XIII
Mio Principe
Élfwine
nacque il 15 Febbraio del 3021, trentotto giorni prima che iniziasse il primo
anno della Quarta Era. Melange, Falmer e Fréma, sorella di Falmer, levatrice,
mi assistettero durante il parto. Éomer avrebbe voluto un’intera éored di levatrici, medici e assistenti,
ma riuscii a dissuaderlo dimostrandogli che non sarebbero riusciti a entrare
tutti nella mia stanza.
Nostro figlio venne
al mondo in all’imbrunire di gelido pomeriggio, mentre il sole tramontava.
Appena vide la luce
iniziò a strillare a pieni polmoni, e andò avanti finchè non lo presi in
braccio per allattarlo. A me pareva minuscolo, ma Melange mi assicurò che era
piuttosto grosso per essere un neonato.
Falmer, Melange e
Fréma si sporsero da dietro le mie spalle per vedere se il bambino succhiava il
latte senza problemi: mi giurarono che non avevano mai visto un piccino più
vigoroso.
Io lo guardavo
affascinata, traboccante d’affetto. Mi sembrava che non potesse esistere nel
mondo creatura più perfetta e adorabile di mio figlio. Lo amavo incondizionatamente
da quando avevo saputo della sua esistenza, ma adesso era qui, caldo e pesante
fra le mie braccia, una piccola creatura quasi esclusivamente mia. Lacrime di
commozione mi sgorgarono dagli occhi, ma le asciugai subito, facendo attenzione
che non cadessero sul mio bambino. In quel momento il piccolo ancora senza nome
succhiava il latte con energia, era ancora un poco violaceo in viso, ma
sembrava perfettamente sano.
“Andate a chiamare
il Re” ordinai, senza staccare gli occhi da mio figlio. “Ma non ditegli niente.
Desidero dargli io la notizia che è un maschio.” Falmer aprì la porta e Éomer
si precipitò dentro: evidentemente aveva aspettato sulla soglia tutto il
pomeriggio.
“Stai bene, Lothi?
E…” indicò il fagottino di coperte che tenevo in braccio.
“Vieni a vederlo”
dissi “E’ un maschio.”
“Un maschio!” Éomer
si avvicinò rapidamente e io gli mostrai il piccolo, che stava ancora
succhiando il latte. Mio marito rimase in silenzio per qualche minuto,
osservando nostro figlio con un sorriso. Feci cenno alle mie assistenti di
uscire.
“Nostro figlio ha
bisogno di un nome” disse infine Éomer. “Un nome degno di un Signore del Mark.”
“Non vuoi prima
prenderlo in braccio?” Éomer esitò.
“Mi sembra così
fragile.” spiegò “Non sono un medico, sono un guerriero, le mie mani sono rudi
e callose. Temo che gli farei del male.”
“Io sono sicura che
non gli recherai danno in alcun modo.” dicendo questo gli porsi con delicatezza
il bambino, che aveva smesso di bere il latte. “Avanti, prendilo.” La visione
di mio marito che stringeva nostro figlio fra le braccia mi riempì di gioia. Il
neonato non riprese a piangere subito, ma aprì gli occhi e guardò verso il viso
sconcertato di suo padre.
“Ha gli occhi grigi
come i tuoi” osservò Éomer.
“A me sembrano
azzurri” ribattei. In quel momento, Éomer si mosse e il piccolo ricominciò a
piangere.
“Tieni” mi disse
precipitosamente mio marito, porgendomi il neonato.
“Ma come è pauroso,
tuo padre,” commentai rivolta a nostro
figlio. Éomer mi scoccò un’occhiataccia.
“Non gli parlare in
questo modo di me.”
“Scherzavo!”
“Il bambino non può
sapere se scherzi o no.” Ma Éomer non era più serio. Si chinò a darmi un bacio
sulla guancia, uno di quei gesti rari nei suoi modi. “Sei stata bravissima,
Lothi. Immagino che ora sarai esausta, ma quando ti riprenderai avverrà la
celebrazione del riconoscimento e dell’assegnazione del nome. Lo sai che non
gradisco molto le cerimonie, ma questa ha molto valore presso il mio popolo.”
“Che nome gli
daremo?” domandai, sfiorando con tenerezza la testa del piccolo. “Ti piacerebbe
Galador? Era il Mezzelfo che diede origine alla stirpe dei Principi di Dol
Amroth.”
“Non è giusto che
il futuro Signore del Mark porti un nome straniero. L’appellativo ufficiale
dev’essere tipico di queste terre, poi gli potrai dare un secondo nome, come
preferisci.” rispose Éomer.
“Capisco. E quale
nome avresti scelto?”
“Élfwine. E’ un
nome regale, e ora come mai è adatto a un Signore del Mark. Sei d’accordo?”
“Élfwine…che cosa
significa?”
“Non capisci? Élf
nella mia lingua vuol dire ‘Elfo’, wine ‘amico’ ma è anche la parola che
spesso usiamo per i nostri cavalli, un suffisso che si ritrova spesso nei nomi
nella Lingua del Mark. Quindi, all’incirca, ‘amico degli Elfi’ è il significato
di questo nome.”
“Ti do il mio
consenso, sebbene preferisca Galador.” Benché il nome mi onorasse, perché
certamente Éomer aveva tenuto conto, nello scegliere, non solo il suo rinnovato
rispetto per Galadriel e gli altri Eldar, ma anche il sangue elfico che
scorreva nelle vene mie e quindi di suo figlio, non mi piaceva che così poco
dopo la sua nascita, la mia creatura venisse estraniata da me, già venisse
considerata prima come erede al trono e solo in secondo luogo come mio figlio.
“Ti prometto che se
avremo ancora un figlio maschio, lo potrai chiamare così. Il nome non mi
dispiace, non è adatto a un Re di Rohan, ma per il nostro secondogenito andrà
benissimo.”
Il Signore di
Dunclivo, Erkebrand Maresciallo della Marca Occidentale, Gamling, Derfalec
Capitano dei Cavalieri di Acquaneve, Léothod di Estmnet, Farkrélf
dell’Ovestfalda, Elfhelm Maresciallo della Marca Orientale, Melange e qualche
altro nobile Cavaliere con la moglie attendevano nel salone. Indossavo una
lunga veste blu notte, fra le braccia mio figlio, ancora per poco senza nome e
senza eredità, dormiva placidamente.
Éomer mi aveva
spiegato che era necessario che il principe ereditario venisse riconosciuto dal
padre alla presenza dei nobili più importanti. Ero d’accordo, anche perché pure
a Dol Amroth era tradizione che il padre riconoscesse il figlio alla presenza
di un ristretto pubblico. Se i genitori del neonato erano di ceto medio o
basso, attendevano alla cerimonia i familiari e qualche amico; se il bambino
proveniva da una famiglia nobile o da quella reale, presenziavano le autorità
dei dintorni o del regno, in modo che il piccolo venisse accettato come
successore del padre. Mi ricordavo di quando era nato Fetrales: avevo visto di
rado il palazzo reale più affollato. Era venuto perfino Denethor il
Sovrintendente da Minas Tirith, con il figlio maggiore Boromir, poco più grande
di me. Sorrisi nel rammentare quei momenti lontani, avvolti in una luce di
benevola tenerezza. Serbavo ancora il ricordo della prima infatuazione che
quell’avvenimento mi portò, l’ammirazione e il rispettoso affetto che mio
cugino mi ispirava. Mathrel, che all’epoca aveva solo quattro anni, lo seguiva
dappertutto, con sommo sdegno di Denethor; io invece aspettavo con ansia la
sera, quando noi bambini cenavamo insieme in una saletta attigua a quella dove
si riunivano gli adulti. Dopo aver mangiato, io e Boromir ci sedevamo sui
gradini ad aspettare che agli adulti fosse servito il dolce, in modo da
riceverne un poco anche noi. Per ingannare il tempo, mio cugino mi raccontava
delle sue lezioni di scherma e di tiro con l’arco, del galoppo sfrenato intorno
alla città, delle splendide armi che suo padre gli regalava.
“Capisci,
cuginetta, io un giorno sarò un grande guerriero e diventerò il Sovrintendente
di Gondor. Pensa, sarò più potente di tuo padre!” concludeva orgoglioso. Ai
miei occhi di bambina, quel ragazzo grande, bello e affascinante, con un
glorioso futuro davanti a sé, era quanto di meglio si potesse desiderare.
Ricordare Boromir
mi cagionava un dolore nostalgico.
Affidai mio figlio
alla balia, Calfwen, e mi diressi verso il salone al fianco di mio marito.
Quando entrammo tutti si alzarono, e rimasero in piedi finchè Éomer non prese
posto sul trono e io nel piccolo scranno scolpito a fianco.
Una piccola cesta
intrecciata era posata davanti ai nostri piedi. Ristabilitosi il silenzio,
entrò Calfwen, che depose nostro figlio nella cesta. Era questo il momento più
importante della cerimonia: se il padre sollevava il piccolo, lo riconosceva e
lo accettava all’interno della famiglia, se lo lasciava piangere nella cesta,
significava che il bambino era il frutto di un adulterio o comunque non era
degno di essere ammesso nella società. Era il fato più terribile che potesse
capitare a un neonato, poiché lo privava di ogni diritto e perfino dello stato
di uomo libero. Per un angoscioso secondo provai la paura, irrazionale e del
tutto infondata, che Éomer non avrebbe raccolto suo figlio, poi scossi
impercettibilmente la testa, irritata dal mio terrore insensato.
Éomer si alzò e si
chinò a prendere in braccio il neonato, che piagnucolava sommessamente.
“Io, Éomer figlio
di Éomund, Signore del Mark, dichiaro che questo bambino, la cui madre è la mia
sposa Lothíriel figlia di Imrahil, è mio figlio legittimo. Egli sarà chiamato
Élfwine. In quanto mio primogenito, lo nomino erede al trono e futuro Signore
del Mark. Giurate voi, nobili del mio regno, di essere fedeli a mio figlio come
lo siete a me e come lo siete stati a coloro che mi hanno preceduto su questo
trono?”
“Giuro, per me e
per i miei soldati.” disse il Signore di Dunclivo, il primo della fila,
inginocchiandosi.
“Giuro, per me e
per coloro che sono sotto il mio comando” ripetè Erkebrand, Maresciallo della
Marca Occidentale.
“Giuro, per me e
per i miei Eorlingas.” Fu la volta di Gamling.
“Giuro, per me e
per i miei Cavalieri.” assentì Derfalec, Capitano dei Cavalieri di Acquaneve.
“Giuro, per me e
per la gente delle mie terre.” dichiarò Léothod di Estmnet.
“Giuro, per me e
per coloro che si rimettono alla mia autorità.” affermò Farkrélf
dell’Ovestfalda.
“Giuro, per me, per
la mia éored e per tutti i Cavalieri del Mark.” concluse Elfhelm,
Maresciallo della Marca Orientale.
Salut a tout le monde!
Finalmente è
nato l’erede al trono, il nostro bel principino Elfwine. Che ne dite? Io gli
voglio già così tanto bene!!
Per spoilerare
un po’, godetevi questo capitolo di pace familiare, perchè le cose stanno per
cambiare...
Come sempre,
grazie mille a tutti coloro che seguono le vicende di Lothiriel e Eomer, e
specialmente alle mie adorate Thiliol, Destiel_Doped, Silmarien, Alabaster, Black
Moody, Lexis e Sesshy94.
Un bacio
grandissimo alle dolcissime persone che hanno recensito la mia sorellina
Lauredol, è stata felicissima, non so come ringraziarvi per averla resa così
contenta.
A presto
Elothiriel