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Autore: lar185    16/10/2011    1 recensioni
- Mi scusi…?- disse, alzando il dito rivolta al cameriere.
- Mi dica signorina- rispose quello, sorridendole.
La giovane fu imbarazzata dal suo sorriso come una bambina alla quale viene fatto un complimento, abbassò lo sguardo per un frazione di secondo e poi riprese dicendo:
- E’ passato di qui per caso un principe?-
Il cameriere la guardò stralunato, Bianca evitò per un pelo di strozzarsi con l’acqua [...]
- Principe ha detto?-
- Già. Un principe. Non mi dica che non ne ha mai visto uno-
Il cameriere alzò le spalle.
- Beh, solo in televisione, e di solito non c’è mai tanto da dire su di loro. Principe William, principe Henry… non molto utili alla società-
La giovane sembrava sconcertata.
- Oh- sospirò, portandosi una mano alla bocca, - ma a parte la televisione, non ne ha visto uno qui dentro, vero?-
Il cameriere scosse la testa.
- Credo che lei si stia sbagliando, signorina. Non ci sono principi da queste parti-
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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calibri cap 8

La casa in cui Lara alloggiava era una villetta a via Aniello Falcone, a due piani. Bianca la fissava sbigottita, si era immaginata Lara seduta sul letto di uno squallido alberghetto anche se sapeva che non era così. Adesso la aspettava, dovevano di nuovo andare in giro per la città. Si aprì una finestra al secondo piano, ma Bianca non vide nessuno. Sospirò, guardò l’orologio. Erano le dieci e un quarto. Quel giorno aveva il turno pomeridiano al bar, così aveva deciso di passare la mattinata con Lara. Era una specie di droga, questa Lara, e di tanto in tanto bisognava aumentare la dose. Era strano come Bianca sentisse il bisogno di telefonarla, di raccontarle di se e di come Lara facesse altrettanto. Certo, Bianca non era ancora riuscita a scoprire da dove venisse e che tipo di rapporto ci fosse tra lei ed Ariel, ma era convinta che informazioni del genere sarebbero arrivate col tempo. Intanto, quell’alone di mistero che la contornava la faceva sembrare ancora più interessante, come se non lo fosse già il suo modo di porsi e di presentarsi in pubblico. Il suo rapporto con Lara era estremamente sincero: alcune volte Bianca si imbarazzava tremendamente per il suo comportamento caramelloso e Lara se ne accorgeva, e altre volte Bianca sospirava così tanto che Lara capiva di essere incappata in uno di quei discorsi senza fine e che la stava annoiando.

Bianca stava per farle un colpo di telefono quando sentì il cancelletto della villa aprirsi. Si aspettava di vedere Lara uscire, sorridente come sempre, ma non fu così. Sentì il respiro mancarle e la pelle illividire quando mise a fuoco la persona che era uscita dalla porta candida e che ora attraversava il piccolo vialetto di ghiaia diretto proprio verso di lei.

Si trattava del ragazzo di quella sera.

Bianca pensò di stare avendo le allucinazioni, ma non appena il giovane spinse con mano decisa il cancelletto e fu ad un solo centimetro da lei, non ebbe nessun tipo di esitazione.

Era proprio lui.

Il ragazzo misterioso portava i suoi lunghi capelli castani sciolti sulla schiena, vestiva in maniera normale, sembrava non soffrire nemmeno un po’ il caldo. Aveva uno sguardo fiero e dolce al contempo, gli occhi grandi ed espressivi, le gote alte ed il mento non troppo pronunciato. Il naso era dritto e lungo, ma armonizzava perfettamente con il suo viso. Era bello da morire, come una scultura di Michelangelo. Aveva la pelle abbronzata come Bianca la ricordava.

Lo fissava senza nessun tipo di pudore, lui inizialmente parve non accorgersene, ma appena si tirò dietro il cancelletto e alzò gli occhi, la vide.

Si fermò, restarono a fissarsi per qualche momento.

-          Ciao-

Bianca non poté credere di aver sentito la sua voce. Restò in silenzio a fissarlo ancora per qualche momento, lui sorrideva ancora, non sembrava imbarazzato, anzi, sembrava si ricordasse perfettamente del loro incontro alla festa.

-          Ciao- biascicò, confusa. Non riusciva a connettere i pensieri e non riusciva a capacitarsi che il suo principe azzurro fosse davvero lì.

Il giovane sorrise di nuovo, un sorriso disarmante.

-          Aspetti qualcuno?-

La sua domanda la sorprese, Bianca immaginava che potesse perdersi in frasi sconnesse come spesso fanno i ragazzi della sua età, ma lui era perfettamente a suo agio.

-          Si- rispose Bianca, senza riuscire ad articolare parole diverse da monosillabi.

Il ragazzo lanciò a Bianca uno sguardo sorridente, stava per andare via ma Bianca gli poggiò delicatamente una mano su un braccio.

-          Aspetta…-

Lui si voltò.

-          Si?-

Aveva il tono di voce più dolce che Bianca avesse mai sentito.

-          Ti ricordi… ancora… di me?-

La domanda suonava assurda alle orecchie di Bianca. Certo che si ricordava, o non l’avrebbe salutata. O era abituato a fare così con chiunque incontrasse? Le pareva improbabile.

Il giovane sorrise di nuovo.

-          Certo che mi ricordo, - disse, con una strana voce suadente, - ci siamo incontrati alla festa-

Bianca avrebbe voluto sorridere ma qualcosa glie lo impediva, probabilmente la follia della situazione. Non riusciva a controllarsi e neppure a staccare la mano dal braccio di lui.

-          Già, ecco, per l’appunto…- inizio a farfugliare senza riuscire ad arrivare ad una conclusione.

Il ragazzo si avvicinò di un passo a lei, aveva un’espressione divertita e un po’ mortificata.

-          Scusami, devo esserti sembrato un po’… maleducato. Ma non è nel mio costume agire così, quello è stato un unicum, - parlava lentamente, eppure a Bianca sembrava che le parole uscissero fuori ad una velocità impressionante, - mi dispiace molto. Mi chiamo Christian –

Le teste la mano, Bianca la fissò inerme.

Alzò gli occhi verso di lui, un moto d’agitazione la pervase.

-          Perché sei entrato in quella cucina e mi hai baciata?-

Le parole uscirono fuori da sole, Christian ritrasse colpito la mano. La guardò quasi sconvolto dal suo tono un tantino più coraggioso, ma un attimo dopo sorrideva di nuovo.

-          Eri molto bella-

Bianca alzò le spalle imbarazzata.

-          Grazie. Ma sai, è stata una cosa non molto normale. Non che tu non sia normale, io mi auguro tu lo sia, però non è una cosa normale quella che hai fatto. Avresti potuto almeno parlarmi -

-          Potevi parlarmi tu-

Il tono di lui era divertito, Bianca scosse la testa.

-          Non potevo-

-          E perché?-

Già, perché? Non poteva certo dirgli di essere rimasta folgorata dalla sua bellezza e dal suo gesto.

-          Beh, perché non sono stata io a baciarti, ma tu-

-          Mi dispiace-

-          Ti comporti sempre in maniera così strana?-

-          Non proprio-

-          Sei fidanzato?-

-          No-

-          Sposato?-

-          Eh?-

-          Scusa. Okay, insomma, piacere. Io sono Bianca-

Stavolta fu lei a tendere la mano, Christian la afferrò prontamente, poi rise divertito, Bianca invece era compiaciuta.

-          Ricominciamo daccapo, ti va?- iniziò nuovamente lui, con una strana sicurezza nella voce.

Bianca assentì, i riccioli le caddero sugli occhi.

-          D’accordo, va bene-

Christian sorrise, poi guardò l’orologio che aveva al polso.

-          Oh, devo andare. Si è fatto davvero tardi, ma… è stato bello rincontrarti, Bianca-

-          Anche per me-

-          Ci rivediamo-

-          Okay. Ciao Christian -

-          Ciao Bianca-

Christian si allontanò sul marciapiede, Bianca non riusciva a rendersi conto di quanto era appena successo. Restò immobile a fissare la sua immagine fino a quando non scomparve all’orizzonte, gli occhi le pizzicavano e si sentiva tutta accaldata. Era evidentemente andata in subbuglio, la cosa la rendeva felice e la preoccupava al contempo. C’aveva quasi perso le speranze di rivederlo, e invece all’improvviso eccolo comparire, uscire dalla casa di Lara come se…

… aspetta un attimo, casa di Lara?

 

 

 

 

 

Terza lettera, arrivata di giovedì sera.

 

Caro Amore,

è così che funziona, ogni volta. Cerco di dormire e quando chiudo gli occhi ci sei sempre tu, sembra quasi che possa allungare le braccia verso di te, stringerti, amarti come una volta. Mi sento vecchio dentro, come se il tempo passato con te fosse stata la mia giovinezza, e adesso, senza di te, mi sento solo come un vedovo, come se fossi stato rinchiuso nella bolla dei ricordi, destinato a guardare tutto da lontano, senza poterlo raggiungere.

Quando riapro gli occhi, tendo le braccia per toccarti ma tu non ci sei. E ogni volta è sempre la stessa cosa, sempre gli stessi pensieri. Ma non era qui un attimo fa?, mi chiedo, smarrito, come se stessi per diventare pazzo. E poi mi rendo conto che ti stavo sognando, o forse no, eri tu che mi venivi in sogno, come se ti fosse concesso starmi accanto solo per brevi istanti, e tutti eterei. Quando mi rendo conto che il sogno ha preso il sopravvento sulla realtà, mi alzo e mi dirigo in cucina, mi preparo un caffè e fumo una sigaretta, quelle che mio padre lascia sul tavolo della cucina. Non dovrei fumare, ma il fumo mi calma, lo vedo salire verso la luce al neon della nostra cucina, creare dei grossi buchi dentro i quali affogo. Fumare una sigaretta è come andare in trance per una manciata di minuti, e a volte, come se volessi allungare l’agonia, fumo pianissimo, faccio dei tiri non profondi e vedo la cenere farsi sempre più consistente e alla fine, irrimediabilmente, cade sul tavolo e sono costretto a pulirla via.

Succede sempre così, è come un appuntamento con i ricordi. Forse mi sto conducendo lentamente verso la follia, ma cosa c’è di più dolce se so che quando l’avrò raggiunta, vivrò nel delirio di te?

Con l’amore che non immagini, tuo

 

Càlibri.

 

 

 

 

 

 

Eva rassettò velocemente la sua scrivania, stava per chiudere anche l’ultimo cassetto quando scorse una scatola rosa con sopra un fiocco. Diamine, si era dimenticata di metterla in un luogo sicuro! Per tutto quel tempo non aveva avuto di che temere, ma adesso Amanda era tornata, quindi era molto meglio nascondere quella scatola. Sollevò il materasso e poggiò la scatola lì sotto, in un buco che lei aveva trasformato in un cassetto segreto tra il materasso ed il legno. Ripose il materasso e ci si sedette sopra, sospirò sentendosi un tantinello cattiva. Forse avrebbe dovuto smettere di tenere nascoste ad Amanda delle cose che dopotutto appartenevano più a lei che a se stessa, ma qualcosa glie lo impediva. Il solo pensare di restituire ad Amanda delle cose che lei non sapeva neanche le appartenessero la faceva sentire tremendamente tagliata fuori. In effetti, quando Amanda era andata via, era stata Eva a prendere le redini di quella che era stata lì la sua vita e in un certo senso se n’era appropriata. Aveva passato lunghe nottate senza chiudere occhio, immergendosi in pensieri proibiti dove la protagonista era proprio Amanda. Dopotutto, Eva cosa poteva saperne di quello che aveva passato e stava passando? Scosse la testa rendendosi conto di quanto a volte riusciva ad essere contraddittoria. Non la sopportava eppure talvolta la compiangeva, le veniva voglia di difenderla. Quando avrebbe potuto una volta e per tutte farla finita con lei, non l’aveva fatto. Ci pensava spesso: quando Eva era stata costretta dagli eventi a gestire la vita di Amanda quando era scappata, avrebbe potuto dire tutta la verità e togliersi dagli impicci. Ma non l’aveva fatto, l’aveva protetta. Non sapeva neppure come ci fosse riuscita, a diciotto anni una ragazza normale avrebbe dovuto pensare all’Università, alla nuova vita che le si presentava, mentre Eva si era dedicata anima e corpo a insabbiare l’esistenza di una persona che era dovuta, da un momento all’altro, scomparire. Si era resa una sorta di detective, e sapeva che per questo Amanda le era molto grata. Eva si sentiva in diritto di possedere una parte della vita di Amanda, anche se sapeva che il suo segreto non sarebbe durato per sempre.

Quasi come se l’avesse chiamata, Amanda si affacciò alla porta socchiusa. I capelli erano legati in una treccia, gli occhi erano ingenui e freddi.

-          Posso entrare?- domandò.

-          Si, entra- rispose Eva, in un sussurro.

Amanda si sedette sulla sedia da scrivania di Eva, la guardò come se volesse leggerle dentro.

-          Se ti faccio una domanda, mi prometti di non metterti a fare la psicologa dei miei sentimenti?- buttò fuori Amanda, tanto velocemente che Eva alzò gli occhi indagatori su di lei. Non aveva voglia di mettersi a battibeccare, quindi fece una strana smorfia di assenso e si stese sul letto di un fianco, con il gomito sul materasso e la guancia poggiata sul palmo della mano.

Amanda abbozzò un sorriso, i suoi occhi si accesero.

-          L’hai più rivisto in questi anni?-

-          Chi?-

-          Avanti, Eva…-

-          Sergio?-

Amanda zittì, Eva roteò gli occhi per la stanza.

-          Mmh, no. Non mi pare-

-          Oh-

Eva si accorse che Amanda voleva sapere di più ma non osava chiedere. Sospirò quasi di insofferenza, si mise seduta con le spalle al muro.

-          Io e Sergio non frequentiamo gli stessi ambienti, dovresti saperlo. Non siamo nemmeno iscritti alla stessa facoltà!, - Eva alzò le spalle, tentava di mantenere un tono neutrale, - e a parte quel breve periodo, no, non mi pare di averlo rivisto-

-          Adesso è fidanzato con Bianca?-

Amanda non aveva alzato gli occhi, forse timorosa dello sguardo di Eva.

-          Mmh, non lo so. Può darsi-

Amanda annuì con un sorrisino, Eva sentì una fitta allo stomaco. Era da tanto che non parlava di Sergio in maniera così seria.

-          Tu pensi che lui abbia… capito qualcosa?- domandò di nuovo Amanda.

Eva scosse la testa.

-          No. Assolutamente. Non aveva una grande fantasia-

Il commento lasciò Amanda interdetta, si lasciò cadere sullo schienale della sedia.

-          Io penso che ce l’avesse- commentò a sua volta, con un sorriso sbarazzino.

Eva scoppiò a ridere.

-          Era un tipo strano, su questo non c’è dubbio. Ma non mi sembrava granchè intelligente-

-          Oh, lo era-

-          Non che fosse stupido, però…-

-          Mi ricordava Calibri in certi suoi atteggiamenti-

Eva alzò le braccia.

-          Non ricominciare con questo Calibri…-

Amanda scoppiò a ridere.

-          Tu non lo conosci nemmeno! Come fa a starti antipatico?-

-          Non mi è antipatico, - sibilò Eva, - è soltanto che è inquietante il modo in cui parli di lui-

Eva voltò lo sguardo verso la finestra per non sostenere lo sguardo di Amanda.

-          Calibri è una persona speciale, - iniziò Amanda, con tono rassicurante, - lui è capace di connettersi con le persone, di farle vivere. Sa guarirti con uno sguardo, essere presente per te ogni volta che vuoi-

-          È repellente, - commentò Eva scuotendo la testa, - sembra quasi un fantasma, uno che ti entra nel cervello!-

Amanda rise di nuovo, Eva era contrariata.

-          Sei facilmente impressionabile, Eva. E sei paranoica-

-          Paranoica ci sarai tu, con i tuoi racconti fiabeschi-

-          No, lo sei tu-

-          Tu!

-          Tu ho detto!-

 

 

 

 

 

 

-          Era lui! È uscito da quella porta ed era proprio lui!-

Bianca strattonava Lara per le spalle, che la guardava interrogativa.

-          Chi?-

-          Il tipo della festa, quello che mi ha baciata all’improvviso! Era lui, è uscito da casa tua qualche momento fa!-

Lara la fissava interrogativa.

-          Ne sei sicura?-

-          Altroché! Ci ho anche parlato!-

Lara si portò una mano al mento.

-          Uscito da casa mia, dici?-

-          Si! Si chiama Christian!-

Lara parve riaversi, annuì, ma con poca convinzione.

-          Christian! – esclamò.

-          Vive in casa tua? È un tuo parente?-

-          È mio cugino-

Una frase senza effetto, insolita per Lara. Bianca saltellò felice, sorrideva come non mai.

Certo, avrebbe dovuto aspettarselo: con chi altri se non con Lara poteva essere imparentato un tipo così strano? Stava succedendo qualcosa di strano nella sua vita, ma nemmeno voleva sapere cosa. Si sentiva incatenata al presente come mai prima era successo, e mai si era sentita così viva e coinvolta come quel momento.

-          È meraviglioso! Che tipo è? Cosa fa nella vita? Va all’Università?-

Lara si scrollò Bianca di dosso, si aggiustò la borsa sulla spalla e abbozzò un sorriso.

-          Mmh, si, studia, penso… qualcosa come… conservazione dei beni culturali… non ne sono sicura-

Bianca era piena di entusiasmo, Lara sembrava voler cambiare discorso ad ogni costo.

-          Ed è simpatico? Mi è parso molto affascinante!-

-          Si, ehm, è un bravo ragazzo- si limitò a rispondere Lara, mentre si avviavano nella direzione opposta alla quale si era avviato Christian poco prima.

Bianca guardò Lara con fare sospettoso, ma lei non parve accorgersene.

- C’è qualcosa che non va?-

- Eh? No-

- Mi sembra che questo argomento ti metta a disagio-

Lara squadrò Bianca, sorrise.

- E’ solo che, beh sai, io e Christian non ci conosciamo molto bene-

Il suo tono era mutato, Bianca mugugnò qualcosa di incomprensibile, Lara continuò:

-  Non ci vediamo molto spesso, sai com’è... abbiamo delle vite molto diverse-

-  Che tipo di vita fa lui?- chiese interessata Bianca.

-  Non lo so...-

Lara era confusa ed imbarazzata, Bianca ebbe la sensazione che ci fosse qualcosa che Lara non volesse confessarle.

-  Sicura che non ci sia dell’altro?-

Lara alzò le spalle e scosse la testa.

- Assolutamente no- rispose, risoluta.

Bianca si voltò dall’altra parte, quell’atteggiamento non faceva altro che aumentare la sua curiosità ed alimentare il fuoco della stravaganza di Lara.

- Scommetto tu non sappia come faceva a trovarsi alla festa di Eva –

Lara scosse la testa.

- Non ne ho idea-

Bianca sospirò, aveva la netta sensazione che non sarebbe riuscita a ricavare niente da quella che sembrava la sua unica speranza.

- Tu non m’avevi detto niente di questa avventura- buttò lì Lara, quasi per stuzzicarla. Bianca alzò le spalle imbarazzata.

- Credevo non fosse importante- mentì, abbassando il volume della voce.

- A quanto pare invece lo è- commentò Lara, lasciandosi scappare una risata.

- E’ molto strano, Lara. Da quando ti conosco continuano a capitarmi cose molto strane-

Lara si fermò, sembrò colpita.

- In che senso?- chiese, quasi preoccupata.

Bianca sorrise, era sorpresa e divertita.

- Nel senso che... beh, non lo so. Sto conoscendo tanta gente nuova, è come se mi trovassi in un turbine di emozioni vissute tutte allo stesso momento...-

- Cosa dirai a Sergio adesso?-

Bianca trasalì. Non c’aveva ancora pensato. Guardò Lara come per chiederle aiuto, la giovane le poggiò una mano sulla spalla rassicurante.

- Non preoccuparti. Sergio capirà-

- Non posso dirgli la verità-

- Come?-

Lara sembrava di nuovo colpita.

- Non posso. Penserebbe che sono pazza-

- Infondo, un po’ lo sei-

Bianca rise.

- Non sono pazza. È che quel ragazzo ha risvegliato qualcosa in me, Lara, qualcosa che forse non avevo mai provato prima d’allora-

Lara abbassò gli occhi con un sorriso amaro.

- Che c’è?- chiese Bianca, accorgendosi dell’espressione dell’amica.

- Niente-

 

 

 

 

...

 

 

Quarta lettera di Càlibri, del venerdì sera.

 

Caro Amore,

stavolta è stato più difficile delle altre volte. Di solito quando arrivo sotto la tua casa, vedo delle luci accese, sento dei rumori in lontananza, e allora mi sembra di vederti, che scendi e sali le scale, che ridi, cucini, apparecchi la tavola. Mi sembra di vederti e allora sorrido, mi sento invaso da una forza sovrumana e metto la lettera al suo posto. A volte controllo persino che sia stata ritirata la posta, e fino ad oggi è sempre successo. Le lettere sono arrivate in casa, nelle tue mani, e a volte mi immagino persino che le leggi, le annusi e le stringi al petto.

Ieri sera invece è stato tutto diverso, le luci erano tutte spente, come se foste già tutti a dormire. Tutti giaceva nel silenzio, e mi sono sentito un peccatore che infrange il più grande sacrilegio a poggiare la lettera nella cassetta vuota. È come se avessi rotto un incantesimo, un silenzio, svelato un segreto dimenticato e custodito per migliaia di anni. Ma tu eri lì dentro che dormivi, non è vero? I tuoi occhi chiusi, poggiati sul cuscino, come piace a te, con la testa affondata chissà dove, forse stai sognando.

Ho fissato la tua casa con occhi tristi ed innamorati. Mi sono sentito per la prima volta come un peso. Un qualcosa di non desiderato, lasciato senza una motivazione a vegetare fuori dalla porta. O meglio: come un bambino abbandonato, in fasce, sul ciglio della strada. Ma tu non saresti mai capace di abbandonarmi, lo so. Non lo faresti mai, è solo che adesso non ci sei, ma tornerai. Mi sento in balia della pazzia, un delirio assurdo e disumano mi prende e mi lascia scivolare in pensieri ridicoli e senza senso, a volte guardo un punto fisso nel vuoto fino a quando non sento gli occhi che lacrimano, così mi prendo la testa tra le mani e mi interrogo su quanto è successo, e non trovo una motivazione valida ai tuoi gesti.

Cosa è successo, Amore? È davvero finita come mi hai detto?

Con la speranza di ritrovarti, tuo

 

Càlibri

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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