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Autore: ferao    23/10/2011    11 recensioni
- Cos’è quello, Bunbury? - domandò a bassa voce Evangeline, vedendo arrivare Percy.
Bunbury smise di osservare un gruppo di maghi e puntò gli occhi da avvoltoio sul ragazzo. - Temo sia lo sposo, Evangeline.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'Una brezza lieve' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Tutti i sì del mondo
 

 
 
- Insomma, si può sapere cos’è che vuoi da me?
- Senti, mi dispiace, lo so che è tardi ma ho bisogno di… di…
L’uomo sbuffò. - Hai bisogno di una decisa e definitiva botta in testa, ecco di cosa. È notte, per Circe!
- Lo so, ma… ma… io… ecco…
Adams sospirò in maniera eloquente. Sprofondò ancora di più nella sua poltrona e si strinse nella vestaglia, scrutando torvo la ragazza di fronte a sé.
- Ricominciamo da capo, vuoi? - Alzò una mano e iniziò a contare sulle dita. - Numero uno: decidi di venire a casa mia alle due di notte; numero due: entri per sbaglio nel camino della mia rispettabile vicina che cerca, comprensibilmente, di ucciderti a suon di Schiantesimi; numero tre: bussi disperatamente alla mia porta e mi svegli, alle due e cinque di notte, quando sai benissimo che tra sei ore dovrò iniziare una giornata di lavoro che terminerà solo alle diciotto – eredità del tuo caro amichetto masochista e stakanovista; numero quattro: inizi a balbettare frasi incoerenti privando me e tua figlia delle nostre meritate ore di sonno, senza arrivare ad una conclusione decente. Dimentico qualcosa, ex-collega?
Audrey interruppe per un momento l’impegnativa attività di tormentarsi le mani. - No, niente.
Adams sospirò di nuovo.
- Aud.
- Sì?
- Tu non stai affatto bene.
Non hai tutti i torti, vecchio mio…
Nessuno avrebbe potuto dire che Audrey Bennet fosse del tutto sana di mente, sapendo quello che stava combinando. Alle due di una notte insonne in cui era sola in casa con la bambina – per carità, Shacklebolt era un ottimo Ministro, ma aveva quel dannato vizio di far lavorare le persone fino alle tre del mattino… – alle due di notte, insomma, aveva deciso che non poteva assolutamente affrontare quella cosa da sola.
Mi serve Adams. Adesso. Ora.
Fortuna che Molly dormiva, così non era stato difficile prenderla e viaggiare con lei via Metropolvere; molto peggio era stato affrontare quella vecchia mentecatta armata di bacchetta che si era vista comparire di fronte al posto di Adams.
Oh, al diavolo. Mi serve lui.
- Senti - disse Audrey, - lo so che è assurdo…
- Il problema - la interruppe Adams - non è stabilire cosa sia assurdo e cosa non lo sia. Il problema è che adesso devi darmi un’adeguata motivazione al tuo trovarti qui, e per “adeguata” intendo talmente grave ed importante da consentirmi di dimenticare le ore di sonno perdute. Allora, potresti sederti e dirmi che diavolo vuoi?
Seduta sulle ginocchia di Adams, la seconda Molly osservava Audrey con una strana espressione, quasi severa.
“Niente da fare, mamma, sei un vero disastro. Hai persino fatto alterare questo sant’uomo, e pensare che ce ne vuole! Avanti, digli che hai problemi con papà e torniamocene tutti a letto, inizio a sentirmi stanchina.”
- Ma io non ho problemi con lui! - esclamò Audrey, convinta di rispondere a Molly; questo le fece guadagnare un’occhiata preoccupata da parte di Adams.
- Come, scusa?
- Oh, lascia perdere…
Finalmente si sedette, senza però riuscire a rilassarsi; si contorse più volte sulla poltrona come se sotto di sé avesse una colonia di Knarl inferociti e particolarmente attivi.
- Adams, mi serve il tuo aiuto - esalò infine.
Adams fece un sobbalzo molto teatrale, che scatenò l’ilarità di Molly.
- Oh! Ti serve il mio aiuto! Non ci posso credere, questa… questa è la notizia più sconvolgente del mondo! Non lo avrei mai indovinato se non me lo avessi detto, davvero, è…
- Per Morgana, fammi finire!
Adams tacque all’istante. Meglio non far arrabbiare Audrey, c’era il rischio che non gli dicesse più cosa voleva: e lui, ormai, era curiosissimo di saperlo.
- Scusa. Continua, ti prego.
Prima di parlare ancora, Audrey guardò sua figlia; colse quello che interpretò come un segno di assenso, poi prese fiato.
- Ecco, devi sapere che Percy mi ha chiesto di sposarlo…
Stavolta il sobbalzo di Adams fu reale, e l’uomo dovette acchiappare al volo Molly per impedirle di cadere a terra.
- Lo sapevo! - ruggì trionfante, poi scoppiò a ridere. - Lo sapevo, lo sapevo! Ma… Aspetta, mi prendi in giro o l’ha fatto davvero? È la verità? Te l’ha chiesto sul serio?!
- Purtroppo sì - rispose lei, lugubre.
La risata fonda e baritonale di Adams esplose di nuovo. - E bravo il mio ex-capo! E brava la mia ex-collega!
Si portò Molly all’altezza del viso e scoppiò di nuovo a ridere. - Sentito, cuccioletta? Mamma e papà mettono finalmente la testa a posto!
- Adams…
- Oh Godric… Finalmente! Non partecipo ad una festa di matrimonio da una vita! Di’, quando pensate di farlo? Io vi consiglio di aspettare marzo, o forse maggio, così il periodo piovoso sarà finito…
- Adams…
- … Però un matrimonio a dicembre sarebbe la fine del mondo! Basta solo iniziare a organizzarlo da subito e…
- Adams, piantala. Gli ho risposto di no.
Improvvisamente come si era acceso, l’entusiasmo di Adams scemò. Per qualche secondo rimase in silenzio, assimilando con difficoltà quella notizia.
- Co… Co… Cosa?! - domandò infine, basito.
- Gli ho detto di no. Che non voglio sposarlo.
Questo era decisamente troppo per Ernest Adams. Guardò Audrey come se fosse una completa estranea.
- Tu… non puoi averlo fatto sul serio. È uno scherzo. Ti prego, dimmi che non l’hai fatto.
Per tutta risposta Audrey si osservò le unghie, decisamente troppo corte. - Invece sì. Due volte. Anzi, tre, se contiamo quella mezza specie di proposta che mi ha fatto a febbraio.
Adams era sconvolto; guardò Molly e ne interpretò l’espressione.
“Zio Ernie, ti prego, fa’ qualcosa. Mia madre è rimbecillita, non ragiona più lucidamente come un tempo; se non ci pensi tu andrà a finire come quando lei e papà non si parlavano, il Natale in cui si sono messi insieme.”
Adams sgranò gli occhi.
Ma… ma tu come fai a saperlo? Non eri ancora nata!
“E chi ti dice che sono io che ti sto dicendo queste cose e non sei tu a pensarle?”
Adams si riscosse da quei pensieri deliranti e si afflosciò sulla poltrona, stravolto. Rifletté qualche istante prima di tornare a parlare.
- Dunque - disse poi, mentre faceva saltellare distrattamente Molly sulle ginocchia. - Lui ti ha chiesto di sposarlo, tu hai detto di no. Giusto?
- Giusto.
- Sorge spontanea la domanda: perché?
- È questo il problema! - esplose Audrey. - Non lo so!
Adams si coprì il volto con una mano. La bambina aveva ragione, Audrey era rimbambita di brutto.
- Io… io ho sempre pensato che… che non mi sarei sposata prima dei trent’anni! Ho sempre pensato che fino a quell’età avrei fatto quello che volevo! - continuò Audrey, alzandosi e camminando nervosamente per la stanza. - E invece mi ritrovo a ventun anni scarsi con una figlia e un tizio che vuole sposarmi… e ho paura! Una paura fottuta! È come… Cavolo, è come se la mia vita fosse già passata!
Prese fiato ed evitò di guardare Adams. - La mia vita è già passata - ripeté, con tono drammatico.
Adams sbuffò sonoramente; smise di agitare le ginocchia – con gran disappunto di Molly, che si stava divertendo un sacco – e si preparò a mettere ordine in quell’enorme caos che rispondeva al nome di Audrey Bennet.
- Aud, stai parlando come se avessi novant’anni; te ne rendi conto, vero?
L’espressione confusa di lei gli fece capire che no, non se ne rendeva conto.
- Mi stai dicendo che non sei soddisfatta di quello che hai adesso? Che preferiresti non aver incontrato Percy, non aver avuto Molly…
- Certo che no! Io…
- Invece è quello che hai detto. - Adams si stravaccò sulla poltrona assumendo la sua tipica posa da “ne-so-molto-più-di-te-taci-e-ascolta-la-mia-saggezza”. - Hai detto che così com’è la tua vita ti fa schifo perché…
- Non mi fa schifo! Ho solo…
- … perché non hai modo di fare ciò che vuoi. Perché hai vent’anni e…
- Ventuno!
- … ti sembra di non essere più libera. Che poi, libera… Sentiamo, cos’è che faresti se non dovessi occuparti della tua famiglia? Viaggi all’estero? Studi alchemici? Un allevamento di draghi in Romania?
Tacque, aspettando con calma una risposta. Audrey boccheggiò in cerca delle parole adatte.
- Io… io… io non lo so, dicevo per dire!
- Se l’hai detto significa che lo pensi.
- No! Cioè, sì, forse! Oh, maledizione…
La ragazza si sedette di nuovo e si coprì il viso con le mani; dannazione, perché era andata da Adams? Quell’uomo sapeva metterla i crisi come nessun altro al mondo!
Oltretutto Adams sembrava estremamente soddisfatto dell’effetto suscitato in lei: quando Audrey tornò a guardarlo non poté non notare l’espressione tra il beffardo e il compiaciuto che sfoggiava.
- Senti, Adams, - emise esasperata, - non lo so perché gli ho detto di no. Va bene? Sì, okay, penso che sia troppo presto e che in fondo non serva e che ho paura… ma ogni volta che ci penso questi motivi mi sembrano sempre più stupidi! Io… Oh, maledizione, adesso che vorrei sposarlo, cavolo! Voglio sposarlo e basta, anche se… anche se non voglio, accidenti a me.
Adams sorrise sotto i baffi. - Sintetizzando, te la stai facendo sotto ma vuoi dirgli di sì. Oppure no?
- Sì, cazzo, sì!
- E il problema è che non sai come dirglielo.
- Sì!
- E perché non l’hai detto subito, stupida zuccona?
- Perché sono una stupida zuccona!
L’uomo chiuse gli occhi, li riaprì e fece un gran sorriso a Audrey, che invece era sull’orlo delle lacrime per il nervosismo.
- Bene - concluse Adams, - l’importante era chiarire questo punto. Ora sì che posso aiutarti, ex-collega.
Fece saltellare di nuovo Molly, che gorgogliò contenta.
“Mitico, organizziamo un matrimonio! Non vedo l’ora di dirlo alle nonne!”
 
 
 
 
Se Audrey avesse saputo che Percy non era rimasto al Ministero a lavorare, quella notte, di sicuro avrebbe dato libero sfogo alla sua vena Banshee più feroce, mettendoci in mezzo anche qualche accusa di infedeltà e svariate fatture (giusto la settimana prima Ginny gliene aveva insegnata una niente male, una che ti scagliava contro dei pipistrelli...).
Per fortuna Audrey non lo sapeva.
E speriamo che non lo sappia mai! Quella è capace di spellarmi vivo!
E no, non è come pensate: niente scappatelle notturne per Percy Weasley. In realtà, per quasi più di un’ora era rimasto seduto come un fesso su una malconcia panchina nei pressi – ma questo non poteva saperlo – di Grimmauld Place, a rimuginare su quanto fosse stupido e sfigato.
Sfigato. Enormemente sfigato. Il Re degli Sfigati. Nemmeno la tua donna ti vuole. Sei sfigato e stupido.
Sì, proprio così. Per un’ora intera.
Nonostante fossero passati cinque giorni dall’ultimo e definitivo rifiuto di Audrey, Percy non riusciva proprio a smettere di farsi del male tornandoci continuamente sopra col pensiero; si era illuso che magari, insistendo, avrebbe forzato quella che credeva essere una semplice paura di Audrey e l’avrebbe convinta che il matrimonio non solo non era una cosa sbagliata, ma bella e giusta. Soprattutto il loro matrimonio.
Invece non ci sei riuscito. E lo sai perché? Perché sei uno sfigato. E stupido.
Si tormentava in questo modo praticamente ogni giorno. Sembrerà un comportamento sciocco – anzi, probabilmente lo è – ma Percy non riusciva proprio a fare a meno di pensare morbosamente a quanto fosse stato stupido ad insistere e quanto fosse sfigato in generale.
Perché dai, è fondamentalmente ridicolo che l’unica – l’unica! – ragazza che sembri capace di sopportarti in tutto e per tutto sia anche quella che meno desidera legarsi a te. Insomma, parliamoci chiaro: sei uno sfigato. Sì, decisamente sfigato.
Già. Un’ora intera.
(E poi ci si chiede perché i suoi fratelli lo prendessero in giro…)
 
 
Dopo quel famoso undici novembre, Percy non era rimasto con le mani in mano; con Audrey si era comportato normalmente – anche troppo, date le circostanze – ma sin da subito aveva sentito il bisogno di un conforto, o meglio di uno sfogo.
Cosa senza precedenti, nella sua vita. Quando mai aveva avuto necessità di subissare altre persone coi suoi problemi?
Ovviamente mai.
Di fronte a quella nuova e niente affatto piacevole esperienza, dunque, Percy Weasley non sapeva assolutamente cosa fare; a chi poteva rivelare i suoi crucci, a chi poteva confidare di non essere altro che un povero sfigato?
Ai suoi fratelli? Assolutamente no: non poteva nemmeno immaginare la loro reazione, se avessero saputo che era caduto così in basso da essere rifiutato per ben tre volte… figuriamoci, non sarebbero mai stati dalla sua parte.
Nemmeno per sogno.
Ad Adams? Sarebbe stato già meglio, ma Percy sapeva quanto lui e Audrey fossero amici: di sicuro le avrebbe riferito ogni cosa, dettagli compresi.
E non è il caso.
Chi altro c’era nella vita di Percy? Suo padre? Ma il pover’uomo aveva già i suoi crucci, non poteva mettersi a pensare anche a lui…
Shacklebolt? Godric ce ne scampi! Anzitutto non era sposato, poi lui e Percy non erano ancora a un livello di confidenza tale da parlare di… quelle cose, e infine che figura ci avrebbe fatto?
Come minimo mi declasserebbe a Ultima Ruota della Squadra di Manutenzione Magica. E farebbe bene.
Pensa che ti ripensa, Percy aveva raggiunto la sorprendente conclusione che le persone adatte ad aiutarlo in quel frangente erano poche, molto poche, e avevano tutte qualcosa in comune.
Si chiamavano Bennet.
 
 
 
Percy non ne era sicuro al cento per cento, ma conoscendo Audrey era estremamente probabile che non avesse parlato con nessuno delle proposte di matrimonio e dei vari rifiuti: quasi certamente, quindi, i Bennet non ne erano a conoscenza.
Questo poteva complicargli le cose o rendergliele più semplici. Ma in fondo, cosa importava?
Dopo  un’ora di riflessione, Percy decise: abbandonata la scomoda panchina si Materializzò davanti al Paiolo Magico, attraversò il passaggio per Diagon Alley e si diresse, con insolita sicurezza, verso la bassa palazzina che ospitava la casa e l’apoteca di Oleg Bennet.
Percy non aveva mai messo piede nell’abitazione del suo quasi-parente, ma – vista la sua conoscenza di Audrey e di Roman – immaginava che in essa non mancassero riferimenti alla Babbanofilia che ormai considerava un tratto dominante di tutta la famiglia.
Preparandosi mentalmente a trovarsi di fronte televisori, fonetoli e libri Babbani, bussò leggermente alla porta; passò qualche secondo, poi questa si aprì.
- Rosso - disse Oleg, constatando la presenza di Percy sulla soglia di casa propria. - Non adesso, ho da fare.
E richiuse la porta.
Percy sbatté le palpebre, perplesso di fronte a quella reazione inaspettata, poi bussò di nuovo. Un sonoro sbuffo provenne da dietro l’uscio.
- Senti, - fece Oleg, riaprendo, - vorrei tanto farti entrare qui, ma vedi, c’è una donna di là che mi aspetta e… sai com’è…
Percy aggrottò le sopracciglia. - Una donna? Ma… ma Edna non ha il turno di lavoro stanotte?
Oleg roteò gli occhi. - Appunto.
- Oh - fece Percy, confuso. Poi capì, e divenne paonazzo per la vergogna. - Oh! Cavolo, scu-scusa, io n-non volevo…
Con un altro sbuffo, Oleg si spostò e gli fece cenno d’entrare. - Dai, datti una mossa. Ho quasi finito le birre.
Un po’stordito, Percy entrò con cautela nell’appartamento. La prima cosa che notò fu la totale assenza di qualsiasi cosa che non fosse più che magica; libri di incantesimi e ricettari di pozioni riempivano scaffali su scaffali, contendendosi il posto con erbe e strani ingredienti (sistemati lì con buona pace della povera Edna, allergica a più della metà di essi). Un grande orologio con stelle e pianeti al posto di lancette e numeri torreggiava su una parete, e in un angolo giacevano – Percy ebbe un tuffo al cuore – alcuni vecchi articoli dei “Tiri Vispi Weasley”, usati forse di recente.
L’ingresso dava direttamente sul salotto, come nella casa di Percy e Audrey, e il ragazzo cercò istintivamente  la donna di cui aveva parlato Oleg; le uniche forme di vita presenti nella stanza, però, erano il gatto di Edna e tre anglo-norvegesi che Percy conosceva fin troppo bene.
- Oleg, hai finito di gingillarti? Siamo ad un punto decisivo, dobbiamo… Percy! - esclamò Jarne, voltandosi di scatto. - Siediti, abbiamo giusto bisogno di un Cavaliere: Rhett è morto cinque minuti fa!
- Il Narratore ce l’ha con me… - borbottò Rhett in risposta, accasciato su una poltrona di fronte al fratello con una bottiglia di birra in mano.
- Sì, sempre la solita scusa… Perché non ammetti di essere una schiappa a “Medieval Struggle” e basta?
Percy sgranò gli occhi, sorpreso da quell’affollamento, e guardò Oleg con l’espressione di chi ha un enorme punto interrogativo al posto della faccia. Oleg se ne accorse e si stupì a sua volta.
- Beh? Che c’è? - sbraitò. - Non dirmi che pensavi davvero che avrei potuto tradire mia moglie con un’altra donna! Per Salazar, Rosso, non mi piace come ragiona quella tua mente cinica e malfidata…
 
Percy capì subito che non sarebbe stato facile convincere i suoi quasi-parenti a interrompere la loro attività e a dargli retta. Tutti voi sapete bene quanto possa essere coinvolgente un semplice gioco da tavola Babbano; figuratevi allora quanto può esserlo un gioco di ruolo magico; se poi quel gioco è “Medieval Struggle”, allora non c’è nulla da fare.
Non starò a spiegarvi per filo e per segno le complicate regole di questo appassionante gioco, dove bisogna interpretare volta per volta diversi personaggi e seguire le indicazioni di un magico Narratore che tiene le fila della storia; sappiate solo che questo è tuttora il gioco magico più bello e più in voga degli ultimi cinquant’anni, ed è ora disponibile a poco prezzo in qualsiasi negozio ben fornito, come ad esempio Mondomago.
… No, scusate; non era questo che volevo dire.
Il fatto è che Percy era capitato a casa di Oleg proprio la sera in cui i fratelli Bennet si riunivano tradizionalmente per le loro avvincenti partite, che iniziavano verso le nove e terminavano “ad un’ora abbastanza indecente da poterci permettere di tornare a casa”. In particolare, la partita che stavano svolgendo nel momento in cui Percy entrò in casa era alquanto complicata e tortuosa.
- Avanti, non perdiamo tempo - riprese Jarne, subito dopo aver fatto posto a Percy sul divano. - Siamo ad un punto cruciale! Dobbiamo decidere se andare da Gonath il Rigattiere per cercare nuove armi, uccidere l’Ekspires o proseguire semplicemente per Todryk, e…
Si fermò, perché Percy si era schiarito la voce come a voler prendere parola.
- Sì, Percy? - lo interrogò, nervosamente.
In realtà Percy si era schiarito la voce perché la gola gli dava fastidio, non certo perché voleva parlare; colse però lo stesso l’opportunità che gli veniva offerta.
- Ehm… - esordì, guardandosi attorno. - Ecco, io volevo… Ehm…
- Se vuoi giocare, eccoti la pedina - fece Rhett, lanciandogli un pupazzetto a forma di piccolo cavaliere che si animò subito tra le sue mani.
- Ehm… No, no, grazie, non sarei capace… ma… ehm… uhm…
Continuò a fare “Ehm” e “Uhm” per circa un minuto, finché Saul non ebbe il buonsenso di fermarlo.
- Senti, ragazzo, sai che ci piace ascoltare, ma sono già le due e mezza di notte e… beh… vorremmo sapere se dobbiamo uccidere l’Ekspires o no…
- Sì, lo so, ma… io… ecco…
Fu il turno di Oleg. Sbuffò per la terza volta in un quarto d’ora e decise che il Rosso doveva piantarla.
- Parliamoci chiaro, bimbo. O ci dici cosa vuoi o te ne torni a casa tua. - Poi fu colto improvvisamente da un dubbio. - Aspetta… Audrey ti ha cacciato di casa? È per questo che sei qui?
- No! Io…
- Oh, Salazar ti ringrazio! - esultò Oleg, non raccogliendo le occhiatacce di tutti gli altri.
- Io veramente…
- AH! Lo SAPEVO! L’avevo detto che non sarebbe durata! Voi tre, fuori i cinque galeoni, e la prossima volta ricordatevi che non si scommette con…
- … hochiestoaAudreydisposarmiemihadettodino - buttò finalmente fuori Percy, arrossendo.
 
 
Contrariamente a quanto si possa pensare, Percy Weasley non era sciocco – non del tutto, almeno.
Percy Weasley sapeva per esperienza diretta che l’unica femmina di una famiglia porta con sé il pesante bagaglio della gelosia di tutti i suoi parenti maschi, e che questo fardello ricade inevitabilmente su qualunque altro maschio osi mettere gli occhi o le mani sulla suddetta ragazza (soprattutto se lo fa col di lei consenso).
Siccome sapeva tutto questo e non era un completo sciocco, Percy Weasley aveva previsto tutte le possibili reazioni dei cugini di Audrey: lancio di oggetti, occhiate di biasimo e disapprovazione, fatture più o meno pericolose, canti di guerra norreni… Aveva previsto tutto, ed era pronto ad affrontare ogni evenienza.
Purtroppo, un po’ sciocco Percy lo era, perché è vero che aveva previsto le reazioni possibili, ma si era dimenticato di quelle improbabili.
Quello che fecero i fratelli Bennet apparteneva a questa seconda categoria.
Non appena Percy parlò, si congelarono. Oleg rimase bloccato col braccio proteso verso Saul, che stava frugando nella tasca della veste in cerca di monete e si immobilizzò a sua volta; Rhett aveva le braccia incrociate e guardava Oleg con rimprovero, ma si voltò verso Percy con velocità tale che il suo collo scricchiolò in modo sinistro; infine, Jarne lasciò cadere a terra gli occhiali che stava pulendo, e che si ruppero con un sonoro crick! che, però, non fu udito da nessuno.
Al gelo seguì il silenzio. Un gelido silenzio.
Tutti, persino il gatto di Edna, fissavano Percy.
Uhm… questa reazione non l’avevo messa in conto…
Il problema era che non lo guardavano con gelosia, rimprovero o ira; lo guardavano con quella che era senza dubbio curiosità, esattamente come Newt Scamandro doveva aver guardato una specie animale scoperta per la prima volta.
Sotto quegli sguardi Percy avvampò ancora di più. Cavolo!
Ecco, ora la loro vena vichinga si risveglierà e mi prenderanno lo scalpo!
Addio, mondo: sarò ucciso tra tre, due, uno…
Invece no: lentamente i fratelli si volsero a guardarsi tra loro, scambiandosi un’occhiata densa di significato; poi ebbero quella che, tra le reazioni improbabili non contemplate da Percy, era proprio la più improbabile e la meno contemplata.
Iniziarono a ridere.
O meglio, a sghignazzare.
I quattro fratelli Bennet risero forte, di pancia, come se non avessero mai riso prima, senza alcun ritegno nei confronti di Percy che li fissava allibito e senza parole.
Ridono delle mie disgrazie!
Fu quando vide che i cugini di Audrey avevano ormai le lacrime agli occhi dal ridere che Percy ebbe un moto di rabbia contro se stesso. Che idea stupida aveva avuto! Cosa gli era saltato in mente di andare lì e spiattellare i suoi affari a quei quattro zotici… Avrebbe dovuto immaginarlo. Altro che scenate di gelosia! Derisione, solo derisione, come al solito!
Offeso, si alzò dal divano e si diresse con lunghi passi verso la porta, deciso a non rimettere mai più piede lì dentro.
- Asp… Aspetta!
Non avrebbe voluto fermarsi: avrebbe voluto dimostrare almeno a se stesso che non era lo sfigato che pensava. Invece diede ascolto alla voce di Oleg e rimase immobile, fissando la maniglia della porta.
Vista la reazione di Percy, i Bennet avevano deciso di darsi una calmata. Rhett e Saul ripresero fiato, Jarne si asciugò le ultime lacrime, e Oleg rotolò giù dalla poltrona per andare da Percy.
- Aspetta, bimbo, scu… scusaci - disse, trattenendo a stento un'altra risata. - Siediti, così ti spieghiamo…
Cosa c’è da spiegare? È evidente che ce l’ho scritto in fronte: Sfigato Pluririfiutato.
Controvoglia si lasciò condurre sul divano, di nuovo vicino a Jarne che nel frattempo aveva riparato gli occhiali.
Tutti erano tornati seri e composti, anche se ogni tanto Saul muoveva le spalle scosso dagli ultimi accenni di risata. Oleg aspettò qualche secondo prima di parlare.
- Dunque. Hai chiesto a Audrey di sposarti.
Percy deglutì. - Sì.
- Quante volte?
Sentì le orecchie diventare rosse. - Co-come?
- Quante volte glielo hai chiesto?
Percy guardò anche gli altri fratelli, ma erano tutti seri, come se quella domanda fosse stata di estrema importanza. Deglutì di nuovo, preparandosi all’umiliazione.
- Due… no, tre volte - confessò.
- E ti ha detto sempre di no.
- Già.
Percy piantò lo sguardo a terra, sempre più imbarazzato. I Bennet si guardarono tra di loro, poi risero di nuovo ma con maggior gentilezza.
- Oh, povero pulcino… - commentò Oleg mentre riempiva la pipa di tabacco. - Non te l’aspettavi, eh?
Percy ci pensò su, prima di rispondere. - No, in verità le prime due volte me l’aspettavo, visto anche il modo in cui gliel’ho chiesto…
I visi identici dei quattro Bennet si accesero d’interesse. Percy sospirò, e vergognandosi un po’ iniziò a raccontare delle prime due proposte, cercando di sorvolare sui dettagli.
- Beh - fece Saul alla fine, - non c’era proprio il massimo del romanticismo, in effetti…
- E non l’hai convinta nemmeno la terza volta, eh?
Percy tornò a guardare a terra e scosse il capo. - No.
- Beh, non mi stupisco affatto…
- OLEG!
- Intendo dire - aggiunse subito Oleg, senza badare agli sguardi feroci di Rhett e Jarne, - che è risaputo che Audrey detesta l’idea di sposarsi giovane. Noi l’abbiamo sempre saputo, e a quanto pare anche il Rosso qui presente…
- Sì, beh… - disse Percy, ancora imbarazzato. - Io speravo che… insomma, che avrebbe cambiato idea, ma…
- Cambiare idea? - rise Jarne, dandogli poi una pacca sulla spalla. - Tu pensavi che Audrey avrebbe cambiato idea così, tutt’ad un tratto? - e sottolineò il concetto schioccando le dita.
- Vedi - riprese Oleg sbuffando fumo, - se prima ci siamo messi a ridere è stato proprio per questo. Tu… hai fatto qualcosa che nessun sano di mente avrebbe fatto.
Qualcosa in Percy si ribellò. - Perché? - chiese, nervoso. - Che diamine c’è di male nel chiedere alla mia compagna di sposarmi?
- Il fatto che la tua compagna sia mia cugina, per esempio - disse di nuovo Oleg con la pipa tra i denti.
- Vedi, - spiegò poi, - l’odiare a prescindere l’idea del matrimonio è una caratteristica della nostra famiglia… della parte migliore della famiglia - specificò, in risposta alle occhiatacce degli altri tre.
Si accomodò meglio sulla poltrona e allungò le gambe sul tavolino, su cui “Medieval Struggle” giaceva ormai dimenticato.
- Vedi, piccino, sono stato fidanzato con Edna per parecchi anni, e le ho sempre – sempre – ripetuto che non mi sarei mai sposato. Detestavo il matrimonio, e non sono sicuro di amarlo nemmeno adesso.
Sorrise, vedendo che Percy si era fatto attento alle sue parole. - Tu dirai: “beh, ma allora perché hai deciso di sposarti?”
- Sì, infatti, perché…
- Il fatto è - lo interruppe subito Oleg, - che non lo so nemmeno io.
Fece una pausa degna di un compassato attore di teatro, che sortì subito l’effetto voluto: ora non solo Percy, ma anche i suoi fratelli ascoltavano con attenzione. Non aveva mai raccontato quella storia prima di allora, a nessuno di loro.
Aspirò qualche altra boccata di fumo. - Non ho idea del perché abbia deciso di sposare Edna. Anzi, a dirla tutta non gliel’ho nemmeno chiesto: è stata lei a farlo, sapete?
- Non ce l’hai mai detto… - mormorò Saul, basito.
- Edna ti ha… ma lei…
- … sapeva benissimo che le avrei risposto di no. E infatti così è stato. Ogni volta che spostava il discorso sul matrimonio litigavamo.
Svuotò la pipa ormai inutilizzabile nel posacenere vicino, poi prese una delle ultime bottiglie di birra, l’aprì e ne bevve qualche sorso.
Il tutto mentre Percy e gli altri lo guardavano con tanto d’occhi, ansiosi di sapere il seguito della storia.
- Così - riprese Oleg - Edna smise di insistere. Smettemmo di parlare di matrimonio e di vita insieme; non ne valeva la pena, tanto aveva capito che io…
- E come ha fatto a farti cambiare idea? - domandò Percy, impaziente. - Cioè, ti ha detto qualcosa, oppure…
Oleg sbuffò, seccato perché qualcuno gli aveva rovinato l’atmosfera. - No; Edna non ha fatto assolutamente nulla. Capisci?
Si sporse un po’ dalla poltrona, guardando attentamente il suo pubblico. - Non ha detto nulla per convincermi, non si è lamentata, non ha minacciato di lasciarmi. Niente.
- Sì, ma allora perché…
- Ci sto arrivando! - esclamò Oleg scocciato. - Ho fatto tutto da solo, capite? Dopo un po’ che Edna aveva smesso di parlarmene, ho iniziato a pensarci su!
Sospirò e bevve un altro paio di sorsi. - Guardate, non ho idea di come o perché sia successo, ma… a un certo punto ho iniziato a chiedermi perché diavolo non volessi sposare Edna. Insomma, ero… sono innamorato di lei, l’ho sempre trovata affascinante, simpatica e… e la miglior donna che abbia mai conosciuto, senza offesa per le vostre consorti. - I fratelli fecero un gesto per indicare che non gli importava.
- Insomma, nel momento in cui avevo finalmente convinto Edna che il matrimonio non ci serviva… ero io a non esserne più così sicuro. Pazzesco, ma è così.
Tornò a distendersi sulla poltrona, la pipa in una mano e la bottiglia nell’altra. - Fu così che Oleg il Serpico venne accalappiato dalla scaltra Edna. Fine della storia.
Tutti gli altri rimasero in silenzio per qualche secondo, ciascuno immerso in riflessioni. La mente di Percy lavorava a pieno ritmo per cercare di estrapolare da quell’aneddoto qualcosa di utile per lui.
- Mi stai dicendo… - disse lentamente. - Mi stai dicendo che se voglio che Audrey mi sposi devo… smettere di insistere e aspettare che sia lei a cambiare idea da sola?
Oleg ci pensò su. - Ti dirò, coniglietto, non so se la mia mente e quella di Audrey lavorino allo stesso modo… però sì, il consiglio migliore che posso darti è questo. Aspetta e spera.
Aspetta e spera? Era andato fin lì in piena notte per sentirsi dire aspetta e spera?!
Cose da pazzi.
- In effetti, Percy, Oleg non ha tutti i torti. - Percy si girò verso Jarne, e per l’ennesima volta si sorprese constatando che era il Bennet più simile in aspetto a Audrey. - Sai che razza di carattere ha Audrey, è capace di incaponirsi su delle sciocchezze. Forse… forse è meglio che aspetti semplicemente…
- Ma potrei aspettare anni! E io ho bisogno…
- Pensi davvero di aver bisogno che lei ti sposi? - intervenne Rhett. - Pensi davvero di aver bisogno che lei “porti il tuo cognome”, per usare le tue parole?
- Io… no, solo che io vorrei…
- Ecco, tu vorresti. Quello che conta però è ciò che vuole lei, non tu.
Percy provò a replicare di nuovo, ma Rhett lo fermò. - Tutto ciò che puoi fare è aspettarla. Quando si sentirà pronta ti dirà tutti i sì del mondo… ma non adesso.
Percy chiuse la bocca, colpito dalla giustezza di quella frase. Era ciò che si era ripetuto più e più volte in quei cinque giorni, cercando inutilmente di convincersi… ma ogni volta la sua razionalità sbatteva contro il desiderio di formare con Audrey quella che nella sua mentalità era una famiglia “completa”.
Sentirsi ora dire quelle cose da Rhett, con quella forza, gli faceva finalmente capire quello che non aveva voluto accettare fino a quel momento: Audrey andava aspettata. Prima o poi sarebbe stata pronta, ma quel momento andava semplicemente aspettato con calma, senza inutili e stupide forzature.
E se non sarà mai pronta, pazienza. Ci sono cose molto più importanti.
Avrebbe tanto voluto dire ai suoi quasi-parenti quanto gli fosse stata di conforto quella chiacchierata, quanto fosse loro grato per il semplice fatto che avevano riso di lui e parlato con lui, ma si era fatto tardi, ed era proprio ora di andare a dormire.
 
 
 
Alle tre e un quarto Audrey era finalmente tornata a casa. La prima cosa che fece fu controllare che Percy non ci fosse, ma tutto taceva.
Sistemò la piccola già addormentata nel lettino e si accinse a spogliarsi, quando un lieve rumore la bloccò. Il piccolo tonfo che aveva sentito era indubbiamente il passo di Percy tornato a casa.
Velocemente si lanciò sul letto, accese la bacchetta e afferrò il libro sul comodino aprendolo a caso.
La porta della camera si aprì pianissimo; Percy entrò in punta di piedi e sobbalzò quando vide Audrey.
Oh, cavolo!
- Ehi! - lo salutò lei, con più allegria del necessario. - Com’è andata al lavoro?
Percy esitò prima di rispondere: aveva sperato con tutte le sue forze di non trovarla sveglia, e invece…
- B-bene, ehm… Scusami, ma il Ministro mi ha trattenuto proprio tanto e…
- Oh, non preoccuparti! Chissà quanto ti sei stancato, povero caro…
Fondatori, questa NON PUÒ essere Audrey! Di solito a quest’ora avrebbe già lanciato una decina di insulti a Shacklebolt in tre lingue diverse, e invece… si preoccupa della mia stanchezza?
Qualcosa non quadrava, decisamente. Ma non c’era solo quello.
Percy tacque e osservò Audrey, cercando di capire cosa ci fosse di strano in lei. Audrey gli sorrise ancora, nervosamente, poi cercò di sottrarsi a quell’esame rimettendo il naso tra le pagine del libro.
- Come mai - domandò Percy, - sei ancora vestita?
Oh, stracavolo cavoloso!
- Ehm… avevo freddo.
- Ah.
Magra scusa. Se c’era qualcosa di indissolubile, nella loro casa, era il connubio Audrey-pigiama, nel quale si inseriva occasionalmente anche la vestaglia. Audrey vestita  di tutto punto a casa e di notte, quando cioè non era strettamente necessario recarsi da qualche parte, era uno spettacolo completamente inedito.
Anche Audrey si rese conto del grosso errore, e pregò mentalmente che Percy non vi desse peso. Doveva essere la sua serata buona, perché il ragazzo fece spallucce, si spogliò e si mise a dormire come se niente fosse.
Phew. C’è mancato poco.
Di chi era questo pensiero? Ma di entrambi, ovviamente.
 
 
La chiacchierata con Adams aveva schiarito parecchi dubbi di Audrey, ma non tutti. Ormai aveva deciso: avrebbe detto a Percy che aveva cambiato idea, che si sentiva pronta e che lo avrebbe sposato, se lui fosse stato ancora di quel parere.
E se non lo fosse?
Eccola lì, la paturnia. La pressante, incisiva, immancabile ed inutile paturnia mentale.
Se avesse cambiato idea? Se si fosse stancato di sentirsi dire di no e non volesse più sposarmi? Se lo avessi convito che non abbiamo bisogno del matrimonio? Maledizione!
Quindi Audrey rimaneva ferma, indecisa sul come e quando dichiarare il suo cambiamento a Percy.
Dal canto suo, Percy era estremamente tranquillo. Anche lui era stato rinfrancato dal confronto coi cugini di Audrey: ora come ora non gli importava più dei rifiuti, dell’ostinazione, delle idee di lei.
Riprese a comportarsi con lei come se la breve parentesi delle sue richieste di matrimonio non fosse mai esistita, come se se ne fosse completamente dimenticato. Passavano i giorni e lui ci pensava sempre di meno, occupato com’era a seguire i progressi della piccola Molly – che talvolta Audrey s’intestava a chiamare Pernille, per poterla distinguere dalla signora Weasley – e quelli di George, che, cogliendo tutti di sorpresa, era tornato a dirigere i “Tiri Vispi” con un successo immediato.
In fondo c’era già così tanto, nella sua vita. C’era tutto.
Che importanza potevano avere una firma su un foglio e una festa con i parenti?
Le cose non sarebbero comunque potute andare meglio di così.
 
 
 
 
Qualcuno non la pensava esattamente allo stesso modo di Percy. C’era qualcuno che scalpitava e penava non poco, vedendo che quei due ragazzi insistevano a non volersi sistemare definitivamente.
Queste persone non potevano che essere la signora Bennet e la signora Weasley, ovviamente.
Della signora Weasley abbiamo già parlato, in riferimento alla sua convinzione che Percy e Audrey dovevano sposarsi, anzi, che era strano che non l’avessero già fatto. La signora Bennet invece è stata lasciata finora in disparte durante questa vicenda, ma anche lei aveva le idee chiare.
La signora Bennet era uno strano miscuglio di contraddizioni, tutte però unite armoniosamente nella sua testa: sin dall’adolescenza di Audrey non le aveva impedito di frequentare ragazzi, né di spingersi “più in là” con loro (sempre però con le dovute raccomandazioni e precauzioni); non le piaceva però il fatto che sua figlia convivesse, perché la convivenza era, a suo dire, uno stato precario e incerto, simbolo di un’incapacità di impegnarsi fino in fondo.
La filosofia della signora Bennet era questa: un mix di idee avanzate ed antiquate, del quale però lei non riusciva proprio a vedere l’incoerenza di fondo.
Ad ogni modo, il succo di tutto è il seguente: Percy era il tipo perfetto per Audrey, sembrava inspiegabilmente molto legato a lei, per cui era doveroso che quei due si sposassero, e al più presto.
 
Non era a questo che stava pensando la signora Bennet quando una persona inaspettata bussò alla sua porta, quel pomeriggio di fine novembre.
Da quando Audrey era rimasta incinta, Lucy aveva ripreso a lavorare a maglia con molto gusto, stupendosi di non aver perso del tutto l’abilità nel fabbricare cappellini, maglioncini e scarpette di lana. Era così brava che riusciva persino a lavorare un capo con le mani e un altro capo con la magia, incastrando la bacchetta tra il sedile e lo schienale della sedia. Con questo sistema, in genere, otteneva sempre due capi identici, ma ne era comunque orgogliosa.
Quel giorno aveva deciso che la sua adorata nipotina aveva bisogno di qualcosa di più pesante per affrontare il primo inverno della sua vita: Appellò il cestino dei gomitoli e cominciò a scegliere i colori adatti per una coperta.
Aveva appena deciso che viola e verde sarebbe stato un accostamento perfetto quando sentì un lieve bussare alla porta.
Sulla sua soglia c’era una signora bassa e rotondetta, col viso un po’ sciupato, che sorrideva cordialmente.
- La signora Bennet? Non so se si ricorda di me, sono…
- La signora Weasley! Certo che mi ricordo di lei! - esclamò Lucy. - Si accomodi, la prego!
Una volta entrata, la signora Weasley si guardò attorno educatamente. L’appartamento della signora Bennet era situato in una palazzina Babbana, quindi la proprietaria aveva dovuto adeguarsi all’ambiente che la circondava; Molly rimase incuriosita da quella casa che sembrava non avere nulla di magico, ma fu distratta dalla voce di Lucy.
- Si sieda pure, e scusi il disordine… Le preparo un tè? Un caffè?
- Oh, no, non si disturbi…
- Ma quale disturbo, stavo giusto per prepararmi una tisana!
- Oh, beh, allora… un tè lo prendo volentieri, grazie.
Lucy sparì in cucina, e Molly ne approfittò per guardarsi ancora attorno. Alla fine l’occhio le cadde sui gomitoli estratti poco prima, e notò compiaciuta l’accostamento di colore scelto dalla sua ospite.
Di sicuro lei e quella donna sarebbero andate più che d’accordo.
- Tra poco l’acqua dovrebbe bollire - disse allegra Lucy, accomodandosi sul divano poco distante da Molly. - Come mai da queste parti, signora Weasley?
- Ecco, sa, ero a Londra per delle commissioni…
Bugia. La signora Weasley era lì per uno scopo ben preciso: parlare con la madre della ragazza di Percy circa il futuro dei loro bambini.
- … e ho pensato di venire a trovarla. In fondo è molto che non ci vediamo e…
- Ha fatto benissimo! Sono molto contenta che l’abbia fatto, davvero!
Le due signore si scambiarono un gran sorriso. Si erano conosciute dopo la battaglia a Hogwarts, in circostanze tremende per entrambe, e da allora non avevano più avuto contatti.
L’acqua bollì, e la signora Bennet corse a spegnere il fuoco sotto il bollitore che fischiava. Quando tornò trovò la sua ospite che teneva tra le mani i gomitoli verde e viola, e li rimirava con attenzione.
- Le piace l’accostamento?
- Moltissimo! Sta facendo un maglione?
- Una copertina. Per la… nostra nipotina, sa…
Molly annuì e sorrise di nuovo. Prese la tazza che la signora Bennet le porgeva e iniziò la conversazione partendo da un argomento qualsiasi.
Le due donne chiacchierarono di tutto, quel pomeriggio: della nipotina, di ciò che avrebbero fatto a Natale, dei rispettivi gusti… le solite chiacchiere disimpegnate, insomma.
- E quindi, signora Bennet…
- Oh, mi chiami pure Lucy! In fondo siamo quasi consuocere!
- Già… quasi.
Tacquero entrambe, improvvisamente serie. Alla signora Bennet non era sfuggito il modo in cui Molly aveva sottolineato il “quasi”.
La guardò negli occhi, e capì all’istante di aver trovato un’alleata.
- Un vero peccato - mormorò, saggiando il territorio, - che non siamo ancora davvero consuocere.
- Già.
La signora Weasley sorbì lentamente il tè che le rimaneva, poi restò pensierosa. - Sa, Lucy, ho sempre pensato che, tra i miei figli, Percy fosse il più serio, il più posato… il più affidabile…
- Oh, no, Molly! Sono sicura che è tutta colpa di Audrey - la interruppe Lucy. - Percy ha sempre avuto un atteggiamento più che corretto con lei, e sono certa che…
- Però, se lui non fa il minimo sforzo per convincerla…
- Si vede che non conosce bene Audrey, è una tale testarda… ha preso del padre, sa?
Continuarono per un po’ a dare la colpa del mancato matrimonio ciascuna al proprio figlio, finché non raggiunsero un punto d’accordo: non importava sapere quale dei due fosse l’indeciso, l’importante era che quel matrimonio si facesse.
A costo di pensarci loro.
- Dici che riusciremo a… convincerli?
- Mia cara, ne sono certa. Avresti ancora un po’ di quel tè? Era davvero delizioso!
Sì, quel matrimonio si sarebbe fatto, ad ogni costo. Perché .
 
 
 
 
Ventotto novembre, ventinove novembre… Dicembre si avvicinava sempre di più, col suo freddo rigido e impietoso. Sia Percy che Audrey temevano per la salute di Molly Pernille, ma questa, nonostante la costituzione gracile, sembrava molto più resistente di loro al raffreddore e alle altre malattie tipiche di quel periodo.
Di certo non aveva ereditato la resistenza da Percy, che temeva il freddo come il vaiolo di drago. L’inverno millenovecentonovantotto, poi, andava annunciandosi come uno dei più rigidi degli ultimi vent’anni.
Allegria. Come minimo mi prenderò una polmonite.
Quel pomeriggio di inizio dicembre Percy uscì dal Ministero un po’ prima, pregustando già il caldo accogliente della sua casetta. Invece di andare a piedi, come faceva spesso, pensò bene di usare uno dei camini dell’Atrium; non fece però in tempo a sbucare in casa sua che fu colpito in fronte da qualcosa di appuntito.
- Ahio!
Guardò a terra: sul pavimento giaceva un foglio di pergamena appallottolato malamente. Audrey era seduta al tavolo della cucina, e aveva lanciato quella pallina mirando al camino acceso.
- Grazie dell’accoglienza, Bennet…
Sorpresa, Audrey saltò sulla sedia, facendo cadere a terra parecchi fogli e rovesciando l’inchiostro su quelli rimasti sul tavolo. - Perce! Ti pare questo il modo di… apparire alle spalle delle persone?
- Non vedo come sarei potuto apparirti di fronte.
Sorrise, poi si avvicinò a Audrey. Si chinò a baciarla, ma lei ebbe uno scatto, come se volesse coprire il foglio su cui stava lavorando.
Percy restò interdetto da quello scatto, ma per il tempo seguente Audrey lo tenne talmente impegnato che non ci pensò più.
 
 
Cosa c’era di tanto importante su quel foglio? Beh… in verità nulla.
La cosa davvero interessante era scritta sulla pergamena accartocciata che Percy aveva poi buttato nel fuoco senza badarci.
Quel foglietto, infatti, faceva parte dell’idea che la fertile mente di Audrey aveva prodotto un giorno, durante una delle pause dal suo nuovo lavoro (magazziniera al Ghirigoro).
Come idea non era nata proprio bene; era anzi stata accolta con molta diffidenza dalla sua creatrice, che inizialmente l’aveva considerata con fastidio, e solo dopo un po’ era riuscita ad accettarla del tutto.
Non era un’idea complicata, anzi, di base era molto semplice: visto che non sapeva come dire a Percy che voleva sposarlo, non l’avrebbe fatto.
Facile.
La cosa difficile era realizzare la seconda parte del piano. Non avrebbe detto nulla a Percy, ma di certo non sarebbe rimasta senza far nulla.
Anzi, avrebbe fatto, eccome!
 
Il senso di tutto ciò Percy lo capì – e adesso lo capirete anche voi – solo qualche giorno dopo.
Anche quel pomeriggio faceva freddo, anche quel pomeriggio Percy sbucò in casa sua dal camino. L’unica differenza la fece Audrey, che invece di essere seduta al tavolo era in piedi di fronte al camino, con l’aria di chi aspetta da almeno mezz’ora ed è ormai in preda all’impazienza.
- Ehi…
- Mi serve un tuo consiglio.
Esordio strano, ma nemmeno troppo, visti gli standard di Audrey. Percy le sorrise mentre si toglieva il mantello.
- Che hai combinato, stavolta?
- Ecco, vedi, stavo cercando un modo per far sistemare nello stesso tavolo i nostri parenti più anziani, ma ho un dubbio tremendo.
Parenti? Tavolo?
Questo iniziava ad essere già più strano.
Audrey si fece avanti tendendo un foglio vergato a mano, che Percy prese ed esaminò.
- Vedi? Ho immaginato che ci fossero dei tavoli rotondi, sai, li preferisco… però, ecco, il mio dubbio è questo: Charlie mi ha parlato molto di…
- Bennet, che roba è questa?
- … di tua zia Muriel, e ho pensato che è tipo una versione femminile di mio nonno Bunbury, quindi potremmo metterli vicini… ma sarà un bene? No, perché non vorrei che finissero col rovinare la festa a tutti gli altri…
A Percy iniziava a girare la testa. Non lo aiutò a schiarirsi le idee lo schizzo che Audrey aveva fatto malamente sulla pergamena: c’era uno sgorbio che doveva essere un tavolo, con attorno dei pallini – le persone sedute – e delle frecce che indicavano i nomi delle persone. Alcuni nomi erano stati scritti più volte e cancellati.
- Non so proprio che fare, tu che ne pensi?
- Penso che se non mi dici subito cos’hai in mente avrò il mal di testa per tutta la prossima settimana, e non posso permettermelo, perché martedì ho l’esame da uditore per il Wizengamot. Quindi, piantala e dimmi cosa succede, per cortesia.
Audrey prese fiato e lo guardò negli occhi, torcendosi le mani. Ripassò mentalmente il discorsetto che si era preparata, poi parlò.
- Ecco… stavo pensando che… insomma, abbiamo aspettato anche troppo, quindi penso che iniziare ad occuparsi anche delle piccole cose sia il modo migliore per recuperare un po’ di tempo…
- Tempo per cosa, scusa?
- Aspetta, ci sto arrivando! - sbottò Audrey, scocciata in un modo che la rese simile a Oleg. - Vedi, qualche giorno fa ho pensato a quante cose ci sono da preparare, e mi sono detta che era ora di darsi da fare… Così, per prima cosa ho pensato agli invitati, sai, in fondo…
Tacque, interdetta, quando la mano gelida di Percy le coprì la fronte.
- Stai delirando, Bennet. Non sento febbre, ma stai delirando.
- Non sto delirando! Sto benissimo!
- Non mi pare proprio…
- Maledizione, vuoi farmi finire? Sto cercando di spiegarti come ho organizzato il nostro matrimonio!
 
Vi hanno mai dato un colpo in testa così forte da rintronarvi completamente?
Ecco: quelli di voi che hanno avuto quest’esperienza potranno capire come si sentì Percy in quel momento.
Rintronato.
- Il… il… il nostro cosa?
- Levami quella mano da morto dalla testa, sto congelando!
Percy ritrasse subito la mano, sconvolto.
Ha detto matrimonio?
Ha detto MATRIMONIO?
… Godric, è impazzita.
- Bennet, tu… tu… hai detto per caso…
Audrey aprì la bocca e la richiuse. Guardò i propri piedi, si torse le mani e poi passò la sinistra tra i capelli.
Questo era il suo campionario di gesti per i momenti imbarazzanti, ma Percy non ci fece caso. Era così sconvolto che non si sarebbe accorto nemmeno se un drago fosse uscito dal camino e avesse cominciato, che so, a suonare l’ukulele.
- Bennet…
- Io…
- … ti sei espressa male, vero? Tu… forse intendevi dire che stai organizzando un matrimonio al quale noi parteciperemo, non è così?
- Ecco…
Bene, Aud, ci sei. Com’era il discorsetto per introdurre questa parte?
… Cavolo, non l’ho preparato! No!
- Ecco, Perce, io…
Deglutì rumorosamente. D’un tratto non era più sicura di cosa volesse dire o fare. Faceva bene o faceva male?
L’avrebbe scoperto subito.
- … io ci ho pensato, e… se la tua proposta fosse ancora valida…
- Quale proposta?
- Come “quale”? Quella proposta!
- Ah…
- Insomma, se fosse ancora valida, io vorrei… Voglio… Insomma, sì.
- Sì cosa?
- Sì. Vorrei… vorrei sposarti. Sì.
Passò una manciata di secondi senza che nessuno dei due parlasse. Audrey cercava di convincersi che era riuscita a dirlo davvero, mentre Percy non credeva alle sue orecchie. Alla fine però fu lui il primo a riprendersi.
- Dici… sul serio? Non stai scherzando, vero?
- No. Io… sul serio.
D’un tratto apparve qualcosa sul viso di Percy; durò meno di un secondo, ma Audrey avrebbe potuto giurare di averci visto sopra un ghigno, inedito su di lui ma spesso usato dagli altri maschi Weasley che aveva conosciuto.
Un ghigno che era l’essenza stessa della furbizia.
Un secondo dopo era già scomparso: il viso che Audrey aveva di fronte era di nuovo serio e spigoloso come prima.
- Mi spiace, Bennet, ma la proposta non è più valida.
 
 
Fu il turno di Audrey di rimanere rintronata.
Come non è più valida? Che significa? Perché? Quando? Chi? Dove?
- Ma… ma…
- Vedi, Bennet… - Percy assunse il tono che usava un tempo con lei quando era ancora una sua dipendente. - Mi sarebbe tanto piaciuto, sul serio… ma ti ho fatto ben più di una proposta. Te ne ho fatte tre.
- Ma Percy…
- Sulle prime due posso soprassedere, visto che non erano adatte alle circostanze ed erano formulate piuttosto male… - Tolse gli occhiali e iniziò a pulirli, come aveva fatto il Capodanno di due anni prima. - Ma la terza non aveva nulla di sbagliato. Anzi.
- Percy…
- Quella volta, però, mi hai dato una serie di motivazioni per il tuo rifiuto, motivazioni che ho trovato e trovo tuttora fondate e impossibili da biasimare. Dopo quel giorno, quindi, mi sono messo il cuore in pace.
- Ascolta…
- Non ti ho più fatto richieste, non ho più insistito. Mi sono adeguato a quello che desideravi perché ti amo.
- Io…
- Ma la mia proposta non è più valida. Se vuoi sposarmi dovrai chiedermelo tu, Bennet.
Rimise gli occhiali al loro posto per contemplare l’effetto delle sue parole sul viso di Audrey. La ragazza era rimasta confusa sentendo l’ultima frase, ma le bastò un secondo per capire ed arrossire.
- Dovrei… chiederti di sposarmi?
- Certo.
- Ma… Ma no! È pazzesco! Sono gli uomini a fare la proposta alle donne, non il contrario!
- Per Merlino, Bennet: per essere una che a vent’anni è andata a convivere con il proprio capo e a ventuno ha avuto una figlia, ti facevo più anticonvenzionale…
Altro che ghigno! Percy la stava veramente prendendo in giro!
Il mondo gira al contrario! Dannazione, non voglio fargli io la proposta!
- Perce…
- Sì, cara?
- … Non mi hai mai chiamato “cara”!
- Abituati. Allora, volevi dirmi qualcosa?
Il ghigno che Audrey aveva solo intravisto poco prima, adesso troneggiava sul viso di Percy. Era abbastanza irritante. Molto irritante.
- Tu vorresti… ehm…
- Cosa?
- Vorresti… uhm… vorresti… Insomma, lo vuoi o no?
- Mi spiace, non so di cosa stai parlando.
Numi, costui passa troppo tempo con Charlie e gli altri suoi fratelli! Sta diventando come loro! Dov’è il vecchio, noioso, antipatico, scorbutico Percy?
Pregando di riuscire a superare la vergogna e l’umiliazione di quel momento, prese fiato.
- Vuoi sposarmi, Percy?
Umiliante, dannatamente umiliante. Guardò in terra, mentre sentiva le gote arrossarsi.
Percy non rispose subito. Anche guardandolo Audrey non avrebbe potuto capire cosa gli stava passando per la testa in quel momento. Il ghigno provocatorio era scomparso, lasciando il posto ad un’altra espressione completamente nuova e sconosciuta.
Alla fine Percy prese tra le mani il viso di Audrey e lo sollevò per guardarla negli occhi.
- Sì. Tutti i sì del mondo.
 
 
 
 
 
Non so che fine abbia fatto il vecchio, noioso, antipatico e scorbutico Percy, ma penso che stia bene lì dov’è.













Eccomi qui, finalmente!! *spupazz*
Ci ho messo un'eternità, mi dispiace. Prima l'esame a fine settembre (superato, YEP!), poi una specie di blocco che mi ha fatti riscrivere dieci miliardi di volte il capitolo... Un macello. Mi spiace per l'attesa.
Vi dico subito di non aspettarvi tempi brevi nemmeno per il capitolo 28, perché ho delle scadenze a fine mese e non riuscirò a pensare anche alla storia.

Passiamo ora alle NOTE!!

1) Il gioco di "Medieval Struggle" non è una mia invenzione, ma una citazione dalla fanfiction di Charme che ho linkato nello scorso capitolo; se non l'avete ancora letta, FATELO. ORA.
2) Gonath il Rigattiere, l'Ekspires e Todryk vengono invece dal gioco di carte "Sì, Oscuro Signore!", a cui ho recentemente fatto appassionare i miei cugini (che - sia chiaro - sono solo tre, e in maggioranza femmine).
3) Avevo detto che Oleg fumava (capitolo 14), ma siccome c'è un'annosa discussione sul dilemma "i maghi fumano o no le sigarette?", ho deciso che un tipo come lui poteva fumare benissimo la pipa - che, tra l'altro, è canon perché nominata nel secondo o terzo libro, mentre le sigarette non sono mai citate nella saga.
4) Nonno Bunbury: alzi la mano chi ha capito la citazione! (Charme, tu no! Lo so che lo sai! E forse anche Agne!)
5) L'accostamento verde/viola è ORRIBILE. Visto però che la signora Weasley non sembra avere uno spiccato senso del colore (vedi voce: maglione color melanzana) ho pensato che a lei potesse piacere.
Così, un inutile dettaglio tanto per migliorare la scena.
6) Vi prego, non state a fossilizzarvi troppo sul "drago che suona l'ukulele". Mi serviva un paragone stupido, ecco.
7) Sì, Charlie è citato almeno un paio di volte, anche indirettamente. Oh! <3
8) L'angolo dei consigli: stavolta tocca a questa storia, di cui sono la diretta responsab - ehm, ispiratrice: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=847913&i=1
Quest'altra - ma tra poco dovrò chiedere i diritti all'autrice, visto che è ospite fissa dell'angolo-spam: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=845124&i=1
E quest'altra, che mi sta letteralmente facendo impazzire: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=693617&i=1




Grazie di aver letto, ragazzi e ragazze: siete straordinari!
Un bacio bavoso e uno stritolante *spupazz*
Fera


EDIT!!! La fanart sottostante è stata creata da Agne appositamente per questa storia. Guardatela & veneratela:

   
 
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