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Autore: Lily White Matricide    16/10/2011    19 recensioni
Tutto ha inizio durante un viaggio in Irlanda, verde come gli occhi di Lily. Un viaggio per allontanarsi da Spinner's End per Severus, per averla ancora più vicina ... Per capire, tra uno sprazzo di sole ed uno scroscio di pioggia, che cosa sia averla vicina ogni giorno. La pioggia purifica e salva, il sole asciuga il senso di colpa .... E in tutti quegli anni e mesi e giorni, la pioggia irlandese accompagnerà sempre Lily e Severus. Un lungo viaggio nella loro adolescenza, che andrà ad incupirsi per l'ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte, ma che li spingerà a prendere una posizione ben precisa in questa guerra all'orizzonte. Riusciranno i due ragazzi a sopravvivere alla guerra?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Lily Evans, Severus Piton, Voldemort | Coppie: Lily/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Irish Rain Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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17.

Grace Under Pressure

 

“Courage is grace under pressure”
Ernest Hemingway


 

I ritratti dei predecessori di Albus Silente si apprestavano ad assistere a quel delicato colloquio. Incastonati nelle loro cornici pregiate, in legno laccato d’oro, si muovevano, curiosi ed inquieti allo stesso tempo. Il preside in carica aveva chiesto loro consiglio, colloquiando con ciascuno di loro, nelle sere precedenti. Ogni ritratto aveva dato la propria opinione e stranamente persino l’arcigno ed oscuro Phineas Nigellus Black, parente della nobile famiglia Black, si era mostrato tutto sommato d’accordo circa le modalità che Silente aveva in mente di adoperare. Lui, incline all’uso della Magia Oscura e dagli ideali piuttosto discutibili, non lontani da quelli di Lord Voldemort.

Tuttavia, Silente aveva sempre pensato che ciò che importava davvero era il modo con cui si esprimevano tali idee. L’anziano mago, poi, aveva come pregio il riuscire a trovare un lato positivo in qualsiasi persona o cosa. Abilità che gli riusciva particolarmente bene con le persone difficili da gestire, spesso considerate delle poco di buono.

Silente, prima di chiudere il cassetto, nel quale erano riposte quelle pergamene riservate, buttò un’ultima occhiata malinconica alla fotografia, sempre posta in cima a qualsiasi pila di scartoffie.

Ariana Silente. 

Sua sorella, la sua piccola stella, strega potentissima sin dalla più tenera età, traumatizzata a vita dalla violenza di tre Babbani. La sua psiche ne aveva risentito di quell’incontro fatale, portandola al limite della follia, scatenando i suoi poteri magici in maniera completamente incontrollabile. Sia sua madre, che Albus stesso, ed il fratello Aberforth, fecero di tutto per proteggerla e nasconderla, onde evitare che venisse confinata al San Mungo per la sua infermità mentale.

Quel segreto mantenuto in maniera fin troppo ossessiva, aveva avuto un prezzo da pagare, ovvero la morte di Kendra, la madre di quei ragazzi, uccisa proprio da un attacco della figlia, in preda ad una delle ricorrenti crisi.

Ma nessuno avrebbe mai portato fuori da quelle quattro mura il terribile segreto.

Albus Silente imparò la discrezione, il dover avere dei segreti da mantenere, spiacevoli o meno che fossero, proprio da sua madre.

Quella riservatezza si portò via un’altra vita, proprio quella di Ariana stessa, che qualche anno più tardi si frappose in una lotta tra i due fratelli e l’amico-nemico Gellert Grindelwald.

Una frazione di secondo, un incantesimo scagliato male, ed Ariana cadde a terra, esanime.

Silente non volle mai sapere chi fosse stato dei tre ad uccidere la povera Ariana. Eppure, sentiva un peso nel cuore, che si trascinava dietro da anni e altri lunghi anni sarebbero stati necessari per alleggerire quel peso. Impossibile cancellarlo per sempre. Lei era sangue del suo sangue.

Quella foto spensierata, con il ritratto animato di una ragazza apparentemente sana, che addenta contenta una fetta di torta di zucca e ride, spargendo briciole dappertutto, era il suo monito, lo sarebbe sempre stato.

La foto lo ammoniva a non sbagliare più, a non farsi prendere in una frenesia di idee distorte e malate. Di avere segreti, ma di avere anche qualcuno di fidato con cui condividerli. E di non fidarsi mai di una persona sola, ma di imparare a scegliere bene i propri amici e collaboratori.

Non avrebbe più sbagliato. Ed era per questo che ora, sebbene piuttosto avanti con gli anni, avrebbe estirpato ancora una volta le radici di ogni male: quelle che Lord Voldemort stava cercando di far affondare nel cuore di ciascun mago, specie Serpeverde. Questa volta, però, non sarebbe più stato solo.

Con un lento sospirò, chiuse il cassetto e si sistemò con un dito gli occhiali a mezzaluna.

Lumacorno l’osservava in silenzio.

Aveva una strana espressione, pareva a disagio.

“Horace” iniziò calmo ed affabile “Che cosa posso offrirti da bere?”.

“Preside, ci manchereb-”

“Insisto. Sarà una lunga chiacchierata e sono certo che prima o poi ti ritroverai con le labbra talmente secche che imploreranno per un po’ d’acqua”.

Il preside sorrise al vecchio insegnante.

“Prendo dell’Acquaviola, allora. Grazie”.

Silente fece apparire due calici in cristallo, con una splendida gradazione dal trasparente al lilla delicato. Seguì una bottiglia di Acquaviola, e ne versò parte del contenuto nei due bicchieri, sempre facendola lievitare per aria.

Bevvero in silenzio, Silente nel frattempo raccolse tutti i suoi pensieri e cercò di organizzarli in maniera coerente e convincente. Necessitava del supporto del vecchio insegnante di Pozioni, soprattutto perché era anche il Direttore della casa dei Serpeverde.

Posò il calice, che tintinnò lievemente a contatto con il grosso tavolo. Fuori la pioggia si era calmata, diventando una pioggerella inconsistente ed impalpabile. La voce del vento si era fatta più grossa e possente.

“Horace, quello che ti sto per dire è della massima urgenza” iniziò Albus, senza troppi giri di parole “E necessito della tua piena collaborazione, e della tua discrezione”.

Lumacorno annuì e si sistemò la postura. Si tese verso la scrivania e verso il proprio superiore. Era tutt’orecchi.

“Come prima cosa, ho bisogno che continui a tenere d’occhio, tramite anche i Prefetti della casa, Mulciber ed Avery. Giorno e mi spiace dovertelo dire, anche di notte, nel limite del possibile”.

“Preside, per qual motivo? Non mi è stato riportato più niente di sospetto. Anche a lezione i due sono assolutamente irreprensibili”.

Silente si portò alle labbra nuovamente dell’Acquaviola.

“Horace, ignora come si comportano a lezione, è tutta una facciata che hanno messo per apparire senza macchia”.

Silente stava tastando il terreno, girava attorno al suo interlocutore con fare circospetto, per capire quanto potesse rivelargli di segreto, affinché si convincesse a collaborare per Silente ed il nascente Ordine della Fenice. Soprattutto occorreva scegliere cosa rivelargli.

Ogni informazione rivelata poteva aprire porte preziose ed utili. Poteva aggirare ostacoli e pericoli. Ma ciascuna di loro aveva un peso ed un valore.

“Io ho bisogno di sapere se escono di notte, quei due ragazzi. Ho ricevuto delle informazioni altamente riservate da parte del Ministero che giustificano questa mia richiesta”. Il modo in cui aveva enfatizzato la parola “Ministero” era volto ad attirare l’attenzione di Lumacorno, e ad incuriosirlo una volta per tutte.

Conosceva bene i suoi insegnanti e sapeva come il potere fosse un’attrazione per il vecchio Horace. Non era l’uomo che voleva possedere il potere, come voleva fare il Signore Oscuro; non era una persona che aveva cercato di giocare con il fuoco del potere, per poi bruciarsi, com’era successo al giovane Albus. L’anziano Serpeverde amava corteggiarlo, per ottenere qualche beneficio o piccolo lusso, per il suo puro piacere personale. Non desiderava diventare il Sole, voleva limitarsi ad essere come la Luna. Un satellite che vive di luce riflessa e perennemente devoto all’astro più potente e caldo.

“Che tipo d’informazioni? Perché non mi hai avvisato prima, Albus?” l’insegnante s’irrigidì sulla sedia. La sua faccia era tutt’altro che rilassata ora. Afferrò il calice violaceo ed ingollò un sorso della bevanda leggera. Aveva abbandonato la deferenza e l’ossequiosità, chiamandolo direttamente per nome.

Era proprio la reazione che si aspettava. Stava mostrando il suo interesse a ricevere quelle informazioni preziose, tramite quell’apostrofe.

Silente allungò una mano verso il cassetto contenente le pergamene preziose, ma si fermò. Prima era il caso di anticipargli il contenuto a voce, per metterlo costantemente alla prova. Poi, una volta appurato che fosse estremamente desideroso di avere la prova tangibile delle parole di Silente, gli avrebbe mostrato le carte.

“In quanto Preside, mi arrogo il diritto di prendermi il mio tempo per capire su chi possa contare e con chi condividere queste informazioni vitali” disse, simulando un certo distacco. Gli occorreva fare uno strano giochetto, un tira e molla, ed in questo caso Lumacorno, sentendosi nuovamente messo a debita distanza, avrebbe fatto di tutto per recuperarla. Voleva sentirsi importante.

“Preside, lei sa bene che può contare su di me. Non le ho mai dato motivo di pensare altrimenti”. Era tornato a dargli del lei, in segno di rispetto.

“Al contrario, Horace, sei sempre stato un ottimo professore. Hai sempre avuto un comportamento impeccabile. Mi fido di te, non dubitarne” tacque “E queste informazioni sono certo che saranno in ottime mani”.

Questo rimpiattino si faceva estenuante, pur essendo fondamentale ed essenziale. Non poteva permettersi che anche una sola persona si rivelasse un custode inaffidabile: tutto il piano sarebbe crollato e tutti i coinvolti sarebbero stati esposti a gravi pericoli.

“Le mie fonti mi hanno rivelato che qualche sera fa, Mulciber ed Avery non fossero esattamente nella loro Sala Comune. A quanto pare stavano vagando per Hogsmeade, cercando una bettola nella quale infilarsi. Bizzarro, non trovi, che si siano recati proprio alla Testa di Porco?”.

Le fonti in questo caso non erano propriamente tutte ministeriali: alcune informazioni erano state gentilmente concesse dal fratello del Preside, Aberforth, proprietario del locale. Qualche Auror in incognito aveva completato l’opera.

Il professore di Pozioni divenne rosso in volto.

“Come hanno fatto a recarsi ad Hogsmeade di notte? Che ci facevano là?”

Silente sorrise, compiaciuto. Non era nato per essere uno spregevole manipolatore di uomini, ma sapeva su cosa fare leva in ciascun individuo. Non aveva ancora finito con l’anziano insegnante.

“Non abbiamo ancora la certezza completa, ma i due stavano incontrando un Mangiamorte” disse serio il Preside.

Horace Lumacorno rimase in silenzio, come pietrificato.

“M-mi spiace che questo sia potuto accadere, Preside, le assicuro che ..”

Silente lo zittì con un gesto garbato della mano.

“Non è colpa tua. Loro hanno evidentemente scelto la loro strada. Noi adesso dobbiamo proseguire per la nostra, ed assicurarci che Mulciber ed Avery non trascinino su questa strada altri studenti. E’ molto importante”.

Il tono grave del capo della scuola non lasciava spazio a discussioni. Dato che Mulciber ed Avery erano appartenenti ai Serpeverde, Lumacorno si sarebbe sentito responsabile in qualche maniera. Ed era questo che l’avrebbe spinto a fare qualsiasi cosa per non sfigurare.

“Non sappiamo che cosa ci attenderà nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, forse nei prossimi anni. Una guerra, forse? Sappiamo però per certo che il cosiddetto Signore Oscuro, Tom Riddle, non sta rimanendo a guardare. Si sta preparando a combattere per realizzare i suoi progetti e cerca più adepti possibili, senza i quali non riuscirebbe nel suo intento”.

Lumacorno provava una certa paura a sentirlo parlare e sobbalzò quando sentì il nome di Tom Riddle. Stringeva il proprio calice fino a far diventare le proprie nocche esangui. Era entrato in gioco anche lui, non poteva più sottrarsi. Adesso doveva mostrarsi coraggioso e fare la sua parte. Non doveva avere quella titubanza che l’avrebbe tagliato fuori.

Il Preside si fermò per un attimo e il professore di Pozioni gli fece segno di proseguire.

“Grazie, Horace. Sai bene che siamo vecchi e stanchi, non possiamo più perdere tempo. Le notizie sono comunque troppo aleatorie e frammentarie, da parte degli Auror del Ministero della Magia”. Si poteva sentire, nella voce pacata del Preside, una leggera lamentela.

“Che cosa ha intenzione di fare?” chiese diretto Lumacorno.

“Semplice: una società segreta, volta a combattere il nostro ex-alunno Riddle. Dicono che stia fabbricando gli Horcrux e che stia diventando irriconoscibile”.

Il professore venne assalito dai ricordi spiacevoli. Si era sempre sentito in parte colpevole di avergli rivelato a suo tempo che cosa fossero gli Horcrux. E sapeva dentro di sé che non si sarebbe mai fermato ed avrebbe iniziato a produrli. Aveva peccato d’ingenuità in maniera abbastanza grave: d’altronde Riddle era stato uno degli allievi più strabilianti dacché insegnava ad Hogwarts.

“Preside, è tutto vero? ”. L’insegnante deglutì. Gli sembrava tutto così surreale.

“Horace, non sono mai stato così serio in vita mia. Non possiamo permettere che Tom Riddle invochi una guerra dove i nostri studenti potrebbero finire per ammazzarsi a vicenda. Dobbiamo fermare tutto il prima possibile”. Anche a costo di non obbedire al Ministero. Non lo disse, però.

“Chi accetterebbe una follia simile?” chiese preoccupato il Serpeverde.

“Chiunque abbia a cuore questa questione. Ne ho già discusso con la Professoressa McGranitt e-”. Lumacorno lo interruppe bruscamente: “Lei ha già parlato di tutto questo a Minerva?”.

Ecco che la sua fiducia non avrebbe più tentennato: Silente era riuscito ad incastrare tutti i pezzi di quell’enorme e delicato puzzle, facendo anche leva sulla rivalità tra Serpeverde e Grifondoro.

Nel frattempo, Fanny, sul suo trespolo, fischiettò qualche motivetto allegro. Non c’era proprio nulla di cui essere allegri.

Lo studio ovale si era fatto buio, i lineamenti di Lumacorno erano immersi in quel contrasto di ultimi scampoli di luce e di oscurità. Si era innervosito.

Silente gli versò un altro po’ di Acquaviola nel bicchiere.

“Sì, Horace, e Minerva mi ha garantito il suo supporto. Come a lei, ti chiederò di coinvolgere in qualche modo i tuoi studenti migliori. Hai già modo di poterli tenere d’occhio, dato che i migliori partecipano al tuo ... Luma Club”.

Lumacorno si sentì imbarazzato, sebbene non ci fosse nulla di male in quei ritrovi esclusivi ed elitari.

Il vecchio professore annuì.

“Dato che è proprio Serpeverde la casa più delicata, ti pregherei di fare molta attenzione nello scegliere gli studenti da presentarmi”.

“Preside, ma non è avventato avere una società segreta composta da soli studenti? Chi potrebbe guidarli?”. Non era una domanda fuori luogo, anzi.

Silente si era premurato di accennare la questione ad un paio di Auror di notevole importanza, ma attendeva una loro ulteriore conferma.

“Ho già qualche Auror, insofferente ai modi di operare del Ministero, disposto ad entrare a far parte dell’Ordine”. Doveva esporre informazioni molto più sicure di quello che fossero veramente. Non poteva trasmettere insicurezza: il leader doveva avere sempre delle certezze anche di fronte all’incertezza più totale.

“Addestreranno loro i ragazzi?” chiese Lumacorno. Talvolta poteva sembrare molto egoista e vanesio, quell’anziano professore di Pozioni, ma quei ragazzi rimanevano comunque dei giovani inesperti, buttati a repentaglio, prima che potessero rendersene veramente conto, nel mondo degli adulti. Un mondo di maghi che si preparava alla battaglia: i venti di guerra cominciavano ad ululare tra i colli.

Quante vite sarebbero state troncate nella loro giovinezza? Quanti sarebbero stati sacrificati nel bagno di sangue? Se i vecchi potevano solo indicare la via da percorrere, solo i giovani potevano farsi carico di quel pesante fardello.

Silente si alzò in piedi: dopo un po’, si trovava scomodo a dover parlare seduto, incollato ad una poltrona tutto sommato confortevole.

“Horace: hai la mia parola. Verranno seguiti ed addestrati e sia chiaro che non voglio forzare nessuno ad entrare in questo Ordine. Chi entrerà lo farà di propria spontanea volontà. Ti chiedo soltanto di aiutarmi. Tieni d’occhio Mulciber ed Avery e trovami qualche bravo Serpeverde che ci aiuti. Penso che non tutti i tuoi studenti condividano gli ideali di Riddle”.

“Certamente: non siamo tutti degli aspiranti macellai” disse un po’ indispettito, sentendo forte nel petto l’orgoglio di fare parte della casa fondata da Salazar Serpeverde.

Mancava un piccolo dettaglio, quello più importante, ma Silente evitò accuratamente di dirglielo.

Non gli disse della necessità di avere una spia da mettere tra le fila dei Mangiamorte. Era un’idea che voleva tenersi ancora per sé. Necessitava di ponderarci su: inoltre, voleva occuparsi personalmente del reclutamento di quella persona pronta a mettere a totale repentaglio la sua vita. Non era certo che sarebbe riuscito a trovarla. Ogni giorno gli capitava di pensarci e di ripensarci. Avrebbe avuto la conferma solo nel momento in cui l’avrebbe avuta davanti ai suoi occhi.

“Posso contare su di te, quindi, Horace? Questa è l’ultima battaglia che voglio combattere in vita mia. Sono vecchio e ho lottato abbastanza in vita mia”. Non era ancora il momento di ammettere di essere stanchi.

Lumacorno annuì: “Tutto l’aiuto che posso darle, Preside. Sarà anche l’ultima mia battaglia. D’altronde, vorrei che i miei nipoti possano avere un futuro, quindi lotterò, e poi mi ritirerò” ammise con un sorriso. Il professore era sempre stato piuttosto riservato circa la sua vita privata, ma non era la prima volta che rivelava qualche parte di sé. Si alzò ed uscì piuttosto turbato e pensieroso dallo studio di Silente, con il buio totale, e la pioggia oramai completamente svanita. Il cielo era ancora frastagliato, le nuvole vagavano veloci verso sud.

Silente sorrise soddisfatto, facendo svanire i bicchieri e la bottiglia di Acquaviola.

Aveva un alleato prezioso, forse il più prezioso. Gli era costato fatica e una buona dose di abilità retorica, ma alla fine era lo stesso Lumacorno che aveva acconsentito ad aiutarlo nella sua lotta contro Tom Riddle. E poteva anche intuirne i motivi personali, ma se avesse infierito davanti a lui sugli errori commessi in passato, sarebbe stato perfido. Non era nella sua natura.

Fanny era molto bella, al buio. Sembrava una fiammella allegra e spensierata che fendeva l’oscurità. Era ora di farla volare nell’aria fresca e non più martoriata dalla pioggia.

L’uccello con un cinguettare allegro, spalancò le ali, non appena vide la finestra aperta e si lanciò nel blu scuro della sera. Il Lago Nero era lievemente increspato, i colli verdi, pur nel buio, conservavano la propria bellezza intatta. Anche il loro verde pareva rilucere nell’oscurità.

Magari, un giorno, quando Lord Voldemort sarebbe stato sconfitto, si sarebbe goduto una serena vecchiaia tra le montagne della Scozia. Ci sperava ancora, tutto sommato. Ma rimaneva ancora un sogno lontanissimo.

 

Un altro anno ad Hogwarts stava giungendo al termine. Nella stanza di Lily regnava il caos più totale.

Erano tutte ancora nel loro mondo beato, dove non esistevano società segrete, confessioni o sotterfugi. Proprio in quei giorni il Preside Silente si era assentato più del dovuto, dato che l’Ordine della Fenice stava iniziando a prendere una forma sempre più concreta: ma agli studenti poco importava, le vacanze estive si stavano nuovamente avvicinando. C’era chi terminava il lungo viaggio di sette anni di studi magici, e si avviava a scegliere quale percorso professionale intraprendere. I più grandi lasciavano spazio ai più piccolini e dei nuovi e timidi undicenni sarebbero approdati ad Hogwarts il prossimo Settembre. Chi finalmente otteneva gli ultimi M.A.G.O era o impaziente di lasciare la scuola, o aveva la lacrima facile e si lasciava immalinconire da sette anni di ricordi.

Le quattro Grifondoro avevano i loro enormi bauli completamente spalancati. Ciascuna di loro aveva un metodo diverso nel fare le valigie ed erano uno più caotico dell’altro.

Lily, molto semplicemente, si limitava a riversare sul letto tutto il contenuto del baule e lo rimetteva a posto da zero. V’erano vestiti stropicciati - sua madre sarebbe trasalita per come Lily trattava gli abiti - libri sparpagliati, piccoli regali da portare a casa, dolcetti e sacchetti di caramelle che lasciavano i granelli di zucchero ovunque e cianfrusaglie di ogni tipo.

E non mancavano i peli del gatto di Mary, che aveva recentemente adottato. Era un gatto grigio e bianco, dalla coda molto pelosa e dalla criniera molto morbida. Lily non lo sopportava. Bastet, così si chiamava il gatto, o meglio la gatta, sembrava amare il profumo dei suoi vestiti appena lavati, e l’odore del baule della ragazza. Così, se Lily inavvertitamente avesse lasciato il baule semiaperto, al suo ritorno in camera avrebbe trovato il felino troneggiare sulla sua pila di vestiti, con quegli occhi gialli scintillanti che brillavano di furbizia, quasi sapesse di mandare in bestia la ragazza dai capelli rossi.

Ogni volta, le toccava togliere i peli dagli abiti ed anche la magia saltuariamente si rivelava inefficace. Sev si divertiva a vedere la sua Lily irritarsi di fronte ad un altro pelo di gatto, e scuoteva il maglione stizzita, facendo svolazzare i fili grigiastri per aria.

La preparazione dei bauli richiedeva parecchio tempo, poiché veniva spesso interrotta da chiacchiere e da risate. Le ragazze, poi, ne approfittavano per salutare altre compagne in partenza.

A Lily dispiaceva lasciare Hogwarts, ma allo stesso tempo era felice di poter tornare a casa dai propri genitori, Norah ed Andrew. Petunia l’avrebbe accolta con l’indifferenza di chi accoglie una persona uscita cinque minuti prima; oramai Lily aveva accettato questa realtà. La sorella più grande non faceva molto per dimostrarsi calorosa ed amichevole, quindi non c’era neanche bisogno che lei si sforzasse di essere particolarmente affettuosa: avesse sbattuto la testa contro il muro, sarebbe stato uguale.

Inoltre, delle lunghe e meritate vacanze attendevano sia lei che Sev. Sapeva praticamente per certo che si sarebbero recati nuovamente in Irlanda a trovare amici e qualche parente da parte di madre. Sua nonna, passata a miglior vita prematuramente, la vivace Eimear Moore, era irlandese. Gli zii irlandesi, tante volte vedevano in Lily la vera discendente di Eimear, sia fisicamente, che caratterialmente. Lily non poteva esprimersi al riguardo, dato che la nonna era scomparsa nei suoi primi anni di vita e si ricordava poco o niente di lei. Per di più, sua madre non ne parlava molto volentieri. Non perché non andassero d’accordo, ma perché il loro legame era talmente forte che la morte improvvisa di Eimear aveva lasciato Norah molto sofferente.

Lily avrebbe voluto saperne di più sulla propria nonna, al di là di possedere solo qualche foto.

Soprattutto, sperava che Sev potesse tornare con lei. D’altro canto, era nato tutto lì a Galway. Aveva bisogno della sua presenza, perché quei posti non sarebbero stati mai più gli stessi senza di lui. Ci teneva tanto a passare ancora una volta un’estate ricca e piena con lui.

Sentì una massa di pelo strusciarsi tra le sue gambe. Era ancora quella gatta. Si era fatta rivedere, dopo quasi due giorni di assenza. Mary si era preoccupata per la sua scomparsa.

Con cautela, finì di ripiegare delle magliette, si spostò, onde evitare di prendere dentro Bastet, e le ripose nel baule. Il felino la guardava, seduto con eleganza davanti al letto della Grifondoro. Agitava la coda, con movimenti lenti e misurati.

Lily non sapeva che fare. Non aveva mai avuto dei gatti e non capiva perché Bastet ce l’avesse con lei.

“Mary! La tua gatta … Mi guarda male”.

Non solo, appena Lily tentò di riavvicinarsi al proprio letto, la gatta le soffiò piena d’astio. La ragazza si spaventò.

“MARY! Vieni qua!! Questa gatta è posseduta!” strillò la Grinfondoro, abbastanza impaurita. Temeva la potesse graffiare.

La padrona aveva rovesciato a terra tutto il contenuto del suo baule ed era impegnata ad ultimare i propri preparativi. A quello strillo, si alzò in piedi e corse dall’amica.

Si chinò verso il proprio gatto, che sorprendentemente soffiò anche a lei. Agitò una zampina, estraendo gli artigli. Mary si ritrasse.

“Bastet!” la rimproverò e con un gesto fulmineo la prese per la collottola. Lily si agitò, perché aveva paura che potesse fare del male all’animale, ma Mary aveva esperienza con gli animali.

L’amica di Lily trattenne il respiro.

“La gatta non sta bene, Lily” fece in tono grave. La rossa si chinò accanto a Mary e vide che le pupille dell’animale erano rossastre. Soffiò e si dimenò ancora un po’, ma Mary con la presa salda la tenne ancora buona. Sentì che nel collarino blu piuttosto spesso, vi era nascosto qualcosa.

“Mary! Sembra davvero posseduta” disse in un soffio. Allungò incerta la mano verso la gatta, che soffiò furiosamente.

“Lily, le hanno fatto qualcosa! E ha un pezzettino di pergamena nel collarino! Prendiglielo!”.

Lily era troppo insicura, ma Mary le urlò di andare a colpo sicuro e di non aver paura con il gatto, altrimenti avrebbe graffiato entrambe. Affondò la mano nel pelo di Bastet e riuscì ad afferrare il pezzettino di pergamena, intanto che Bastet si agitava e dimenava. Emmeline e Marlene si erano avvicinate preoccupate alle due.

Mary lasciò andare la gatta, che scappò sotto il letto della propria padrona, miagolando spaventata.

Le due ragazze si alzarono in piedi. Lily guardava con sguardo interrogativo quel frammento di pergamena.

“Aprilo, su. Vorrei proprio sapere chi è quel bastardo che mi ha maledetto Bastet” ringhiò Mary.

Marlene trasalì per il bastardo detto da Mary.

Lily lo aprì velocemente e come prima cosa ne lesse il contenuto. Lo rilesse con attenzione, una, due, tre volte e sbiancò in volto. Non volle farlo vedere subito alle sue compagne. Aveva letto parole terribili.

Quelle parole erano rivolte a lei ed a Mary, in quella stanza. Erano le uniche nate Babbane, lì. Ma era sicuramente un messaggio rivolto a tutte quelle e a quelli come loro.

Marlene si avvicinò alla ragazza sotto shock e con delicatezza le sfilò la pergamena dalla mano. Lily non si mosse. Si sentiva tremare tutta, da capo a piedi. Lo stomaco le si strinse in una morsa acida e dolorosa. Fiumi neri di rabbia si stavano riversando dentro le sue vene.

Marlene lesse ad alta voce il contenuto, scritto con una grafia elegante ed impeccabile, nel silenzio più totale.

“L’ascesa del Signore Oscuro si avvicina. Tremate, SangueSporco”.

Mary trasalì. Emmeline sgranò gli occhi. Le urla femminili e terrorizzate da film del terrore sarebbero state fuori luogo. Si guardarono tutte in silenzio.

“Maledizione! Ancora con questa storia?!” urlò furiosa Mary.

Lily per tutta risposta, si voltò, frugò tra il mucchio di vestiti e prese la bacchetta magica, schiumando di rabbia, agganciandola alla cintura della gonna. Prese il maglioncino stropicciato e se lo infilò nervosamente, senza dire una parola, tese la mano a Marlene, senza neanche guardarla.

“Marlene, dammi la pergamena” disse perentoria. Era del tutto involontario, non ce l’aveva con lei, con nessuna di loro. Iniziava però ad avvertire paura in un luogo che pensava che l’avrebbe sempre protetta da questo tipo di follie.

Mary era agitata e camminava nervosamente per la stanza, seguendo il profilo circolare del tappeto al centro di essa.

“Lily! Ma che cosa vuoi fare ora?” chiese timidamente Emmeline.

La rossa diede una rapida occhiata alla pergamena. Non sapeva chi potesse averla mai scritta. Sapeva che Mulciber ed Avery potevano aver maledetto la gatta, incantandola e costringendola a fare ciò che desideravano. Tuttavia, non era proprio certa che la scrittura fosse proprio la loro. Aveva bisogno di Sev per capirlo. Aveva bisogno del suo aiuto e del suo consiglio. E questa volta, sarebbe andata fin dal Preside. Non le interessava che quello fosse l’ultimo giorno di scuola per tutti, avrebbe mosso mari e monti per far sì che quella follia finisse.

Hogwarts era la sua casa, dove poteva essere se stessa e sentirsi una strega, ed era orgogliosa di esserlo. Non avrebbe mai accettato che qualcuno, fosse pure il Signore Oscuro, si potesse frapporre tra lei e la sua casa del cuore. E non avrebbe mai accettato che quelle idee malate serpeggiassero tra gli studenti di Hogwarts. Quando si è più giovani, si è molto più volubili e suscettibili di fronte al fascino irresistibile delle idee e dei grandi progetti, colmi di gloria e di vanità.

Aveva sperato ardentemente che quello di Mary fosse solo un episodio, un momento delirante ed incosciente da parte di quei due.

Non sapeva che nell’oscurità, qualcosa di enorme si stava facendo strada, e quella stessa oscurità si preparava ad inghiottire qualsiasi cosa, persino il Sole, se ne avesse avuto il potere. Aveva solo quindici anni, come poteva pensare che sarebbero stati tutti travolti da qualcosa molto più grande di loro?

“Dove stai andando, Lily?” ripeté Marlene, seria in volto.

“Vado da Silente” disse seccamente Lily, avviandosi di gran carriera verso la Sala Comune, per uscire e precipitarsi verso l’ufficio del Preside.

“Veniamo con t-“ fece Mary. Lily la fermò con un gesto brusco.

“NO! Ci penso io. Statene fuori”. Si ricordò di quelle parole, dette da Severus a lei, qualche tempo prima. Lei ora era dentro fino al collo, ma voleva che le sue più care amiche non venissero coinvolte.

Non sarebbe andata subito dal Preside, aveva bisogno di vedere prima Severus. Il suo aiuto sarebbe stato più cruciale che mai. Ne aveva bisogno, ora più che mai. Non voleva camminare nell’oscurità da sola.

Oltrepassato il ritratto della Signora Grassa, Lily iniziò a correre.

 

 

 

 

* * * * *

Uh oh, adesso si che iniziano i cazzi amari.
Scusate la finezza da scaricatrice di porto.
 
E’ stato un capitolo molto impegnativo e ha preso una piega totalmente diversa da quella che mi aspettavo. Adesso i duri devono iniziare a giocare e a fare a botte con quegli stronzetti che tramano alle loro spalle ;) Forza Sev! Forza Lily! Nel prossimo capitolo tornerà quella gran donna che è Minerva McGranitt. Ma qualche attimo di relax i nostri tesori l’avranno.
 
Ho anche la pagina autrice su FB! Aggiungetemi, se vi va!
Aspetto le vostre recensioni con tanta giuoia e gaudio!
 
Un abbraccio,
Blankette_Girl
Alessandra <3

P.S mi scuso per la formattazione penosa che ha preso questo capitolo, ma mia sorella si è portata via il Mac e su Windows non riesco a metterla come negli altri capitoli. Entro sera tarda o domani la sistemo!
   
 
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