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Autore: SC_Swami    13/11/2011    2 recensioni
Selene, a corto di soldi, e innamorata del suo capo Luke, conosce una bella ragazza che le propone di fare una pubblicità televisiva per guadagnare qualche spiccio. Ma qualcosa di quella strana donna la attira particolarmente. Si ritroverà presto a combattere in un triangolo amoroso senza via d'uscita. Chi sceglierà?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dreams and Memories

 
< Signorina Ramirez… il suo caffé. >
L’ispanica squadrò il suo assistente con disgusto. Odiava essere disturbata mentre scriveva.
Avrebbe dovuto già averlo capito quella sottospecie di nano da giardino che si ritrovava per segretario. Malvolentieri gli fece un cenno con la mano, ordinandogli così di entrare, e senza mai degnarlo di uno sguardo, si fece lasciare la bevanda sulla scrivania.
Il ragazzo, spaventato, sgattaiolò subito fuori dalla stanza salutando cordialmente il suo capo.
 
La donna alzò gli occhi sulla propria scrivania.
Miss. Ramirez, citava la targhetta su di essa poggiata. Un’ondata di orgoglio la invase.
Era tutto suo. Tutto quell’ufficio, tutti quei titoli, tutte quelle scartoffie.
Se l’era guadagnati. Dopo anni passati a scrivere articoli da quattro soldi, per giornali da quattro soldi, aveva avuto il suo grande scoop. Lo stesso scoop che aveva incorniciato in bella mostra sulla parete principale del suo studio.
 
Trascinò piano il cartone del proprio caffé a sé e ne prese un sorso.
Gli occhi si fecero di fuoco, così come l’animo.
Premette un pulsante sul telefono fisso, era collegato direttamente alla cabina-ufficio del suo assistente.
< Josh. La prossima volta che ti scordi di macchiarmi il caffé, giuro che ti licenzio. >
 
Adorava terribilmente torturare i propri sottomessi. Lei era il capo, tutto le era dovuto. E in più aveva una sorta di spietato cinismo interiore che non poteva che venir fuori in circostanze come quella.
 
Compiaciuta tornò a lavorare al suo articolo. La prima pagina non poteva aspettare, no?
 
Nel momento in cui ritornò al suo lavoro, di nuovo qualcuno bussò alla porta.
< Chi diavolo è ora?!? > sbottò bruscamente.
< Mi scusi il disturbo signorina Ramirez… > Una bellissima ragazza bionda entrò dalla porta, chiudendola subito alle sue spalle.
Il suo capo le donò uno sguardo eloquente… era sempre difficile tenere a bada gli ormoni di fronte a quel bocconcino.
< Eleonor… dimmi tutto… > soffiò mentre l’altra si avvicinava alla sua scrivania sorridendo.
< Volevo solo sapere se le mie bozze per quell’articolo su Petronis sono state corrette… sa… sono passati tre giorni. >
< Perché chiedi a me… sai bene che non me ne occupo io. >
< Lo so signorina… ma non saprei a chi altro chiedere… >
L’ispanica ci pensò un secondo.
Le bozze… le bozze… chi diavolo è che corregge le bozze?
< Thikin! Me le doveva consegnare ieri! > sbottò irritata. < Tranquilla Eleonor… entro domani le troverai sulla tua scrivania. >
< La ringrazio signorina Ramirez. > disse congedandosi ed uscendo dall’ufficio.
 
Il capo la squadrò mentre usciva. Di gambe così ce n’erano poche in giro, pensò furtivamente. Quella biondina le faceva uno strano effetto. Le ricordava i tempi passati… quelli del liceo. Quelli del suo primo amore. Il periodo più sofferto della sua vita, e allo stesso tempo il più bello. Pur non accettandolo mai, aveva imparato a convivere con quel suo istinto verso le donne.
Non poteva far nulla a riguardo, se non tentare inesorabilmente di evitarlo e di nasconderlo.
Il passato era passato, e gli istinti andavano repressi, così come la sua natura.
Si stava per sposare ormai, con un magnifico uomo. Il ragazzo più dolce del mondo. Il suo esatto opposto. Già. Perché tutto quello che lei sapeva essere era una falsa, bugiarda e codarda che si nascondeva dietro un bastardo cinismo.
 
Ma doveva bastarle. La felicità la si trova nei compromessi, no?
E lei sapeva accontentarsi.
 
Tristemente tornò alla realtà, tentando di riprendersi da quei pensieri cupi.
E quale modo migliore di farlo se non quello di strigliare un suo povero dipendente?
 
 
 **********
 
 
‘La camera era semibuia, una sola sottile striscia di luce filtrava dalle tapparelle chiuse. Lilian odiava svegliarsi a causa del sole e lei si limitava ad accontentarla.
Era notte, e la luce che osava entrare era quella del lampione al di fuori della finestra.
Le due si guardavano negli occhi ormai da tempo, né l’una né l’altra sapeva da quanto stessero lì. Eppure nessuna aveva la voglia e la forza di tagliare quel filo, e quell’unico contatto, che le legava.
< Grande idea quella di piazzare un lampione fuori da una finestra… > sussurrò piano.
Emily accennò appena un sorriso. < Grandissima… > ironizzò.
Era inverno pieno e il freddo non tardava a farsi sentire in quella stanza priva di riscaldamento.
 
Un semplice appartamento. Un semplice e meraviglioso appartamento. Non che fosse bello, anzi. Era tutto di un grigio smorto, la maggior parte dei parati iniziavano a cedere e a strapparsi, e nella sua totalità comprendeva una camera da letto con annessa cucina e un bagno dalle tubature mezze arrugginite. Era tutto quello che Emily si poteva permettere infondo. Dopo essere scappata di casa, aveva racimolato il possibile con tutte le sue forze. E solo in seguito ad infinite ricerche era riuscita a trovare quell’adorabile bugigattolo che teneva come fosse una reggia.
Questo solo perché era il loro personale nascondiglio.
Di tanto in tanto Lili passava dei giorni lì con lei e insieme riempivano quel posto freddo di amore. Sentivano di non doversi separare. La loro unione le avrebbe salvate dalla crudeltà del mondo esterno a quelle mura. La famiglia di Emily non aveva mai accettato quello che lei era, né tanto meno quell’affetto così profondo per Lili… quella relazione.
 
Ma non era quello l’importante. Non più.
 
L’importante erano loro due.
Loro due e il loro amore, capace di riscaldarle come nessun termosifone o impianto elettrico sarebbe stato mai capace di fare.
 
Emily sentì la mano della sua ragazza muoversi e andarsi a poggiare sulla sua.
Il piumone si era appena smosso a quel movimento ma già un’ondata di quel profumo dolce, il profumo del suo corpo, l’aveva investita.
< Ti amo Lilian… come non ho mai amato… >
< E’ troppo facile così… sei giovane.. chi ti dice che non amerai più? >
< Nessuno… ma sarebbe difficile anche solo pensarlo… > ammise incupendosi.
 
< Ti amo anche io. >
 
Emily sorrise. Era il momento più bello della sua vita, lo sapeva.
Quella convinzione la assalì dal profondo e d’istinto la portò ad avvicinarsi alla compagna.
Per la prima volta chiuse gli occhi, nel buio cercò le labbra dell’altra e, trovate,vi posò un lieve, soffice bacio.
 
Ma il profumo era cambiato.
Il tocco, il tocco non era lo stesso… quella mano era diventata fredda.
Il terrore la invase. Quella sensazione di vuoto.
Il dolore del distacco.
Riaprì gli occhi terrorizzata.
 
Perché li aveva chiusi? Perché aveva osato perdersi quei pochi attimi in cui tutto era cambiato?
 
I capelli non erano più di quel bel corvino, ma erano biondo sabbia.
Gli occhi non erano più di quel magnifico marrone scuro, ma nocciola.
I lineamenti non erano più marcati dalla stanchezza, il volto era leggero e delicato come quello di una bambina.
Indietreggiò sul letto, spingendosi oltre il bordo e cadendo nel disperato tentativo di urlare.’
 
< SELENE! >
 
*************
 
< SELENE! >
La ragazza si voltò spaventata dalla sua scrivania.
< Vieni subito nel mio ufficio! >.
< Certo capo, arrivo subito. > Scattò in piedi dalla sedia girevole e corse in direzione della stanza.
La porta si era già violentemente richiusa. Lanciò uno sguardo implorante a Josh, con cui poco prima aveva parlato. E menomale che era di buon umore. Sembrò dirgli con gli occhi.
Bussò velocemente alla porta e si fece avanti senza chiedere permesso.
 
< Mi dica signorina Ramirez. >
L’ispanica le scagliò contro uno sguardo di fuoco.
 
< Mi sai dire il tuo cognome? > chiese sarcastica.
< Thikin, signorina… > La bionda era rimasta stranita da quella domanda. Se c’era una cosa che quella strega odiava era chiamare i suoi dipendenti per cognome.
 
< Oh. Che fortuna! Pensavo che avessi dimenticato anche quello. > Un ghigno cattivo le comparve sul volto. < Sai anche… così per caso… dirmi che giorno è oggi? >
< E’… è il 12 Aprile signorina… > deglutì.
< E questo vuol dire che… >
< Sono in ritardo nel consegnare le bozze. > ammise impaurita.
 
< Meraviglioso! Sai fare anche un ragionamento così complicato! M.e.r.a.v.i.g.l.i.o.s.o! > scandì.
< Quando pensavi di portarmele, sentiamo. >
 
< Ovviamente oggi signorina… le ho nella mia cabina. Devo solo dar loro una rilettura. >
< Una rilettura? Avresti dovuto portarmele ieri! Devi ancora dar loro una rilettura?!?!? > le urlò contro. Fece quindi un respiro profondo e tornò calma.
 
< D’accordo Selene. Voglio darti un’altra possibilità. Portami queste bozze, corrette ovviamente. Se saranno minimamente accettabili, lascerò correre e ti licenzierò la prossima volta. >
 
La bionda, terrorizzata da quella furia, ringraziò e corse nella sua cabina a recuperare gli articoli.
Tornata, trovò il suo capo con gli occhiali in una mano e l’altra a stropicciarsi gli occhi stancamente. Sembrava più calma.
Gli porse i lavori e si sedette di fronte alla scrivania in silenzio.
 
< Allora… vediamo un po’… > alzò per un secondo gli occhi.
< Nessuno ti ha dato il permesso di sederti. >
Selene scattò in piedi.
< Scherzavo tesoro, siediti. > rise. < Quanto adoro il mio lavoro... > borbottò tra sé e sé.
La bruna diede una veloce occhiata alle varie bozze.
< Sembrano accettabili. Complimenti. >
< Per… per cosa? >
< Per non aver perso il posto… ancora. > sorrise beffarda per un istante. Quindi tornò seria.
< Fuori di qui. > e con un gesto della mano scacciò la ragazza dalla sua vista.
 
 
*************
 
 
Emily spalancò gli occhi e tornò lentamente alla dura realtà.
Era nell’ufficio di Dido, dormiva su una sottospecie di divanetto e la sua unica compagnia erano le adorate piantine del patrigno.
Si passò una mano tra i capelli, affannando ancora, e si rese conto di essere un bagno di sudore.
Subito sfilò la canotta umida e, a petto nudo, cercò nella valigia un ricambio veloce.
Sembrava notte, colpa delle serrande chiuse. In realtà però era mattina presto, e la ragazza se ne rese conto per la luce forte che filtrava dalle imposte.
Quella scena le riportò alla mente il suo sogno.
Il suo incubo… ultimamente fin troppo ricorrente.
 
< Scommetto che ti piacerebbe ora sapere che non sono riuscita più ad amare… > commentò dura, ricordando il caratteraccio del suo primo amore.
 
Lilian.
Ragazza bella come poche altre. Ma non sempre amata da tutti.
Un caratteraccio come il suo era difficile da sopportare, figuriamoci da amare. Emily probabilmente invece l’amava proprio per quello. Per quel suo terribile cinismo, per il sadico modo con cui usava parlare alle persone a cui non voleva bene. Sapeva che a lei era riservato un trattamento particolare e questo non poteva che farla sentire speciale, ogni giorno.
Fin da subito, fin dal primo momento che erano diventate amiche si era comportata in maniera differente nei suoi confronti. Sicuramente ci aveva messo un po’ per farla sciogliere completamente, rimaneva pur sempre la regina di ghiaccio, ma ce l’aveva fatta. Era quello l’importante. E oltre a farla sciogliere, la fece anche innamorare… cosa ben più difficile e complessa.
Mai era riuscita però a farglielo ammettere davvero.
E quell’unico ‘ Ti Amo ’ che aveva sentito uscire dalle sue labbra, le rimbombava ancora ogni notte nella testa, come fosse una cicatrice invisibile e indelebile nella sua memoria.
 
Emily alzò lo sguardo dal pavimento. Qualcuno aveva bussato alla porta.
< Avanti… > biascicò passandosi una mano tra i capelli umidi.
 
< Sei ancora conciata così? > Dido fece il suo ingresso trionfale nell’ufficio. < Nessuno vorrà mai una coinquilina barra dipendente con questo aspetto indecente, sai? Devi darti una ripulita! >
< Non dirmi che sei venuto fin qui a svegliarmi per questo!?!? > rispose seccata la ragazza.
< Sì! Okay no… In realtà mi serviva un po’ d’erba… sai ho finito la scorta… e passando di qui mi sono detto ‘perché non darle una dolce spintarella a prendersi le sue responsabilità?’. Quindi… >
Emily lo guardò contrariata dal basso verso l’alto. Odiava quando le persone si intromettevano nella sua vita e odiava il modo esagerato in cui gesticolava Dido mentre parlava. Ma gli doveva un bel po’ di cose, specialmente in quella situazione, e con uno sbuffò si tirò in piedi e andò verso il bagno.
 
< Brava la mia bambina > la prese in giro lui.
< Zitto! Prima che la bocca te la chiuda io! > disse con fare minaccioso.
< Calma tigre! > La ragazza si bloccò a quelle parole. < Vado giù… quando mi vuoi sai dove trovarmi. > L’uomo uscì dalla stanza ed Emily si riaccasciò sul divano.
 
Come aveva fatto a dimenticarsi la parte più brutta del suo incubo?
Come aveva fatto a dimenticarsi della reale causa della sua sofferenza?
Lilian era uscita dalla sua vita ormai da parecchi anni, e in quel sogno l’ombra lontana che rappresentava, quel lontano ricordo…che bruciava ancora forte nella memoria, era secondario.
Il vero problema non era lei.
 
Ma Selene.
 
 
***********
 
 
Il telefono squillò e il trillo della suoneria riempì la cabina immediatamente.
< Con chi parlo? > Rispose.
< Selene Thikin? > Una voce maschile dall’altro cavo.
< Sì sono io. Mi dica. >
< E’ richiesta al secondo piano. Il prima possibile salga. > Ordinò il vocione.
< Arrivo subito. > Attaccò.
 
Selene sbuffò. Non le piaceva affatto la cosa. Piano superiore? Piano superiore significava consegna di altre stupide bozze da correggere. Quando avrebbe avuto il suo momento? Mai! Mai di questo passo. Aveva scelto quella professione per scrivere articoli… non per correggerli.
Ci fosse stato da correggere qualcosa poi! Erano sempre buoni! E questo la faceva sentire solo ancora più inutile.
 
Si alzò dalla scrivania e si avviò verso l’ascensore.
Scoraggiata la chiamò e vi entrò.
Nel momento in cui le porte si stavano per chiudere un piede le bloccò e le costrinse a riaprirsi.
Un’affascinante capoufficio fece il suo trionfale ingresso nell’abitacolo, intenta a stirarsi con le mani il vestito. < Oh. Selene. Oggi è destino che debba vederti. > La biondina rispose con un cenno.
< Secondo piano, Signorina Ramirez? > chiese poi.
< Certo. >
 
Pochi istanti dopo che l’ascensore ebbe cominciato a muoversi si sentì un rumore a dir poco spaventoso e le luci si spensero. Immediatamente la lucina di emergenza si accese.
Il panico salì forte nell’abitacolo ma subito fu smorzato dall’ispanica.
 
< Bene! Mi sa tanto che è mancata la corrente. Ti toccherà stare ancora con me mia cara Selene. >
 
Risero entrambe.
 
< E a lei toccherà stare con me, signorina. Chi resisterà di più? >
  
 
 
  
Continua…



Angolo Autrice.

Sono da ammazzare di botte. Lo so. E sto sempre a scusarmi... Voi mi perdonate sempre vero? 
Giuro che ce la metto tutta per pubblicare prima possibile ma tra i mille impegni mi riesce tanto difficile.
Detto questo... Occhio ai nuovi personaggi! La signorina Ramirez è il mio sogno erotico per eccellenza ( *Arrossisce e muore per averlo ammesso davvero*).  E' liberamente ispirata ad una certa 'Santana Lopez' di cui alcune di voi avranno sentito parlare u.u Con la differenza fondamentale però di essere mia... almeno lei...
Emily inizia a ripensare al passato. E' il momento di affrontare l'ombra di Lilian e i suoi problemi con l'amore.

Spero sia stato un capitolo di vostro gradimento :D
Fatemi sapere ;)

Stefy

   
 
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