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Autore: Beatrix Bonnie    08/11/2011    3 recensioni
-Seguito de La sorella perduta- Dopo aver assistito all'entusiasmante finale della Coppa del Mondo di Quidditch e dopo esser rimasti terrorizzati dalla comparsa del Marchio Nero, Mairead, Edmund e Laughlin torneranno al Trinity per affrontare il loro quarto anno, sperando, questa volta, di uscirne indenni. Ma non potranno certo immaginare che cosa è stato preparato per quell'anno! Tra altezzosi cugini purosangue, gelosie e invidie, misteriosi tornei, scuole di magia lontane e sconvolgenti novità, i tre amici metteranno a dura prova la loro amicizia...
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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CAPITOLO 16

I due presidi





«I Llapac dicono che l'abito da cerimonia della O'Callaghan sembra una torta nuziale a tre piani» fu la prima cosa che Laughlin disse a Edmund dopo cena. Mairead era rimasta seduta vicina a Beatrix per tutto il tempo, quasi si fosse dimenticata dei suoi amici, così appena Edmund aveva finito di mangiare, si era avvicinato al tavolo del Nagard, senza nemmeno rivolgerle la parola.

«Te lo sei inventato» sbuffò in risposta a Laughlin, sulla questione del vestito di Moira per il ballo. Tra l'altro, lui nemmeno ce l'aveva un abito da cerimonia perché quando aveva comprato il nuovo materiale scolastico a settembre, sebbene l'abito fosse presente nella lista inviatagli dal Trinity, non gli erano avanzati abbastanza soldi per comprarsene uno decente. Ma ci avrebbe pensato fra un po'.

Laughlin si ficcò in bocca un pezzo di pane e disse, sputacchiando briciole sul tavolo: «Non l'ho inventato! Me l'ha detto Dedalus».

«Ma Consolatus è un maschio! Non può essere entrato nel dormitorio femminile e aver visto il vestito di Moira. E poi non è tanto a posto con la testa, quello» protestò Edmund, usando come arma la sua logica infallibile.

Laughlin bevve un bicchiere di succo d'arancia per ingoiare il boccone di pane che gli era andato di traverso. «Non c'è bisogno di essere a posto con la testa per dire che la O'Callaghan è un cesso» sentenziò con l'aria di chi la sa lunga.

Edmund sbuffò rassegnato: Laughlin l'avrebbe tormentato fino al giorno del ballo, ne era certo. «Puoi anche smetterla, tanto io non torno indietro» disse con sicurezza; poi nel tentativo di cambiare argomento, domandò: «Tu piuttosto, chi pensi di invitare?»

Laughlin interruppe il suo pranzo, cosa che accadeva di rado, visto che mangiare era una delle poche certezze che aveva nella vita. «Ehm... io ho già invitato qualcuno...» farfugliò a disagio.

«Ah, sì? E chi?»

«Chaitaly» rispose Laughlin con un mezzo sorrisetto, sondando la reazione dell'amico.

Edmund non sembrava per niente turbato. «Ah, ok» disse semplicemente con una alzata di spalle.

Laughlin lo guardò di sottecchi, poi domandò in un sussurro: «Non sei arrabbiato?»

«E perché dovrei?» rispose Edmund, con il tono più naturale del mondo.

«Be'... è la tua avversaria» continuò Laughlin, ancora leggermente a disagio, nonostante le rassicurazioni dell'amico.

Edmund scoppiò a ridere divertito. «Ci contendiamo solo mille eire d'oro e la gloria eterna, che vuoi che sia?» rispose con una strizzata d'occhio.

Passando davanti al tavolo dei Nagard, il professor Cumhacht lanciò un'occhiataccia a Edmund, ma non gli disse nulla. Privilegi di essere il campione della scuola. O forse, semplicemente, lui non era Mairead. Il ragazzo rivolse al professore un sorriso innocente e quello lasciò correre. Dopotutto, era il migliore alle sue lezioni.

«E tu, Dom, chi pensi di invitare?» chiese poi, rubando un acino d'uva dal piatto di Laughlin.

«Ehi!» protestò Laughlin, che era disposto a cedere tutto tranne che il suo cibo.

«Ah, io ho già invitato Era McKonnit, la Battitrice dei Raloi» rispose tranquillamente Dominique.

Edmund si incupì. Lui era stato l'unico idiota che ci aveva messo una settimana prima di decidersi ad invitare una ragazza? Per poi, tra l'altro, farsela fregare sotto il naso da quel Bellimbusto di Connery e ritrovarsi con la O'Callaghan. Bell'affare!

«Burke?» domandò proprio in quel momento un ragazzino minuscolo dei Raloi. Doveva essere al primo anno, ma era davvero piccolo e minuto anche per la sua età. O forse dava quell'impressione perché era titubante e spaventato.

«Sì?» rispose Edmund, sorpreso.

«Il preside Captatio vuole vederti nel suo ufficio» pigolò il bambino, poi scappò via.

Edmund sbuffò. Bastava che non si trattasse di un'altra stupida spilla: lui non l'avrebbe messa. Si alzò da tavola rassegnato, salutò gli amici e si trascinò verso la scala a chiocciola che conduceva allo studio del preside.

Quando bussò alla porta, la voce allegra di Captatio gli disse di entrare. Ma, non appena mise piede nella caotica stanza, i suoi occhi furono rapiti dal mago anziano che sedeva di fronte al preside. Aveva una rigogliosa barba bianca, come bianchi erano i lunghi capelli che gli ricadevano sulla schiena. Indossava anche lui un cappello a punta come quelli di Captatio, ma forse per l'aurea di nobiltà che emanava, forse per l'altezza considerevole o forse anche solo per la fluente barba, nessuno avrebbe mai osato definirlo buffo. Sul naso aquilino portava un paio di occhialetti a mezzaluna, che nascondevano a stento due vispi occhi azzurri.

Quando il mago si voltò a guardarlo, per un attimo, un velo di preoccupazione gli attraversò il volto, come se avesse visto un fantasma appartenente al suo passato. Lo scrutò con interesse e con una certa preoccupazione, ma Edmund sostenne il suo sguardo: non era tipo da abbassare gli occhi a terra.

«Edmund, questo è il professor Silente» lo presentò Captatio, con un sorriso. «È il preside di...»

«Hogwarts» completò Edmund, ricordandosi di averlo letto da qualche parte.

Il professor Silente annuì e allungò la sua mano verso il ragazzo. «È un piacere conoscerti» gli disse, senza smettere di fissarlo con quel suo sguardo indagatore, come se cercasse chissà cosa nascosto sotto la sua apparenza di ragazzino. «Caius parla sempre molto bene di te» gli rivelò, con una strizzata d'occhio.

Finalmente Edmund spostò lo sguardo sul professor Captatio e vide che sogghignava, ma un lieve rossore gli aveva colorito le guance. «Sciocchezze, Albus, io non elogio mai nessuno oltre a me stesso» replicò con un ridolino.

Silente gli rivolse un sorriso, ma poi tornò a guardare Edmund. «E così tu sei il giovane Campione del Trinity, eh?» gli chiese.

«Sì, signore».

«Succedono cose sempre più strane, in questi Tornei» commentò sovrappensiero il professor Silente.

«Perché?» domandò di getto Edmund, senza pensare che forse non era molto educato fare una domanda così a bruciapelo a uno dei più grandi maghi di tutti i tempi. Ma, dopotutto, Silente aveva passato buona parte del tempo a squadrarlo.

Il professore rimase indeciso per un attimo, ma alla fine domandò: «Il nome Harry Potter, ti dice niente?»

«Il Ragazzo che È Sopravvissuto» commentò Edmund con un certo astio. Santo cielo, le notizie arrivavano anche in Irlanda!

«Esatto» rispose il professor Silente «È stato scelto come Campione per il Torneo Tremaghi, come quarto Campione. Qualcuno ha messo il suo nome nel Calice di Fuoco, perché venisse scelto. Qualcuno che lo vuole morto».

La mente di Edmund cominciò a lavorare a ritmo frenetico: chi poteva volere morto Potter, se non un accanito sostenitore di Voldemort? Magari lo stesso che aveva lanciato il Marchio Nero alla Coppa del Mondo di Quidditch.

Il professor Silente aveva ragione: ultimamente stavano succedendo cose strane.

L'anziano mago sospirò. «Viviamo in tempi difficili, Edmund» gli rivelò in tono serio. «Ma non possiamo scegliere noi il momento in cui venire al mondo; possiamo solo cercare di fare il nostro meglio nel tempo che ci è stato assegnato».

Edmund si guardò le mani, sovrappensiero. Negli ultimi tempi, non stava propriamente dando il meglio; si era proposto come campione per ripicca contro Connery e aveva preso la cosa un po' sotto gamba: non si stava impegnando al massimo. Si era montato la testa e si era convinto di riuscire a superare le prove solo perché lui era bravo. Gli conveniva darsi una regolata, seriamente.

«Cercherò di ricordarmelo» mormorò, tornando a guardare Silente dritto negli occhi.

Lui gli sorrise con fare incoraggiante. «Bravo, ragazzo» gli disse. Dopodiché guardò l'orologio d'oro che aveva al polso (anche se Edmund notò che era fermo alle ore mezzogiorno e un quarto) ed esclamò: «Si è fatto proprio tardi! È meglio che vada» e con quelle parole si alzò dalla sedia. «Caius, ci teniamo aggiornati» salutò, allungando la mano verso Captatio.

«Certo, Albus» rispose il preside, ricambiando la stretta.

«Edmund» aggiunse il professor Silente, con un sorriso di congedo.

«Signore».

Solo quando il preside di Hogwarts ebbe chiuso la porta alle sue spalle, Captatio esclamò: «Ah, grand'uomo, Silente!» Sospirò, mentre Edmund prendeva posto sulla sedia che Silente aveva appena lasciata libera. «Me ne ha raccontata una niente male su un troll, una megera e un Lepricano che vanno insieme al bar...» cominciò a dire, ma poi si interruppe. «Forse, però, questo non è il momento più adatto! Non ti ho certo chiamato per raccontare barzellette!»

«Credo di no, signore» ridacchiò Edmund. Si sentiva più sereno, ad essere solo con Captatio. Silente era sicuramente un grande mago, saggio e giusto, ma i suoi penetranti occhi azzurri lo mettevano a disagio; mentre con Captatio era tutto più naturale, più tranquillo. Lui sorrideva sempre, e ridacchiava anche; era buffo, ma nel contempo riusciva ad essere autorevole.

«No, infatti!» replicò Captatio, sogghignando. Ma poi si fece serio. «Volevo chiederti se avevi risolto l'indovinello».

«Signore, non le è permesso di aiutarmi» rispose Edmund, con circospezione.

«Non voglio aiutarti» replicò Captatio, facendogli l'occhiolino. «Mi sto solo interessando discretamente al mio campione».

Edmund trattenne a stento un sogghigno. «Comunque l'ho risolto, signore. Dobbiamo tuffarci dalle scogliere di Moher e entrare in una grotta, giusto?»

«Non posso aiutarti, ricordi?» replicò il professor Captatio, ma i suoi occhi brillavano di furbizia. Era una risposta affermativa.

«Il mio problema è come fare a raggiungere la grotta» spiegò Edmund, esprimendo tutti i suoi dubbi. «Non esistono incantesimi per volare e siamo troppo distanti dal castello per appellare una scopa o qualcosa di simile. E non ci è permesso portare nessun oggetto oltre alla nostra bacchetta».

Il professor Captatio arricciò le pagine del libro che aveva aperto sulla scrivania con fare pensieroso. «Tenta di analizzare la situazione da un punto di vista diverso: non cercare direttamente un incantesimo che possa farti volare, ma pensa piuttosto in modo creativo. Sono sicuro che ti verrà in mente qualcosa» gli consigliò il professore.

«Comunque» aggiunse poco dopo, con un sorriso. «Volevo complimentarmi con te per l'eccellente modo in cui hai superato l'ultima prova».

«Ma se sono ultimo in classifica!» protestò Edmund, in tono piuttosto sconsolato. Era solo un punteggio provvisorio, lo sapeva, ma ritrovarsi già in fondo non era poi così incoraggiante.

«Io credo che gli altri giudici non abbiano capito nulla della prova, sai, Edmund» rispose invece il professor Captatio, unendo la punta delle dita. «Vedi, l'unica cosa davvero spaventosa, in quella foresta, era la foresta stessa. La paura più grande dell'uomo, non è altro che la paura della solitudine. Perché i bambini hanno paura del buio? Perché non sanno che cosa vi si nasconda e temono di dover affrontare tutto da soli; l'unico modo per superare questa paura è la presenza di un altro essere umano che ci stia vicino. Così tutto ci sembra più semplice».

Dopo quel breve discorso, Captatio osservò Edmund di sottecchi, come se stesse aspettando di ricevere una contestazione che, sapeva benissimo, non avrebbe avuto.

«È ciò che avete fatto tu e la signorina Hiranmay, magnificamente. Ma nessuno l'ha capito» gli rivelò infine, in tono dispiaciuto. «Il preside Singh ti ha premiato più per l'altruismo che hai dimostrato che per il reale significato del gesto in sé. Tutti gli altri... be', hai visto com'è andata».

«Già...» mormorò Edmund. Gli bruciava ancora per il quattro che gli aveva rifilato Scipio Diablaiocht ed era più che certo che il voto non dipendesse affatto per il modo in cui aveva superato la prova. Semplicemente lo voleva vedere ultimo. Però era contento che il professor Captatio gli avesse motivato il suo nove con una spiegazione seria: al momento aveva pensato che il voto dipendesse dal fatto che, be', era il suo campione.

«Grazie, signore» soggiunse poco dopo, con franchezza.

I baffoni del professor Captatio si mossero su e giù, rivelando un sogghigno. «Ah, Edmund, sei un ragazzo meraviglioso!» esclamò allegro.

«Credevo che lei non elogiasse nessuno oltre a se stesso» rispose sagacemente Edmund, con un sorriso.

Captatio fece un gesto con la mano, come se volesse scacciare una mosca molesta. «Sciocchezze!» sbottò con un'aria offesa, ma i suoi occhi brillavano per un sorriso represso. «A proposito, hai già una dama per il ballo?»

Edmund pensò a Moira, ai suoi capelli crespi, agli occhiali e all'apparecchio. Sospirò. «Sì, signore, ma non ho ancora l'abito da cerimonia».

«Oh, accidenti! Quello te lo posso procurare io, se vuoi. Ti presto uno dei miei di quando ero giovane» propose il preside, ma Edmund non era del tutto convinto: voleva forse fargli indossare una delle sue imbarazzanti vesti colorate con tanto di cappello coordinato?

«Forse dovrai allungarlo un po' con la magia. Sai, non sono mai stato molto alto» ridacchiò Captatio, mentre frugava nei suoi immensi armadi.

Edmund era piuttosto preoccupato, ma l'abito che gli mostrò il professore non era poi così male: verde scuro, con il colletto alto, camicia bianca e cravatta nera, i soliti pantaloncini irlandesi e un paio di calze dai toni scuri. Forse era un po' vecchiotto e non era certo raffinato come quelli della signora Maleficium, ma nel complesso era accettabile. Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo. Almeno, non avrebbe fatto la figura dell'idiota.


Il giorno successivo, quando Edmund incontrò Moira per i corridoi, la salutò allegramente, forse più per far incavolare Laughlin che per vero interesse verso di lei. L'amico, infatti, borbottò qualcosa di incomprensibile e alzò gli occhi al cielo, ma Edmund non se ne preoccupò. Anzi, trovava il tutto molto divertente.

«Ehi, Moira, spero che tu sappia ballare perché io sono uno schifo e, non so se lo sai, ma dobbiamo aprire le danze» le disse, con giovialità.

La ragazza sgranò gli occhi, piuttosto preoccupata. «Dobbiamo aprire le danze? Noi?»

«Già» rispose Edmund, alzando una spalla con naturalezza. Ma poi si guardò in giro, con la spiacevole sensazione di essere osservato: almeno una ventina di occhi curiosi li stavano fissando più o meno avidamente. «Perché ci guardano tutti?» sussurrò con rabbia.

Moira alzò leggermente le spalle, poi disse: «Sai com'è... sei un bel ragazzo e sei il Campione del Trinity. Io penso che almeno mezzo milione di studentesse vorrebbero venire al ballo con te».

Già, e l'altro mezzo milione ci voleva andare con Leonard Connery. Peccato che l'unica ragazza che gli interessasse, avesse scelto il mezzo milione sbagliato.

«Credo che tu ne abbia lasciate deluse parecchie quando l'hai chiesto a me, che... be', non sono proprio la più carina del castello» farfugliò Moira a disagio. Non riusciva ancora a credere che Edmund l'avesse invitata al ballo e aveva il terrore che lui cambiasse idea prima della fatidica notte. Ma quando lo guardò nuovamente in volto, il suo sorriso era sereno.

«Senti Moira, non mi interessa niente di quello che pensano gli altri. Io sono contento di aver invitato te. E la storia si chiude qui».



Ecco qui che Laughlin torna alla carica! Non accetterà mai l'invito di Moira da parte di Edmund... ma il nostro protagonista ne è convinto, per fortuna!

Mi spiace aver deluso chi si aspettava già il ballo, ma avevo bisogno di inserire un capitolo di passaggio, dove spiegare bene la prima prova. Inoltre, volevo che il caro Silente incontrasse Edmund, perché mi servirà per il prossimo racconto... vedrete! ;-) Spero che vi sia piaciuta la sua caratterizzazione (è sempre difficile descriverlo quando non sono gli occhi di Harry a vederlo!).

Quanto alla dama di Dominique, ho fatto un po' di economia: gli ho fatto invitare un personaggio che avevo già creato, pensando che fosse abbastanza adeguato a lui. Tanto, mica se la deve sposare!

Mi spiace, ma non ho un immagine per questo capitolo... intanto, però, vi prometto che martedì prossimo avrete il ballo!

A presto e grazie a tutti,

Beatrix

   
 
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