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Autore: Dira_    26/11/2011    14 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Capitolo XLVI





 
 
Nella vita di un uomo, prima o poi, arriva un giorno in cui,
per andare dove deve andare, se non ci sono porte né finestre, gli tocca sfondare la parete.
(Rembrandt's Hat, Bernard Malamud)



 
6 Gennaio 2023
In viaggio verso Durmstrang.
 
Al fu svegliato da rumore di qualcosa che strideva.
Sul momento non capì cosa fosse; di certo era molto più semplice rotolarsi trai rimasugli delle poche ore di sonno che si era fatto. Accanto a sé sentiva il corpo di Tom premere contro il suo nel ritmo regolare del sonno.
Si stropicciò gli occhi alla luce impietosa del mattino facendo un breve recap della situazione attuale; avevano finito per tornare nei dormitori maschili, lui, Rosie e gli altri. Vedeva i capelli castagna matura di della cugina come una macchia sfuocata a pochi metri di distanza.

Promiscuità… se non torniamo tutti ai nostri posti prima che si sveglino i professori siamo fregati.
Sbadigliò, pronto a riportare tutta la delagazione ai posti assegnati e farsi insultare per questo; quando sarebbero stati capaci di intendere e di volere, avrebbero ringraziato.
Lo stridio si ripeté, poco distante dal finestrino. Buffo, sembrava un gabbiano.
Siamo vicini ad una città di mare? Siamo già arrivati?
Gli sembrava strano. Secondo i suoi calcoli sarebbero dovuti arrivare verso sera, se non direttamente il giorno dopo ancora.

Un treno non è veloce come una nave. Credo. Insomma, ci mette più tempo, non può fare certo una linea dritta dall’Inghilterra a Durmstrang.
Si stiracchiò doverosamente, dando il buongiorno alle proprie vertebre; lo divertiva sempre notare come Tom evitasse quel gesto, onde evitare rumori inquietanti.
Se rifugge lo sport poi non deve lamentarsi se cigola come una vecchia porta.
Aveva voglia di respirare un po’ d’aria fresca e gli sembrò un’idea del tutto legittima andare alla finestra ed aprirla. Con un po’ di fortuna il baccano avrebbe svegliato almeno Tom.
Quando si avvicinò alla finestra rimase perplesso; c’erano sul serio gabbiani che svolazzavano ad altezza uomo.

Bizzarro.
Si bloccò vedendo che c’era acqua al di là del finestrino; ma non era un fiume, né una costa che lenta digradava verso l’Oceano.
C’era acqua e basta. Acqua cobalto, onde spumose e…
Dov’è la terraferma?
Si appoggiò di colpo al davanzale pensando di stare ancora sognando o avendo allucinazioni piuttosto vivide.
Non le aveva, il treno era davvero sul mare. Dentro il mare. Nel mare.

Per tutti i boccini della Gran Bretagna!
I vagoni stavano solcando il mare come avrebbe fatto una nave; e non c’erano binari a dare direzione alla sua corsa, ma avanzavano spediti a giudicare dal fumo che beccheggiava all’angolo del finestrino.
Era magia. Era una magia così straordinaria che Albus si sentì salire spontaneo il sorriso sulle labbra; quello che poteva aspettarli poteva essere poco bello, ma solo il viaggio valeva la pena di essere lì. Per il momento. In quel momento.
Tornò da Tom e lo scosse per una spalla. L’altro aprì gli occhi di scatto, aggrottando subito dopo le sopracciglia. “Perché mi stai svegliando? Non ho voglia di fare colazione.”
“Non è per questo, alzati!” Lo incitò.
Tom con un sospiro gli obbedì; appena sveglio, prima che mettesse in moto tutti i suoi processi misantropi, era piuttosto collaborativo. Lo trascinò di fronte alla finestra. “Guarda!”   
Tom sbadigliò sporgendosi poco convinto. “In che città siamo, che sei tanto eccitato?”
“Nessuna città.” Sorrise, e poi ghignò quando vide Tom spalancare gli occhi di pura e genuina meraviglia.

“Stiamo affondando?” Chiese con vago tono allarmato.
Il solito disfattista.
“No, scemo.” Sbuffò divertito. “A dirla tutta, stiamo solcando i mari.”

Tom si sporse, quasi volesse eludere la barriera del finestrino e afferrare l’acqua con le mani per sincerarsi fosse vera. “È una magia complessa.” Mormorò con quel tono speculativo che preludeva una chiusa totale in biblioteca per eviscerare i segreti dell’incantesimo di turno. Per fortuna, non c’erano biblioteche per miglia. Marine.
“Pazzesco.” Convenne, sporgendosi accanto a lui. “Hogwarts è grandiosa, eh?”
Tom gli lanciò uno sguardo di sottecchi; sì, intendeva esattamente dire che se Hogwarts era capace di quello, sarebbe stata anche capace di proteggerli. L’altro dovette intuirlo, perché accennò un mezzo sorriso.

Hogwarts, Hogwarts del mio cuore, te ne preghiamo, insegnaci bene  giovani, vecchi, o del Pleistocene…” Recitò a mezza bocca. Al pensò che fosse un filino inquietante che Tom potesse afferrare così agevolmente i suoi pensieri. Poi pensò che, visti i precedenti, non era poi cattiva cosa.
Fa schifo ad empatizzare con chiunque, ma è meglio che sia perlomeno decente nel farlo con me.
“Hai sempre odiato quella canzone.” Ridacchiò, osservando il volo breve eppure aggraziato dei gabbiani. Dovevano averli seguiti dalla terraferma. “Non hai mai voluto cantarla.”
“Perché è stupida.” Scrollò le spalle. “Alcune cose di Hogwarts sono francamente ridicole… avanzi della presidenza Silente, del resto.”
“Tom…”
Albus.” Ghignò schivando una gomitata. “Però… ci ha insegnato, questo è vero.” Ammise piano. “È capace di mettere un treno sull’acqua.”  

Al appoggiò il braccio contro il suo. “Mi manca già…” E sapeva che per Tom era lo stesso; era stata la loro casa per sette anni, e abbandonarla prima del previsto, prima dello scadere del tempo, faceva comunque uno strano effetto.
Tom si chinò appena per sfiorargli con le labbra la fronte, e lì rimase. Erano gli ultimi momenti che avevano per loro in quella giornata, e probabilmente per le seguenti; Al sapeva di avere una scaletta da violazione dei diritti umani per quanto riguardava le relazioni con Durmstrang.
 
“Sin da prima mattina? Ragazzi, ci sono dei maschi eterosessuali impressionabili qui!”


Al quasi sobbalzò e lanciò uno sguardo imbarazzato a Scorpius che stava sbadigliando, seduto sul proprio letto.
“Malfoy, fa’ un favore al mondo e regala al tuo cervello sovra-eccitato un’altra mezz’ora di sonno.” Replicò gelido Tom, che Al scommetteva fosse imbarazzato quanto lui, ma molto meno disposto ad ammettere la parte di ragione del biondo.

“Nah, sono riposato.” Si alzò in piedi, dando un colpetto alla mano di Rose, stesa vicino a lui. La ragazza alzò la testa dal cuscino.
“C’è un motivo per cui mi svegli all’alba?” Bofonchiò. “Oh… no, aspetta non è l’alba.” Si tirò a sedere, di colpo in allarme. “Non è che i professori ci hanno beccato?”
“No, non ancora.” Scosse la testa Al, divertito dallo scandagliare forsennato della cugina; aveva quello singolare senso di adesione alle regole che la portava a preoccuparsi di seguirle, sì. Ma solo quando le aveva ben che infrante.

“Ma quelli sono gabbiani?” Esclamò Scorpius, facendosi spazio tra di loro. Tom lo incenerì con lo sguardo, ma fu ignorato; Scorpius doveva aver capito capito che l’altro serpeverde era molto facciata e poche intenzioni quando qualcuno gli era, più o meno, simpatico.
E Scorpius, a modo suo, gli piace.
“Ehi!” Sbottò Scorpius di colpo. Quando era eccitato sembrava non importargli di alzare la voce fino ad assordare qualcuno. “Siamo navigando!” Esclamò con la loro stessa meraviglia dipinta negli occhi. Li raggiunse Rose, altrettanto perplessa e poi sbalordita alla stessa vista.
Vedere le onde dell’oceano schizzare di schiuma un finestrino del treno era piuttosto… insolito.

Come vedere i delfini che saltavano a neppure un metro di distanza da loro, giocosamente.
Al si trovò estasiato come un bambino di sei anni, tirando il braccio a Rose e viceversa. Subito dopo, dovettero convincere Malfoy a non aprire il finestrino per accarezzarli.
“Siamo in troppi. Affacciatevi da altri finestrini.” Sbuffò Tom, tirandosi indietro per non rischiare ulteriori contatti con gli altri due. “E comunque sono solo pesci.”
“Sono mammiferi, ignorante.” Ribatté Rose scoccandogli un’occhiata da film western. Al ricordò con terrore come le indoli di Tom e la cugina si assomigliassero, appena alzati.
Prego?
“Eddai, Dursley!” Esclamò Malfoy con un piglio da paciere per cui Al l’avrebbe baciato. “Si chiama condividere un’esperienza. Goditelo, fa parte del bagaglio di ogni essere umano!”  

“Evito volentieri, grazie.”
Sentirono un lieve schiarirsi di voce alle loro spalle. Era Teddy, già vestito e sbarbato – beh, per lui non era difficile compiere la toilette mattutina dato che poteva farsela sparire, la barba. Li stava fissando con un blando sguardo divertito.
Ha assistito a tutta la pantomima? Ceeerto che sì.
“Ops.” Mormorò Malfoy.
“Fingerò di non sapere che Rose ha dormito qui e che il resto delle delegazione è in una sola stanza come non dovrebbe.” Sorrise divertito. “E sì, il treno è incantato. Saremo a Durmstrang prima di mezzogiorno. Cioè tra poche ore.”

Al fece un mezzo sorriso di scuse, mentre gli altri fingevano di non essere lì in più gradi di imbarazzo. Tom ignorava il tutto. “Vado a non svegliare gli altri, che non dormono in una stessa stanza, professor Lupin.”
“Bene.” Convenne Ted. “Ci vediamo nel vagone ristorante.”

 
****
 
Lily si svegliò a causa di un grosso scossone. Non ebbe ben chiaro cosa lo avesse provocato, ma quasi le cadde addosso una gabbia con tanto di occupante in testa.
Doveva essere stato uno scambio rugginoso o roba del genere. Non che fosse ferrata in materia.

Si sbadigliò, sentendosi anchilosata e intirizzita; una combo micidiale che avrebbe ucciso chiunque, se non si fosse preventivamente coperta con più strati di stoffa.
Aveva fame. Aveva sbocconcellato un panino la sera prima ma adesso percepiva i morsi della fame.
Solo ancora un po’… solo ancora un po’.
Inspirò, liberandosi del mantello dell’invisibilità che le aveva protetto il sonno e si stiracchiò.
Sentiva uno strano, singolare odore salmastro.
Siamo già arrivati? Ottimo!
In realtà non lo era affatto; era arrivato il momento topico del suo piano e si rendeva conto, sempre più velocemente, che non sarebbe piaciuto a nessuno.
Mi sono preparata… ho fatto le mie ricerche. Andrà tutto bene.
Non possono sbattermi fuori.
Il training autogeno era l’arma migliore in quelle situazioni. Si risedette nel suo giaciglio di fortuna e pescò dallo zaino un’arancia, che sbucciò con attenzione, aspirandone l’odore. Passare un’intera notte in compagnia di Famigli, alcuni dei quali mammiferi dalla scarsa igiene, non era stato esattamente… piacevole.
Morgana, darei il mio regno per una doccia bollente e vagonate di bagnoschiuma.
Succhiò la polpa aspra del frutto, guardandosi attorno; non si sbagliava, era cambiato qualcosa dalla sera prima. Gli scossoni regolari dovuti alle rotaie erano scomparsi e sentiva…
Acqua? Possibile che senta il rumore dell’acqua?
Non c’erano finestre in quel vagone, tranne una serie di minuscole feritoie in alto per arieggiare l’ambiente; le era quindi impossibile capire dove si trovasse.
Le prese di colpo un panico inspiegabile; non sapere dov’era, o cosa stesse succedendo, la fece alzare di scatto in piedi e ingoiare gli ultimi spicchi di arancia.
Era ridicolo perché il vagone andava dove andava il treno, e non era quindi stata separata dal gruppo.
Eppure.

Sentì aprirsi la porta di colpo. Fece un balzo per afferrare il mantello, ma non ebbe il tempo di indossarlo del tutto, perché le si palesò davanti il volto sbalordito e pallido di un suo compagno del coro; Harper, un Corvonero del Primo.
Oh, cavolo.
“Harp…”  Tentò, ma quello cacciò un urlo degno di una banshee.
In effetti vedere una testa ondeggiare nel nulla poteva essere un filino insolito.

Oh, CAVOLO.
 
****
 
“Guardate, si vede la terraferma, siamo vicinissimi!”
Albus alzò la testa dalle cinghie del proprio zaino. Quello dove aveva infilato le cose che potevano servirgli al momento; quello dove Tom aveva deciso di infilare quattro libri dalla copertina rilegata dal peso complessivo specifico di un cadavere.  

Si riscosse dunque dalla contemplazione del suo zaino-cassa-da-morto. A parlare era stato un ragazzo del coro. Ci fu una specie di raggruppamento folle attorno ai finestrino, che vide Malfoy arrivar primo con uno scatto da centometrista.
“È vero! E’ tutta… seghettata!” Esclamò tra l’approvazione generale.
“Si chiamano fiordi.” Sospirò Tom mentre uno spasmo segnalava quanto trovasse dolorosa l’ignoranza altrui. “Siamo in Norvegia.”
Dato che tutti ignorarono la sua spiegazione, Al, impietosito, decise di dargli udienza. “La scuola quindi sarà su un fiordo?”
“Presumibilmente.” Convenne, mentre il resto della delegazione maschile congetturava dove esattamente si trovassero al momento. Lanciò loro un’occhiata luciferina, ma lasciò perdere. “La delegazione di Durmstrang è arrivata in nave. È ovvio che abbiano un porto e dunque un accesso al mare o ad un lago collegato ad esso tramite fiume.”
“Come Hogwarts.” Riflettè, tirando fuori il libro più pesante e gettandoglielo in grembo. Tom fece una smorfia ma non cercò di infilarcelo una seconda volta.

Anche se ci riproverà di sicuro nel viaggio di ritorno.
“Secondo i miei calcoli dovremo trovarci nella parte Ovest della Norvegia…” Aprì il libro che si rivelò nient’altro che una guida turistica babbana. Al notò sorpreso che era piena di carte geografiche molto più complesse di quelle magiche. “Dovremo essere più o meno qui.” Tom indicò un punto nella pagina, ancora mare, ma vicino alla terraferma. “Se ci abbiamo messo così poco dobbiamo aver proceduto in linea retta… ad occhio e croce dovremo trovarci nel Vestlandet¹.”
Al finse di non trovare piuttosto sexy la pronuncia germanica – sicuramente sbagliata, ma poco importava, di Tom. Non era il momento.
Stupidi ormoni.
Riportò un occhio sulla guida dell’altro. “Quindi… fiordi.” Articolò esitante. Per quanto lo riguardava quella cartina era un insieme caotico di linee frastagliate, segni incerti e pallini colorati.
Tom sospirò divertito. “Voi maghi non sapete assolutamente niente di geografia.”
“Io non sono andato a scuola come te!” Ribatté piccato, sentendosi arrossire. “Comunque non è colpa mia se metà dei luoghi magici sono Intracciabili sulle mappe, non rendono facile lo studio della materia.” “In effetti…” Chiuse la guida e la infilò nel proprio borsone. Kafka era l’unica cosa che aveva messo in stiva. Viaggiava leggero, e quasi lo invidiò.

Mamma mi ha costretto a portare una valigia extra…
La porta scorrevole che separava il vagone-letto dal corridoio si spalancò di colpo, con un gran rumore di legno sbattuto.
“C’è una testa mozzata sul treno!” Urlò un ragazzino che Al ricordò si chiamasse Harpie o direttamente Harper.
L’avrebbe ignorato come ignorava gli scherzi roboanti di James – perché sembrava tanto uno di quelli - se non fosse che Harpie sembrava più pallido di un lenzuolo.
Decise di prendere la situazione in pugno, vedendo il luccichio pericoloso negli occhi di Malfoy.

Niente crociate, grazie. Non abbiamo messo ancora piede in Norvegia.
“Dove l’hai vista?” Chiese gentilmente. Con i primini si doveva usare ogni premura per farli parlare.
O si spaventano. Sono così fragili
“Ne… nel vagone bagagli. Ero andato a controllare il mio topo e a dargli da mangiare e… ho visto la testa di una ragazza fluttuare nel vuoto!” Sussurrò concitato, mentre tutti facevano cerchio con facce preoccupate – ed eccitatissime nel caso di Malfoy.
“Che aspetto aveva? Aveva del sangue addosso?” Chiese il biondo, che presumibilmente era cresciuto a racconti dell’orrore come fiabe della buonanotte. “Le mancavano dei pezzi?”
“Non aveva la testa, Malfoy.” Si inserì puntiglioso Tom.

“No… non lo so.” Bofonchiò Harper– ecco sì, era il cognome – mentre un compagno gli allungava pietoso della cioccolata. “Sono subito scappato… non l’ho guardata in faccia, ma… ecco, aveva i capelli rossi.”
Al si sentì piovere un orribile presentimento sulla testa. Di quelli che avevano la forma e il peso specifico di un’incudine.

Testa fluttuante. Capelli rossi.
… due elementi ricorrenti nella mia famiglia.
Ti prego, no.
“Sei sicuro?” Chiese sentendo lo sguardo di Tom su di sé. Doveva aver già capito, di sicuro.
“Sì.” Confermò, orribilmente certo.
TI PREGO, NO.
“Va bene Harper, grazie.” Gli sorrise incoraggiante. “Siediti e mangia la cioccolata. Vado subito a parlarne con i professori.”
“Vengo con te!” Si inserì Malfoy, ormai incontenibile. Seriamente, doveva avere quella malattia babbana per cui gli era impossibile restar fermo per più di pochi secondi.  
No.” Tagliò corto. “Vado da solo.” Il tono fu sufficientemente fermo dato che l’altro, per puro miracolo, non ribatté, limitandosi a guardarlo indispettito e mogio.
“Fa’ attenzione.” Disse Tom, anche se lo sguardo diceva tutt’altro.
Non credo nelle coincidenze – diceva.
Non ci credeva neanche Albus.
Pochi attimi dopo – gli sembrava di aver volato dalla camerata al vagone dei professori – bussò allo scompartimento di Teddy. Quello gli aprì con un sorriso perplesso.
“Al, qualche problema?”
“Sì.” Non imbellettò la situazione. Perché quel presentimento era ormai incombente sulla sua testa. “Harper ha visto una testa mozzata nel vagone bagagli. Una testa mozzata nel vuoto.”

Ted non era uno sciocco e soprattutto aveva passato un’intera adolescenza a badare a loro, i figli di colui che aveva passato anni scolastici ad occultarsi sotto un mantello dell’invisibilità.
Perse espressione. “Dannazione. Pensi si tratti di Jamie?” 

“James non ha i capelli rossi.”
Ted perse ancora più espressione se possibile. I capelli erano in compenso un vero turbinio di fiamme. “Merda.” Imprecò con tutti i crismi, afferrando il mantello e prendendo la bacchetta. Ad Al non restò che seguirlo, sperando con tutte le sue forze di sbagliarsi.

Perché non poteva essere stata così cretina. Semplicemente, non poteva.
Aprirono lo scompartimento e Ted balzò dentro a bacchetta spianata. C’era un gran odore di arancia.
Nessun Famiglio mangia arance… neppure il topo di Harper.
Homenum Revelio.” Scandì Ted, puntando la bacchetta in una direzione precisa, esattamente tra pile ordinate di borsoni e valige.
Successero due cose contemporaneamente; l’interfono presente in tutto il treno si accese e una voce preregistrata, identica a quella dell’Espresso per Hogwarts, li informò che erano appena entrati nelle acque territoriali della Norvegia.   
… e Lily apparve sotto i loro occhi, imbacuccata, arruffata e con l’aria di chi aveva passato una notte all’addiaccio.
Si è nascosta qui! Per questo ieri sera i Famigli erano tanto irrequieti. Perché c’era lei!
“Cosa diavolo…” Era l’unica frase da pronunciare. Quindi la pronunciò con il tono lento di un ritardato. Si rifiutava di avere processi mentali veloci, perché avrebbe portato ad un’unica realizzazione.
Mia sorella è qui.
Lily, che si diceva avesse una faccia tosta paragonabile solo a quella di zio George quando era ancora  vivo il gemello, si alzò in piedi. Ebbe la decenza di non ghignare, ma di limitarsi ad un sorriso. Non che fosse meglio, beninteso.
“Ciao.” Disse soltanto.
Per la prima volta in vita sua Al sentì l’urgenza di diventare ultimogenito.  
 
****
 
Londra, Ministero della Magia. Ufficio Auror.
 
Harry guardava un punto preciso nella mappa. Albus e Tom stavano arrivando in Norvegia in quell’esatto momento.
Aveva dovuto insistere molto per far accettare ad Al un incantesimo localizzatore del genere; forse era stato anche un gesto eccessivo, ma era pur sempre un padre, e soprattutto, un mago con le capacità necessaria a tracciare la presenza di suo figlio oltremare.
L’idea era stata di Molly, che per anni aveva seguito apprensiva gli spostamenti dei suoi due maggiori, Bill e Charlie; applicarla ad Al e al figlioccio gli era sembrata doverosa.

Così Durmstrang è in Norvegia. Beh, è un posto sufficientemente gelido, direi.
Sentì bussare alla porta e ritornò con i piedi per terra; era in ufficio e da capoufficio doveva comportarsi, purtroppo.
“Avanti.”
Si sentì spuntare un sorriso in viso vedendo che non era la sua segretaria con il solito agghiacciante faldone di circolari, ma Ron e Nora.

“Accomodatevi.” Li avrebbe quasi abbracciati. Qualsiasi nuova sul caso era migliore che fissare un puntino rosso, tutto ciò che poteva vedere di suo figlio al momento.
Ron gli fece un cenno, sedendosi con evidente piacere. “Natale è passato e nessuno che abbia rispettato un buon proposito… là sotto è un inferno, amico. Ho dovuto mollare un paio di casi a O’Loughlin, o avrei dovuto dormire qui per seguirli tutti.”
“Mi ricorda l’estate di servizio a Detroit.” Sospirò Nora. “Avevo a malapena il tempo di mangiare qualcosa che qualche novità spuntava sulla mia scrivania.”
“A questo proposito, novità sul caso?” Sapeva che erano lì per quello, non certo per lamentarsi sterilmente.
Ron annuì. “Sulla famiglia del ragazzo.” Si guardò con l’americana, e Harry fu contento di constatare che si erano presi in simpatia. Gillespie sapeva come muoversi tra le gerarchie, e Ron aveva sempre apprezzato le persone che sapevano stare al loro posto.

Specie quando non tentano di scavalcare il suo…
Ron aveva una cartellina in mano e l’aprì, leggendo di riga in riga. “Abbiamo seguito la traccia della famiglia… Nora aveva dei contatti in Germania. Pare che i coniugi Luzhin siano partiti verso Agosto, e che siano tutt’ora in Indonesia… così abbiamo contattato il vice dell’azienda. Dice che non li sente da mesi, ma che non  è la prima volta che fanno viaggi di lavoro e si rendono irreperibili.” Si grattò una guancia perplesso. “Hanno lasciato un piano di lavoro semestrale. In questi giorni stanno aspettando quello di Gennaio.” Aggrottò le sopracciglia. “Solo a me sembra sospetto che qualcuno molli la propria azienda e faccia perdere le tracce di sé? E poi, Indonesia? È comodamente lontana.”
“L’Indonesia sta aprendo il mercato alla Polvere Volante.” Ribatté Nora. “Stanno ampliando in questi anni le loro reti via camino. È normale che un’azienda del genere cerchi di preparare il terreno per una sua filiale.”
“Ma non avere contatti con la madrepatria per così tanto tempo… no, non è normale. Perché le condizioni in cui se ne sono andati non lo sono.” Harry si mordicchiò un labbro. “Sören è un Campione del Tremaghi. Hanno almeno lasciato un contatto di emergenza in caso succedesse lui qualcosa?”
“No, nessuno.” Negò Ron sfogliando il fascicolo. “Almeno a quanto ci ha detto il Vice. Ci abbiamo parlato via camino… sembrava nervosetto a dirla tutta.” Soggiunse. “Non vedeva l’ora che finissero le domande.”

“Potremo farlo venire qui per un interrogatorio formale.” Riflettè Harry. Il problema era che avrebbe dovuto chiedere una delega scritta dal DALM tedesco.
“Posso chiamare il Ministero tedesco.” Si inserì Nora. “Conosco delle persone che potrebbero farci avere l’estradizione in una manciata di giorni.”
“Sai, sei spaventosa.” Mormorò Ron, sinceramente impressionato. “Quanta gente conosci?”
La donna sorrise appena. “Molta. O molto semplicemente, l’America ha molti maghi che hanno mantenuto i contatti con le proprie origini… non è difficile per noi conoscere persone del Vecchio Continente.”

Harry scoccò un’occhiata a Ron.
Mi chiedo a che punto saremo con le indagini senza di lei…
Stava rivalutando l’operato americano; non si illudeva che in America gli agenti fossero tutti come Eleanor, certo; ma poteva sperare che non fossero tutti come Scott.
“E per quanto riguarda la loro situazione finanziaria?” Il suggerimento di Thomas era stato eccellente, e a posteriori, Harry si era chiesto se non dovesse organizzare qualche corso di aggiornamento nel suo ufficio: le forze di polizia babbane sembravano, per certi versi,  più evolute di loro.
Ron schioccò le dita. “Questo è il pezzo forte.” Ghignò, lanciando un’occhiata a Nora, che ricambiò divertita. “Sia chiaro, la Gringott è sicura e non muoverei uno zellino da lì, ma umanamente preferisco la Banca Interfederale Magica Tedesca. Perché, prima di tutto, ci lavorano anche i maghi… e non solo come Spezzaincantesimi. E poi, sono molto più carini quando alleghi alla richiesta una bolla di indagine.”
Harry sorrise. “Quindi avete avuto accesso ai conti dei Luzhin?”
“Molto meglio… a tutti i loro movimenti bancari. Entrate e uscite. Quando hanno saputo che era un’indagine intercontinentale hanno collaborato da matti.”
“La Banca Interfederale fonda il suo prestigio sulla totale trasparenza e soprattutto, sull’evitare cattiva pubblicità.” Spiegò l’americana. “Un’indagine in corso e agenti dappertutto vorrebbe dire perdere portafogli clienti.”

“Quindi…” Riprese Ron. “Abbiamo scoperto quello che Thomas aveva supposto.” Sembrava poco contento di aver assecondato il nipote acquisito, e Harry poteva capirlo.
Tom a volte è tremendamente supponente, e beh… soprattutto con lui.
“Quindi sono stati corrotti?”
“Non è così chiaro…” Spiegò Ron scuotendo la testa e passandogli una lunga pergamena che Harry svolse sotto i suoi occhi. Era piena di cifre e date da far girare la testa e chiese quindi con lo sguardo un riassunto conciso. “Sì, insomma.” Riprese l’amico. “… a Settembre sono stati depositati quattromila galeoni sul loro conto.”
“Da chi?”

“È qui che le cose si fanno interessanti.” Ron si avvicinò, cerchiando con il dito un nome scritto in calligrafia illeggibile. Si leggeva solo ‘Volo’.
“È un vivaio specializzato in Fiori Volanti² con cui la ditta dei Luzhin ha rapporti commerciali.” Spiegò Ron. Poi fece una pausa presumibilmente significativa.“La ditta ha sede legale in Canada.”

Harry li guardò confuso. “E quindi?”
“In Canada non c’è l’obbligo di segnalare il motivo per cui versi soldi a qualcun altro.” Si inserì Nora. “La situazione bancaria è molto simile a quella di qui. Finché hai i soldi, ai banchieri canadesi…”
“… peraltro tutti folletti come i nostri…” Soggiunse Ron.

“… a  loro non interessa che uso ne fai. Io e Ronald abbiamo cercato di rintracciare la ditta in questione, ma non esiste.”
“Non esiste?” Harry si sentiva sempre più confuso. Quel genere di ragionamenti, sin da ragazzo, non avevano mai fatto per lui. Cercò di fare il punto della situazione velocemente. “Significa che qualcuno si è servito di un nome falso?” Capì di colpo dove gli altri due volevano andare a parare. “Hohenheim, se n’è servito?”
“Non ci sono prove certe, ma è piuttosto singolare che una ditta che dovrebbe essere pagata per i suoi prodotti, paghi chi compra da lei.” Convenne Nora. “Oltretutto, l’azienda dei Luzhin non se la passava bene prima di questa iniezione di liquidi. Il mercato tedesco preferisce importare la Polvere Volante dalle Indie… costa meno.”
“I soldi sono serviti a salvare la ditta dalla bancarotta.” Harry si aggiustò gli occhiali con un gesto nervoso. C’era qualcosa che non gli tornava, una spina che pungolava il suo istinto. “Così hanno comprato il ragazzo.” Si fermò. “E prima di questo non ci sono prove che i Luzhin abbiano avuto a che fare con la Thule o Hohenheim?”
“Nessuna fin’ora.” Annuì Ron. “Voglio dire… a parte questa storia sono puliti. Li abbiamo rigirati come calzini. Non hanno amicizie poco raccomandabili, né affari loschi in ballo. Sembra un episodio isolato.” Lo scrutò perplesso. “Cosa c’è che non ti convince, amico?”
Harry sorrise appena: il buono di avere il suo migliore amico come collega era che non doveva dilungarsi nell’esplicitare le sue sensazioni. L’altro le indovinava al volo.

“La Thule utilizza i suoi adepti, non persone esterne, giusto? Al massimo se ne serve, com’è successo con Parva Duil.”
“Esatto.” L’agente Gillespie era una donna intelligente, perché dall’espressione che le apparve sul viso fu chiaro avesse capito. “… e i Luzhin sono estranei, secondo le nostre indagini.” Soggiunse infatti.
“Potrebbero tradire.” Concluse per lei. “Chi crede in te non ti tradirà, ma chi viene pagato…” Inspirò. “Cos’è successo a Parva Duil?”
“È morto.” Mormorò Ron. “È stato ucciso da John Doe quando era ad Azkaban per non farlo parlare. Credi che…”
Quella storia diventava sempre più spiacevole ogni giorno che passava. Harry se ne sentiva nauseato. Avrebbe voluto avere la sua bacchetta e un nemico vero da combattere, come Voldemort. Invece aveva un albero ramificato di spietata e calcolata malvagità che faceva capo ad un’ombra. Ed era in un altro Paese.

Avrebbe preferito Voldemort.
Posò gli occhiali sul tavolino e si massaggiò la radice del naso. “Credo che il nuovo piano lavorativo non arriverà mai al loro Vice. E credo che lui lo sappia.” Mormorò. “Dobbiamo farci una chiacchierata.”

 
 
****
 
Ted sapeva di avere una specie di maledizione pendente sulla testa, che lo portava inevitabilmente ad infilarsi in situazioni in cui mantenere la calma era una priorità, ma dare di matto un desiderio fortissimo.
Perché si trovava di fronte la faccetta serena di Lily e aveva voglia di tirarle il collo.

Invece aveva dovuto impedire ad Al di strangolarla – seriamente, era la prima volta che vedeva il mite serpeverde così infuriato - per scortarla poi nel suo scompartimento, al sicuro da rappresaglie fraterne.
Del tutto legittime…
Adesso sperava davvero che il Preside e la McGrannit riuscissero a risolvere quella situazione con il minimo spargimento di sangue possibile.
Perché Lily non doveva essere lì per niente al mondo, e invece c’era; c’era avendo infranto una decina di regole scolastiche e alcune meramente di buon senso.
Perlomeno aveva il buongusto di sembrare avvilita; o forse, semplicemente, era infreddolita da una notte all’addiaccio.
“Signorina Potter… si rende conto di quel che ha fatto?” Esordì il Preside, dopo il lungo silenzio sbigottito che era seguito alla chiamata dei due anziani professori. Quando aveva chiamato la McGrannit Ted aveva quasi visto rassegnazione nei suoi occhi.
Sì, penso non sia il primo Potter che gli combina un guaio del genere…
“Sì.” Disse Lily, alzando lo sguardo. “E sono pronta ad affrontare le conseguenze.”
Oh, no che non lo sei…

Ted poteva capire l’istinto omicida che aveva colto Al. Lo stava provando ininterrottamente da venti minuti. Quello e l’acuto desiderio di appenderla per le orecchie ai finestrini del treno in corsa.
Un gesto simile me lo sarei aspettato da un Jamie quindicenne… non da lei!
Purtroppo doveva ammettere che Lily aveva, sin dall’infanzia, una versione tutta sua di aderenza alle regole, che le venissero dettate dai genitori o da autorità costituite come quelle scolastiche. Solitamente questa sua insubordinazione di fondo era tenuta buona dal suo buonsenso, dato che Lily se voleva qualcosa – e la voleva sul serio - preferiva ottenerla in modi meno appariscenti.
Cosa vuole stavolta?
Ted era pronto a giurare che avesse fatto quella bravata non per il gusto di farla – quello era il modus operandi di James - ma per un motivo estremamente preciso.
Che in quel momento non gli interessava.

“Signorina Potter, è pronta anche a rischiare l’espulsione, forse?” Osservò la McGrannit e Ted le scoccò un’occhiata preoccupata; sperava non si arrivasse a tanto, anche se tecnicamente il Preside avrebbe potuto.
Lily sbiancò di colpo e qualcosa di molto simile alla realizzazione di aver commesso fatale cazzata le si dipinse in volto.
Ted la vide serrare le mani tra di loro e deglutire penosamente. “Se… se proprio devo.” Mormorò.
Anche quando è nel panico riesce a sembrare sfacciata…
Merlino, dacci la forza. Dammi la forza, tanta, collateralmente.
Lily, la Lily che conosceva non avrebbe mai rischiato un’espulsione per un semplice puntiglio o capriccio. Era testarda, ma non stupida.
Che c’è di così importante per lei a Durmstrang, che vuole venirci a tutti i costi?
“Non faccia ironia.” Ribatté la vecchia strega con durezza. “Lei è minorenne e la responsabilità della sua presenza qui, adesso, ricade su di noi.”
“Non… non era questa la mia intenzione, non volevo mettere nei guai qualcuno!” Esclamò di colpo, avvampando. “Ed in ogni sono stata regolarmente invitata! Ero la solista del coro, lo sono ancora!” Si rivolse al mezzo folletto. “Non è vero Preside?”

Vitious si schiarì la voce. “Sì, beh… vedi, Potter, non è questo il punto.” I Corvonero avevano sempre quella fissa di spiegare le cose anche quando l’altrui persona non aveva bisogno di chiarimenti. “Essendo minorenne hai bisogno di un’autorizzazione scritta dei tuoi genitori. Quella che avresti dovuto consegnarci per poter salire. Invece ti sei nascosta. Non penso che questo possa essere qualcosa di regolare.”
Lily tacque; stava riflettendo molto velocemente. Si risedette di colpo. “Adesso volete mandarmi a casa?”

“Sarà la prima cosa che faremo arrivati a Durmstrang, Potter.” Replicò la McGrannit. “Questo dopo aver avvertito i suoi genitori della sua inutile bravata.”
“Potete avvertire i miei genitori…” Non era tanto normale avesse quel tono sicuro. No, non preludeva niente di buono. “Ma non potete rimandarmi indietro.”
“Prego?”

“Non sono io il problema.” Si schiarì la voce. “Come avete detto, sono minorenne. E sono appena entrata nel sistema di Tracciamento Magico Minori norvegese. Da… da quando abbiamo passato il confine marino o roba del genere.” Indicò fuori dal finestrino. “Secondo le leggi del loro Ministero non potete rispedirmi a casa prima che non sia stato dimostrato che non sono autorizzata a stare qui. Ci vogliono un sacco di procedure.”
Dall’aria attenta con cui la grifondoro stava scandendo le parole Ted ebbe l’orrida sensazione che le avesse lette da qualche parte.
E gli sovvenne un particolare di quelle vacanze invernali; Lily che tampinava suo zio Percy con un’insolita costanza e moine che non aveva usato in quindici anni di frequentazione.
E Percy adora essere ascoltato, specie se poi può consigliare ai nipoti letture extracurriculari.
“Di cosa sta parlando Potter?” Di qualcosa che non conoscevano, pensò Ted, guardando la sorpresa dipingersi sul volto dell’anziana professoressa. “Ci sta forse prendendo in giro?”
“No, Minerva… non se la sta inventando. Non credo almeno.” Mormorò il piccolo Preside con tono grave. “Ho letto qualcosa in merito.” Soggiunse. “Il Ministero norvegese ha particolarmente a cuore la condizione del fanciullo ed ha stipulato molte convenzioni bilaterali con vari paesi a questo riguardo…”
“Infatti l’ho letto in un libro di Diritto Internazionale Magico. Controllate se non mi credete.” Replicò Lily, suonando rinfrancata. Ted avrebbe voluto sbattere la testa al muro, se fosse stato coerente con la sua figura professionale.

E non lo è.
C’era da restare sbalorditi, ad ogni buon conto: Lily aveva effettivamente letto un libro serio per la prima volta in vita sua. E peraltro pieno di procedure e codicilli.
La McGrannit inspirò, aggiustandosi gli occhiali sottili sul naso. Torreggiava sulla ragazza che sembrava aver più timore di lei che del Preside e di lui messi assieme.
Okay, ha senso. Come Preside è stata … notevole per incutere timore. Me lo ricordo bene.
“Arrivati a Durmstrang vedremo come procedere.” Si lanciò uno sguardo con Vitious. “Nel frattempo professor Lupin, la Signorina Potter è sotto la sua custodia.”
Ecco, tanto per cambiare. Maledetto karma.
“Sissignora.” Rispose comunque. Aprì la porta agli anziani professori e se la richiuse alle spalle.
Lily rimase seduta, giocherellando con un braccialetto che aveva al polso. Ted notò distrattamente la pietra che brillava alla luce presente nella cabina. Sembrava catturarla completamente.

Si sedette sulla cuccetta, sospirando. Lily per tutta risposta si morse un labbro.
“Ted, io… mi dispiace.” Mugugnò, sottolineando con forza le ultime due parole. “Non volevo mettere nessuno nei guai, devi credermi!”
“Beh, lo hai fatto. Le tue intenzioni non cambiano le cose.” Non ci girò attorno, perché doveva perlomeno capire cosa aveva innescato.
La quindicenne non rispose, ma si limitò a fissare il braccialetto come se da esso potesse provenire ogni risposta. Ted sperava che fosse pentita del suo gesto, ma ne dubitava.

“Lils, non sei una sciocca…” Riprese. “… né di solito ignori quel che ti viene detto di fare. Sai perché Harry ti ha negato il suo permesso, vero?”
“Certo.” Replicò sbuffando. “Perché non capisce.”
“Non capisce cosa?”
Per tutta risposta l’altra distolse lo sguardo, verso il finestrino. “Mi dirai che è stupido… come tutti gli altri. E francamente sono stufa di sentirmelo dire.”  

Sembrava infelice e spaventata, Ted lo realizzò in quel momento; al di là dell’esasperazione che poteva provare e l’emicrania che già si sentiva premere all’idea che avrebbe dovuto dire al padrino dove si trovasse davvero sua figlia…
Lily era come una sorellina. E lui il solito fesso emotivo.

Le fece cenno di raggiungerlo sul letto e quando si sedette accanto a lui le prese la mano, coprendole con le sue. “Prometto che non dirò che è stupido. Tu dimmi perché ti sei cacciata in questo casino.”
Lily alzò lo sguardo, mentre un vago rossore tra il titubare e l’imbarazzo le tingeva le guance. “È per Ren… Sören. Ho paura che stia per succedergli qualcosa di orribile. Lo so Teddy. E mi sarei sentita morire se non fossi stata qui adesso, ma ad Hogwarts, a farmi spedire Gufi che tornano tutti indietro…” Esitò e le parole si ruppero in un singhiozzo.
Ted aggrottò le sopracciglia: non sapeva molto del rapporto che c’era tra il Campione di Durmstrang e l’amica d’infanzia, ma sapeva, dato che le voci ad Hogwarts si diffondevano con la velocità di una mattia endemica, che era sospettato nell’indagine di Harry riguardante la Thule. Era abbastanza.

“Cosa pensi di poter fare per lui?” Cercò di suonare ragionevole, perché era l’arma migliore che aveva, da sempre. Non che funzionasse con Jamie. Ma la capra era un caso a parte. “Onestamente, se è implicato in qualche…”
Non lo so!” Esclamò. “Ma è meglio che rimanere ad Hogwarts! L’ho detto a tutti, ma tutti continuano a dirmi che non capisco il pericolo! Lo capisco!” Sbottò. “Ma non posso, non potevo restarmene in Scozia… Non… non ce la facevo!” Eruppe e poi arrivarono le lacrime.
Ted non disse nulla lasciando che Lily lo abbracciasse stretto, stringendola di rimando. Non era il momento delle spiegazioni sensate. La lasciò piangere per scaricare la tensione che doveva aver provato in quelle ore.
Gli sembrava un gesto totalmente fuori scala, fuori personalità per Lily. Ma era pur vero che l’ultimogenita della famiglia Potter era spesso un enigma.

E le acque chete sono famose per essere imprevedibili…
Oh, un po’ lo sono stato anche io. Più o meno.
Non si sentiva in umor da predica, cosa che comunque non sarebbe spettata a lui; non poteva incolpare una quindicenne di non avere sufficiente maturità per capire cos’era sbagliato e cos’era giusto da fare quando l’istinto puntava in un’unica direzione.
“Avrai una punizione colossale, Lils…” Sospirò accarezzandole i capelli. “Spero che tu lo sappia.”
“Sì, lo so…” Mugugnò contro il suo maglione. “Probabilmente riavrò la mia vita sociale verso i quarant’anni.”
“Puoi giurarci.” Le porse il proprio fazzoletto. “Ne valeva la pena?”
Lily lo fissò senza espressione e Ted ricordò come domande simili, ad un Potter, non avevano molta ragion d’essere.
“Sì.”
Per l’appunto.

“Okay.” Sospirò mentre l’altra si soffiava il naso. “Non posso dire che sono contento di averti qui, Lily. Non lo è nessuno…” Si sedette accanto a lei. “Cosa hai intenzione di fare una volta arrivata all’Istituto?”
Lily aprì la bocca per rispondergli, ma qualcosa attirò la sua attenzione fuori dal finestrino.

“Siamo arrivati!” Esclamò alzandosi in piedi. “Vedo la terraferma! Montagne!”
Ted suo malgrado la raggiunse, sporgendosi per controllare se non avesse semplicemente usato una diversione per evitare di rispondergli. Affatto.
Un maestoso fiordo stava inglobando il treno; alte pareti rocciose, di pietra scura si stavano richiudendo sopra di loro. Anche con l’angolazione migliore, non riusciva a vederne la fine.

Era piuttosto impressionante.
Era difficile che una nave babbana riuscisse ad arrivare fin lì, rifletté. Aveva letto che maelström³ magici venivano evocati per scoraggiare le navi a proseguire su quella rotta, comunque sufficientemente perigliosa da scoraggiare anche il più intrepido capitano.
“Wow…” Mormorò la ragazzina sotto di sé, schiacciando il viso per poter avere una visuale migliore, come lui senza successo. “Dov’è la scuola?”
Ted scosse appena la testa. “Non saprei. Credo sia…” Non terminò la frase perché l’Istituto apparve dinnanzi a loro, spuntando da uno spuntone di roccia grande quanto l’intero parco di Hogwarts, o così almeno gli sembrò.
L’Istituto Magico di Durmstrang si innalzava direttamente dalla nuda pietra, modellandosi basso e scuro sui vari dislivelli. Ne contò quattro. Il più alto era aggrappato al picco del fiordo e da lì sventolava una imponente bandiera che beccheggiava i colori della scuola.
A Ted diede la spiacevole sensazione di una fortezza militare pronta all’uso.
Lanciò uno sguardo a Lily; la ragazza era ammutolita e fissava ad occhi sgranati ciò che avrebbe, a regola, dovuta essere una semplice scuola di formazione.
“Ora capisco un sacco di cose.” Sussurrò. “Questo posto fa impressione. Credono di essere in guerra?”
Ted non rispose; ma sperò, di tutto cuore, che non fosse così.

 
 
****
 
 
Harry stava contemplando distratto Ron aggredire una costata di manzo alla mensa del DALM.
Accanto a lui, Nora sembrava impressionata dalla quantità di cibo che il rosso era capace di ingurgitare.

“A scuola era anche peggio…” Le spiegò, sfogliando distratto il rapporto di prima.
Ron deglutì con un grosso sorso di succo di zucca. “Hermione mi ha messo a dieta. Dev’essere quella cosa dei dentisti sul mangiar sano…i suoi sono dentisti.” Scrollò le spalle. “Dice che ho una cosa chiamata colestalto. Sempre che esista.”
Nora trattenne una mezza risata. “Temo che sia il colesterolo alto, Ronald…” Decifrò scoccandogli un’occhiata divertita. “Ed esiste, credimi.”
“Ah, sono un mago!” Fu l’ovvia risposta. “Qualunque cosa sia, non funziona per me. Herm ha ancora quelle sue strane credenze babbane. A casa va pure bene, ma qua mi sfogo, miseriaccia.”
“Non sono credenze…” Cercò di spiegargli la donna, ma sotto il suo sguardo scoraggiato, rinunciò.

Furono interrotti dall’arrivare trafelato della sua segretaria. “Grace…” La salutò con un sospiro. Era una ragazza adorabile, probabilmente un’autentica compagnia piacevole fuori dal lavoro. Come segretaria, dato il ruolo, per lui era assimilabile ad una minaccia continua alla sua tranquillità.
“Signor Potter…” Mormorò con un lieve fiatone. “È arrivata una lettera da Hogwarts. Sembra molto urgente… il gufo che l’ha recapita ha voluto assolutamente che scendessi a consegnargliela.” Doveva esser così dato lo stato pietoso dei capelli della povera ragazza.
Harry la prese perplesso; Ted era in viaggio e dubitava che Lily o Hugo avessero problemi talmente urgenti da istruire il proprio Famiglio a non dar pace a Grace.
La aprì. Gli bastò una frase per congelare letteralmente. Che poi solo una vi era scritta, nella grafia convulsa di Hugo.

 
Lily è scappata a Durmstrang.
 
****
 
 
 
Note:

Sono imperdonabile. *Si chiude le orecchie nei cassetti come Dobby*
Ma nel frattempo Real Life, più un certo progetto Repayment che mi ha preso un po’ di tempo. (Spammo, me ne rendo conto, ma ci credo davvero. Ecco.)
Questa la canzone del capitolo. Dopo aver bevuto l’intero album, dovevo citarli.

1.Vestlandet: Costa dell’Ovest, letteralmente. Geograficamente, la regione più ad Ovest della Norvegia, bagnata dall’Oceano Atlantico. Qui per maggiori informazioni.
2.Fiori Volanti: su HP Wiki sono chiamati semplicemente Floo, e da essi si ricava la Polvere Volante utilizzata nei camini. Datemi una migliore definizione, e giuro, la inserirò grata.
3.Maelström: (in norvegese moskstraumen, "corrente di Mosken") è un fenomeno simile a un gorgo, causato dalla marea lungo la costa atlantica della Norvegia. Qui per info.
  
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