Note
Sedicesimo ed ultimo (e stavolta sul serio veramente per davvero) capitolo. Chiudo questa fanfic un po' delusa dai riscontri, ma convinta ugualmente a mandare avanti il progetto che ho in mente – se non altro lo devo a me stessa. Per cui a breve pubblicherò il primo capitolo del sequel.
Grazie alle poche affezionate che hanno commentato! Baci, e alla prossima!
~
Dove si gioca allo scambio dei ruoli
– Io non ho ancora capito cosa aspetta a curarli. –
Bonnie adorava il suo ragazzo, ma Jeremy delle volte era un vero testone.
– Non posso! – ribadì Nora in tono esasperato – Quante volte ve lo devo ripetere? Sono delle creature oscure e io posso guarire solo gli esseri umani... questo va oltre le mie capacità! –
La voce di Bonnie si levò esitante.
– Un modo c'è. – obbiettò.
– No! – ringhiò Pas, pietrificando tutti i presenti.
La strega ci accigliò. Aveva spulciato tutti i tomi alla ricerca della più piccola informazione riguardo gli angeli, e tra le poche informazioni aveva trovato per ben tre volte la stessa cosa.
– Ma nei miei grimori... –
– I tuoi grimori sbagliano. – la interruppe il dampiro, irritato.
Nora levò le mani: – No, ha ragione. –
– Stai scherzando?! – proruppe Pas.
Ci fu un silenzioso scambio di sguardi tra di loro. Infine Pas scosse la testa con aria frustrata.
– Un modo c'è. – confermò Nora – Ma... come dire? Ho un colpo solo in canna. –
– Stai dicendo che puoi guarire solo uno di noi? – le chiese Stefan.
Lei annuì e il silenzio nel salone si fece pesante. Nessuno aveva contemplato quell'evenienza. Nemmeno Bonnie, a dire il vero. I suoi grimori si limitavano a dire che un angelo poteva sacrificare le proprie ali per salvare una vita: non specificavano che poteva farlo solo una volta e per una sola persona, benché questo dettaglio, adesso che ci pensava, era abbastanza ovvio da non dover essere precisato. Bonnie si sentì stupida: come aveva fatto a non pensarci?
– La vita dei fratelli Salvatore nelle mani di una donna. – Damon rise amaramente – Non ti ricorda qualcosa? –
– È assurdo. – disse Alaric – Non si può. –
Pas allargò le braccia: – Ecco, bravo. –
– No, voglio dire... non può scegliere. – precisò l'uomo – Non possiamo chiederle una cosa del genere. –
Era evidente che, eccetto Pas, nessuno di loro sapeva cos'avrebbe implicato per Nora fare quella scelta.
Damon si batté le mani sulle cosce e balzò su dal divano.
– La tolgo io dall'impaccio. – annunciò giulivo.
~~~
L'intera stanza gelò. Poi tutti si misero a parlare insieme e Stefan provò a fermarlo, ma la sua ferita era più grave e Damon lo schivò senza fatica. Schiacciata da ciò che aveva detto, Nora assistette a tutto questo senza riuscire a proferire parola o muovere un muscolo.
Vide Elena corrergli dietro gridando qualcosa e infine afferrarlo per il braccio. Damon si liberò dalla sua presa con uno scatto irritato.
– Oh, taci! – le sibilò addosso – Non mi sono fatto coinvolgere in tutto questo casino solo per renderti una specie di vedova affranta. Tu lo ami, lui ama te... fatemi il favore di vivere felici e contenti per tutta la fottuta eternità. –
Nora sentì l'aura di Elena letteralmente respinta da quella di Damon. Cosa non poteva fare la rabbia del secondo arrivato. Damon ci si stava crogiolando: forse era l'unico modo per andare avanti, per sopportare quegli ultimi momenti.
Quando si dileguò verso l'ingresso, capì quanto fosse serio. Follemente serio. Fu come una scossa.
Lo inseguì. Nana com'era, fu con una certa fatica che lo raggiunse e riuscì a stargli dietro mentre a grandi falcate usciva all'aperto.
– Andiamo, non puoi essere serio. – biascicò.
Poteva vedere i muscoli del collo tesi e i rivoli di sudore malsano che già gli inzuppavano il collo della maglia.
– Non sono mai stato così serio in vita mia. – fece lui secco.
– Abbiamo tempo. – gli annaspò dietro – Possiamo trovare una... un'altra cura, sì! Un'alternativa. Ce n'è sempre una. Deve esserci. –
Damon fermò all'improvviso la sua marcia e si voltò. Nora incespicò sui propri piedi per non cadergli addosso. La prese per le spalle e la raddrizzò con un movimento brusco.
– Sai che non esiste. –
Sì, lo sapeva. Questo non le impedì comunque di aggrapparsi pateticamente ad una speranza inesistente e accennare un vago “ma se”.
– No. Niente “ma”, basta. – la stroncò.
A Nora tremava il labbro. Le succedeva sempre, quando era umana: era il preludio ad un bel pianto.
– Finiamola con tutti questi drammi. Usa i tuoi superpoteri su Stefan, avete la mia benedizione, – gesticolò verso la porta del maniero – non tornerò dall'oltretomba agitando catene e... oddio... risparmiami i piagnistei, per carità! –
– Io non sto... – fece con voce nasale – ho qualcosa nell'occhio... –
Si portò una mano al volto, sfregando via un inesistente bruscolo.
– Vieni qua. –
Fu più il tono burbero che l'abbraccio a commuoverla del tutto. Perché le dava la misura di quanto anche lui ne sentisse il bisogno, dopotutto. I gesti d'affetto di Damon si potevano contare sulle dita di una mano (monca) e Nora già sapeva, anche se non aveva il coraggio di rendere concreto quel pensiero, che quello sarebbe stato l'ultimo gesto d'affetto di Damon Salvatore.
Tirò su col naso e piagnucolò: – Cominciavi a piacermi. –
– Lo so. – lo sentì dire in tono ovvio.
Sbuffò: spaccone fino all'ultimo, proprio. Sarebbe stato un peccato per il mondo non avere più le sue battute al vetriolo.
– Damon... –
– È tutto a posto. – la staccò da sé e le diede un buffetto sulla guancia, come se fosse lei quella da consolare – Solo, assicurati che i menestrelli tramandino la leggenda nelle loro ballate. –
Nora inarcò un sopracciglio, chiedendosi cosa dovesse fare: ridere, piangere ancora o picchiarlo molto forte?
– Non posso neanche chiederti cosa mi aspetta lassù, visto che il mio ascensore va solo di sotto. – sospirò, abbassando il capo con aria affranta.
Lo
era veramente. Era del tutto perso. Per un attimo, Nora lo vide per
ciò che era, per ciò che aveva sempre intuito che fosse, sotto la
sua solita scorza amara. Un bambino che aveva bisogno di essere preso
per mano. E quanto avrebbe voluto poterlo fare.
–
Non ti perdi
niente. – gli disse piegando un angolo della bocca in un sorriso
mesto – Si divertono di più in cantina. – Quando
rialzò il capo, stava ricambiando il suo sorriso. –
Addio, Eleonora
Lauthinta. – Nora
non riuscì a trattenersi: si aprì in un sorriso, uno vero. Aveva
pronunciato bene il suo assurdo cognome. L'“addio” non l'aveva
nemmeno registrato. Non credeva che l'avrebbe fatto subito. Non sotto
i suoi occhi. Non così. Fissò
il vuoto davanti a sé: l'ultimo sorriso di Damon era ancora lì, le
aleggiava davanti come fosse presente e palpabile. Con il respiro
mozzato dai singhiozzi e la vista offuscata dalle lacrime, si chinò
sul mucchio di ceneri. Vi affondò una mano tremante e ne estrasse
l'anello. Lo pulì accuratamente con le dita, rivelando al sole le
venature del lapislazzuli, e lo strinse in pugno rialzandosi. Si
voltò, asciugandosi la faccia nella manica e tirando su col naso. A
grandi passi raggiunse l'ingresso del maniero. Aveva qualcuno da
salvare. ~~~ Gli
occhi lucidi di Nora erano un segnale inequivocabile. Nessuno riuscì
a spicciare parola mentre gli consegnava l'anello di lapislazzuli.
Stefan lo prese e non capì se tremava per il veleno che lo stava
consumando o per il dolore che gli aveva appena strappato il
cuore. Lo strinse in mano e alzò la testa verso di lei, aprì la
bocca con l'intenzione di ringraziarla. Per cosa, poi, non lo sapeva.
Insignificanti parole che in quel momento non avrebbero certo
riempito la voragine che gli si era aperta nel petto. Suo
fratello aveva deciso per entrambi e sarebbe stato schiacciato dal
rimorso del sopravvissuto per il resto della sua vita. Alla fine ci
era riuscito: si era vendicato. –
Stronzo. – gli
uscì tra le lacrime. Ignorò
sia gli sguardi allibiti che le risatine e chiese da bere. Nora si
unì alla sua richiesta e un attimo dopo tutti i presenti brindavano
alla memoria di Damon. –
Se dobbiamo fare
questa cosa, facciamola subito. – fece Nora d'un tratto. Ingollò
in un sorso il suo whisky e balzò in piedi, piazzandosi davanti a
lui. Stefan
la occhieggiò tra i fumi della febbre e dell'alcol, e annuì mesto.
Elena lo aiutò ad alzarsi in piedi. Pas
dovette dire qualcosa, di certo chiamò Nora, perché lei gli
rispose. Stefan si fermò in ascolto, ma non afferrò granché della
loro discussione. Solo un'ultima frase di lei. –
Va bene così. La
mia missione è conclusa, sto solo... – sospirò e gli sorrise –
tornando a casa. – Il
dampiro si tolse gli occhiali e si massaggiò la fronte con il dorso
sella mano. Poi l'abbracciò stretta. Si dissero ancora qualcosa che
Stefan, cotto com'era, non riuscì a cogliere. Piangevano tutti e
due, e lui non ne capiva il perché, ma non gli piaceva. –
Non voglio... –
si sforzò di parlare, ma le parole uscivano smozzicate e lui nemmeno
sapeva bene cosa voleva dire – Se ci devi rimettere anche tu,
non... – –
Non fare il
bambino. – lo rimbrottò Nora. Poi
sussurrò qualcosa ad Elena che lui non afferrò, e avvenne una
specie di passaggio di mano. –
Andiamo a fare una
passeggiata, ti va? – gli propose qualcuno – Un po' d'aria fresca
ti farà bene. – Senza
capire come, si fece guidare fuori, nel giardino. Era una bella
giornata. I cespugli erano fioriti e i colori erano così brillanti
da ferirgli gli occhi, il loro profumo quasi insopportabile. –
Qui... qui va bene.
– Si
voltò verso la voce. –
Katherine? –
mormorò – Siete bellissima. – La
ragazza si adagiò sul prato in una nuvola di mussolina e sorrise
compita a quel complimento. –
Guardate chi è
venuta a trovarci. – Stefan
alzò lo sguardo verso la nuova arrivata. Aveva i capelli rossi. Gli
ricordava sua madre. Quando tornò a guardare il prato, Katherine era
svanita. Una ragazza identica era al suo posto. Piangeva. –
Elena. – si
sorprese di sapere il suo nome – Perché piangi? – Lei
non rispose. Solo gli lasciò un bacio sulla fronte e si allontanò. Stefan
guardò confuso la ragazza dai capelli rossi. –
Perché piangeva?
Lei lo sa, Miss? – La
ragazza gli sorrise: – Perché fra poco parto. – –
Oh... – Stefan si
sentì inspiegabilmente dispiaciuto, anche se non la conosceva – E
dove andate? – –
A casa. – Anche
lei si mise a piangere. A Stefan non piaceva vedere le lacrime sul
volto delle fanciulle: sua madre gli aveva insegnato che una donna
non si fa mai piangere, che è una cosa vile. Allungò
la mano a sfiorarle il volto. Voleva cancellare quelle lacrime, ma
dovette ritrarre le dita perché scottavano. Poi la luce del sole si
fece troppo calda e troppo forte e Stefan dovette chiudere gli occhi. ~~~ –
Ohi! C'è nessuno?
– –
È inutile che
gridi, tanto non arrivano finché non gli gira. – –
E tu che ci fai
qui?! – –
Potrei chiederti la
stessa cosa. – –
Non ne ho idea. Non
dovrei essere su una graticola a farmi spellare vivo da qualche
demone cornuto? – –
Non saprei, non mi
hanno detto niente sul destino della tua anima. Poi questi cambiano
idea continuamente. – –
Non mi hai ancora
detto cosa ci fai qui. – –
Lunga storia... – –
Rispondi sempre
così. Prima o poi dovrai dirmi qualcosa di te. – –
Ammantarsi di
mistero funziona sempre. Tu ci hai campato per un secolo e mezzo. – –
Un secolo e mezzo
di fuffa... – –
Uh? – –
Che c'è? – –
Stanno arrivando. – –
Io non sento
niente. – –
Non lo senti il
profumo di rose e lo squillo delle trombe? – –
Oh, quello? Credevo
che ti fossi messa troppo profumo e avessi dimenticato attiva la
suoneria del cellulare. – –
Ah-ah. Spiritoso. – –
Una sagoma, eh?
Senti, ma dove siamo? – –
Questa domanda me
la dovevi fare prima. Addio, Damon Salvatore. – –
Come sarebbe
“addio”?! – –
… – –
Ehi! Svanire in
quel modo sarà anche fico, ma è da maleducati, sappilo! – ~~~ A
posteriori, Stefan non seppe dire esattamente da cosa venne
svegliato. Il buio in cui stava era assai accogliente e ci si staccò
con molta fatica. Appena i suoi sensi tornarono alla realtà, vennero
sovraccaricati contemporaneamente dall'odore del sangue che emanava,
dalla durezza del terreno sotto di lui, dalla luce diretta del sole
che gli feriva gli occhi, e da un suono lamentoso di difficile
identificazione. Gli
venne subito da tastarsi il petto, ma non vi trovò nessun ferita,
niente di niente. Si guardò: era perfettamente guarito, nemmeno un
graffio. Ricordava poco dei momenti precedenti, ma sapeva di dover
ringraziare Nora: qualsiasi cosa gli avesse fatto, aveva funzionato. Poi
ancora quel suono. Si stava facendo davvero insistente. Stefan si
decise infine ad alzarsi dall'erba e a guardarsi intorno, alla
ricerca della sua fonte. Era là vicino: la individuò avvolta in un
mucchio di panni. C'era
un lievissimo, eppure reale, tum-tum
che proveniva da là sotto. Con la gola secca, Stefan ci si
accovacciò vicino e attese un po', inspiegabilmente impaurito, prima
che la curiosità avesse il sopravvento e si decidesse a sbirciare.
Allungò una mano a scostare il groviglio di panni e vide spuntare un
piedino. Era rosa e paffuto e scalciava. Stefan
si rialzò di scatto, come folgorato, e si voltò, le mani infilate tra i capelli, turbato da mille domande. Una su tutte: cosa
ci faceva un neonato sul prato di casa sua?! Si
girò nuovamente verso il fagotto e lo occhieggiò, atterrito da una
sensazione sconosciuta. Infine si azzardò ad avvicinarsi di nuovo.
Una ciocca rossiccia spuntava adesso dal groviglio, aggiungendo dubbi
a quelli che già gli gravavano addosso. Scostò del tutto il lembo
che copriva la testolina e incontrò un paio d'occhi d'un blu
annacquato, tipici dei neonati, ma già screziati di nocciola. La
creaturina aprì la bocca ed emise un suono gorgogliante, uccidendolo
di tenerezza. Si
guardò attorno, come a cercare aiuto nei cespugli e negli alberi. Ma
sapeva che c'era solo una cosa fa fare: prenderlo e portarlo dentro
il maniero. 'Ché un giardino, per quanto bello e curato, non era
esattamente il luogo più adatto per un bambino in fasce. Dunque si umettò le labbra e prese un bel respiro. Perché Stefan era
un vampiro, sì, ed era in grado di controllare la velocità, la
pressione e la forza dei suoi movimenti fino al microdettaglio. Ma
non era in grado di controllare i suoi sentimenti senza spegnerli e
in quel momento era agitato, come solo un uomo dotato di una certa
debolezza per le creature fragili ed innocenti può esserlo. Per cui
fu con l'ansia di un uomo – quintuplicata dal fattore di essere un
vampiro – che prese in braccio quella cosina. Quando
varcò la soglia dell'ingresso, guardò le ragazze con estrema
gratitudine: aveva qualcuno di affidabile a cui scaricare quel
delicato fardello. Elena gli corse incontro, salvo arrestarsi di
botto e guardarlo con tanto d'occhi appena notò cosa teneva in
braccio. –
Oh, mio Dio. –
scandì Caroline alle sue spalle. –
Dove l'hai trovato?
– fece Jeremy sporgendosi e scostando coraggiosamente un lembo –
Ops... cioè, dove l'hai trovata? – Stefan
tese le braccia disperatamente e Bonnie afferrò la bambina con
sguardo allarmato: sembrava l'unica là dentro ad aver intuito
qualcosa. Alaric allungò un dito, che la piccola prontamente afferrò
e strinse in un pugnetto. –
Ha i capelli rossi.
– lo sentì mormorare. –
Mon Dieu...
– E
Stefan, come se non avesse subito abbastanza emozioni per quel
giorno, poté assistere al crollo del suo amico. Pascal Serrault,
infatti, dampiro di trecento anni, cacciatore di creature oscure, con
legami che spaziavano dalla Sacra Chiesa di Roma ai demoni minori...
era atterrito alla vista di una bambina. ~~~ Damon
Salvatore. –
Conosco il mio
nome, grazie. Con chi o cosa ho l'onore di parlare? – Il
nostro nome è impronunciabile per quelli come voi.
– “Quelli come
noi” in che senso? I vampiri, gli italiani, gli amanti del bourbon
invecchiato almeno cinquant'anni, quelli che non parlano con la voce
doppia e non si danno del plurale maiestatis...? – Ci
era stato preventivamente comunicato che avresti reagito in questa
maniera. Non ne siamo impressionati.
– Be', non mi
alzo tutte le mattine per impressionate... te... voi... ma con chi
sto parlando? Sei una voce nella mia testa? – Sei
stato scelto, Damon Salvatore.
– E sarò
super-efficacie, vedrete! Quindi è così una Sfera Pokè
all'interno, eh? Minimalista, direi. – Gradiremmo
maggiore serietà da parte tua. Ti abbiamo facilitato il Passaggio
mettendoti in contatto con l'ultima entità con cui hai interagito
sul piano terreno. Un'accortezza riservata a pochi. –
Grazie. Potreste
riassumermi quello che avete detto in una lingua corrente? Non ci ho
capito nulla. È tutto molto fico e altisonante, davvero, sono
proprio sbalordito... ma devo ancora capire dove diavolo sono. –
Questo
è il Limbo. –
E dove sono il
bastone e la sangria? – … –
Ok, immagino che
intendiate quello dove stanno i marmocchi non battezzati e i filosofi
barbuti. – Se
ti senti più a tuo agio ad immaginare questo Piano così, ti è
concesso. –
Oh, quanta
generosità. Bene, sono decisamente a mio agio adesso. Guardate, sono
rilassatissimo. Allora? – La
scelta di molti è legata indissolubilmente alle scelte del singolo,
e viceversa. In questo caso, ciò che è accaduto ha vincolato te.
Ovviamente, essendo dotato di libero arbitrio, anche tu hai il
diritto di scegliere. Ma dovrai ponderare attentamente: la tua
decisione potrebbe mutare...
– Mi dite subito
che volete scopare o balliamo tutta la sera con la vostra mano sul
mio culo? –
…
– Uhm... qua c'è
un problema di pronomi... – Siamo
appena stati privati di una delle nostre Virtù Angeliche.
– Prendo un bonus
se dico che me ne frega qualcosa? – Come
sostituto sei stato eletto tu, Damon Salvatore. –
È uno scherzo? – Non
siamo avvezzi a scherzare. –
Sì, me l'avevano
detto che qua non ci si diverte. – Ovviamente,
prima di ricevere un incarico di tale importanza, dovrai dimostrarti
all'altezza. Per cui, dovrai affrontare il normale iter di
addestramento cui ogni nuova entità angelica deve sottoporsi. –
Ehi, io non ho
ancora firmato da nessuna parte. – Se
sei ancora qui, significa che hai già accettato.
– Mhm... sapevo
che avrei dovuto studiare da avvocato come voleva mia madre. Be', in
cosa consisterebbe questo “iter di addestramento”? – Ti
sarà affidata in custodia un'anima, dal momento della sua incarnazione
in un essere umano all'atto della nascita e fino al momento in cui il
suo corpo terreno decadrà.
– Che detto in
parole povere...? – Sarai
l'angelo custode di una persona. ~~~ Pas
ignorò gli urletti e le parole zuccherose con cui le ragazze si
stavano divertendo a vezzeggiare la bambina, e si rivolse di nuovo a
Stefan. –
Raccontamelo di
nuovo. Tutto. Lentamente. – Incassò
l'occhiata esasperata di Stefan senza battere ciglio. Doveva vederci
chiaro in quella faccenda. –
Oh, ma lascialo in
pace! – Trafisse
Caroline con lo sguardo. Il sollievo di averla rivista, viva e tutta
– splendidamente – intera, era svanito nel momento in cui aveva
orecchiato certe confidenze tra lei e le altre ragazze. Confidenze
che avevano a che fare con un certo Tyler Loockwood, il licantropo, e
che stavano assumendo via via dei contorni che gli scatenavano certi
istinti omicidi nei confronti del ragazzo. Poi
ogni pensiero era stato spazzato via da quella marmocchia con i
capelli rossi che Stefan aveva portato loro. –
Ti ho già detto
tutto, Pas. – sospirò il vampiro stringendosi nelle spalle – Non
so davvero che altro aggiungere. – –
E non ti ha detto
niente? – insisté lui, piccato – Nulla di nulla? – Stefan
scosse la testa, provocandogli un modo d'irritazione. Per
Pas era semplicemente inconcepibile. Nora non aveva segreti per lui:
com'era possibile che non glielo avesse detto?! Una scelta così
importante, poi... Gli
aveva mentito. A lui! “Sto solo tornando a casa”,
gli aveva detto, con quell'espressione così sincera. “Casa”.
Quella parola lo fulminò. Pas cominciò a capire, forse anche più
di quanto Nora stessa aveva capito nel momento in cui si era
sacrificata – di nuovo. Forse
la sua scelta, per quanto andasse aldilà del comprensibile, era
un'occasione. Era l'occasione, quella con la “O”
maiuscola. La possibilità di ricominciare daccapo che Nora aveva
voluto dare a sé stessa. E a lui. –
Bonnie. – La
strega si voltò e lo guardò seria, come se stesse aspettando quel
richiamo da una vita. Scosse la testa ancora prima che lui parlasse. –
Non chiedermelo. –
disse, terrea in volto. Ma
Pas era sordo ad ogni avvertimento. –
Tu puoi farlo...
dalle questa possibilità. – insisté giungendo le mani. –
Fare cosa? –
intervenne Elena con aria preoccupata. –
Non è per lei che
vuoi che lo faccia. – Bonnie si alzò in piedi e lo fronteggiò –
È solo per te stesso. E io non voglio essere lo strumento di un tale
abominio. – Era
per questo che non gli piacevano le streghe: tutto quel potere, e poi
si facevano un sacco si seghe mentali a discapito degli altri.
Persino a discapito delle loro stesse consorelle. Ne sapeva qualcosa,
lui. –
Ma lo sai! –
ringhiò, ormai fuori controllo – Sai che ricorderà ogni cosa! Hai
idea di quello che ha subito? Di quello che le hanno fatto? Aveva
solo quindici anni! L'hanno soggiogata e... mon Dieu... tu non
l'hai vista! Non sei stata tu a trovarla troppo tardi! – –
Basta! – Un
vagito lamentoso fu il preludio di un pianto dirotto. Elena era in
piedi e stringeva la piccola tra le braccia, mettendo a tacere tutti
con lo sguardo. –
Lo farò. – La
voce di Bonnie era un sussurro funereo. –
E sarà l'ultima
volta che userò la magia. – aggiunse scandendo bene le parole.
Sia ringraziato
il cielo. Pas
chiuse gli occhi. Quando li riaprì, Elena aveva già messo Nora in
braccio a Bonnie. Aprì la bocca per ringraziarla, ma lei lo
precedette. –
Non farlo, Pascal.
– lo ammonì – Tutto questo ti si ritorcerà contro, un giorno. – Abbassò
lo sguardo sulla bambina: – Prega solo che non si ritorca anche
contro di lei. – A
Pas non importava un fottuto niente delle ritorsioni del destino.
L'unica cosa che gli interessava era che Nora potesse crescere
serena. ~~~ –
Mi prendete per il
culo?! – Non
capiamo cosa vuoi dire. –
Ah, già,
dimenticavo... niente senso dell'umorismo. – Sei
pronto a ricevere il tuo incarico? –
No! Ma perché io?!
Cosa vi ho fatto? Perché non sono già a farmi arrostire da qualche
caprone? – Non
farci pentire della nostra decisione. Stai parlando di cose che
nemmeno conosci. –
D'accordo. Mi
arrendo. Per me niente fiamme dell'Inferno. – Adesso
sei pronto? –
No-oh! Andiamo,
sono appena morto e già mi volette mettere un'anima in mano?! Ma non
avete visto il casino che era la mia vita? Non sono stato capace di
badare alla mia di anima, figuriamoci... – Basta
così! –
Ops... nervosetti,
eh? – Per
quanto su questo Piano il concetto di tempo si applichi in maniera differente, dobbiamo
comunque sottostare al suo inesorabile scorrere. –
Sottitolo: siamo in
ritardo. Ok, dov'è quest'anima? – … –
Ehm... yu-uuuh? – tum...
tum... tum... –
Ma fate sempre così
da queste parti? Siete davvero dei gran maledu... Oh. Mio. Dio.
– tum...
tum... tum... È giunto
il momento di lasciarti definitivamente al tuo compito. D'ora in poi, quest'anima è affidata a te. –
Cosa?! No no no no!
Questo è davvero... insomma... non immaginavo che fosse così.
Sembra un... una specie lucciola. E perché pulsa? – tum...
tum... tum... Addio,
Damon Salvatore. –
No, ehi! Un
momento... io non so... ma che devo farci? Come si tiene di un'anima?
Bisogna portarla fuori a fare pipì due volte al giorno? La innaffio
ogni mattina e la metto vicino alla finestra? Dov'è il libretto
d'istruzioni?! – tum...
tum... tum... Amala
e tutto ti sarà chiaro.
– “Amala”? È
tutto qui quello che sapete dirmi?! – tum...
tum... tum...
– Ehi! – tum...
tum... tum...
– Cazzo! Ehr...
scusa. – tum-tum...
tum-tum...
– Ciao. Mi chiamo
Damon. – tum-tum...
tum-tum...
– … – tum...
tum... tum...
– Ma se sei
appena nata, non potrai rispondermi... cioè, magari non sai ancora
parlare. Oddio, datemi una padellata in testa! – tum-tum...
tum-tum...
– Sì, lo so.
Abituati: zio Damon è strano e ci dovrai passare un bel po' tempo. – tum-tum...
tum-tum...
– Quando ti parlo
pulsi più veloce, è un modo per dirmi che mi senti? tum-tum...
tum-tum...
– Sì, mi sa di
sì. Bene, è già un passo avanti. Un giorno potremmo arrivare a
dialogare in alfabeto morse. – tum-tum...
tum-tum...
– Però... un
corpo non ce l'ho più, ma se ce l'avessi mi piacerebbe toccarti.
Chissà che consistenza hai? – TUM-TUM...
tum-tum...
– Oh, wow! Be',
grazie... e se ti dico che già un po' mi ci sto affezionando a te?
TUM-TUM-TUM-TUM-TUM
– Ok, ok! Non
farti venire un attacco di cuore! – tum-tum...
tum-tum...
– Lo sai, credo
che ci divertiremo, io e te. –
…to be
continued...