La
casa in cui Lara alloggiava era una villetta a via Aniello Falcone, a due piani.
Bianca la fissava sbigottita, si era immaginata Lara seduta sul letto di uno
squallido alberghetto anche se sapeva che non era così. Adesso la aspettava,
dovevano di nuovo andare in giro per la città. Si aprì una finestra al secondo
piano, ma Bianca non vide nessuno. Sospirò, guardò l’orologio. Erano le dieci e
un quarto. Quel giorno aveva il turno pomeridiano al bar, così aveva deciso di
passare la mattinata con Lara. Era una specie di droga, questa Lara, e di tanto
in tanto bisognava aumentare la dose. Era strano come Bianca sentisse il bisogno
di telefonarla, di raccontarle di se e di come Lara facesse altrettanto. Certo,
Bianca non era ancora riuscita a scoprire da dove venisse e che tipo di rapporto
ci fosse tra lei ed Ariel, ma era convinta che informazioni del genere sarebbero
arrivate col tempo. Intanto, quell’alone di mistero che la contornava la faceva
sembrare ancora più interessante, come se non lo fosse già il suo modo di porsi
e di presentarsi in pubblico. Il suo rapporto con Lara era estremamente sincero:
alcune volte Bianca si imbarazzava tremendamente per il suo comportamento
caramelloso e Lara se ne accorgeva, e altre volte Bianca sospirava così tanto
che Lara capiva di essere incappata in uno di quei discorsi senza fine e che la
stava annoiando.
Bianca
stava per farle un colpo di telefono quando sentì il cancelletto della villa
aprirsi. Si aspettava di vedere Lara uscire, sorridente come sempre, ma non fu
così. Sentì il respiro mancarle e la pelle illividire quando mise a fuoco la
persona che era uscita dalla porta candida e che ora attraversava il piccolo
vialetto di ghiaia diretto proprio verso di lei.
Si
trattava del ragazzo di quella sera.
Bianca
pensò di stare avendo le allucinazioni, ma non appena il giovane spinse con mano
decisa il cancelletto e fu ad un solo centimetro da lei, non ebbe nessun tipo di
esitazione.
Era
proprio lui.
Il
ragazzo misterioso portava i suoi lunghi capelli castani sciolti sulla schiena,
vestiva in maniera normale, sembrava non soffrire nemmeno un po’ il caldo. Aveva
uno sguardo fiero e dolce al contempo, gli occhi grandi ed espressivi, le gote
alte ed il mento non troppo pronunciato. Il naso era dritto e lungo, ma
armonizzava perfettamente con il suo viso. Era bello da morire, come una
scultura di Michelangelo. Aveva la pelle abbronzata come Bianca la
ricordava.
Lo
fissava senza nessun tipo di pudore, lui inizialmente parve non accorgersene, ma
appena si tirò dietro il cancelletto e alzò gli occhi, la
vide.
Si
fermò, restarono a fissarsi per qualche momento.
-
Ciao-
Bianca
non poté credere di aver sentito la sua voce. Restò in silenzio a fissarlo
ancora per qualche momento, lui sorrideva ancora, non sembrava imbarazzato,
anzi, sembrava si ricordasse perfettamente del loro incontro alla
festa.
-
Ciao-
biascicò, confusa. Non riusciva a connettere i pensieri e non riusciva a
capacitarsi che il suo principe azzurro fosse davvero lì.
Il
giovane sorrise di nuovo, un sorriso disarmante.
-
Aspetti
qualcuno?-
La
sua domanda la sorprese, Bianca immaginava che potesse perdersi in frasi
sconnesse come spesso fanno i ragazzi della sua età, ma lui era perfettamente a
suo agio.
-
Si-
rispose Bianca, senza riuscire ad articolare parole diverse da
monosillabi.
Il
ragazzo lanciò a Bianca uno sguardo sorridente, stava per andare via ma Bianca
gli poggiò delicatamente una mano su un braccio.
-
Aspetta…-
Lui
si voltò.
-
Si?-
Aveva
il tono di voce più dolce che Bianca avesse mai sentito.
-
Ti
ricordi… ancora… di me?-
La
domanda suonava assurda alle orecchie di Bianca. Certo che si ricordava, o non
l’avrebbe salutata. O era abituato a fare così con chiunque incontrasse? Le
pareva improbabile.
Il
giovane sorrise di nuovo.
-
Certo
che mi ricordo, - disse, con una strana voce suadente, - ci siamo incontrati alla festa-
Bianca
avrebbe voluto sorridere ma qualcosa glie lo impediva, probabilmente la follia
della situazione. Non riusciva a controllarsi e neppure a staccare la mano dal
braccio di lui.
-
Già,
ecco, per l’appunto…- inizio a farfugliare senza riuscire ad arrivare ad una
conclusione.
Il
ragazzo si avvicinò di un passo a lei, aveva un’espressione divertita e un po’
mortificata.
-
Scusami,
devo esserti sembrato un po’… maleducato. Ma non è nel mio costume
agire così, quello è stato un unicum, - parlava lentamente, eppure a Bianca
sembrava che le parole uscissero fuori ad una velocità impressionante, - mi
dispiace molto. Mi chiamo Christian –
Le
teste la mano, Bianca la fissò inerme.
Alzò
gli occhi verso di lui, un moto d’agitazione la pervase.
-
Perché
sei entrato in quella cucina e mi hai baciata?-
Le
parole uscirono fuori da sole, Christian ritrasse colpito la mano. La guardò
quasi sconvolto dal suo tono un tantino più coraggioso, ma un attimo dopo
sorrideva di nuovo.
-
Eri
molto bella-
Bianca
alzò le spalle imbarazzata.
-
Grazie.
Ma sai, è stata una cosa non molto normale. Non che tu non sia normale, io mi
auguro tu lo sia, però non è una cosa normale quella che hai fatto. Avresti
potuto almeno parlarmi -
-
Potevi
parlarmi tu-
Il
tono di lui era divertito, Bianca scosse la testa.
-
Non
potevo-
-
E
perché?-
Già,
perché? Non poteva certo dirgli di essere rimasta folgorata dalla sua bellezza e
dal suo gesto.
-
Beh,
perché non sono stata io a baciarti, ma tu-
-
Mi
dispiace-
-
Ti
comporti sempre in maniera così strana?-
-
Non
proprio-
-
Sei
fidanzato?-
-
No-
-
Sposato?-
-
Eh?-
-
Scusa.
Okay, insomma, piacere. Io sono Bianca-
Stavolta
fu lei a tendere la mano, Christian la afferrò prontamente, poi rise divertito,
Bianca invece era compiaciuta.
-
Ricominciamo
daccapo, ti va?- iniziò nuovamente lui, con una strana sicurezza nella
voce.
Bianca
assentì, i riccioli le caddero sugli occhi.
-
D’accordo,
va bene-
Christian
sorrise, poi guardò l’orologio che aveva al polso.
-
Oh,
devo andare. Si è fatto davvero tardi, ma… è stato bello rincontrarti,
Bianca-
-
Anche
per me-
-
Ci
rivediamo-
-
Okay.
Ciao Christian -
-
Ciao
Bianca-
Christian
si allontanò sul marciapiede, Bianca non riusciva a rendersi conto di quanto era
appena successo. Restò immobile a fissare la sua immagine fino a quando non
scomparve all’orizzonte, gli occhi le pizzicavano e si sentiva tutta accaldata.
Era evidentemente andata in subbuglio, la cosa la rendeva felice e la
preoccupava al contempo. C’aveva quasi perso le speranze di rivederlo, e invece
all’improvviso eccolo comparire, uscire dalla casa di Lara come
se…
…
aspetta un attimo, casa di Lara?
…
Terza
lettera, arrivata di giovedì sera.
Caro
Amore,
è
così che funziona, ogni volta. Cerco di dormire e quando chiudo gli occhi ci sei
sempre tu, sembra quasi che possa allungare le braccia verso di te, stringerti,
amarti come una volta. Mi sento vecchio dentro, come se il tempo passato con te
fosse stata la mia giovinezza, e adesso, senza di te, mi sento solo come un
vedovo, come se fossi stato rinchiuso nella bolla dei ricordi, destinato a
guardare tutto da lontano, senza poterlo raggiungere.
Quando
riapro gli occhi, tendo le braccia per toccarti ma tu non ci sei. E ogni volta è
sempre la stessa cosa, sempre gli stessi pensieri. Ma non era qui un attimo fa?,
mi chiedo, smarrito, come se stessi per diventare pazzo. E poi mi rendo conto
che ti stavo sognando, o forse no, eri tu che mi venivi in sogno, come se ti
fosse concesso starmi accanto solo per brevi istanti, e tutti eterei. Quando mi
rendo conto che il sogno ha preso il sopravvento sulla realtà, mi alzo e mi
dirigo in cucina, mi preparo un caffè e fumo una sigaretta, quelle che mio padre
lascia sul tavolo della cucina. Non dovrei fumare, ma il fumo mi calma, lo vedo
salire verso la luce al neon della nostra cucina, creare dei grossi buchi dentro
i quali affogo. Fumare una sigaretta è come andare in trance per una manciata di
minuti, e a volte, come se volessi allungare l’agonia, fumo pianissimo, faccio
dei tiri non profondi e vedo la cenere farsi sempre più consistente e alla fine,
irrimediabilmente, cade sul tavolo e sono costretto a pulirla
via.
Succede
sempre così, è come un appuntamento con i ricordi. Forse mi sto conducendo
lentamente verso la follia, ma cosa c’è di più dolce se so che quando l’avrò
raggiunta, vivrò nel delirio di te?
Con
l’amore che non immagini, tuo
Càlibri.
…
Eva
rassettò velocemente la sua scrivania, stava per chiudere anche l’ultimo
cassetto quando scorse una scatola rosa con sopra un fiocco. Diamine, si era
dimenticata di metterla in un luogo sicuro! Per tutto quel tempo non aveva avuto
di che temere, ma adesso Amanda era tornata, quindi era molto meglio nascondere
quella scatola. Sollevò il materasso e poggiò la scatola lì sotto, in un buco
che lei aveva trasformato in un cassetto segreto tra il materasso ed il legno.
Ripose il materasso e ci si sedette sopra, sospirò sentendosi un tantinello
cattiva. Forse avrebbe dovuto smettere di tenere nascoste ad Amanda delle cose
che dopotutto appartenevano più a lei che a se stessa, ma qualcosa glie lo
impediva. Il solo pensare di restituire ad Amanda delle cose che lei non sapeva
neanche le appartenessero la faceva sentire tremendamente tagliata fuori. In effetti, quando
Amanda era andata via, era stata Eva a prendere le redini di quella che era
stata lì la sua vita e in un certo senso se n’era appropriata. Aveva passato
lunghe nottate senza chiudere occhio, immergendosi in pensieri proibiti dove la
protagonista era proprio Amanda. Dopotutto, Eva cosa poteva saperne di quello
che aveva passato e stava passando? Scosse la testa rendendosi conto di quanto a
volte riusciva ad essere contraddittoria. Non la sopportava eppure talvolta la
compiangeva, le veniva voglia di difenderla. Quando avrebbe potuto una volta e
per tutte farla finita con lei, non l’aveva fatto. Ci pensava spesso: quando Eva
era stata costretta dagli eventi a
gestire la vita di Amanda quando era scappata, avrebbe potuto dire tutta la
verità e togliersi dagli impicci. Ma non l’aveva fatto, l’aveva protetta. Non sapeva neppure come ci
fosse riuscita, a diciotto anni una ragazza normale avrebbe dovuto pensare
all’Università, alla nuova vita che le si presentava, mentre Eva si era dedicata
anima e corpo a insabbiare l’esistenza di una persona che era dovuta, da un
momento all’altro, scomparire. Si era resa una sorta di detective, e sapeva che
per questo Amanda le era molto grata. Eva si sentiva in diritto di possedere una
parte della vita di Amanda, anche se sapeva che il suo segreto non sarebbe
durato per sempre.
Quasi
come se l’avesse chiamata, Amanda si affacciò alla porta socchiusa. I capelli
erano legati in una treccia, gli occhi erano ingenui e
freddi.
-
Posso
entrare?- domandò.
-
Si,
entra- rispose Eva, in un sussurro.
Amanda
si sedette sulla sedia da scrivania di Eva, la guardò come se volesse leggerle
dentro.
-
Se
ti faccio una domanda, mi prometti di non metterti a fare la psicologa dei miei
sentimenti?- buttò fuori Amanda, tanto velocemente che Eva alzò gli occhi
indagatori su di lei. Non aveva voglia di mettersi a battibeccare, quindi fece
una strana smorfia di assenso e si stese sul letto di un fianco, con il gomito
sul materasso e la guancia poggiata sul palmo della mano.
Amanda
abbozzò un sorriso, i suoi occhi si accesero.
-
L’hai
più rivisto in questi anni?-
-
Chi?-
-
Avanti,
Eva…-
-
Sergio?-
Amanda
zittì, Eva roteò gli occhi per la stanza.
-
Mmh,
no. Non mi pare-
-
Oh-
Eva
si accorse che Amanda voleva sapere di più ma non osava chiedere. Sospirò quasi
di insofferenza, si mise seduta con le spalle al muro.
-
Io
e Sergio non frequentiamo gli stessi ambienti, dovresti saperlo. Non siamo
nemmeno iscritti alla stessa facoltà!, - Eva alzò le spalle, tentava di
mantenere un tono neutrale, - e a parte quel breve periodo, no, non mi pare di
averlo rivisto-
-
Adesso
è fidanzato con Bianca?-
Amanda
non aveva alzato gli occhi, forse timorosa dello sguardo di
Eva.
-
Mmh,
non lo so. Può darsi-
Amanda
annuì con un sorrisino, Eva sentì una fitta allo stomaco. Era da tanto che non
parlava di Sergio in maniera così seria.
-
Tu
pensi che lui abbia… capito
qualcosa?- domandò di nuovo Amanda.
Eva
scosse la testa.
-
No.
Assolutamente. Non aveva una grande fantasia-
Il
commento lasciò Amanda interdetta, si lasciò cadere sullo schienale della
sedia.
-
Io
penso che ce l’avesse- commentò a sua volta, con un sorriso
sbarazzino.
Eva
scoppiò a ridere.
-
Era
un tipo strano, su questo non c’è dubbio. Ma non mi sembrava granchè
intelligente-
-
Oh,
lo era-
-
Non
che fosse stupido, però…-
-
Mi
ricordava Calibri in certi suoi atteggiamenti-
Eva
alzò le braccia.
-
Non
ricominciare con questo Calibri…-
Amanda
scoppiò a ridere.
-
Tu
non lo conosci nemmeno! Come fa a starti antipatico?-
-
Non
mi è antipatico, - sibilò Eva, - è soltanto che è inquietante il modo in cui parli di
lui-
Eva
voltò lo sguardo verso la finestra per non sostenere lo sguardo di
Amanda.
-
Calibri
è una persona speciale, - iniziò Amanda, con tono rassicurante, - lui è capace
di connettersi con le persone, di farle vivere. Sa guarirti con uno sguardo,
essere presente per te ogni volta che vuoi-
-
È
repellente, - commentò Eva scuotendo la testa, - sembra quasi un fantasma, uno
che ti entra nel cervello!-
Amanda
rise di nuovo, Eva era contrariata.
-
Sei
facilmente impressionabile, Eva. E sei paranoica-
-
Paranoica
ci sarai tu, con i tuoi racconti fiabeschi-
-
No,
lo sei tu-
-
Tu!
-
Tu
ho detto!-
…
-
Era
lui! È uscito da quella porta ed era proprio lui!-
Bianca
strattonava Lara per le spalle, che la guardava
interrogativa.
-
Chi?-
-
Il
tipo della festa, quello che mi ha baciata all’improvviso! Era lui, è uscito da
casa tua qualche momento fa!-
Lara
la fissava interrogativa.
-
Ne
sei sicura?-
-
Altroché!
Ci ho anche parlato!-
Lara
si portò una mano al mento.
-
Uscito
da casa mia, dici?-
-
Si!
Si chiama Christian!-
Lara
parve riaversi, annuì, ma con poca convinzione.
-
Christian!
– esclamò.
-
Vive
in casa tua? È un tuo parente?-
-
È
mio cugino-
Una
frase senza effetto, insolita per Lara. Bianca saltellò felice, sorrideva come
non mai.
Certo,
avrebbe dovuto aspettarselo: con chi altri se non con Lara poteva essere
imparentato un tipo così strano? Stava succedendo qualcosa di strano nella sua
vita, ma nemmeno voleva sapere cosa. Si sentiva incatenata al presente come mai
prima era successo, e mai si era sentita così viva e coinvolta come quel
momento.
-
È
meraviglioso! Che tipo è? Cosa fa nella vita? Va
all’Università?-
Lara
si scrollò Bianca di dosso, si aggiustò la borsa sulla spalla e abbozzò un
sorriso.
-
Mmh,
si, studia, penso… qualcosa come… conservazione dei beni culturali… non ne sono
sicura-
Bianca
era piena di entusiasmo, Lara sembrava voler cambiare discorso ad ogni
costo.
-
Ed
è simpatico? Mi è parso molto affascinante!-
-
Si,
ehm, è un bravo ragazzo- si limitò a rispondere Lara, mentre si avviavano nella
direzione opposta alla quale si era avviato Christian poco
prima.
Bianca
guardò Lara con fare sospettoso, ma lei non parve
accorgersene.
-
C’è qualcosa che non va?-
-
Eh? No-
-
Mi sembra che questo argomento ti metta a disagio-
Lara
squadrò Bianca, sorrise.
-
E’ solo che, beh sai, io e Christian non ci conosciamo molto
bene-
Il
suo tono era mutato, Bianca mugugnò qualcosa di incomprensibile, Lara
continuò:
- Non ci vediamo molto spesso, sai
com’è... abbiamo delle vite molto diverse-
- Che tipo di vita fa lui?- chiese
interessata Bianca.
- Non lo so...-
Lara
era confusa ed imbarazzata, Bianca ebbe la sensazione che ci fosse qualcosa che
Lara non volesse confessarle.
- Sicura che non ci sia
dell’altro?-
Lara
alzò le spalle e scosse la testa.
-
Assolutamente no- rispose, risoluta.
Bianca
si voltò dall’altra parte, quell’atteggiamento non faceva altro che aumentare la
sua curiosità ed alimentare il fuoco della stravaganza di
Lara.
-
Scommetto tu non sappia come faceva a trovarsi alla festa di Eva
–
Lara
scosse la testa.
-
Non ne ho idea-
Bianca
sospirò, aveva la netta sensazione che non sarebbe riuscita a ricavare niente da
quella che sembrava la sua unica speranza.
-
Tu non m’avevi detto niente di questa avventura- buttò lì Lara, quasi per
stuzzicarla. Bianca alzò le spalle imbarazzata.
-
Credevo non fosse importante- mentì, abbassando il volume della
voce.
-
A quanto pare invece lo è- commentò Lara, lasciandosi scappare una
risata.
-
E’ molto strano, Lara. Da quando ti conosco continuano a capitarmi cose molto
strane-
Lara
si fermò, sembrò colpita.
-
In che senso?- chiese, quasi preoccupata.
Bianca
sorrise, era sorpresa e divertita.
-
Nel senso che... beh, non lo so. Sto conoscendo tanta gente nuova, è come se mi
trovassi in un turbine di emozioni vissute tutte allo stesso
momento...-
-
Cosa dirai a Sergio adesso?-
Bianca
trasalì. Non c’aveva ancora pensato. Guardò Lara come per chiederle aiuto, la
giovane le poggiò una mano sulla spalla rassicurante.
-
Non preoccuparti. Sergio capirà-
-
Non posso dirgli la verità-
-
Come?-
Lara
sembrava di nuovo colpita.
-
Non posso. Penserebbe che sono pazza-
-
Infondo, un po’ lo sei-
Bianca
rise.
-
Non sono pazza. È che quel ragazzo ha risvegliato qualcosa in me, Lara, qualcosa
che forse non avevo mai provato prima d’allora-
Lara
abbassò gli occhi con un sorriso amaro.
-
Che c’è?- chiese Bianca, accorgendosi dell’espressione
dell’amica.
-
Niente-
...
Quarta
lettera di Càlibri, del venerdì sera.
Caro
Amore,
stavolta
è stato più difficile delle altre volte. Di solito quando arrivo sotto la tua
casa, vedo delle luci accese, sento dei rumori in lontananza, e allora mi sembra
di vederti, che scendi e sali le scale, che ridi, cucini, apparecchi la tavola.
Mi sembra di vederti e allora sorrido, mi sento invaso da una forza sovrumana e
metto la lettera al suo posto. A volte controllo persino che sia stata ritirata
la posta, e fino ad oggi è sempre successo. Le lettere sono arrivate in casa,
nelle tue mani, e a volte mi immagino persino che le leggi, le annusi e le
stringi al petto.
Ieri
sera invece è stato tutto diverso, le luci erano tutte spente, come se foste già
tutti a dormire. Tutti giaceva nel silenzio, e mi sono sentito un peccatore che
infrange il più grande sacrilegio a poggiare la lettera nella cassetta vuota. È
come se avessi rotto un incantesimo, un silenzio, svelato un segreto dimenticato
e custodito per migliaia di anni. Ma tu eri lì dentro che dormivi, non è vero? I
tuoi occhi chiusi, poggiati sul cuscino, come piace a te, con la testa affondata
chissà dove, forse stai sognando.
Ho
fissato la tua casa con occhi tristi ed innamorati. Mi sono sentito per la prima
volta come un peso. Un qualcosa di non desiderato, lasciato senza una
motivazione a vegetare fuori dalla porta. O meglio: come un bambino abbandonato,
in fasce, sul ciglio della strada. Ma tu non saresti mai capace di abbandonarmi,
lo so. Non lo faresti mai, è solo che adesso non ci sei, ma tornerai. Mi sento
in balia della pazzia, un delirio assurdo e disumano mi prende e mi lascia
scivolare in pensieri ridicoli e senza senso, a volte guardo un punto fisso nel
vuoto fino a quando non sento gli occhi che lacrimano, così mi prendo la testa
tra le mani e mi interrogo su quanto è successo, e non trovo una motivazione
valida ai tuoi gesti.
Cosa
è successo, Amore? È davvero finita come mi hai detto?
Con
la speranza di ritrovarti, tuo
Càlibri
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