Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: more_    25/11/2011    10 recensioni
«Louis è il padre del mio bambino» dissi sottovoce con tono piatto. Mio cugino spalancò gli occhi appena sentì quelle parole e si alzò dal letto di scatto, squadrandomi.
«Chi è quella testa di cazzo?» gridò sottovoce per non farsi sentire, né da Nathan né da Anne e gli altri. Io annuii abbassando lo sguardo. Harry si abbassò verso di me e mi mise le mani sulle spalle «Dimmi che stai scherzando! Lui non può essere il padre di Nathan!»
«Secondo te non ricordo con chi ho fatto sesso, Harry? E’ lui, Louis Tomlinson. Mi piaceva, molto temo fa, peccato che lui mi abbia solo usata! Veniva al mio stesso liceo a Doncaster, e ora non ci credo che sia qui, dall’altra parte della casa. Guarda un po’ tu che coincidenza!» chiarii mentre altre lacrime di rabbia scendevano sul mio volto.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

25 settembre 2012

 

-It’s gotta be you
Only you

«Nathan, vieni qui!» ordinai a mio figlio di appena tre anni e mezzo che giocava insieme ad alcuni bambini nel parco. Lui si lamentò un po’ blaterando parole incomprensibili, così lo lasciai stare un altro po’. Sospirai e mi voltai verso il ragazzo che era seduto affianco a me, Harry, mio cugino.
Trasferirmi a Londra da mia zia era stata l’idea migliore negli ultimi quattro anni. Non potevo rimanere a Doncaster con mio padre, lui ormai mi odiava. Avevo perso la sua fiducia quella sera del sedici giugno duemilaotto, quando si era alzato dal letto e mi aveva detto “Non considerarti più mia figlia d’ora in poi” scoppiando a piangere. Mio padre si era sempre aspettato tanto da me dopo la morte di mamma, e questo era stato un duro colpo per lui. Mi aveva spedito sin da subito a Londra da mia zia Anne senza pensarci due volte accennandomi un “starai meglio qui”, e poi era sparito dalla mia vita. Il giorno del parto, l’uno gennaio duemilanove, aveva chiamato zia Anne, nonché sua sorella, chiedendole se io stessi bene e dopo avere avuto la conferma non si era fatto più sentire.
I primi due anni erano stati terribili, piangevo quasi ogni notte sperando che mio padre tornasse, ma non successe. Provavo a chiamarlo ogni giorno in orari diversi ma non mi aveva mai risposto.
Dall’errore più grande che avevo fatto, però, era nato lui, Nathan, l’unica luce dei miei occhi.Zia Anne mi aveva aiutato moltissimo con il piccolo, ed era stata lei a decidere di chiamarlo Nathan. La gravidanza non era andata per niente bene, avevo continui sbalzi di pressione ed ero costretta a rimanere a letto, e così per non rischiare, i medici avevo deciso di farlo nascere quattro settimane prima.
Quel piccolo fagotto di appena due chili e mezzo nelle mie braccia mi fece ritornare il sorriso, lui era mio figlio, e nessuno me lo avrebbe tolto. Le parole di mia zia furono “Ora sei madre e devi comportarti come tale” e io le appresi sin da subito.
Mio figlio stava crescendo bene. Era un bambino superattivo e combinava sempre qualche guaio, ma era dolcissimo e obbediente.
Man mano che cresceva notavo che prendeva le somiglianze del padre, Louis: stessi occhi azzurri, stesse guance, stesso naso, stesso colore dei capelli, stesse espressioni.  Non volevo che somigliasse a lui, ma era così, e dovevo farmene una ragione.
Parlando di Louis, avevo deciso di non dirgli niente e di lasciarlo vivere la sua vita per evitare di creare ulteriori problemi. Quella notte fu l’ultima volta che lo vidi, ma mentirei se dicessi che non lo pensavo mai, anzi, era nei miei pensieri ventiquattro ore su ventiquattro, ed era Nathan che me lo ricordava. Non avevo detto a nessuno chi fosse il padre di Nathan, lo volevo tenere per me. 
«Parlami dei due nuovi inquilini che verranno a vivere a casa nostra» chiesi a mio cugino curiosa. I due nuovi inquilini erano il compagno di zia Anne e suo figlio, e io non conoscevo né l’uno né l’altro. Non sapevo neanche chi fossero.
«Ecco, li conosco poco, ho cenato con loro solo una volta. Mia madre è veramente una stupida, non può convivere con lui, così, da un momento all’altro! In più si porta anche il figlio dietro questo qui!» sbottò Harry scuotendo la testa. Due giorni prima sua madre ci aveva dato la cosiddetta “strabiliante notizia” ma io Harry non rimanemmo così entusiasti, anzi, mio cugino aveva anche litigato con lei, ma non così tanto da farle cambiare idea.
«Come ti è sembrato il figlio?» gli chiesi immaginando come poteva essere quel ragazzo, perché no, anche carino.
«Mi è sembrato un tipo a posto, è davvero una persona simpatica! Lui ti piacerà, ne sono sicuro! E’ il padre che non posso vedere!» chiarii Harry mangiandosi le unghie dal nervosismo. Sorrisi, si vedeva quanto lui ci tenesse a sua madre, lui era un ragazzo d’oro.
«Nathan, ora basta giocare! Dobbiamo andare via!» richiamai mio figlio, che sbuffando si avvicinò a noi. Gli aggiustai un po’ la giacchetta e sistemai un po’ i suoi capelli lisci con le mani.

«Ehi Flash, vuoi salire sulle spalle dello zio?» gli chiese Harry indicando le sue spalle. Nathan alzò le braccia al cielo e gridò un’entusiasmante sì.
«Guarda che non sei suo zio, sei suo cugino» ammisi io alzandomi dalla panchina, mentre Harry prendeva in braccio Nathan.
«Facciamo finta che lo sono» concluse Harry incominciando a camminare per tornare a casa, dove ci aspettavano i due coinquilini.  
Appena arrivati a casa, Harry sperò tanto di non trovarli già lì, ma non fu così. Dall’ingresso si sentiva già la voce allegra di zia Anne e quella di un uomo. Vidi Harry sbuffare e mettersi le mani nei capelli ricci, poi si girò verso di me.
«Rimani accanto a me, ti prego» mi implorò con aria tesa, io annuii e gli diedi un piccolo abbraccio.
«Sono qui» lo rassicurai prendendolo per la mano e cominciando a camminare, mentre con l’altra mano mantenevo Nathan, che mangiava il gelato che gli avevo comprato sulla strada del ritorno, e che, come al solito aveva fatto finire sulla camicia pulita.
Quando entrammo in cucina io e Harry salutammo tutti quanti con un “salve” sforzato. I due nuovi arrivati, che ci davano le spalle, si girarono verso di noi e fu lì che riconobbi quegli occhi. I suoi occhi.

________

CIAOO :D
Ecco il secondo capitolo :)
Che ve ne pare? ;) Devo sottolineare alcune cose: come potete ben leggere la storia è basata solo sui personaggi, e non sulla vera vita dei One Direction. Per esempio Harry ha una sorella, nella storia invece è figlio unico. Più in là nella storia entreranno anche gli altri personaggi ;D Spero di essere stata abbastanza chiara :)
Recensite, mi raccomando :D:D
   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: more_