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Autore: Julia Weasley    27/10/2011    12 recensioni
Seguito di “Eroi non si nasce, si diventa”.
Regulus è morto in circostanze misteriose, lasciando dietro di sé soltanto domande senza risposta. Ma quando una fidanzata che non si dà pace, un vecchio Indicibile in pensione e un elfo domestico che sa molto più di quanto possa sembrare incroceranno per caso le loro strade e uniranno le forze, tutto sarà destinato a cambiare.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Regulus Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'R.A.B.'
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Non può piovere per sempre

Capitolo 30
Strategie

Il diario di Tom Riddle giaceva abbandonato sulla scrivania. Albus sapeva che non degnarlo neanche di uno sguardo era un errore, ma non riusciva a staccare gli occhi dall’anello nel palmo della propria mano.
La aveva cercata per così tanto tempo che, ora che finalmente ne era entrato in possesso, stentava a credere che si trattasse davvero della Pietra della Resurrezione.
Ma era lei, non potevano esserci dubbi. Il simbolo inciso su di essa era inconfondibile.
Piuttosto, era curioso che Voldemort la avesse usata per creare un Horcrux. Sicuramente non era venuto a conoscenza del valore dell’oggetto che gli era capitato tra le mani, altrimenti non lo avrebbe abbandonato in quel modo, con tanto disinteresse per quello che era un pezzo della sua anima…
Silente rabbrividì, mentre rigirava l’anello, come per osservarlo da ogni angolazione.
Non si sentiva in colpa per aver nascosto a Regulus e Rachel il ritrovamento dell’anello. Loro lo avrebbero voluto distruggere subito… Non potevano capire quello che la pietra significava… e lui non poteva spiegarlo.
Non voleva spiegarlo.
Mesi prima aveva deciso di smettere di cercare i Doni della Morte, e invece uno di loro era arrivato fino a lui, come per uno scherzo del destino. Adesso ne aveva due su tre… ne mancava solo uno, il meno importante, a suo parere.
Ma i Doni gli rievocavano ricordi che aveva preferito rinchiudere nell’angolo più nascosto del suo animo. Se quel giorno avesse usato la Pietra, avrebbe rivisto la sua famiglia: i suoi genitori, la piccola Ariana… Era proprio sicuro di volerlo davvero?
La guardò di nuovo, e fu come se la Pietra lo avesse ipnotizzato.
Stava perdendo lucidità e controllo di sé. Non era più il ragazzo di diciassette anni che si fidava del ragazzo che lo aveva ammaliato, e che covava sogni di gloria. Voleva solo riportare indietro quelli che aveva perduto per sempre, quelli che aveva abbandonato per seguire i progetti di chi lo aveva solo usato per raggiungere i propri obiettivi.
Il fischio nelle orecchie si stava trasformando in un rumore insopportabile, che gli stava facendo dimenticare il mondo esterno. Il cuore che batteva sempre più veloce e il respiro irregolare contribuivano a renderlo sempre meno consapevole di sé.
Senza neanche rendersene conto, stava per infilare l’anello al dito…
Toc, toc.
Albus ripiombò all’improvviso nel suo ufficio a Hogwarts quando sentì qualcuno bussare alla porta. Come un bambino colto a rubare la marmellata, aprì un cassetto e vi nascose in tutta fretta sia l’anello che il diario.
« Avanti » disse poi, cercando di riprendersi, ma aveva la voce roca.
La professoressa McGranitt entrò nell’ufficio, del tutto ignara di ciò che aveva interrotto.
« Albus, hai un secondo? »
« Dimmi pure, Minerva » rispose lui. Per sua fortuna aveva un’ottima capacità di ripresa.
« Temo che anche l’anno prossimo avremo un nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure » annunciò la donna in tono serio. « Il professor Wimbley, come si suol dire, ha già un piede nella fossa, anche se lui afferma di sentirsi in tutta salute. »
Silente annuì, in tono grave.
« Purtroppo devo concordare con te. La sua malattia non è contagiosa, a detta di Madama Chips, ma è incurabile. Ma ormai non mi stupisco più. Sto già cercando l’insegnante del prossimo anno… anche se inizia ad essere difficile. »
« Pensano che la cattedra sia maledetta? Non mi meraviglia, iniziamo a pensarlo tutti. Ne parlavamo in sala professori proprio questa mattina. »
« Purtroppo temo che un fondo di verità ci sia » commentò Albus, mentre la sua memoria tornava al giorno in cui Lord Voldemort gli aveva chiesto di essere assunto come insegnante di Difesa. Le coincidenze iniziavano ad essere troppe. « Comunque, qualche candidato c’è ancora. Li sto valutando. Abbiamo ancora parecchi mesi di tempo. »
« In realtà c’è un’altra faccenda » aggiunse la McGranitt, sospirando. « Pare che la professoressa Haruspex abbia deciso di andare in pensione alla fine di quest’anno. »
Silente non poté fare a meno di sospirare.
« Dovrò cercare anche un insegnante di Divinazione, allora. Ammetto di non esserne entusiasta. Divinazione non è una materia… »
« Dotata di utilità? Lo penso anche io » lo anticipò la McGranitt.
Lui si lasciò scappare un sorriso. Lui avrebbe detto qualcosa di più diplomatico. Minerva invece era molto più diretta e sbrigativa.
« Ma è dovere di Hogwarts insegnarla. Quindi, a suo tempo, mi dedicherò anche alla ricerca di un candidato. Spero di trovarne uno abbastanza convincente, tuttavia. »
La McGranitt sembrava piuttosto scettica al riguardo, ma non aggiunse altro.
Quando uscì e si fu richiusa la porta alle spalle, Albus riaprì il cassetto e tornò ad osservare l’anello.
L’intrusione improvvisa di Minerva era riuscita a fargli tornare il raziocinio. Non poteva azzardarsi a indossare l’anello senza nulla con cui proteggersi, e nemmeno nel suo ufficio personale. Aveva visto come il medaglione aveva reagito, come Orfin era quasi morto... e anche ora che lui lo aveva curato, era probabile che non sopravvivesse ancora per molto. Anche quest’altro Horcrux doveva essere dotato di magie difensive. Avrebbe potuto ucciderlo, se lo avesse indossato senza averlo distrutto con l’athame.
Stanco e nervoso, Albus posò la nuca sulla spalliera della sedia, senza smettere di pensare ai Doni della Morte.
L’antico e mai sopito desiderio di possederli tutti era tornato a farsi sentire. Non poteva abbandonare la ricerca degli Horcrux, ma la tentazione di continuare a cercare i Doni era troppo forte.
Padrone della Morte…
Un’illuminazione improvvisa lo colse.
Cosa gli impediva di proseguire per entrambe le strade? I Doni potevano aiutarlo a sconfiggere Voldemort, lui o chiunque altro lo avrebbe affrontato.
Si chiese come avesse fatto a non pensarci prima.
Se i Doni rendevano invincibile chi li possedeva, c’era una possibilità di battere Voldemort… una volta distrutti tutti gli Horcrux, pensò poi, perdendo subito l’entusiasmo.
Adesso però aveva molto più chiaro cosa doveva fare: si sarebbe occupato di entrambe le ricerche.
Ma avrebbe tenuto per sé la faccenda dei Doni.

***

Perseus scostò con cautela la tenda, lanciando un’occhiata fuori dalla finestra. Oltre il recinto, a venti metri di distanza, un uomo incappucciato si aggirava con passi lenti e annoiati intorno alla villa, calciando ogni tanto qualche sasso.
« Se Lestrange sapesse che tipo di sorveglianza ti sta facendo Goyle, non sarebbe molto felice. Potremmo tranquillamente stregarlo e fargli credere che tu sia in Nuova Zelanda. Non credo che se ne accorgerebbe, sveglio com’è… »
« Lascialo lì, mi fa comodo. Meglio avere un sorvegliante idiota di uno molto più in gamba » rispose Alphard, sorridendo con ironia.
Perseus lasciò ricadere la tenda, coprendo il vetro della finestra e impedendo alla luce del giorno di filtrare nella stanza illuminata solo da lampade a gas.
« Allora, cosa stavi dicendo? » continuò Black, posando il bicchiere di Whisky Incendiario sul tavolino.
Perseus si fece cupo.
« Ti stavo parlando di mia figlia e tuo nipote. Non si capisce cosa cercano di fare. Io e Diane cerchiamo di essere discreti, ma non vorrei che si cacciassero nei guai di nuovo. Sospettiamo che abbiano preparato delle pozioni, perché ci sono spariti alcuni ingredienti, ma non ho idea di cosa si tratti. »
Alphard assunse un’espressione pensierosa.
« Avranno le loro buone ragioni per non volervi coinvolgere. Capisco che tu sia preoccupato, ma secondo me dovresti fidarti di più di loro. Sono più in gamba di quanto sembri. »
« Se avessi figli non parleresti così… Oppure sai qualcosa di quello che stanno combinando? » aggiunse Perseus, in tono sospettoso.
« Ti assicuro che non mi hanno mai parlato di nulla, anzi, ho provato a chiederlo a Regulus diverse volte, ma avrei avuto risposte più esaurienti se lo avessi domandato ad un muro. »
Perseus sbuffò.
« Purtroppo per loro, sono venuto a conoscenza di una notizia molto importante » aggiunse Alphard in tono cospiratorio.
« Allora hai saputo qualcosa! »
« Sì, anche se involontariamente. Una volta li ho sentiti parlare con Silente, e anche se ho ascoltato solo poche parole, una vaga idea me la sono fatta. In effetti, è per questo che ti ho chiesto di venire. »
Alphard si alzò in piedi, concentrato.
« Che cosa hai scoperto? »
« Stanno cercando informazioni su Tom Riddle. »
Perseus aggrottò la fronte.
« Riddle? Allora c’è un motivo se sembravano tanto interessati a lui, a Natale. Ma non ha senso; Riddle è sparito dalla circolazione pochi anni dopo aver finito Hogwarts, chissà poi che fine avrà fatto… »
« Non è proprio così. Lo pensavo anche io, ma a quanto pare non è affatto sparito. Perseus » disse Alphard, assumendo un’espressione molto seria. « Tom Riddle non è altri che Tu-Sai-Chi. »
Seguì una lunga pausa di silenzio, necessaria perché Perseus elaborasse il concetto. Poi rabbrividì.
« Non posso dire che la cosa mi stupisca » ammise infine. « Ora che ci penso, aveva già tutte le caratteristiche per diventare uno dei maghi migliori del mondo. »
« Infatti lo è. »
« Sì, ma nel modo sbagliato. Ti ricordi che sospettavamo che avesse qualcosa di strano, sotto la sua maschera di studente modello? Ma non ho mai pensato che si sarebbe spinto fino a questo punto… »
Alphard annuì, pensieroso.
« Per questo mi serve il tuo aiuto. Regulus farebbe un sacco di storie se mi offrissi di aiutarlo, quindi ho deciso di dare il mio contributo di nascosto. »
« E cosa stai facendo, esattamente? »
« Non posso fare molto, in realtà, ma sto cercando di raccogliere tutti i ricordi che ho su Riddle. Se potessimo aggiungere anche i tuoi, sarebbe un bel passo avanti. »
Perseus inarcò le sopracciglia ancora di più.
« Per quel poco che ricordo, posso farlo… Ma mi spieghi a cosa serve? Tu-Sai-Chi è là fuori a uccidere, adesso. Che senso ha scoprire il suo passato, mentre la gente muore? Bisognerebbe trovare qualcuno che sia in grado di farlo fuori e basta. »
Alphard represse un mezzo sorriso. Perseus era sempre stato un tipo molto pratico: per lui l’azione era molto più importante dei ragionamenti.
« Me lo sono chiesto anche io, ma è questo che serve. Se Regulus, Rachel e Silente stanno indagando sul suo passato, deve esserci una spiegazione più che valida. »
« D’accordo. Dammi qualche minuto per farmi tornare in mente tutti i ricordi che ho al riguardo. Non sarà facile » aggiunse. « La mia memoria inizia a fare scherzi. »
« Fai con comodo. »
Alphard lo guardò mentre andava a fare un giro nel cortile, riflettendo intensamente e sforzandosi di ricordare.
In realtà non gli aveva detto proprio tutto. La volta in cui, Materializzandosi con il suo elfo domestico nel giardino di casa Queen, aveva colto uno stralcio di conversazione che gli aveva fatto capire cosa stessero cercando, aveva sentito anche altro, e quella parola continuava a vorticare nella sua mente.
Horcrux.
Finalmente aveva capito che cosa Regulus aveva scoperto nella sua biblioteca, poco prima di sparire. Le pagine che aveva strappato da uno dei suoi libri parlavano degli Horcrux.
Scoprire che Voldemort aveva creato degli Horcrux e soprattutto che Regulus fosse quasi morto nel tentativo di recuperarne e distruggerne uno lo aveva sconvolto e commosso parecchio all’inizio, ma poi aveva cominciato a reagire, decidendo di fare la sua parte in quella faccenda.
Tuttavia non era tanto certo che dirlo a Perseus sarebbe stato sicuro. Avrebbe voluto raccontarglielo, ma aveva ancora molte remore. Se Regulus lo aveva nascosto a tutti, almeno fino a che non era stato costretto a raccontarlo a pochissimi, c’era un motivo. Non era pericoloso solo per l’esito della ricerca degli Horcrux ma anche per chi era a conoscenza di quel segreto.
Lui, Alphard, in fondo non poteva muoversi di casa ed era difficile che qualcuno potesse scoprire quello che sapeva. Ma Perseus sarebbe stato molto più in pericolo di lui. Per non parlare del fatto che, se si fosse reso conto della pericolosità di ciò che sua figlia stava cercando di fare, avrebbe scatenato un finimondo.
Rachel una volta si era lamentata perché, secondo lei, suo padre era iperprotettivo. Alphard piuttosto pensava che Perseus sarebbe morto pur di non farle correre pericoli.
Ma visto che impedirle di continuare quello che stava facendo sarebbe andato a discapito della guerra, aveva deciso di non allarmare Perseus più di quanto non lo fosse già. Si sentiva la coscienza sporca per quella scelta, ma sapeva di non poter fare altrimenti.
Quando Perseus tornò dentro, Alphard prese una fiala e gliela porse. L’altro vi riversò diversi fili argentei.
« Questi sono tutte le memorie che sono riuscito a ricordare. Spero che servano a qualcosa » aggiunse, ancora piuttosto scettico.
« Ti ringrazio. »
Perseus lo guardò, dopo aver lanciato un'occhiata rapida alla finestra, dietro la quale, in lontananza, Goyle si aggirava ancora con aria profondamente annoiata.
« Alphard, fammi un favore. Giurami che, nel corso di queste ricerche, non commetterai imprudenze. »
Alphard riuscì per miracolo a trattenersi dall'abbozzare un mezzo sorriso, col rischio di scatenare la rabbia dell'amico.
« Non preoccuparti. E tu invece promettimi di non farne parola con nessuno, almeno finché non ti dirò che ne potremo parlare con i diretti interessati. Ma, nel caso in cui dovesse succedermi qualcosa... » continuò a parlare Alphard, ignorando l’espressione di rifiuto che Perseus si era dipinto sul volto. « In quel caso potrai dirlo a mio nipote. E mi auguro che Regulus decida di renderne partecipe anche Sirius. Io farò in modo che nessun altro oltre loro possa mettere le mani su questi ricordi. »
« Non puoi dire a me dove li nasconderai? »
« Lo sai che certi segreti è meglio che non siano spartiti da troppe persone. Dobbiamo sempre tener presente il caso in cui non dovessimo esserci più. »
« Va bene, d'accordo » sbottò Perseus nel tono burbero che usava quando era a disagio.
« Grazie. »
« Tanto non succederà » borbottò l’altro.
« Me lo auguro. »
Alphard distolse lo sguardo da quello preoccupato dell’amico, fingendo di essere tranquillo. In realtà non lo era. Non si fidava di Rodolphus Lestrange: se aveva messo un idiota come Goyle a guardia, non era affatto detto che si fosse disinteressato a lui. Piuttosto, non poteva fare a meno di chiedersi che cosa stesse combinando.
E dal momento che il Ministero prima o poi sarebbe potuto cadere nelle mani di Voldemort, tutti gli incantesimi di protezione che lo avevano tenuto in vita fino a quel momento non lo avrebbero più difeso.
Per quel motivo aveva già pensato ad un modo per fare reperire quei ricordi a Regulus. Forse sarebbe riuscito a dirglielo di persona, ma nel dubbio aveva preso quella precauzione. Del resto, erano in guerra, e nessuno aveva più la certezza di vedere sorgere il sole il giorno dopo.

***

Un gran chiacchiericcio riempiva la sala adibita a mensa del Ministero della Magia. Si trovava dietro una porta nei pressi degli ascensori dell'Atrium, e consisteva semplicemente in decine di tavoli sparsi per tutta l'area della sala. Di solito non era frequentata dai cosiddetti dipendenti “dei piani alti”. Il Ministro della Magia e i suoi collaboratori avevano orari molto più comodi e ragionevoli di tutti gli altri, e quindi potevano permettersi di tornare a casa e pranzare in tutta tranquillità. Il resto dei dipendenti invece, si limitava a mangiare lì. La cucina non era paragonabile a quella di Hogwarts, ma non era male, e inoltre si trattava di un'occasione per rilassarsi un po' in compagnia. In realtà Rachel quel giorno era molto poco incline a conversare con qualcuno, complice un mal di testa che non le dava tregua da quella mattina. Era già convinta che avrebbe avuto poca voglia di mangiare, figurarsi quando si sentì chiamare dall'ultima persona al mondo che avrebbe voluto vedere in quel momento.
« Vieni, c'è un posto libero » le disse Barty, indicando la sedia di fronte a lui.
Rachel era consapevole del fatto che prima o poi avrebbe dovuto smettere di fissarlo con gli occhi sbarrati come se avesse appena visto un Dissennatore, ma non riusciva a farne a meno. Tuttavia, dopo alcuni interminabili istanti di esitazione, non poté che fare buon viso a cattivo gioco. Si sedette e rimase immobile e rigida come un palo, tanto che Barty aggrottò la fronte.
« Stai bene? Con tutto il rispetto, sembra che hai inghiottito una scopa. »
« Sto benissimo » tagliò corto lei a denti stretti, afferrando con mala grazia la forchetta e infilzandola nel petto di pollo che era appena comparso nel suo piatto.
« D'accordo. Poi prova la torta, è ottima » le consigliò lui, tornando a servirsi della propria fetta.
Rachel socchiuse gli occhi. L'unica cosa che desiderava adesso era di prendere quella torta e tirargliela in faccia, solo per vedere sparire quella falsa espressione sorridente.
Cercò di calmarsi. Non era brava a controllare le emozioni, ma stavolta doveva farlo per forza.
« Come va? » bofonchiò, in un vago tentativo di instaurare una conversazione normale.
« A me tutto bene. Magisprudenza non è poi tanto male... ha una certa utilità. Tu, invece? Ultimamente ti vedo molto più serena o sbaglio? Tranne oggi, ma spero che sia un'eccezione. »
Rachel rispose con lo sguardo fisso sul proprio piatto.
« Sì, può darsi » tagliò corto.
Barty tacque per alcuni istanti; sembrava indeciso se continuare oppure no. Alla fine, con un tono pieno di cautela, le fece una domanda inaspettata.
« Per caso stai uscendo con qualcuno? »
Lei quasi soffocò.
« Ma come ti viene in mente? »
« Guarda che non avresti nulla di cui vergognarti. »
« Questo dovrei essere io a deciderlo. Comunque non è assolutamente vero, e non capisco come tu possa averlo pensato » replicò lei, irritata.
« Ho visto che frequenti molto i Prewett, ma avrò capito male » disse lui, accennando con lo sguardo ai due fratelli seduti dall'altra parte della mensa. Rachel si voltò a sua volta e loro la salutarono. Lei rispose con un mezzo sorriso. « Li hai conosciuti qui al Ministero, giusto? »
Alla domanda di Barty, Rachel si irrigidì, se possibile, ancora più di prima.
« Sì, infatti » rispose, notando lo sguardo sfuggente del ragazzo. Forse la sua era semplice paranoia, ma aveva la netta sensazione che lui stesse cercando di capire se faceva parte dell'Ordine della Fenice.
Ad interrompere quel momento di tensione, fu Emmeline, che si era avvicinata al loro tavolo senza che loro se ne accorgessero.
« Ciao. Posso sedermi qui? » chiese con un tono allegro.
« Certo » rispose Barty, tranquillo.
Emmeline prese posto accanto a Rachel, che non poté fare a meno di lanciarle un'occhiata sospettosa e perplessa.
« Come mai adesso vi parlate? » chiese ai due.
« Abbiamo deciso di fare una tregua. Ormai è acqua passata » rispose Emmeline.
« Sono... contenta per voi » commentò Rachel, che improvvisamente aveva perso l'appetito.
Ci mancava solo questa, pensò, guardando Emmeline di sottecchi. Speriamo che sia davvero acqua passata...
In effetti fu una fortuna che fosse Emmeline a parlare del più e del meno con Barty, perché lei non aveva la minima voglia di intrattenere una conversazione. Era preoccupata per ciò che, a quel punto, era costretta a riferire al più presto all'amica. Aveva rimandato per troppo tempo.
Non appena Emmeline ebbe finito di mangiare l'ultima fetta di torta, Rachel la sequestrò letteralmente, salutò Barty in tutta fretta e la trascinò fuori dalla mensa.
« Si può sapere cosa ti prende? »
« Devo parlarti di una cosa importante. Ma non qui, c'è troppa gente. »
Rachel la condusse in uno dei bagni e chiuse la porta piazzando un incantesimo Colloportus.
Emmeline la guardava con perplessità.
« Allora? »
« Sii sincera. Con Barty è davvero tutto finito, o ti piace ancora? »
« Certo che è finita, cosa ti viene in mente? » fece l'altra, imbarazzata.
Per alcuni istanti, Rachel ebbe una strana sensazione, e le si visualizzò nella mente un'orribile prospettiva, con Emmeline che era tornata di nascosto insieme a Barty e gli forniva regolarmente informazioni sui piani dell'Ordine della Fenice.
Scosse la testa, cercando di scacciare dalla mente quei pensieri, sicuramente causati dalle manie di Malocchio.
Va bene che la spia può essere chiunque, ma non lei. Che assurdità!
La sua amica era sempre stata contro Voldemort, e non sarebbe mai sarebbe stata capace di annullare le proprie idee e i propri principi per un ragazzo di cui era – o era stata – innamorata.
« Senti, non so come dirtelo... » esordì, non appena fu tornata in sé.
« Che cosa? »
« Non dovresti fidarti di lui. »
« E perché mai?
« Bè... »
« Se pensi che potrebbe farmi soffrire ancora, sei fuori strada. Ti ho detto che non mi... »
« Non intendo questo, Emmeline... Evita di frequentarlo però. »
« Perché? »
Rachel decise di non girarci troppo intorno, ma si sforzò di dirglielo con discrezione.
« Barty è un Mangiamorte » sbottò, talmente nervosa da non riuscire a trattenersi più di tanto.
Complimenti per il tatto, si congratulò una voce nella sua testa.
Seguì un silenzio teso, durante il quale Emmeline dovette prendersi del tempo per assimilare il concetto. Alla fine inarcò le sopracciglia.
« Ti senti bene? »
« Ammetto di essere stata meglio. Ma so quello che dico. »
« Smettila, dai. Non mi sembra il caso di scherzare su queste cose. »
« Non sto scherzando, è la verità. »
Emmeline aggrottò la fronte, visibilmente indispettita.
« Hai una vaga idea di quello che hai appena detto? Credo che tu abbia sbagliato persona. »
Rachel si aspettava che Emmeline sarebbe stata scettica, ma quel rifiuto totale non lo aveva previsto.
« Neanche io volevo crederci, all'inizio, ma ti assicuro che l'ho sentito con le mie orecchie... »
« L'hai sentito? Significa che non l'hai nemmeno visto! »
« Ti giuro che era lui. Stava parlando con Rabastan Lestrange e l'argomento era inequivocabile. Emmeline, pensi che direi una cosa del genere se non ne fossi assolutamente sicura? »
A quelle parole la sicurezza dell'altra ragazza parve vacillare.
« Ma... non può essere vero... »
« Mi dispiace. »
Nel bagno calò un silenzio lungo e apparentemente interminabile. Rachel avrebbe voluto dire molte cose, ma non parlò, incerta. Emmeline sembrava ancora indecisa se crederle oppure no. Alla fine scosse la testa, come se avesse voluto scacciare quel pensiero dalla mente.
« Non è possibile... non ci credo. È il figlio di Bartemius Crouch, non lo farebbe mai. »
Rachel sospirò.
« Sai benissimo che lo odia... »
« Non è vero! » sbottò l'altra.
« Ora inizi a sragionare. »
« Non è vero! » ripeté Emmeline. « Sei tu che non sai di cosa parli. Ha dei problemi in famiglia, come tutti, ma questo non significa che sia diventato un Mangiamorte! È ridicolo. »
« Adesso calmati » le consigliò Rachel, che notava come la ragazza stesse iniziando a diventare paonazza.
« Sei tu che dovresti darti una calmata. Lasciami in pace. »
« Vuoi dire che non mi credi? »
Rachel era senza parole. Non aveva immaginato che la prendesse così.
« No, non ti credo. »
« Non puoi far finta di nulla! »
Emmeline la guardò in cagnesco.
« Lasciami stare, non voglio più sentirti. »
Fece per uscire dal bagno, e questo fece imbestialire Rachel più del dovuto. Le afferrò il polso, impedendole di aprire la porta e bloccandola.
« Lo sai perché ti ha mollata? Perché pensava già di diventare un Mangiamorte, e tu gli eri di peso! Come fai a fidarti di uno che non ha esitato un solo istante a dimenticarti, pur di servire Tu-Sai-Chi? Ora ha voluto fare pace solo perché gli servi. »
« E a cosa gli servirei? I Mangiamorte hanno già infiltrati al Ministero, più una spia nell'Ordine... Oppure pensi che quella spia sia io? »
« Non lo penso, ma se ti rimetterai con lui non potrò più fidarmi di te! »
Rachel si accorse di aver esagerato quando Emmeline la guardò con un'espressione che non aveva mai avuto prima di quel momento.
« Ahi! »
Ci fu uno scoppio, e Rachel dovette lasciarla, perché all'improvviso le faceva male il polso.
Emmeline ripose la bacchetta in tasca e la oltrepassò, senza aggiungere altro.


« E se n'è andata sbattendomi la porta in faccia! Ma ti rendi conto?... Mi stai ascoltando? »
Regulus si accorse che Rachel aveva concluso il discorso solo quando Sirius gli assestò un calcio sotto il tavolo.
« Certo che ti ho ascoltata » ribatté prontamente, ignorando l'espressione divertita di Sirius. La ragazza aveva parlato per un'infinità di tempo, ma Regulus era comunque riuscito a cogliere il nocciolo della questione.
« Quasi quasi ti preparo una Bevanda della Pace, così ti rilassi » osservò Sirius.
« Non posso credere che Emmeline abbia reagito così » borbottò lei, ignorandolo e massaggiandosi il polso ancora dolente.
Regulus cercò di evitare il suo sguardo. L'ultima cosa che avrebbe voluto era quella di essere costretto a darle un parere. E invece fu proprio quel che Rachel gli chiese.
« Cosa stai pensando? »
Regulus, rassegnato, cercò di non essere troppo schietto.
« Bè... in effetti è comprensibile che si sia offesa. »
« Ah sì? »
« Auguri » mormorò Sirius, deciso a godersi lo spettacolo. Poi tornò a fissare in cagnesco il gatto che si era messo a passeggiare nelle vicinanze della sua sedia. Attila si fermò proprio accanto a lui, alzando il capo e scrutandolo. Sirius gli lanciò un'occhiataccia di avvertimento.
Regulus si schiarì la voce.
« Sai, può darsi che tu sia stata un po' troppo diretta... »
« In che senso? » chiese Rachel.
« Sta dicendo che quell'ultima frase potevi risparmiartela » parafrasò Sirius, mentre con il piede cercava di scacciare il gatto, che emise miagolii di protesta. « E anche che sei stata una vera vipera a dire quelle cose. »
Lei divenne paonazza, mentre Regulus gli lanciò un'occhiataccia.
« Non volevo dire questo... » esordì lui, ma fu interrotto dallo sbuffare di Sirius, perché Attila gli si era aggrappato alla gamba e non si staccava più.
« Levatemelo di dosso! » sbottò.
« Sirius, è solo un gatto » fece la ragazza.
« Non vado molto d'accordo con i gatti... E questo non è normale... Ahi! E' una peste assatanata! E ce l'ha con me. »
Regulus sbuffò, mentre Rachel si alzava per liberare Sirius dagli artigli del gatto e lo chiudeva fuori dalla cucina. Attila continuò a fissare male Sirius attraverso il vetro della porta.
« Visto? Mi odia » fece lui, ma gli altri due lo ignorarono.
« Allora, cosa stavi dicendo? » chiese Rachel a Regulus.
Lui sospirò.
« Il fatto è che, a volte, hai dei modi un po' bruschi, e quando parti in quarta non ti si riesce a fermare. Insomma, ricordi come eri al primo anno? »
« No, come ero al primo anno? » chiese lei, di malumore.
« Non riuscivi mai a capire la differenza tra ciò che si può dire e ciò che bisogna tenere per sé. Voglio dire, ora sei migliorata tanto, però qualche volta ci ricaschi. »
Rachel tacque, fissando un punto indefinito del tavolo.
« D'accordo, può darsi che io sia stata indelicata a dirle che non mi sarei più fidata... »
« Basterà chiederle scusa, vedrai » disse Sirius, che ora senza Attila tra i piedi si sentiva meno nervoso.
« Mi ha attaccata con la bacchetta, non sarò certo io a scusarmi! »
I due Black si lanciarono un'occhiata perplessa, e per un solo istante sembrarono sul punto di ridere.
« Di solito siamo noi a fare così, non tu » commentò Regulus.
« Bè, avrò anche io il diritto ad essere cocciuta, qualche volta, o è solo una vostra esclusiva? E poi ho i nervi a fior di pelle per questa storia. Del resto nemmeno lei si è fidata di quello che le dicevo. »
« Secondo me invece ti ha creduto » disse Regulus, tornando serio. « Ha solo bisogno di accettarlo. E visto che preferiva pensare che tu ti fossi inventata tutto che accettare la realtà, se l'è presa con te. »
Tutti tacquero per parecchi minuti, almeno fino a che Sirius non ruppe quel silenzio teso rivolgendosi direttamente a Rachel.
« Dunque anche Crouch è un Mangiamorte. Mocciosus pure... » tossicchiò, evitando di parlare esplicitamente di Regulus, il cui sguardo la diceva lunga su quanto poco gradisse riferimenti al suo passato. « Mi spieghi una cosa, Rachel? Che razza di gente frequentavi a Hogwarts? »
Lei incrociò le braccia sul tavolo e vi posò la testa, depressa.
« Vorrei saperlo anche io. »
« Per le mutande di Merlino, dov'è finito?! » esclamò Sirius, sconvolto.
« Chi? »
« Il tuo gattaccio malefico. È sparito. »
Rachel aggrottò la fronte.
« Sarà andato altrove. Non chiamarlo gattaccio malefico, è solo un po' vivace e... »
« Ed è proprio dietro di te » concluse Regulus, notando Attila che, entrando di soppiatto dalla finestra, prese la rincorsa e atterrò con gli artigli sfoderati direttamente sulla schiena di Sirius, per poi piombare sul tavolo con aria soddisfatta.
« Sparisci! » sbottò il ragazzo, facendolo scappare. « Ti giuro che presto me la pagherai cara! Quel gatto non sa con chi ha a che fare » aggiunse poi.
E con questa minaccia, tornò a sedersi, meditando vendetta.

 
 
 
 
 
Capitolo pieno di chiacchiere, ma nei prossimi l'azione tornerà, non c'è problema. Ho spiegato un paio di cose: come mai Silente non ha indossato l'anello e cosa aveva sentito Alphard quando si era Materializzato nel giardino dei Queen nel capitolo 23. L'ultima scena l'ho aggiunta molto tempo dopo aver scritto il resto del capitolo, ci voleva qualcosa di più allegro! I dispetti  tra Sirius e Attila mi piacevano troppo xD
Emmeline vi sarà sembrata molto cocciuta qui, ma non se lo sarebbe mai aspettato. Deve avere il tempo di assimilare il concetto, e non le ci vorrà molto. E Barty ultimamente mi provoca istinti omicidi!
Ah, la sala mensa al Ministero è una mia aggiunta. Non so se ci fosse davvero, ma un luogo di ritrovo mi serviva, è sempre utile.
Non ho altro da dire, tranne che questa storia è l'unica cosa che mi permette di non impazzire, dato il periodo un po' schifoso. Ne approfitto per ringraziarvi ancora e augurarvi un magico Halloween! E ora esco, altrimenti arrivo tardi a lezione!
Prossimo capitolo: 10 novembre
Ciao! =)
  
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