservare la sua figura per accorgermi che le stavo
venendo addosso.”; sorrise accattivante, piacevolmente lusingato dalla smorfia
attonita dipinta sul volto di lei.
Studiò
per qualche secondo il suo viso, ora contratto in un’espressione di
comprensione.
Riconosciuto
anche qui, cazzo!
Sorrise
falsamente e, dopo averla salutata, si
portò nel locale adibito a mensa.
Ordinò
un succo di zucca gelato e, approfittando del servizio, decise di acquistare lì
la sua copia del Profeta.
Aprì
il giornale e, nel tempo di un battito di ciglia, un sospirò si levò dalle sue
labbra.
La
prima pagina era farcita dalle dichiarazioni del primo ministro e,
all’articolo che occupavo il centro del foglio, seguiva un Reportage di un
famoso cronista, che andava denunciando il controllo assolutamente inadeguato
che i servizi aeroportuali ponevano nel contrastare l’attività terroristica.
Ron
sbuffò ed accartocciò le figure dei due, gettando il quotidiano nel cestino
accanto al banco.
Ci
mancava solo questa, per volare tranquillo…
Da
buon Auror, sapeva che l’attività dei mangiamorte sopravissuti alla caduta di
Voldemort si svolgeva soprattutto all’estero; era stato questo il motivo che
aveva spinto i suoi superiori ad affidare a lui la giurisdizione locale e ad
Harry il controllo del territorio statunitense, ove era ospitata una nutrita
comunità magica.
Controspionaggio,
lo chiamavano.
Ginny
aveva deciso di seguire il compagno all’estero e, dopo sei mesi, aveva
scoperto di essere incinta.
Il
bambino- un piccoletto che aveva, a detta degli zii Fred e George, gli occhi
della mamma ed i capelli del papà- era nato da appena due settimane, ma sua
sorella aveva espresso il desiderio di battezzarlo al più presto.
Se
i nonni avrebbero raggiunto, per motivi logistici- avete idea di quante ore ci
vogliono per fare una torta a forma di culla, eh?!-, la Grande Mela solo tra
qualche giorno, Ron, in qualità di padrino, era stato invitato a raggiungere la
City al più presto.
Sospirò
e si passò una mano tra i capelli.
Lo
sguardo si spostò prima sull’orologio a muro, poi sui capelli mossi di una
ragazza, che gli dava la schiena, a pochi metri da lui.
Una
morsa gli serrò il cuore.
Distolse
in fretta gli occhi, imponendo alla sua immaginazione di non correre…lei si
sarebbe sposata presto.
Glielo
aveva comunicato sua cognata, che aveva avuto la notizia di prima mano dallo
sposo stesso.
Il
tuo intuito funzionava bene già allora, vecchio mio…,
pensò, amaramente.
Tuttavia,
il pensare di aver intuito, già anni or sono,
che Vicktor l’avrebbe avuta, non servì affatto a lenire il suo dolore.
Ed
il fatto che fosse stato proprio lui a spingerla tra le sue braccia, non servì
a migliorare la situazione.
E’
finita! Prima lo accetti, meglio sarò per tutti…per te soprattutto.
Non
poté evitare di soffermarsi, però, ancora sulla schiena della sconosciuta.
Non
poteva essere lei; a quell’ora, con tutta probabilità, se ne stava a fare le
prove per il suo vestito da sposa.
Ingurgitò
il resto del succo con foga.
Non
era lei.
Nossignore.
Rinfrancato,
appoggiò il bicchiere vuoto al ripiano di legno e, dopo essersi ravvivato, per
l’ultima volta, i capelli con le dita, raggiunse una poltroncina di plastica,
predisponendo anima e corpo a quello che sarebbe stato un pessimo viaggio.
Se
non altro per l’immagine di lei e del monociglio in testa.
************************
Hermione
si sedette su una seggiolina grigia e si preparò all’imbarco.
Estrasse
uno specchietto dalla borsa, terrorizzata dalla possibile presenza di zucchero a
velo sulle sue labbra.
Dopo
aver constato che era ancora capace di usare correttamente un tovagliolo,
Hermione afferrò al volo una rivista di moda- di quelle che si comprano proprio
quando si ha l’impellente bisogno di distrarsi- e prese a sfogliarla
attentamente, alla ricerca di nuove idee per il suo vestito.
Sembrava
che, da qualche tempo, tutto le stesse remando contro, per quel matrimonio.
La
sarta si era fratturata il polso, una gelata improvvisa aveva rovinato le
composizioni floreali, l’estetista
aveva deciso di prendersi un anno sabbatico, lo chef del ristornate si era
sognato, dall’oggi al domani, di darsi esclusivamente alla cucina francese,
quando il suo fidanzato aveva espressamente richiesto un pranzo bulgaro…
Hermione
sorrise; fidanzato.
Se
qualcuno le avesse chiesto come si sentiva in quel periodo, probabilmente
avrebbe risposto che versava in uno stato di indifferenza.
Non
nel senso che non era felice della scelta che lui aveva preso ma perché, più
che altro, tutto le era piombato tra capo e collo nel giro di sei mesi.
Un
incontro quasi fortuito, un riscoprirsi a vicenda, un fidanzamento lampo e…eccolà
lì, pronta a salpare per la City.
Se
la scusa ufficiale del suo viaggio era quella di incontrare una zia di Vicktor
che scalpitava per conoscerla (almeno, stando alle parole del suo ragazzo),
quella ufficiosa- e decisamente, più vera-, era quella di vedere il bambino
della sua migliore amica.
Vicktor
non apprezzava la sua amicizia con Harry e Ginny; pensava che il loro legame
avrebbe potuto indurla a riallacciare i rapporti anche con…bè, con lui.
Al
pensiero di Ron, un’ombra la attraversò il viso; respirò profondamente,
tentando di riportare alla mente gli esercizi di Yoga che Ginny le aveva
insegnato, in quello che senza ombra di dubbi considerava il periodo più buio
della sua vita.
5
anni; tanto era il tempo trascorso dall’ultima volta in cui l’aveva visto.
Si
morse le labbra; basta, non era il caso di farsi il dente avvelenato per
quello…amava volare, e aveva aspettato per mesi interi quel viaggio,
prendendolo come un’occasione per scappare alle assillanti attenzioni del suo
ragazzo.
E
niente e nessuno, avrebbe potuto rovinarglielo.
Neppure
il ragazzo che, seduto schiena contro schiena alla sua, stava facendo tremare
anche il suo seggiolino.
Almeno,
questo era quello che lei credeva.
***************************
Dannati
sedili, come diavolo si può pensare che un maschio fatto ci stia?!
Diede
un’ultima spallata allo schienale, cercando una posizione che gli desse almeno
l’illusione di non essere una sardina.
Merlino,
era già sudato nel terminal, in che condizioni sarebbe arrivato a New York?!
Con
un’altra manovra estrasse dalla tasca posteriore il suo biglietto.
Ronald
Bilius Weasley, ZZ-1515, posto duecentoquindici.
Sbuffò;
fosse stato almeno vicino all’oblò…invece quello non era altro che un posto
in mezzo.
Si
passò una mano sugli occhi, crollando per l’ennesima volta sul seggiolino.
“La
vuole smettere di agitarsi tanto?!”, sbottò una voce acidula, alle sue
spalle.
L’istinto
fu quello di girarsi, ma, nel timore di perdere di loquacità nel farlo, incrociò
la braccia al petto, facendo pressione, volutamente provocatorio, sulla propria
sedia.
“Scusami,
non ho sentito bene…puoi ripetere?”, gracchiò, chiaramente divertito.
Un
piacevole diversivo per il viaggio…
“Allora
dovrebbe lavarsi le orecchie, la mattina, invece di fare il bagno nel
profumo…”.
Uhu, colpito, Weasley…
“Ma
non mi dire…allora, forse, non sei la classica zitella acida che sembri
essere, se ti sei accorta del profumo…”.
*****************************
Zitella
a me??!!
“A
parte il fatto che mi sto per sposare…”; fu istintivo portarsi le braccia al
seno. “…zitella è un modo di dire antiquato. E retrogrado. E tipico di
maschio egoista e sfaticato.”.
Tipico
da maschio in generale…
“…e,
anche se fossi Single, almeno non devo costringermi a fare le vasche in un
profumo, per portarmi a letto una donna.”.
I
vantaggi dell’essere donna…
“Credimi,
dolcezza, non è piacevole neppure per noi perdere tempo davanti allo specchio,
tra dopo-barba e cremine varie…ma, del resto, è colpa vostra…se solo ce la
deste con meno cerimonie, non dovremmo applicarci tanto, e l’aria comune
sarebbe preservata dal profumo di Acqua di Giò.”.
DESTE
SENZA MENO CERIMONIE??!!
********************************
Guardala
ora come si incazza…, pensò, reprimendo a fatica una risata.
Se
c’era una cosa che amava fare, era quella di provocare le persone; poco
importava se fosse sua madre, o la sua nuova fiamma, o uno dei suoi fratelli, o
il suo capo.
Sua
madre gli voleva troppo bene, per strapazzarlo come avrebbe voluto, le sue
fiamme, troppo impegnate ad idolatrare la sue veste di “Salvatore del
mondo”, i suoi fratelli troppo divertiti ed il suo capo frenato dal
rimproverarlo per via della sue indubbie capacità.
Stronzo
collaudato; ecco com’era diventato da quando lei l’aveva lasciato.
Perché,
proprio lui, sempre così generoso ed accomodante- bè, almeno lo era diventato
dopo la caduta di Voldemort- aveva pagato una debolezza con quella che
considerava la cosa più preziosa della sua esistenza: lei.
Che
senso aveva fare il bravo ragazzo, se l’unica persona per la quale valeva la
pena farlo, sarebbe convolata a nozze con Vicky da lì a qualche settimana?
“Mi
dica, non è che sente nostalgia di casa?”.
Eccome,
baby, se la sento…peccato che casa mia, ora, sia usurpata da un analfabeta
bulgaro.
“Non
per farmi gli affari suoi, sa…ma conosco un tipo alla cooperazione per gli
affari magici che sarebbe disposto a prestarle una Giratempo per tornare alla
sua caverna.”.
Boccheggiò,
piacevolmente sorpreso dalla sua risposta.
Hai
capito…non solo risponde, ma mi dà pure del troglodita!
“Sai,
se mi ci accompagni, posso anche accettarla come proposta.”, esclamò,
gesticolando.
E
faresti bene ad accettarla anche tu…avresti solo di che guadagnato.
*****************************
“Oh,
lo farei più che volentieri, se non mi dovessi sposare tra qualche
settimana…sa, sono sempre stata una votata al martirio e, decisamente,
accompagnarla potrebbe solleticare questa mia predisposizione.”.
Colpito
ed affondato, bello, a questa non puoi rispondere.
“Sindrome
da crocerossina la chiamano.”.
Qualcosa
di molto simile ad un guizzo d’orgoglio le sconquassò il petto, ma si
rimproverò immediatamente…che senso aveva gioire nel destabilizzare un
perfetto sconosciuto?
Fosse
stato Ron, allora sì che avrebbe avuto un senso.
Ma
quello non era Ron; non aveva ancora trovato il coraggio di girarsi per vedere
il suo interlocutore in viso- l’anonimato smuove ogni freno che la buona
educazione porrebbe- ma la voce era completamente diversa da quella di Ron…
*******************************
“Crocerossina,
eh? Bè, allora la tua etica professionale ti impone di soccorrermi, giusto?”;
sorrise “Bè, sappi che soffro di Mal d’aria…bisognerà tenermi impegnato.”.
Con
questa, è meglio che esponi bandiera bianca, cara…
“Oh,
stia certo che mi premurerò di segnalare personalmente il suo caso ad
un’Hostess che, ne sono certa, sarà molto più disponibile di me.”.
Raccolse
le sue riviste ed il bauletto di pelle, sollevandosi rapidamente dalla sua
sedia.
“A
mai più rivederci, spero.”.
“Ma
non si vergogna a pugnalarmi così, al cuore?”, se ne uscì lui, chiaramente
galvanizzato da quella che considerava una sua ennesima vittoria sul piano
linguistico.
“Oh,
non si preoccupi…il suo ego spropositato saprà suggerirle sicuramente una
cura migliore di quella che le potrei offrire io.”.
Detto
questo, la sconosciuta se ne andò, accompagnata dal rumore di tacchi.
Weasley,
il viaggio non potrebbe iniziare meglio, ora…
*****************************
Il
viaggio non potrebbe iniziare peggio, cavolo!
Hermione
affondò pigramente nel morbido sedile che le era stato assegnato, lo sguardo
fisso sulle unghie.
Ennesimo
motivo di dispute con Vicktor…
Essendo
da sempre al centro dell’attenzione dei media, Vicktor le aveva più volte
ripetuto che avrebbe dovuto riporre un po’ più di attenzione alla cura del
suo corpo, ma lei si era sempre rifiutata di ascoltarlo.
Quell’uomo
l’aveva già cambiata troppo e, a voler essere completamente sincera con se
stessa, la cosa non le piaceva affatto.
Lui
aveva tanti difetti, che spaziavano dall’ironia pungente all’ostinazione, ma
mai, in due anni che erano stati insieme, aveva tentato di cambiarla,
Ti
amava così per come eri., si disse, mordendosi immediatamente dopo le labbra.
Se
davvero fosse stato così, non avrebbe fatto quello che aveva fatto.
L’illudersi
non fa parte delle tua abitudini, ‘Mione…
******************************
Ron
si stiracchiò lentamente, sentendosi, dopo neppure qualche secondo che era
seduto, già costretto da quella scomoda posizione.
Lo
sguardo si spostò sui suoi compagni di viaggio; alla sua destra, sedeva un
Arabo vestito elegantemente mentre, alla sua sinistra, un’anziana
dall’accento irlandese, impegnata ad ascoltare un cd di musica celtica.
Gli
occhi gli caddero sull’oblò sporco, posto accanto all’anziana donna e,
quando realizzò che da lì a poco, la visione del vuoto si sarebbe sostituita a
quella dell’asfalto, si sentì mancare l’aria.
Odiava
volare; la consapevolezza che non era lui alla guida di quel danno elitottero
era il vero motivo di tanto timore.
Sospirò
e chiuse gli occhi, imponendo di mantenere il sangue freddo.
Era
un Auror, porca miseria, un Auror che, per lo più, aveva comportato alla caduta
di Voldemort…che cos’era un volo di qualche ora, a confronto?
Dopo
essersi assicurato che i suoi compagni di viaggio fossero troppo impegnati per
vedere cosa stava facendo, puntò le ginocchia al sedile davanti al suo,
cercando una posizione migliore di quella assunta sino a quel momento.
“Mi
scusi, ma potrebbe, cortesemente, spostare le sue ginocchia da lì?!Sta
affondando nella mia schiena…”, sbottò una voce davanti a lui.
Si
ridestò immediatamente ed un sorriso gli balenò in viso.
“Tu?!Quando
si dice il destino!”, esclamò, ora decisamente sollevato alla prospettiva di
trascorrere qualche ora con quel curioso individuo.
***************************
Lui?!
Si
battè una mano sulla fronte.
Peggio
di così non poteva andare!
Fece
per alzarsi in piedi, ma le cinture di sicurezza glielo impedirono.
Chiamò
a gran voce una Hostess.
“Sì?”,
chiese l’altra, zuccherina.
“Sarebbe
possibile cambiare posto, signorina? Non…non mi sento a mio agio, qui.”; i
suoi vicini le lanciarono un’occhiataccia, mentre l’altra inarcò un
sopracciglio.
“Non
si sente a suo agio?”.
Una
voce alle sue spalle intervenne.
“E’
per via del mio indubbio fascino…la mette in soggezione.”, esclamò lo
sconosciuto, con una punta d’ironia.
Ma
guarda te che razza si stron-.
La
ragazza sorrise.
“Bè,
probabilmente, fossi al posto della Miss, mi sentirei anche io in
soggezione…”, mormorò, sbattendo le ciglia.
Perfetto!
Ci mancava solo l’ Hostess che ci sta…
****************************
Sorrise.
Weasley in buca, Weasley in
buca, Weasley in buca…
“Ecco,
glielo dica anche lei alla signorina acidità-è-il-mio-secondo-nome che cosa si
perde a non avermi ancora degnato di uno sguardo…”.
“Oh,
bella questa! Mi perdoni se non ho ancora solleticato adeguatamente la sua vanità…no
grazie, non ci tengo proprio a vederla in viso.”.
“Bè,
ragazza, sei tu che ci perdi, non io!”, mormorò, facendo l’occhiolino alla
Hostess.
La
ragazza si sciolse in un sorriso a trentadue denti e si voltò verso la ragazza.
“Anche
perché lui è famoso, è…”; Ron la zittì.
“Shhh!
E l’anonimato, dove lo mettiamo?!”.
E
poi non mi va che lei si trattenga solo perché sta parlando con Ron-fredda-Voldie-Weasley…
La
ragazza sorrise, mentre quella seduta davanti a lui sbuffò.
“Non
mi taglierò certo le vene se mi sarò privata del piacere di conoscere un
V.I.P. tanto pieno di sé come lei…”.
“Ma
come?! Solo i giocatori di Quidditch sono pieni di sé…”; si morse le
labbra.
E
cazzo se è vero! Dannato bulgaro che mi hai fregato la ragazza!
“E
questa da dove l’ha imparata, dal “Settimanale delle Streghe”?”; a
quella parola, il volto della Hostess si illuminò di comprensione.
“Ma
anche lei è…!”, esclamò, indicando il sedile difronte al suo.
“Ma
non mi dire, un altro viso noto?”, chiese Ron.
“Non
dica nulla, la prego, se lui vuole nascondermi la sua identità, non vedo perché
non dovrei farlo anche io…”, mormorò la sconosciuta.
“Non
devi far altro che voltarti, se sei tanto curiosa…”, ribattè lui, più
divertito che mai.
Si
sporse in avanti, portando le labbra dinanzi alla fessura che separava un sedile
dall’altro.
“La
verità è che questo gioco diverte anche te, piccola…giocare all’Indovina
Chi, intendo.”; si ritrasse, stordito dal profumo delicato di lei, che sapeva
di Lavanda.
L’
Hostess li lasciò soli, chiedendosi come diavolo potessero due persone che
avevano salvato il mondo, non riconoscersi anche su un mezzo in cui, per forza
di cose, il mondo era così piccolo.
**************************
Hermione
frugò nella sua borsa, alla ricerca delle pastiglie per il Mal d’aria che
Poppy le aveva prescritto, solo qualche giorno prima.
“Che
fai?”, le chiese una voce gracchiante e decisamente bassa che, ormai, aveva
imparato a conoscere.
“Verrebbe
da dirle che sto tentando disperatamente di ignorarla, ma la cruda realtà è
che cerco le pastiglie per il Mal d’Aria.”.
Lo
sconosciuto scoppiò a ridere.
“Lo
sapevo! Lo sapevo che avevi una fottuta paura di volare…tipico di voi femmine,
se non avete un principe azzurro al vostro fianco, dovete ricorrere alle
medicine.”.
Ma
chi è questo, la Cooman in incognito?
“Posto
che sto seriamente pensando di rifilarle un Crucio se non la smette di fare il
maschilista, guardi che gran parte dei miei ex erano dei giocatori di
Quidditch…sarei stata proprio messa male se avessi avuto paura di volare.”.
Guarda
te se mi devo vergognare di aver paura di una scopa…ex, poi…due, sai che
schiera!
“Posto
che avresti serie difficoltà a rifilare un Crucio proprio a me…direi
che smetterò di essere maschilista solo quando tu cesserai di essere
femminista. E poi, perdonami, non ci vedo proprio nulla di male nel fatto che
voi ragazze abbiate un bisogno estremo di noi.”; Hermione sorrise ed alzò gli
occhi al cielo.
“Più
che altro siete voi ad avere bisogno di noi…basta, mi voglio godere la
partenza senza avere la sua voce che mi gracchia nelle orecchie.”.
“Certo,
come no…infieriamo su questo povero ragazzo, che si è buscato un mal di gola
pazzesco…”.
“Le
serve una pastiglia?”.
“Ma
che è, giri con un pronto soccorso in quella borsetta? Comunque no, grazie, una
cara amica me ne ha dato una scatola.”.
“Ah,
immagino sarà una delle sue tante amichette, vero?”.
“Colgo
una leggera punta di invidia…già stanca della monogamia, Miss?”.
“Si
figuri…”.
E’
la Cooman in incognito; ora lo so.
Silenzio.
“E
comunque no, non è una delle mie “amichette”…è un’infermiera che
conosco da quando ero ragazzo.”.
“Bene,
buon per lei.”.
Silenzio.
Appoggiò
il gomito al bracciolo, godendosi la partenza.
L’aereo
prese velocità.
“Sicuro
che non le serve una pastiglia?”.
“Ma
per chi mi hai preso?! Ho trascorso metà della mia vita a penzolare da un
manico di scopa, a tre metri d’altezza.”.
Silenzio.
5
minuti dopo…
“Non
è che c’è l’hai ancora, quella pastiglia per il mal d’aria?”; sorrise
e si congratulò con se stessa per essere stata tanto previdente.
Estrasse
la capsula da contenitore e, portando il braccio dietro, gliela passò.
“Ok,
ora vado in bagno…riesci a trattenere i tuoi istinti e a non corrermi
dietro?!”; Hermione scoppiò a ridere.
“Basta
solo un goccio d’acqua, mi raccomando, se no la nausea aumenta.”.
Lo
sentì alzarsi e l’istinto si girarsi per vederlo almeno di schiena fu grande
ma, si trattenne.
Tipo
interessante…
***********************
Simpatica…acidina,
ma simpatica.
Ron
affondò le mani nelle tasche dei pantaloni e sospirò rumorosamente,
appoggiandosi alla parete di plastica.
Aspettò
pazientemente il suo turno e, quando finalmente il turista tedesco stipato nella
toilette si decise ad uscire, Ron si gettò nello stanzino.
Ma
quanto cavolo sono piccole ‘ste cose?!
Sospirò
e abbassando la testa quel poco che bastava per evitare l’urto col soffitto,
si lavò le mani, per poi raccoglierle a coppa e portarle alla bocca.
Ingurgitò
la pillola e, rinfrancato dall’idea che, da lì a poco, la nausea lo avrebbe
abbandonato, spinse la maniglia contro il portellone, per aprirlo.
Ma
che caz-
Spinse
ancora, ma la sottile maniglia di ferro sembrava non volerne sapere di scattare,
azionando così il portellone a scorrimento.
Merda.
***********************
Hermione
sbuffò e sbirciò dall’orologio da polso della sua vicina,m troppo impegnata
in una conversazione importante per accorgersi di lei.
Le
10.15; Mister Simpatia era rinchiuso in bagno da più di venti minuti.
Si
morse le labbra, chiedendosi se fosse il caso di raggiungerlo, per vedere se
aveva bisogno di una mano.
Ma
andiamo, non lo conosci neppure, Hermione! Già hai abbastanza problemi per la
testa…
Si
passò una mano sugli occhi, inspirando a pieni polmoni il profumo che il suo
polso emanava.
10.20;
perché preoccuparsi?
Infondo,
che poteva mai essere successo?
Cosa
ci vorrà mai a prendere una pastiglia?
Si
passò una mano tra i capelli, spostandosi la riga.
Ma
è anche vero che è un maschio, ‘Mione…capacissimo di annegare in un
bicchier d’acqua.
10.23.
Al
diavolo, vado a vedere che succede!
*******************
Fanculo,
l’aereo e sta cazzo di porta!
Si
asciugò un rivolo di sudore che gli stava colando lungo la tempia.
E
menomale che ho messo il deodorante…
Si
frugò nelle tasche, alla ricerca di qualcosa che lo potesse salvare da quella
stanza soffocante.
Ci
mancava solo la clausto-cosa…
Sbuffò.
A
mali estremi, estremi rimedi…mal che vada corrompo Percy al ministero, per
salvarmi dalla gattabuia.
Si
portò al limite della stanza e si accarezzò la spalla.
A
noi due, buco.
Prese
la rincorsa e caricò con tutte le sue forze; la serratura finalmente scattò e
la prima cosa che udì quando mise il naso fuori, fu uno strillo.
“AHI!”;
non fece in tempo a vedere chi avesse colpito con la sua spallata, che quello-
o, meglio, quella- gli crollò addosso, spingendolo in bagno ed urtando,
inavvertitamente, l’interruttore della luce, lasciandoli in un buco caldo ed,
ora, completamente buio.
“MERLINO
CHE MALE!”, piagnucolò una voce femminile familiare.
“TU?!”, sbottò Ron.
«
IO!!!», ribattè Hermione.
“Bene,
complimenti vivissimi, dolcezza, ora per colpa tua siamo chiusi qua dentro!”,
brontolò Ron, accasciandosi contro la parete.
“Colpa
mia?!”, esclamò Hermione, furente, incrociando le braccia al petto e
preparandosi a dare battaglia.
“Se
non fosse stato per te, ora saremmo fuori!”.
“Se
non fosse stato per me tu saresti restato qui per non so quanto!”, ruggì
lei, passando dal Lei al Tu.
“Cazzate!
Avevo buttato giù la porta con una spallata!”.
“Che
razza di cretino…IO ho azionato dall’esterno la serratura, non la tua
dannata spallata!”.
Ron
boccheggiò.
Hermione
sorrise al buio.
“Colpito
nell’orgoglio masculo, eh?!”.
Ron
vide rosso; orgoglio masculo, lo stesso orgoglio che aveva calpestato davanti a
lei, invano, lo stesso orgoglio ferito nel vederla all’altare con il
monociglio.
“Senti,
tesoro, non venirmi a parlare di orgoglio, perché di questi tempi non lo
accetto proprio!”, esclamò lui, puntando il dito in aria, verso la fonte di
quel suono.
“La
verità fa male, eh?!”, continuò imperterrita lei.
“Senti,
davvero, finiscila…non puoi capire.”.
“Povera
vittima incompresa lui…buffo, è la stessa identica cosa che mi ha detto il
mio ex quando l’ho mollato. Mi chiedo se ve le passiate a vicenda queste
battute.”.
“Passarcele
a vicenda? Piuttosto siete voi donne che ripetete sempre le stesse cose, e ci
costringete a darvi sempre le stesse risposte!”.
Hermione
scoppiò a ridere sarcasticamente.
“Certo,
come no! Gira e rigira, la colpa è sempre nostra, vero?!”.
“Se
lo vuoi proprio sapere, sì!”; Ron si morse le labbra e, pur non riuscendo a
vedere al di là ella punta del suo naso, aggrottò le sopracciglia, torvo.
Quella
conversazione aveva portato a galla dei polverosi ricordi.
*******************
Estate
del 2000; stavano ormai insieme da due anni.
Due
anni che avrebbe potuto, senza ombra di dubbio, indicare come meravigliosi;
certo, costellati da discussioni più o meno aspre, ma…in un rapporto tutto
questo era routine, no?
Quella
sera, avrebbero festeggiato il loro anniversario; aveva trascorso gran parte
della mattinata con Ginny, per negozi, e, per l’occasione, si era addirittura
decisa a prenotare una seduta da Jean-Claude, il mago del capello.
Sapeva
che il loro rapporto sarebbe arrivato ad una svolta, quella sera; lo percepiva
nell’aria, nei tanti piccoli gesti di gentilezza che Ron le riservava, dalla
rosa rossa sul guanciale, prima di addormentarsi, alla tazza di caffè alla
vaniglia che le portava al letto, bollente, come piaceva a lei.
Fu
con cuore leggero che, dunque, quel calo pomeriggio si era diretta dal
parrucchiere, con lo stato d’animo che una ragazza prova quando sa che, da lì
a qualche ora, potrebbe portare all’anulare un anello con diamante
incorporato.
Erano
giovani, certo, ma il loro rapporto era più che navigato; aspettare sarebbe
stato solo un errore, probabilmente.
Si
era preparata tutto, dall’espressione da stamparsi in faccia quando lui le
avrebbe detto che la voleva sposare, alla frase con cui accettare; quello a cui,
invece, non era preparata, era la scena che gli si parò davanti agli occhi.
Ron,
in divisa che, seduto ad un caffè metropolitano, scherzava con una sconosciuta,
accarezzandole, di quando in quando, la guancia e solleticando con le proprie
labbra quelle di lei.
Spiazzata,
Hermione si era stropicciata più volte gli occhi, chiedendosi se quel rosso che
vedeva oltre il vetro fosse davvero Ron e se quelle labbra che si appoggiavano
su quelle carnose della ragazza, fossero davvero le stesse che lambivano la sua
bocca ogni sera.
Non
seppe mai, esattamente, per quanto tempo rimase là, immobile, in mezzo al
marciapiede; ricordava con chiarezza solo che, dopo qualche minuto-o qualche
ora, o qualche secondo- aveva tamburellato con il pugno sul vetro.
***********************
Aveva
sollevato gli occhi dal volto di Emily e gli si era quasi mozzato il respiro in
gola nel vedere chi, all’esterno, aveva tentato di attirare la sua attenzione.
Non.Ti.Amo.Più,
aveva letto, sulle labbra di Hermione.
Oh,
cazzo!
Si
era alzato rapidamente, rovesciando metà granita sui pantaloni della divisa e
si era lanciato fuori dalla porta d’ingresso del locale.
“Hermione!”,
aveva
gridato più volte, invano, ripetendogli che lei non poteva assolutamente
capire, che c’era un malinteso.
Certo,
non era proprio così…vero, l’aveva baciata; vero, era stato un coglione
patentato a cedere alle sue provocazioni; vero, l’aveva tradita…ma poi, alla
fine, si poteva definire un bacio tradimento?
Non
c’era stato verso di convincerla ad ascoltarlo, a dargli una nuova possibilità;
Hermione era partita, e con lei, anche il suo cuore.
*************************
Silenzio.
“Hai…hai
idea di dove si trovi il rubinetto?”; Ron si ridestò all’improvviso.
“Sì…aspetta,
ti aiuto…”, disse, calmo, cercando a tentoni una qualsiasi parte del corpo
della sconosciuta.
“Fa
un male cane…”, mormorò lei.
“E
dopo dite che siamo noi uomini quelli piagnucoloni…”, disse lui,
afferrandole un braccio ed aiutandola ad alzarsi.
“Esattamente
come voi dite che le donna non si toccano neppure con un fiore!”; Fece una
pausa “Guarda qua, è un miracolo se non mi hai fatto fuori il setto
nasale!”.
Ron
rise debolmente.
“Sono
un Auror, rompere la gente è il mio mestiere.”, spiegò, prendendole il volto
tra le mani e girando la manopola dell’acqua.
“Anche
io sono un Auror…eppure ero convinta che il mio lavoro consistesse nel
salvarla la gente.”; Ron sorrise e, raccogliendo un po’ d’acqua, accarezzò
il naso di lei.
Leggermente
adunco, ma…è una favola.
“Dì
un po’, Limonata, ce l’hai un cerotto nella tua borsa da Mary Poppins?”,
chiese.
“E’
un bauletto, non la caverna della meraviglie, mister Panna Montata.”.
*******************
“Quanto
tempo credi sia passato?”, gli chiese lui; Hermione raccolse le gambe al
petto.
“Qualche
ora…al massimo tre ore.”, buttò lì.
Udì
dei movimenti inconsulti e comprese che lo sconosciuto si stava slacciando i
primi bottoni della camicia.
“Uhm,
e io che pensavo che uno come te fosse un’autentica fabbrica di trovate per
sedurre una donna…mi sembra un po’ vecchiotta quella del spogliarsi con
Non-chalanche.”.
Lui
rise debolmente.
“E’
che quando sono in palla, gli ingranaggi si bloccano…claustoritobico”,
aggiunse, come se questo bastasse a spiegare tutto.
“Aha…ed
io che pensavo che per fermarsi gli ingranaggi, prima, dovessero
esistere…signor claustoritobico.”.
************************
Sfotte
pure…
“Ma
che spiritosa, Limonata…senti un po’, sappi che è stato il tuo ragazzo a
passarmi il trucchetto. Se ne intende di cose antiquate.”
Pesante,
questa, Weasley…
“Ti
sprechi nelle battutine, eh?!”.
“Dì
piuttosto che tu non sei capace di ribattere perché il mio profumo ti ha dato
alla testa, baby…”.
“Vorrei
ben vedere! Per quanto te ne sei messo, sarebbe impossibile non impazzire, a
forza di restarsene in apnea.”.
*************************
Ron
si accarezzò il collo lentamente, la schiena a pezzi ed il sedere a terra…in
tutti i sensi.
La
temperatura si era notevolmente abbassata, forse per via del fatto che, quasi
sicuramente, il fuso orario li aveva portati a viaggiare di notte.
Strinse
gli occhi, nel tentativo di delineare la fisionomia della ragazza con la quale,
da ore, stava dividendo un metro quadrato per un metro quadrato.
“Senti…”;
il mal di gola era notevolmente peggiorato nelle ultime ore, portando la sua
voce ad un basso sibilo gracchiante. “…cosa intendevi col dire che tutti gli
uomini sono uguali?”.
Silenzio.
“Volevo
dire….perché dici che il tuo ex…ti va di raccontare?”; si morse il labbro
inferiore, screpolato “Tanto, non abbiamo niente da fare…”, aggiunse,
temendo di essere stato un tantino indiscreto.
Sospiro.
“La
storia più ovvia e vecchia del mondo…”, esordì lei. “Eravamo felici,
Voldemort era appena caduto ed avevamo combattuto in prima linea per ottenere
questo. Avevamo aspettato interi anni prima di rivelarci i nostri sentimenti e
tutto mi sembrava così perfetto…”; Ron portò l’indice alle labbra e
prese a mordersi la corta unghia.
“Perfezione
è sinonimo di irrealtà.”, soffiò.
“A
vent’anni perfezione è solo lo stato per cui hai combattuto tenacemente da
quando eri uno scricciolo…la favola in cui credi di meritarti il ruolo da
protagonista.”.
“Poi?”.
“Il
solito; ad un passo dalle…bè, dalle nozze, lo becco insieme ad un’altra. Il
mondo mi crolla addosso.”.
E,
in quel momento, lei non poteva sapere che il mondo era crollato addosso pure a
lui.
***************************
Si
frizionò energicamente le braccia, cercando un po’ di calore.
Come
se il freddo dipendesse dalla temperatura…
Si
sentiva come svuotata; non aveva mai parlato a nessuno del suo rapporto con Ron,
né, tantomeno, della rocambolesca fine che aveva avuto.
“Lui
cosa ti disse?”, gracchiò il ragazzo, strappandola ai suoi pensieri.
“Tentò
di spiegarsi, com’era prevedibile, m io non gli volli dare ascolto.”.
Silenzio.
“Forse
avresti dovuto…”, obbiettò il ragazzo.
“Tu
non puoi capire…sai quando aspetti una cosa con tutta l’anima, vivi,
quasi, per vedere il tuo sogno realizzarsi? Io avevo solo un sogno: lui.
E lui lo sapeva.”; una lacrima si fece strada, prepotentemente, tra le ciglia.
“Sin
da quando avevo quindici anni mi svegliavo con il cuore gonfio di speranza per
poi riaddormentarmi, dopo un’intesa giornata di studio, con il cuore diviso
tra fiducia e rassegnazione. 9 anni trascorsi a farsi film, a sognare ad occhi
aperti…a poter credere che davvero, per noi, ci potesse essere un futuro. E
lui spazza via tutte le tue aspettative per farsela con la prima che passa.”.
“Forse
non era una cosa seria. Forse non voleva davvero farlo. Forse non era che il
primo bacio.”, continuò l’altro, ora più accalorato.
Hermione
si prese la testa tra le mani, tentando di ricacciare i lacrimoni che
minacciavano di scivolarle sulle guance.
“Si
può tradire anche con un solo bacio.”.
“Ma
no, cazzo! Ecco come siete voi donne, saltate alle conclusioni più
affrettate…è soltanto attrazione fisica! Lo dicono anche quegli stupidi
giornaletti che leggete che il concetto di tradimento per un maschio e ben
diverso da quello che c’è per una donna!”.
Scoppiò
a ridere sarcasticamente.
“Oh,
su, spiegati…vediamo come riesci a salvarmi la categoria.”.
“Il
fatto che una persona baci un’altra, non significa che ne è innamorato ma
che, semplicemente, prova attrazione nei suoi confronti, tutto qui.”.
“Tutto
qui? Bene, ora parlo io. Anche il fatto di provare attrazione per una donna e
dare sfogo a quella stessa attrazione è ammettere che quella persona è, almeno
sul piano fisico, uguale a quella con cui stai. E fa male, ti rode
nell’orgoglio, Cristo.”.
Silenzio.
“E
secondo te, vale la pena mettere da parte l’orgoglio se sai che quello che hai
ripudiato è l’amore della tua vita?”, sussurrò l’altro “A volte,
quando si tocca con mano il buio, si scopre che non fa poi così tanta paura
come credevamo.”.
*************************
Non
sapeva cosa lo spingeva a parlare così, a tentare di ricucire i pezzi; forse il
fatto che quella storia fosse tanto simile alla sua, forse il gorgoglio prodotto
dai singhiozzi di lei, ricacciati rabbiosamente in gola, forse il fatto che
quella che aveva davanti gli sembrava una donna coi ficchi e i controfiocchi.
“E
tu come fai a sapere che quello era l’amore della mia vita?”; inspirò
profondamente.
“Perché,
probabilmente, anche tu lo eri per lui. Perché, nella tua voce, c’è ancora
traccia di un sentimento così forte; perché quando si provano certe cose, così
intense, devono per forza di cose essere ricambiate.”; si umettò le
labbra.
“E
perché una che è ad un passo dal matrimonio, non piange per un suo ex, se
l’ha davvero dimenticato.”.
“Come
posso dargli fiducia, me lo spieghi?”.
“Non
sono bravo in queste cose. L’unica cosa che so, è che quando il cuore indica
una strada, è quella giusta, in genere. Spesso non siamo che delle pedine di un
gioco, Limonata. Non sta a noi capire il come o il perché…il nostro unico
compito è vivere la vita; con tutti i pro e i contro.”.
Si
avvicinò a lei e le afferrò una mano, intrecciando le proprie dita in quelle
affusolate della ragazza.
Prese
a percorrere con le labbra quella pelle, tanto sconosciuta quanto conosciuta.
Sensazioni
sepolte nelle pieghe del tempo riscoprirono la luce ed il suo cuore mancò
qualche battito.
Seta
e lavanda fuse insieme…
La
bocca risalì il collo per andare ad accarezzare la mandibola, in un’incontro
fuggevole tra pelle screpolata e pelle idratata.
**************************
Che
diavolo stai facendo, Hermione?
Si
lasciò accarezzare il collo, percependo sulle sue pelle un tocco travolgente ed
inebriante.
Quanto
il suo profumo…
Portò
le mani al collo di lui, sfiorando i corti capelli alla base della nuca e
agevolando l’affondo al suo collo.
Perché
si stava facendo fare tutto questo?
Le
dita corsero ad accarezzare le labbra dell’altro, percorrendo lentamente la
parte inferiore della sua bocca, leggermente umida.
Le
sue labbra…sono così simile a quelle di…
Trattenne
a fatica un singhiozzo, ricacciando le lacrime in gola.
Se
solo fosse lui…ma sarebbe poi così sbagliato, lasciarsi andare
nell’illusione che quello che sto accarezzando è Ron?
Il
cuore le batteva all’impazzata, il respiro minacciava di soffocarla, mentre le
dita di lui, callose, risalivano le guance; percepì una fronte appoggiarsi
sulla sua ed un aroma di sciroppo penetrò nelle sue narici.
Dio
benedica il Mal di Gola…
**********************
Accarezzò
con i pollici gli zigomi di lei, godendosi appieno la sensazione che i suoi
polpastrelli, ruvidi, gli regalavano sfregando contro la sue pelle liscia.
Ed
avvenne.
Le
sue labbra andarono ad accarezzare quelle morbide di lei, e, mentre le gambe
attorniavano il bacino della ragazza, la punta della sua lingua prese a lambire
dolcemente il confine tra l’uno e l’altro; un confine labile, che, un lieve
gemito, fu capace di spezzare.
Due
anime si incontrarono in quel bacio, nato come dolce e trasformatosi, strada
facendo, in un contatto esigente e prepotente; per scoprire, per una,
l’altro…per riscoprire, per l’altro, l’unica.
Un
cuore spezzato riconosce sempre la sua metà.
***********************
“Signorina…signorina!”;
una voce squillante strappò Hermione alle braccia di Morfeo e, quando schiuse
gli occhi, il suo sguardo si posò sul volto gentile di un’ Hostess.
“Siamo
a terra, Miss. Tutti gli altri passeggeri sono già scesi…”; Hermione si
stropicciò gli occhi, cercando, con la mano, l’uomo con il quale aveva
trascorso la notte, ma di lui non c’era traccia.
“Mi
scusi, ma…l’uomo che era qui?”; la ragazza si accarezzò il mento.
“Si
è raccomandato di svegliarla solo quando se ne sarebbe andato e di dirle di
fare la cosa giusta.”.
Hermione
recuperò i bagagli in fretta e furia e, con la morte nel cuore- perché, poi?
Non era che uno sconosciuto, diamine!- scese dall’aereo, per recuperare il
resto delle sue cose.
Arrivata
al nastro di scorrimento, si guardò in giro, inspirando profondamente per
captare, eventualmente, il profumo di lui.
Affranta,
afferrò al volo le valige e si portò sulla scala mobile…cosa le stava
succedendo?
Poteva
essersi innamorata di un perfetto sconosciuto, dopo aver passato solo qualche
ora in sua compagnia?
Se
solo non fosse stato così dannatamente simile a lui…la verità era che
lei si era lasciata andare ai ricordi e aveva identificato in quella figura
tanto brillante quella di Ron.
All’improvviso
un profumo intenso ma al contempo delicato attraversò le sue narici; Hermione
rialzò in fretta gli occhi ed una morsa dolorosa le serrò il cuore quando il
suo sguardo si incatenò con quello di un ragazzo che stava salendo sulla scala
opposta a quella in cui si trovava lei, che, mani affondante nelle tasche dei
pantaloni e camicia stropicciata addosso la osservava, divertito.
“Ron…”,
esalò, quando i loro gomiti si sfiorarono.
“Fa
la cosa giusta, amore mio…”, mormorò lui, la voce gracchiante e bassa.
Quando
il parallelismo tra loro due venne a mancare, Hermione si voltò repentinamente
e sorrise.
“Ti
amo”, lesse il labiale Ron; e “Ti amo”, lesse il labiale Hermione.
******************************
Ok,
sono distrutta perché è una Shot esageratamente lunga. E lo sarete anche voi,
immagino. Allora, Special Thanks to...Bubi, perchè è ormai il mio Dio. E la
diretta interessata, se mai leggerà, si rassegni a comprare babuccie nuove, che
già è un miracolo se ha il naso ancora a posto. ^____-
Ah,
e a Jack & Sus & Naty, che concorrono a tenere alto il livello di
sarcasmo che ho in corpo. E alla mia gemellina, a cui penso sempre, è che ha i
piedini maciullati, oramai. E a
Tabita, che si è sciroppata questo in anteprima- correte a leggervi la sua
storia, “Saggezza Felina” uno dei lavori più originali che abbia mai
letto-. Ragazzi, vi devo proprio lasciare, primo perché tra un po’ inizia
“Enigma” -me adorava Augias già nei suoi interventi sulla Repubblica,
immaginate ora, alla guida di quel programma *v*- e perché ieri ho preso una
medicina che mi ha peggiorato tutti i sintomi…vedremo se le cose andranno un
po’ meglio *daisy & uncino pregano ç.ç*…quasi mi vergogno a chiedervi
un commento per questa cretinata, ma, se ne avete il tempo e la voglia…mi fate
contenta. Baciotti! daisy05