- Lo so che sono un po' in ritardo con questa storia, ^^" ma sono tornata. ù.ù E ho intenzione di tediare chiunque legga questa storia. Yeah! :D
Vedete, due miei cari amici stanno cercando di vincere un concorso, e hanno messo un video su You tube..ecco, se avete tempo e voglia, potreste andare a vederlo? Dura veramente poco, ma sono le visite che contano.
(Ci sono anch'io come comparsa XD)
Vi lascio qui il link: http://www.youtube.com/watch?v=iYdOYk96ECw&feature=channel_video_title
Grazie per l'attenzione! Un bacio!
- Capitolo
due. Quando si tocca il fondo..ci si mette a scavare.
- Il
buongiorno si vede dal mattino.
- Così
dice il detto, no?
- Bene,
se le cose stavano realmente così, potevo dire per certo che quel
martedì
sarebbe stato decisamente NO, scritto
in stampatello e
grassetto.
- Mi
ero svegliata grazie alle urla da cornacchia di mia madre, che
m’intimava di
alzarmi perché era tardissimo e abbaiava contro la sveglia che non era
suonata;
con il cuore in gola per lo spavento ero corsa in bagno, e mi ero
preparata
alla velocità della luce: evito di citare le parolacce che ho vomitato
quando
picchiai il mignolino del piede contro lo stipite della porta.
- Dopodichè,
ero uscita di casa, dolorante e affannata, e mi ero quasi rotta l’osso
del
collo inciampando nell’ultimo gradino della rampa delle scale, e,
dulcis in
fundo, pioveva.
- Ed
io che mi ero messa le All Star, non potei che maledirmi da sola.
- Fortunatamente,
però, riuscii a beccare il pullman. Ovvio, dopo una faticata degna
della
maratona di New York.
- Arrancai,
con la lingua che si trascinava al suolo, fino al posto che mi aveva
tenuto
accanto a sé Federica. Lei mi guardò con un sopracciglio platealmente
alzato e
un luccichio divertito negli occhi.
- -Buongiorno!-
- Le
lanciai un’occhiataccia piuttosto eloquente, alla quale Fed si
trannette dal
ridere; evidentemente dovevo sembrare piuttosto comica, con la coda
sfatta, il
viso arrossato, e completamente bagnata.
- Mentre
lasciavo cadere il mio corpo martoriato di superstite di guerra sul
sedile,
quello scricchiolò sotto il mio peso: ok, non ero magrissima, ma così
era
deprimente! Pure il sedile sgangherato dovevo beccarmi!
- Sospirai,
facendo svolazzare un ciuffo infame che si era afflosciato sulla mia
fronte.
- L’unica
cosa da fare era rassegnarmi e accettare la mia sfiga giornaliera.
- -Lo
sai, sembri piuttosto sconvolta.- infierì quella che, in teoria, doveva
essere
la mia migliore amica.
- Le
rivolsi l’ennesima occhiata truce. –Prego, rigiriamo il dito nella
piaga!-
sibilai, pungente.
- Federica
ridacchiò, dandomi un buffetto sulla guancia. –Relax, tesoro.-
- La
guardai scettica. –Ti sei data alla moda hippie ora?-
- La
mia amica fece il segno della pace, e mi rivolse un sorriso smagliante:
-Peace&Love, sorella.-
- Scossi
la testa, e frugai nella tasca anteriore dello zaino, tirandone fuori
il mio
sacrosanto Ipod. Infilai un auricolare nell’orecchio, l’altro lo porsi
a
Federica, e feci partire “Just can’t get enough”.
- La
musica ebbe il potere di migliorarmi l’umore, e riuscì a rilassarmi
come
sempre; io, senza le mie canzoni preferite, non sarei riuscita a
vivere, molto
probabilmente. Erano rare le volte che il mio Ipod era scarico, perché
stavo ben
attenta a non farmelo mancare mai.
- Ero
persa beatamente nei miei pensieri, quando Federica mi assestò una
gomitata
nelle costole.
- Mugugnai,
guardandola male. –Che hai?- borbottai, indignata e ferita.
- Lei
fece un cenno alla porta del pullman, che sostava a una fermata, e
m’indicò un
tipo incappucciato che saliva. E quindi?
- Stavo
per infamarla, per avermi dato una gomitata senza motivo, quando il
Frate
Cappuccino fece calare, appunto, il cappuccio, rivelando niente popò di
meno
che l’Eremita Scazzato Killer
–ricordiamo che aveva la fedina penale macchiata per tentato omicidio
durante
una partita di pallaprigioniera verso la sottoscritta.
- Anche
lui aveva gli auricolari nelle orecchie, e se ne stava con quella
solita aria
seccata accanto all’uscita.
- Chissà
se ci aveva visto; se sì, e non ci aveva salutate, era un vero
maleducato
mascalzone.
- Come
il pullman ripartì, riagguantai la cuffietta che mi era caduta e
ripresi a
fantasticare, ignorando il mio nuovo-e antipatico- compagno di classe.
- Almeno
finchè Federica non richiamò, con l’ennesima gomitata, la mia
attenzione.
- -Ehi,
hai sentito che la Cigoli si è trovata un fidanzato?- La mia voglia di
ridarle
indietro qualche parolaccia venne accantonata dalla curiosità e dalla
sorpresa.
- Lo
sguardo di Fed, un po’ ironico e incredulo, era specchio del mio;
ridacchiammo
entrambe per l’assurdità di quelle voci.
- Non
era per cattiveria, eh, ma risultava un pelo ridicola questa notizia,
per
chiunque conoscesse la nostra professoressa di Spagnolo.
- Carla
Cigoli, nei corridoi della nostra scuola, era conosciuta come la regina
delle
zitelle, e benchè lei dicesse che fosse per sua scelta, nessuno le
credeva.
- Definirla
eccentrica era un eufemismo; gli indumenti più sobri che aveva, per
dirne una,
erano una gonna leopardata e collant arancioni. Ma tutto il suo
guardaroba
comprendeva vestiti improbabili e quasi sempre troppo aderenti per un’
ultra-quarantenne di cui non si vedeva più nemmeno il giro vita.
- Per non parlare del trucco: in confronto a
lei, la stimabilissima Moira Orfei era acqua e sapone.
- Non
era una cattiva persona, anzi, tutt’altro: era una tipa alla mano,
forse fin
troppo.
- Diciamo
addirittura che il mestiere di professoressa non faceva per lei- non
riusciva a
tenere la classe per più di mezzo minuto, nelle sue ore, in cui regnava
il
caos, tutti si facevano i cavolacci propri- e il più delle volte
metteva in
imbarazzo le persone che le stavano al fianco.
- Perciò,
era pazzesco che un povero martire la trovasse tanto interessante dal
mettersi
con lei.
- O
era matto..o non ci vedeva, non ci sentiva, o comunque sia, aveva uno
stomaco
realmente forte.
- Fatto
stava che, come si diceva in giro, la Cigoli era più euforica del
solito: lo appurai appena entrai in classe.
- Era
vestita molto più attillata del solito –orrore e raccapriccio!- con una
camicetta lilla di almeno due taglie più piccola che sembrava lì lì per
esplodere, e portava perfino i tacchi.
- Tanto
per citare la mia prof d’italiano, la De Stefani, che era fissata con
le
similitudini: la Cigoli è leggiadra
quanto un rinoceronte con i tacchi a spillo in una cristalleria.
- Poesia
mattutina, solo per far capire perché, a guardarla, mi venisse un
rigurgitino.
- Quando
raggiunsi il mio banco, mi ritrovai coinvolta, senza neanche rendermene
conto,
in un giro di scommesse tra Gianni e Leo: il primo affermava che, entro
la fine
dell’ora, almeno un bottone della camicetta sarebbe esploso; il secondo
era
sicuro della stessa cosa, solo che non sarebbero passati più di venti
minuti
dall’inizio della lezione.
- Io
ero più propensa a puntare sulla teoria di Leo, perché quella camicetta
era davvero
troppo stretta per la prof, anche se speravo davvero che
non
succedesse. Ma pareva inevitabile.
- -Ho
sentito che abbiamo un nuovo compañero!- esordì, shakerandosi tutta,
quella.
- Per
un secondo, m’immaginai la camicetta esplodere, ma ciò non successe,
grazie al
Cielo.
- -Muy
bien, muy bien!-
- In
quasi tre anni in cui facevamo spagnolo, avevo sentito uscire dalle sue
labbra
solo “hola chicos” e “muy bien”, il che
mi aveva portata a
pensare –e il dubbio non era solo mio- che il suo vocabolario
comprendesse solo
queste quattro parole. Se non avessimo avuto una madrelingua in gamba
come la
nostra Juanita, probabilmente sarei stata in grado solo di dire “muy bien, chicos” e “vamos a la playa,
ohohohohoh!”.
- Dico
davvero. E, quest’ultima frase, tra l’altro, era frutto di cultura
generale.
- -Dov’è?
Dov’è? Chi è?- chiese, scrutando la classe con un luccichio strano
negli occhi,
senza ovviamente vedere il nuovo soggetto in pole position.
- L’Eremita
Scazzato alzò la mano, con molta nonchalance, mezzo stravaccato sotto
il banco.
Perlomeno non aveva gli auricolari e il cappuccio a coprirgli quella
brutta
faccia da schiaffi; faceva passi avanti!
- La
Cigoli sciabolò le sopracciglia, col suo sorriso ambiguo sulle labbra
rosso
fuoco: -Vieni qui caro, a presentarti!- indicò la sedia al suo fianco,
dalla
quale spostò la sua enorme borsa-valigia lilla.
- Cimino
si trascinò al suo fianco, con un’espressione impassibile sul viso.
- -Sai
dire qualcosa in spagnolo?- Beh, chiunque probabilmente avrebbe saputo
parlare
più di lei in spagnolo, ma questi erano dettagli!
- Cimino
si strinse nelle spalle. –Ho seguito un corso di spagnolo, e
quest’estate ho
fatto uno stage di tre settimane a Madrid.-
- Vacca
baldracca!
Anch’io volevo
andare a Madrid! Non era giusto: un
motivo in più per odiarlo, ecco.
- La
Cigoli fece dondolare la testa come una molla, e punto gli indici verso
l’alto.
–Muy bien!- disse, ovviamente, la
prof, muovendosi tutta e mettendo a dura prova i bottoni della
camicetta.
- -Entonces,
me llamo Mattia Cimino y tengo dieci sete años..- cominciò, ed era pure
bravo,
quell’antipatico.
- Finita
la presentazione, in cui la prof lo guardò con occhi a cuoricini
intermittenti-udite udite, avevamo trovato il prossimo
cocco della Cigoli!-, l’Eremita Scazzato si trascinò al posto.
Dopodichè, frugò
nello zaino e mise gli auricolari, sprofondando nella sedia.
- Ah
ecco, mi sembrava strano il fatto che non si chiudesse a guscio manco
stesse
scontando chissà quali pene con l’isolamento.
- La
lezione passò tranquillamente-se si poteva definire così quello scambio
di
risate, compiti di latino, pezzi di gomma e qualche parolaccia- come al
solito.
La prof ci raccontò delle sue vacanze in montagna –o almeno, lo
raccontò al
Tosca, meglio conosciuto come Secchia, l’unico che l’ascoltava- e ad
ogni suo
respiro il bottone della camicetta era lì lì per schizzare via.
- -Manca
poco, Gian- sghignazzò Leo, voltandosi verso i nostri banchi. Gianni
ghignò
apertamente, senza preoccuparsi di farsi sentire.
- La
Cigoli, come ho già detto, era una professoressa fin troppo alla mano;
così
tanto che non riusciva a gestire la classe durante le sue ore, e noi,
ovviamente, ne approfittavamo. Di spagnolo ne facevamo ben poco, con
lei.
- Fu
in quel momento, che il bottone si scucì, e la camicetta si aprì,
provocando un
brusio di risate generali.
- Stranamente,
la prof se ne accorse. -Che avete da ridere?-
- Io
mi rifugiai sotto al banco, fingendo di cercare qualcosa nello zaino,
mentre
Gian cercava di sprofondare nella sedia. Evitavo di guardarlo perché
con lui
sarei scoppiata a ridere apertamente, e non era proprio il caso.
- -La
camicetta, prof- la voce dell’Eremita Scazzato stoppò gli
sghignazzamenti,perciò mi misi seduta composta, cercando si assumere
un’espressione neutra di Chi Non Si E’
Accorto Di Nulla. La stessa cosa fece Gianni, ma non gli venne
molto bene.
- La
Cigoli assunse una tonalità arcobaleno, imbarazzata da morire.
- -Oh
perbacco, lo siento..-
- No!
Oddio, aveva detto qualcosa che non fosse ‘muy bien’ in spagnolo!
- Mi
voltai verso Gianni, il quale ricambiò lo sguardo; aveva l’aria di uno
che era
appena stato investito dallo Spirito Santo, e molto probabilmente io
dovevo
avere la stessa faccia.
- Guardandomi
in torno, notai che Federica, Sara, ed altri miei compagni fissavano un
punto
indefinito del soffitto, come se, da un momento all’altro, si
aspettassero che quello
si aprisse e ne discendesse una candida luce paradisiaca.
- Gian
raccolse il suo fidato pallone da
calcio, e con il suo sacrosantissimo
indelebile blu, cominciò a scriverci sopra. Mi sporsi appena per
sbirciare; ci
misi un po’ a decifrare i suoi tremolanti geroglifici, che dicevano “Oggi, 9 Gennaio alle 8.45, alla Svampita è
esplosa la camicetta, e ha detto una parola in spagnolo..Miracolo‼”
- Scossi
la testa, divertita. Mentre la Cigoli si alzava per chiamare una
bidella e
rifugiarsi in bagno, mi lasciai sprofondare nella sedia. Gian avea
ragione, era
una giornata memorabile.
- Appena
la prof si era dileguata, metà della classe si era liberata in
sghignazzamenti
e battute varie.
- -Bello,
sgancia!- Leo allungò la mano verso il banco di Gianni, che storse il
naso.
- -Che
due palle! Se non si fosse mossa così tanto avrei vinto!- borbottò,
frugandosi
nelle tasche per dare a Leo quello che gli doveva.
- L’interessato,
intanto, continuava a gongolare, soddisfatto della sua vittoria.
- -E’
troppo bello scommettere con te, Gian!- lo sfottè, -Non ci azzecchi
mai.- e
ammiccò, fregando dalle mani di Gianni i suoi soldi. Poi lanciò a me un
sorrisetto furbo: -Cris, io ne approfitterei! Sarebbe un affare anche
per te!-
- Alzai
le mani, e scossi la testa con un sorrisetto divertito. –No, grazie,
non è per
me il campo delle scommesse.-
- Leo
si strinse nelle spalle, con nonchalance, mentre sentii Gianni
sospirare
sollevato. Evidentemente sentiva molto
minacciate le sue finanze.
- A
quest’ultimo diedi un buffetto sul braccio. –Certo che sei scemo!
Scommetti
cose..impossibili.- dissi, con un
tono tra l’esasperato e il divertito. –Era ovvio sin dall’inizio che
Leo avesse
ragione! Quella camicetta è durata fin troppo!-
- Il
ragazzo davanti al mio banco mi rivolse un sorriso smagliante, caldo e
luminoso
quanto il sole, e per un secondo la parte idiota di me si chiese se a
stare
sempre vicino ai sorrisi di Leo mi sarei abbronzata.
- -Vedi,
amico? Lo dice pure lei!- Leo lo
disse come se fosse una cosa Strabiliante et Incredibile, come il fatto
che la
Cigoli avesse il fidanzato.
- Alzai
un sopracciglio, chiaramente irritata. –Ricorda, Leonardo caro, che
qualsiasi
cosa tu faccia, io lo farò sempre un
po’ meglio di te e di qualsiasi altro essere
del sesso maschile.- lo apostrofai, sfoggiando il mio lato egocentrico
e
femminista.
- -Come
puoi esserne così sicura?- ribattè lui, facendo ciondolare la testa
avanti e
indietro con un’espressione di sfida e un sorrisetto tronfio.
- Scrollai
le spalle. –Perché sono donna, è ovvio.-
- -Ah
beh, questo spiega tutto.-
- Rimasi
a bocca aperta, quando l’Eremita-Scazzato-Killer si voltò e mi rivolse
la
parola.
- Ecco,
come io avrei dovuto chiuderla-la bocca- per non farci entrare le
mosche, lui
non avrebbe proprio dovuto aprirla, perché quel tono seccato e ironico
era
qualcosa di altamente irritante per le mie orecchie.
- -Non
pensi di essere un po’ egocentrica e sessista?- mi riprese, fissando
quei suoi
maledetti occhi castani nei miei.
- Ma
come cavolo si permetteva? Non mi conosceva, e si metteva a giudicare;
tra
l’altro non stavo nemmeno parlando con lui, non c’entrava niente nel
discorso,
ed invece si era messo in mezzo come la più pettegola delle comari,
giusto per
dare la sua.
- -Anche
se fosse, non è affar tuo.- ribattei, -E non sei nessuno per
permetterti di
giudicare.-
- Un
guizzo di sfida passò nei suoi occhi perennemente inespressivi,
accendendoli di
una nuova luce e rendendoli magnetici in un modo sbalorditivo. Ma non
era
proprio il momento per mettermi ad analizzare pagliuzza per pagliuzza
le iridi
di quell’irritante tizio.
- Cimino
fece spallucce. –Sarà.- concesse, ostentando un’indifferenza tradita da
quegli
occhi così vivi.-Ma questo mi porta a pensare che tu sia anche
superficiale,
oltre che polemica e dispotica.- Ok, se andava avanti così, glieli
strappavo
dalle orbite, quei dannati occhi belli.
- Di
riflesso, la mia mente registrò lo scambio di sguardi tra Leo e Gianni,
che,
ovviamente, stavano scommettendo di nuovo: stavolta su me e quel
maleducato.
- Aggrottai
la fronte, e guardai piuttosto male Cimino, sul viso del quale si era
disegnato
un sorrisetto tronfio e terribilmente seccante.
- -Mi
chiedo come tu possa sputare sentenze senza nemmeno conoscermi: non ne
hai
alcun diritto. E poi, io sarò dispotica e polemica, magari anche
superficiale –
questo potevo smentirlo in quattro e quattrotto, l’unica persona
frivola era il
qui presente Eremita Scazzato, -ma almeno, quando non c’entro, so stare
al mio
posto, e non ficco la mia appendice nasale né negli affari degli altri,
né nei
loro discorsi.- sibilai, in risposta.
- -Tesoro,
io faccio quel cavolo che ne ho voglia, intesi? E’ un paese libero.-
- Tesoro
a chi,
brutto imbecille?!
- Ok,
mi prudevano le mani. E vedere quella faccia così vicina faceva sì che
la mia
voglia di picchiarlo a sangue aumentasse a livelli esponenziali. Già
m’immaginavo i titoli di giornale: “Ragazza
riduce compagno di classe in spezzatino, e lo serve come pasto nella
mensa
dell’istituto”.
- -E’
libero fintanto che non è violata la libertà altrui.- ribattei, con un
tic
furioso al mignolo della mano destra; non mi preoccupavo più di tanto,
mi
succedeva ogni qual volta sfioravo la crisi di nervi. Cioè,
praticamente
sempre. –E tu, sei la persona più urtante e fastidiosa che io abbia mai
conosciuto, e mini il mio quieto vivere anche solo respirando.-
sibilai, con uno sguardo truce diretto al ragazzo di
fronte a me.
- Notai
il suo viso contrarsi appena in una smorfia, che poi trasformò in un
ghigno
sfrontato.
- -Tranquilla,
sentimenti ricambiati.- disse, per poi voltarsi, infilandosi
repentinamente gli
auricolari.
- Il
mio mignolo continuava a tremare, e avevo seriamente bisogno di
prenderlo a
sberle.
- Ma
come cavolo si permetteva?!
- Sbuffai,
risentita, mentre ancora Gianni sghignazzava; si era ripreso i soldi
che aveva
perso qualche minuto prima: evidentemente pensava che Cimino avrebbe
avuto
l’ultima parola, e così, per quanto frustrante fosse ammetterlo, era
stato.
- Quando
la Cigoli rientrò in classe, stranamente taciturna (e probabilmente
arrossita,
se non avesse avuto la faccia ricoperta da chili e chili di trucco),
sprofondai
nel mio mutismo offeso-riflessivo.
- Ero
arrivata a tre conclusioni:
- Primo,
Mattia Cimino era uno stronzo;
- Secondo,
una parte di lui, chissà quale e quanto importante, mi odiava quanto io
odiavo
lui, e avrebbe voluto spaccarmi la faccia probabilmente con la mia
stessa intensità;
- E
terzo, la guerra era appena cominciata.
- *
- -Allora,
Bulli, raccontami un po’ cos’hai letto in queste vacanze.-
- -Eh..Marcovaldo
prof, quello di Italo Calvino.- rispose Pietro, impalato e impacciato
accanto
alla cattedra, e palesemente bianco come un cencio per l’ansia: si
vedeva da un
chilometro che fosse colto alla sprovvista, perché, come il novantanove
percento della classe, Bulli non
aveva letto i libri d’italiano. Ed io, solerte
e diligente studentessa..mi ritrovavo nella maggioranza; da non
biasimarmi,
avevo dispeso ogni mia singola energia a studiare e finire gli esercizi
di
matematica, non c’era tempo per leggere tra un’espressione e un’uscita
con le
amiche!
- Comunque
sia, molto probabilmente, l’unico ad
aver svolto le letture dateci dalla spietata e crudele professoressa
Vanna De
Stefani – insegnate di storia, geografia, italiano e il temibile
latino-
era Secchia.
- -E
dunque?- inquisì quella, con voce tonante e cavernosa. –Chi è Calvino?-
- Si
vide distintamente un rivolo di sudore solcare la fronte del povero
Pietro; -U-uno
dei più importanti e famossi sscritori
italiani.- disse, o meglio, sibilò Pietro, con la sua
S serpentesca.
- La
De Stefani fece un cenno col capo, come ad esortarlo, e Pietro cominciò
nuovamente ad arrampicarsi sugli specchi.
- Se
non altro, i tentativi disperati di Pietro mi tenevano occupata la
mente e a
bada gli istinti omicidi verso quel brutto maleducato di Cimino, la
testa del
quale era così..folta di capelli, che
a malapena vedevo l’insegnante; appunto per il giorno dopo: portare
macchinetta
per rasare quel tipo a zero.
- L’interrogazione
non fu un totale disastro, grazie al Cielo Pietro aveva letto la trama
del
libro, e riuscì a spiccicare qualcosina..peccato che quel qualcosina
per la De Stefani rasentava a malapena il 5, e l’umore
di Pietro calò a picco.
- Ma
il dispiacere per il mio compagno era niente, in confronto al panico
che era
calato sulla classe: la prof aveva appena annunciato che avrebbe fatto
un tema
sulle tre letture delle vacanze, alla fine della settimana.
- Non
per essere ripetitiva..ma nessuno!,
aveva letto quei tre dannati libri! Ed era alquanto impossibile
riuscire a
leggerli tutti in tre giorni: o meglio, un tentato suicidio.
- Ok,
che non le stavamo tanto simpatici, ma addirittura indurci a buttarci
giù da un
pullman in corsa era alquanto eccessivo! Quella prof era di un sadismo
senza
eguali!
- Al
contrario degli altri professori, la De Stefani non chiese nulla di
Cimino, non
lo mise alla prova, non lo interrogò e non lo smerdò come aveva fatto
con
Pietro e come avrei tanto voluto che facesse io: nada de nada. E questo
era un
motivo in più per detestare-lei, e per pregare che si strozzasse con la
coca-cola -lui.
- Ma
io mi chiedevo: perché i miei genitori mi avevano permesso di vedere i
cartoni
animati Disney, accrescendo così il mio lato fanciullesco e speranzoso?
Perché
illudere dei bambini con vaccate come “i sogni son desideri”,
convincendoli che
poi, tali desideri, si realizzassero? Era una delusione scoprire che
così non
era la realtà.
- Perché
io speravo, speravo, speravo davvero
che Cimino e la De Stefani si trasformassero in scarafaggi-scasca,
cosicchè
potessi calpestarli dall’alto e guardarli con disprezzo e sadica
goduria. Ma
ciò non accadeva: la De Stefani era sempre il solito, vecchio giunco
rugoso, e
Cimino lo stesso stupido, maleducato capellone.
- Oppure,
cosa –anche questa- molto probabile, era il fatto che o non avevo una
fata
Smemorina, o, se ce l’avevo, era difettosa, e la sua bacchetta aveva
solo
peggiorato la situazione.
- La
terza ora arrivò dopo quello che mi sembrava un secolo; la cosa più
bella, era
il fatto che fosse l’ora di Religione: il che, significava che mi sarei
spostata vicino a Fede, e, soprattutto, avrei messo almeno cinque metri
di
distanza tra me, e quell’infausta presenza di Cimino.
- Agguantato
quadernetto, astuccio e diario, salutai Gianni con un cenno e intimai con calma e gentilezza,
aggiungendoci pure un per piacere e un grazie, a quel microcefalo di
Samuel
Bacchi di sloggiare e lasciarmi il posto vicino alla mia migliore
amica.
- -Eccoti
qui!- esclamò lei, shakerandosi tutta in una perfetta imitazione del
movimento Cigolesco.
- Mi
sedetti sulla sedia e lasciai gadere con un tonfo sordo tutto il mio
armamentario per la non-lezione di
religione. Fed mi riservò uno sguardo prettamente divertito, con una
nota
maliziosa di sfondo che non mi piacque per niente; chissà cosa il suo
cervellino bacato stava macchinando.
- -Ho
notato che hai avuto uno scambio d’opinioni con Cimino..-
- Feci
una smorfia. –Sto cercando di reprimere il fastidio, Fede, se ci penso
andrà a
finire che “il più figo della classe” diventerà “il più figo
dell’obitorio”.-
grugnii, a denti stretti, facendo le virgolette con le dita in modo
piuttosto
stizzito.
- -Beh,
allora anche tu dici che è figo!- esplose quella cretina, spalancando
all’inverosimile gli occhi, nei quali passò un guizzo strabiliato e
euforico.
- -No.-
risposi, con un tono che non ammetteva repliche, -Era tanto per dire,
lo sai.-
ecco che lo scintillio di morbosa felicità si spegneva nelle pupille
della mia
amica. Missione compiuta! Meglio sottolineare ancora il concetto, tanto
per non
farle venire mai, mai più un’idea come quella. -Poi, è così..fastidioso,
e insolente..e maleducato!
Poi quei suoi occhi..- solo al pensiero, il mio mignolo ricominciò ad
avere
degli spasmi, -Anche se fosse bello, e sto parlando per ipotesi,
ha un carattere così..beh, così, che farebbe perdere
la pazienza perfino ad una santa!- Non
c’erano nemmeno gli aggettivi adatti per spiegare quanto irritante,
tronfio e
impossibile fosse quel tizio.
- Notai,
alla fine del mio sproloquio avversativo contro Cimino, che, pian
piano, gli
occhi di Federica si erano riaccesi della precedente euforia.
- -Non
hai mai detestato così tanto un ragazzo come odi lui.- constatò, con un
sorrisetto che non mi piaceva per niente. Sembrava nascondesse un
messaggio
subliminale, che io non riuscivo a capire.
- Che
nervi.
- Incrociai
le braccia al petto, fissandola di sottecchi. –Questo perché non ho mai
incontrato nessuno che fosse così egocentrico e sbruffone.-
- -E
tanto spavaldo dal fare commenti puntigliosi su di te.- completò
Federica, con
un tono divertito. Grugnii in risposta, sbuffando. Bell’amica, che
avevo.
- Federica
rise apertamente, e continuò a farlo, anche se in modo più contenuto e
in
“silenzioso”, quando entrò Sangalli, il pudicissimo professore di
religione,
appassionato della Bibbia e di Aramaico antico, Greco e Latino, nonché
fan
sfegatato di Gesù: a questo proposito, vorrei sottolineare quanto
quest’uomo
fosse devoto alla religione, tanto da
avere come porta-cellulare una calzina con su Cristo.
- Era
un signore oltre la quarantina, con una voce pacata e un tono
cadenzato, la
testa quasi completamente pelata, e due occhi azzurro cielo. Era uno di
quei
pochi professori che si era rassegnato al fatto che con noi non c’era
niente da
fare; se non ci importava un fico secco della materia, non c’era
persona capace
di attirare la nostra attenzione.
- Beh,
capitava a volte che facessimo una lezione decente con Sangalli, e lui
ne
usciva sempre soddisfatto,ma quel giorno di sicuro non era uno di quei
casi.
- Perciò,
il prof, che un giorno o l’altro sarebbe diventato santo, aprì i suoi
Atti
degli Apostoli e ci lasciò in pace, a patto che non facessimo troppo
rumore.
- Involontariamente,
anche sopra il brusio della classe, sentii il tono strascicato e
irritante di
Cimino che chiedeva di andare in bagno.
- Scossi
la testa impercettibilmente, e tornai a prestare attenzione alle
chiacchiere di
Federica, Sara e Anna; così, i sessanta minuti di Religione passarono
in un soffio.
Sangalli ci salutò cordialmente, un po’ rassegnato anche, e uscì dalla
porta
nello stesso momento in cui Cimino rientrava in classe.
- Ah,
bello: era rimasto fuori per i corridoi tutta la lezione! Non poteva
venire
espulso? No?
- -Ehi,
Cris!- Marco sbucò alle mie spalle, facendomi prendere tre infarti e un
ictus.
- -Marco,
ma ti pare?- sibilai, posandomi una mano sul petto, -Mi hai fatto
prendere un
colpo!-
- Marco
Maria Stefanoni, il nostro caro MM’s, il riccastro della scuola, era
niente
popo’ di meno che uno dei miei più cari amici. Anzi: l’unico amico
maschio,
unico e solo, della sottoscritta.
- Lo
conoscevo da quando ero piccola
così, tanto per citare la pubblicità del Kinder, e ad essere
sincera
all’inizio lo detestavo anche, come qualsiasi altro individuo del sesso
maschile, perché mi sembrava solo un pallone gonfiato arrivista.
- Ma
lui si era distinto. Forse, perché come me, non credeva nell’amore
-anche se le
sue avventure le aveva, ma solo per mostrare a sé stesso che anche
senza
coinvolgimenti si stava bene.
- Marco,
però, non era come me. Il suo ripudio
verso i sentimenti romantici era venuto dopo,
non era per principio come il mio. Fin da piccolo, era cresciuto con
tate di
qui, baby-sitter di là, senza il sostegno affettivo dei genitori,
troppo impegnati
per il lavoro, e che cercavano di compensare le loro mancanze
riempiendolo di
mance e regali costosi, che ovviamente
non riempivano il vuoto nel suo cuore. Poi, i suoi avevano divorziato,
scatenando un putiferio per l’affidamento del figlio, come ennesimo
esempio per
lui di quanto l’amore fosse solo un’illusione: la battaglia fu inutile,
a dirla
tutta, perché anche se Marco era stato affidato al padre, lui era
sempre in
viaggio e le cose non erano cambiate.
- Tutto
ciò, me l’aveva confessato solo due anni prima, quando, per scherzo del
destino, ci avevano messo come vicini di banco. Da lì, il nostro
rapporto era
cresciuto molto, e soprattutto potevo dire di avere un alleato, nei
discorsi
argomentativi sui sentimenti di Federica.
- Marco
rise, facendo spuntare le sue caratteristiche e tenere fossette ai lati
della
bocca. –Hai la coda di paglia, Cristina?- m’apostrofò, sciabolando le
sopracciglia.
- Lo
fulminai con un’occhiataccia. –Bada a quello che dici, Stefanoni.-
- Lui
mi fece pat pat sulla testa, come
faceva di solito: era un’abitudine che tentavo di sradicare, ma era
impossibile, Marco ci trovava evidentemente gusto nel farmi
imbestialire.
- -Buona,
piccoletta.- sfottè, con un gnigno irritante,-Volevo solo dirti che
oggi ho
voglia di uscire.- annunciò pacato.
- Fed
alzò un sopracciglio, scettica. –Chi sei tu, il Dio sceso in terra?
Quello che
dici tu è legge?-
- -Sarebbe
carino, ma no, e comunque parlavo con Cris, non con te, Miss sono il
centro del
mondo. Tu puoi tranquillamente appartarti con quel cane del tuo
ragazzo.-
- Come
sempre, Federica e Marco, quando erano insieme, sfoggiarono il loro
lato
infantile e dispotico l’uno verso l’altra. Il loro rapporto era sempre
stato
così, tra frecciatine e ringhi repressi, ma in realtà si volevano un
gran bene,
anche più di quel che volevano ammettere. In più, anche se non lo
dicevano,
erano molto gelosi dell’altro: un esempio lampante erano gli
appellativi poco
carini con cui Marco definiva il ragazzo di Federica; beh, lei di certo
non ci
andava leggera, con le carinerie
verso Marco e le ragazze con cui usciva.
- Ma
ormai, io, come il resto della classe, ci avevo fatto l’abitudine.
- -Suvvia,
ragazzi, fate i buoni.- li ammonii, dando un buffetto alla testa di
Fede e al
braccio di Marco (era il punto più alto a cui arrivavo, perché il mio
amico era
davvero molto alto).
- -Comunque
sia, devi proprio dirmi cosa è successo con Mattia, sembra lanciarti
maledizioni ogni volta che per sbaglio ti guarda!- disse abbassando
appena la
voce per non farsi sentire, sciabolando le sopracciglia.
- Ah, è
così, eh?
Mi guardi male? Aspetta che passi davanti a me, e di te non ci sarà
nemmeno la
polvere per quanto assassini saranno i miei sguardi!
- La
risatina di Federica mi fece ridestare dagli istinti omicidi, e
sbiancai allo
sguardo complice che si stavano scambiando ora i miei amici: ah già,
dimenticavo quanto certe cause, come sfottermi allegramente, li facesse
pacificare e dissipassero i loro diverbi.
- -Io
passerò.- mi limitai a dire, guardandomi con nonchalance le unghie.
- Marco
e Federica ghignarono. –No cara, tu verrai. Verrai eccome..-
- E
con queste parole, avevano segnato il mio destino…che cosa deprimente!