Il piatto



«Aspettiamo ospiti per cena, Molly?»
La donna alza gli occhi dai fornelli anneriti e incontra lo sguardo accigliato e confuso di suo marito, in piedi davanti alla tavola apparecchiata. Non si è ancora sfilato il cappotto e sta lasciando gocciolare fango misto ad acqua sul pavimento tirato a lucido.
«Certo che no» risponde lei, stupita. «Ad ogni modo, Arthur, potresti toglierti…»
«Allora perché hai messo un coperto in più?»
Presa alla sprovvista da suo marito, Molly si morde il labbro e non risponde. Conta mentalmente i piatti variopinti schierati con cura sulla tovaglia rattoppata e si accorge che sì, è vero, ne ha disposto uno in più.
Con un tuffo al cuore davanti all’occhiata interrogativa di Arthur, Molly cerca una scusa che possa giustificare la sua svista.
Potrebbe assumere un tono allegro e falso e cinguettare di aver invitato Tonks da loro, per la terza volta in quattro giorni.
Potrebbe sostenere di  essersi  semplicemente distratta, voltarsi ed iniziare a riordinare rumorosamente pentole e padelle, sottraendosi a qualsiasi domanda.
Oppure potrebbe confessargli la verità e dirgli quanto sente la mancanza di un paio di occhiali in corno e di un maglione bitorzoluto color melanzana.
Ma le parole si incastrano nella gola, quando coglie il lampo di comprensione negli occhi di suo marito.
Osserva impotente il  viso di Arthur che si contrae, le nocche che afferrano il bordo del tavolo e stringono fino a diventare bianche.
«Io…»
«Non farlo mai più» la interrompe, e la voce si incrina pericolosamente, Molly non sa bene se per la tristezza o la rabbia. «Ti prego».
China la testa.
Molly percorre a grandi passi la distanza che li separa e stringe a sé il marito, accarezzandogli una guancia ispida e ancora umida. Restano abbracciati e in silenzio, incuranti del cibo che brucia e del pavimento da pulire.
Entrambi ricordano un bambino  che, già a cinque anni, stringeva la mano agli adulti e sorrideva raramente.
Entrambi hanno lo sguardo puntato sul grande orologio e su quella lancetta che, solitaria, è ancora implacabilmente puntata sulla parola lavoro.