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Autore: Aika Morgan    27/11/2011    13 recensioni
Michael ama giocare con le stelle: le osserva, traccia i loro contorni e poi aiuta Andy ad orientarsi e a trovare se stesso.
Vivono in un mondo tutto loro, come se appartenessero ad una costellazione fatta di due sole stelle.
E quando all'improvviso una delle due stelle muore, l'altra diventa una stella perduta, che continua a vagare nell'universo alla ricerca di qualche motivo per continuare a splendere.
Questa introduzione ha partecipato e vinto il contest " La trama di una storia." di DearJulietefp
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Stelle perdute' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Almeno nei sogni.

 

Michael? Michael riesci a sentirmi? Non farmi questi scherzi, ti prego. Mi avevi promesso che oggi saremmo usciti insieme, io e te. Michael, per favore, vuoi mantenere la tua promessa? I medici dicono cose che non capisco e io ho paura. Per favore, apri gli occhi. Non andartene.

 

Il sogno di Elena è sempre lo stesso.

C'è l'ospedale.

C'è la sala d'attesa troppo bianca e troppo grande, così grande da metterle paura.

C'è una porta verde, chiusa.

I suoi piedi sono come incollati al pavimento, cercare di muoverli è uno sforzo enorme, tanto che lei ci rinuncia quasi subito. Protende le mani verso quella porta chiusa. Lì, dentro quella stanza, anche se nessuno gliel'ha detto, Elena sa che c'è Michael.

Poi, chissà da dove, arriva il dottore, un chirurgo dall'aria stanca e dai modi di fare spicci.

- Puoi vederlo, adesso. Ti sta aspettando.

Elena si rende conto di poter muovere di nuovo i piedi, apre la porta aspettandosi di trovare Michael nella stanza. C'è solamente un letto davanti a lei e qualcosa sotto un lenzuolo. Elena si ferma improvvisamente, come se quella visione non la rendesse affatto tranquilla, nonostante le rassicurazioni del medico.

Con la mano che trema solleva leggermente il lenzuolo. E non riesce a trattenere un urlo quando scopre che il letto è vuoto.

Poi si sveglia di soprassalto, con il fiatone e le lacrime agli occhi.

Ci mette qualche attimo a rendersi conto che si è trattato del solito incubo, un incubo che la realtà non può scacciare via, considerato che Michael non è lì con lei e che non spunterà dalla stanza accanto per tranquillizzarla.

Accende la luce del comodino e cerca di tranquillizzarsi, anche se le immagini del sogno – fotogrammi troppo concreti e dolorosi – sono sempre davanti ai suoi occhi.

Cerca di tornare a respirare normalmente e si asciuga nervosamente le lacrime che le rigano il volto, cercando di ripetersi che va tutto bene.

Non è la prima volta che sogna di non trovare Michael sotto quel lenzuolo bianco. Ha cominciato ad avere quell'incubo una settimana dopo il funerale del fratello e ogni volta lo rivive con la speranza che, almeno in quella realtà costruita dal suo inconscio, riuscirà a vederlo.

Senza fare rumore esce dalla stanza e scende al piano di sotto, con l'intenzione di prendere un bicchiere d'acqua. Si blocca per un attimo sulla soglia della cucina, quando si accorge che sul tavolo c'è seduto Andy, con una sigaretta fra le labbra e il viso illuminato dal riverbero della luce del portatile. Accanto a lui c'è qualche foglio sparpagliato e una matita.

Incrocia il suo sguardo, ma non dice una parola.

- Elena? Va tutto bene? - chiede il giovane, sorridendole leggermente – Accendi la luce, dai! Che ci fai sveglia a quest'ora della notte?

- Potrei chiederlo io a te. - risponde incerta, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

- Stavo studiando.

- A quest'ora? - non può fare a meno di esclamare. Guarda l'orologio sul muro, che segna le due meno venti del mattino.

- Beh, sì. Ci sono abituato. Di notte riesco a studiare meglio, mi concentro di più. E in realtà a dirla tutta adesso non stavo esattamente studiando.

Se Elena dovesse definire con una parola il sorriso di Andy, direbbe sicuramente struggente.

È un sorriso velato di malinconia, non è davvero spontaneo, sembra forzato, anche se non del tutto ipocrita. Come se ce la mettesse tutta per superare la tristezza. Elena si chiede spesso come fosse il suo sorriso quando stava con Michael. Ha visto qualche fotografia in giro per casa, ma non ha mai avuto il coraggio di fare alcuna osservazione.

- Stavo cercando delle cose su Internet. E tu? Che succede? Soffri di insonnia?

Si ricorda improvvisamente dell'incubo e della sensazione di impotenza che le ha lasciato addosso. Ha l'amaro in bocca mentre ripensa a quanto è stato orribile scoprire quel letto ancora vuoto.

- No, ho fatto un brutto sogno. Posso prendere da bere?

- Sì, certo.

Sente su di sé gli occhi di Andy mentre prende un bicchiere dalla credenza e poi la bottiglia dell'acqua dal frigorifero. Beve a piccoli sorsi, quasi volesse rimandare il momento in cui girarsi nuovamente verso di lui e sostenere il suo sguardo.

- Che genere di sogno?

- Michael.

Non è semplice spiegare a parole tutte le sensazioni che prova. Non può semplicemente raccontargli il sogno – quella maledetta notte in ospedale che rivive ancora nelle pieghe della sua memoria – spiegargli cosa prova ogni volta che pensa di poter vedere Michael e che invece ogni sua speranza viene puntualmente disillusa.

Michael.

Quel nome, quelle sillabe pronunciate con inquietudine, dovrebbero già spiegare tutto.

- Beh, c'è questo sogno... in realtà sembra più un incubo... - inizia a spiegare, con la voce che le trema – Sono in ospedale... come quella notte... e poi i medici dicono che è andato tutto bene e che posso vederlo. Solo che poi lui non c'è.

Termina quel racconto col fiatone, quasi la fretta di parlare le avesse fatto mischiare tutte le parole per poi fargliele pronunciare tutte d'un fiato. Come se condividere quell'incubo con qualcuno possa servire in qualche modo a scacciarlo via. A dimenticarlo.

- Non immagini quanto vorrei vederlo almeno in sogno. - sospira infine, intrecciando le dita delle mani attorno al bicchiere vuoto. -Tu l'hai mai sognato?

Alza lo sguardo e incontra gli occhi di Andy. Lo vede sussultare e aprire la bocca, come se volesse replicare.

- Ecco... più o meno. Una volta.

Non le sfugge il fatto che si sia rabbuiato, così ritiene più saggio non domandare nient'altro.

- Io non ci riesco. Per quanto lo desideri, non riesco a vederlo nemmeno in sogno. - prosegue Elena – Non trovi che sia strano? Persino Richard l'ha sognato... e nemmeno lo conosceva. Mentre io...

Vorrei vederlo almeno nei miei sogni.

Quando Richard le ha detto del suo sogno, Elena c'è rimasta malissimo. Una parte di lei avrebbe persino voluto prendersela con il ragazzo, anche se sapeva che non aveva colpa. Ma il dolore per la perdita di Michael era troppo grande per riconoscere la ragione. Che poi, cosa se ne sarebbe fatta di un sogno? L'immagine di Michael non avrebbe avuto neanche la consistenza di una fotografia, non avrebbe potuto toccarlo comunque.

- Beh, non puoi decidere cosa sognare. E anzi è più probabile che più speri di sognare qualcosa, più non ci riesci.

Elena sbuffa, chinando la testa. Il senso di vuoto nel cuore si è fatto più profondo, come se un altro pezzetto di Michael fosse scomparso per sempre dai suoi ricordi.

- Sì, lo so. Però è tutto così difficile, adesso che lui non c'è più... sarebbe bello illudermi almeno nei miei sogni che le cose vanno bene.

Si sente terribilmente infantile a parlare in quel modo, ma con Andy sente di poterlo fare. Andy sa quello che prova e confidarsi con lui è ormai diventata un'abitudine. Probabilmente è anche dovuto al fatto che lui si è dimostrato molto dolce e comprensivo nei suoi confronti, nonostante inizialmente il suo comportamento lasciasse intuire tutt'altro.

Sai Michael, ti eri innamorato di una persona davvero meravigliosa.

- Hai mai sentito parlare di onironautica? - chiede dopo qualche secondo. Lui nega scuotendo la testa, incuriosito.

- È una teoria secondo la quale nel dormiveglia è possibile indirizzare i nostri sogni verso ciò che vorremmo. Ho visto una specie di documentario, una volta. Era interessante.

- Credi che funzioni?

- No, in realtà no. Quando sei mezzo addormentato è difficile ricordarti del fatto che ti piacerebbe provare a controllare i tuoi sogni! Però sarebbe bello se fosse possibile farlo. - conclude la ragazza con voce pensierosa.

Andy inizia a spegnere il computer, mentre Elena allunga una mano a prendere uno dei fogli scarabocchiati sparsi sul tavolo.

- Posso?

- Sì, fai pure. Non ci capiresti nulla, credo.

Elena osserva la grafia confusionaria del giovane, decifrando solo qualche lettera: sono appunti di medicina, o almeno così sembra.

- Ehi, ma hai proprio la grafia da dottore, non si capisce nulla! - ride, restituendogli il foglio.

L'altro mette a posto i fogli e poi torna a guardarla.

- Beh, fossero questi i criteri per definire davvero un buon medico... Michael diceva che lo sarei stato solo perché non svenivo alla vista degli aghi.

Quando pronuncia il nome di Michael, la voce di Andy diventa più dolce, quasi costellata da una nota di malinconia. Sembra soffiarla via delicatamente, come se non volesse far violenza a quel nome pronunciandolo a voce troppo alta.

- Beh, magari aveva ragione, no? Insomma, stai quasi per laurearti, no? Quindi ci sei quasi.

- Già... - sorride Andy, poi riprende quello che stava dicendo – Me lo diceva sempre quando mi vedeva giù di morale. Sai, quando c'erano esami difficili o mio padre continuava a mettermi a disagio. La prima volta me lo disse proprio dopo il nostro primo bacio, durante le vacanze di Natale. Un pomeriggio ero particolarmente annoiato, così gli telefonai.

- Davvero? Raccontami, dai... cioè, se ti va. - aggiunge la ragazza, sentendosi imbarazzo per l'entusiasmo riaccesosi improvvisamente.

Quella storia ormai l'ha totalmente catturata. Ne è affascinata e le piace sentirla raccontare da Andy e ritagliarne i contorni per aggiungere ogni frammento al puzzle dei ricordi che ha di Michael. Così aspetta che le parole del giovane tornino ad intessere ricordi che, una volta condivisi, si cristallizzeranno definitivamente anche nella sua memoria.

 

***

 

Da quando era tornato a casa per le vacanze, Andy non faceva altro che pensare a quel bacio scambiato con Michael. Si era trattato di poco più di un contatto fra le loro labbra, ma a ricordarlo, Andy provava una strana sensazione di stordimento, sentendosi come sospeso a mezz'aria.

Poi ripensava a quanto era stato stupido ad allontanarsi e a dirgli quelle stronzate. Avrebbe fatto di tutto per poter tornare indietro. Nemmeno osava pensare all'imbarazzo di dover tornare al campus a metà gennaio. Era fuggito per non dare alcuna spiegazione, ma non avrebbe potuto certo evitare le domande di Michael una volta che si fossero rivisti.

Le vacanze non stavano andando nel migliore dei modi: il padre continuava ad elargire prediche su prediche ripetendogli quanto fosse importante che si impegnasse per gli esami, facendogli notare quanto ogni piccolo errore potesse pregiudicare la sua carriera universitaria e lui ne aveva già le tasche piene dopo tre giorni.

- Studio già abbastanza così, non ti pare? - aveva detto un giorno, cercando di ribellarsi almeno una volta al solito discorso che ormai conosceva a memoria.

- Andy, non esiste abbastanza quando parli di studio con un medico. Devi sempre essere aggiornato, immagazzinare quante più informazioni possibile per essere poi pronto ad usarle quando ti serviranno.

Aveva un'aria tremendamente saccente e riusciva a demolire le già fragili sicurezze di Andy, già particolarmente ansioso di suo quando si parlava di studio.

Telefonare a Michael fu un'idea che gli venne quasi per caso, mentre giocherellava con il cellulare e scorreva i nomi della rubrica telefonica. Si sentiva impacciato come l'adolescente timido e impacciato che era a sedici anni, quando non riusciva a trovare il coraggio di uscire fuori dal guscio. Non che negli anni le cose fossero migliorare, però perlomeno adesso riusciva ad affrontare gli incontri con gli sconosciuti senza stare troppo sulla difensiva.

La voce di Michael arrivò al suo orecchio prima ancora che si rendesse conto di aver schiacciato davvero il tasto della chiamata.

- Sì, chi parla?

- Michael? Ciao, sono Andy, ti disturbo?

Si passò una mano fra i capelli, mordendosi nervosamente il labbro inferiore.

Calmati, dannazione. Calmati.

- Andy, ciao! No, no, tranquillo, stavo ricopiando degli appunti, niente di che... Tutto bene?

La voce di Michael trasmetteva ottimismo anche attraverso il telefono. Poteva immaginarlo gesticolare mentre parlava, mentre i suoi occhi si riempivano di entusiasmo.

- Sì, sì, grazie.

Che diavolo l'aveva chiamato a fare se la conversazione stava prendendo una piega così idiota?

Era disperatamente alla ricerca di qualcosa di interessante da dire – per non dover ammettere di averlo chiamato solo per sentire la sua voce – ma l'amico lo precedette.

- Dio, non puoi immaginare che palle! Ogni volta che torno a casa, mia madre organizza qualcosa come tre o quattro pranzi di fila con i parenti. Manco fossi chissà quale celebrità... Stasera ha deciso che era il turno della prozia Daisy e fra poco mi toccherà ascoltare le chiacchiere di quella zitella che parla male di tutti i suoi vicini!

Andy sorrise d'istinto.

- Beh, almeno non te la passi come me. Io sono costretto a sorbirmi dalla mattina alla sera le prediche di mio padre con lo studio e i paragoni con i miei fratelli. Come se fosse colpa mia essere più piccolo e non essere al loro livello con gli studi.

La sua voce tradiva una nota di amarezza.

- Mi chiedo cosa dovrei fare per renderlo orgogliosi di me... - sussurrò a mezza voce, augurandosi forse che l'altro non lo sentisse.

- Andy, dai smettila. Non voglio sentirti fare questi discorsi, okay? - replicò Michael in maniera decisa.

- Non puoi capire, è così... Frustrante! Raccontare che ci ho messo due mesi a studiare biologia e sentirmi dire da mia sorella che potevo impiegarci di meno. Mi fanno sentire come se non fossi capace di fare ciò che faccio. Magari non ne ho nemmeno la stoffa... Non vedo l'ora di tornare al campus. E... scusami, non so nemmeno perché ti ho telefonato, dopo...

Dopo l'altra sera.

Non avrebbe saputo spiegarlo nemmeno a se stesso, per la verità.

Michael era diventato una sorta di porto sicuro nel quale attraccare quando aveva bisogno di trovare una rotta. Sapere che era lì ad ascoltarlo lo faceva sentire bene, come se tutto lo stress di quei giorni di vacanza stesse scivolando via senza che se ne rendesse conto.

- Tranquillo, mi fa piacere sentirti. - lo interruppe Michael.

La sua voce era terribilmente rilassante, quanto Andy aveva bisogno per stare meglio.

Sembrava patetico dirlo, ma sarebbe rimasto ad ascoltarlo anche se gli avesse ripetuto per ore la stessa parola. E in quel momento avrebbe voluto averlo vicino...

Neanche una ragazzina innamorata.

- Dovrei parlarci io con la tua famiglia. - osservò Michael, dopo qualche attimo di silenzio.

- E cosa gli diresti?

- Beh, che la stoffa del medico ce l'hai perché non svieni alla vista del sangue e degli aghi come il tuo compagno di stanza!

Quella battuta ebbe il potere di mettere Andy di buonumore. Sorrise, appoggiandosi al muro.

- Beh, non è che ci voglia così tanto! - lo punzecchiò, scivolando a terra e rannicchiandosi con le ginocchia contro il petto, lasciandosi cullare da quella risata sommessa e terribilmente sensuale.

- Giusto! Credo di essere proprio un caso disperato! Oh, Andy... Senti, mi stanno chiamando da sotto, ti spiace se ci sentiamo più tardi, magari?

- Va bene, tranquillo! Quando torni al campus?

- Pensavo lunedì pomeriggio, giusto il tempo di smaltire tutti questi dannati pranzi. Tu?

- Prima di martedì non riesco a scappare, credo. Lunedì è il compleanno di mio fratello, non posso proprio mancare.- spiegò Andy, quasi volesse scusarsi.

- D'accordo! Ma ehi, martedì andiamo a correre, non voglio sentire ragioni! - rispose Michael e, a quelle parole, Andy non poté non sentirsi più tranquillo, come se un enorme peso gli fosse stato tolto dallo stomaco. - Dai, adesso devo proprio andare. Sarò grande e grosso, ma non ho proprio il fegato di affrontare le ire di mia madre! Ci sentiamo, d'accordo? Grazie di avermi telefonato.

- Grazie a te! Mi hai tirato un po' su il morale, adesso sto decisamente meglio!

E mi manchi un po' di meno.

 

***

 

Non si sarebbe mai aspettato che avrebbe finito per consolare Elena. Non quando i giorni erano troppo bui per considerare lontanamente l'idea di lasciare che qualcuno spezzasse la bolla di solitudine nella quale si era rinchiuso.

Andy non ha mai saputo trovare le parole giuste per tirare su il morale a qualcuno. A Michael bastava un solo sguardo, un sorriso o una pacca sulle spalle, mentre per lui è più difficile stabilire un'empatia tale da poter aiutare le persone quasi senza far nulla.

- Quando parli di lui ti brillano gli occhi! - commenta Elena alla fine del suo racconto. Sta sorridendo, nonostante gli occhi arrossati e la sua espressione è più serena.

- Beh, credo sia... normale. Anche tu, comunque. - replica, sistemandosi gli occhiali.

- E poi cos'è successo?

- Beh, ci siamo messi insieme dopo le vacanze di Natale. Abbiamo chiarito la storia del bacio, sai... E beh, siamo riusciti a chiarirci, sì. - balbetta, sentendosi arrossire e non curandosi delle sue parole sconnesse.

Ci sono cose che non potrebbe mai raccontarle scendendo nei dettagli: ricordi troppo intimi, troppo suoi, che non si sente di condividere davvero con nessuno. Come la prima volta che hanno fatto l'amore, una volta tornati al campus. Le parole che si sono sussurrati fra le coperte aggrovigliate del letto di Michael.

Sono spine nel cuore, quei ricordi. Fanno male, troppo male perché Andy possa provare a raccontarli. Sono ricordi così perfetti che le parole potrebbero rovinare, perché non esistono parole perfette per dipingerli.

Quando Elena gli ha chiesto se ha mai sognato Michael, Andy non ha potuto fare a meno di ripensare all'incubo di qualche giorno prima. Ai brividi che gli aveva messo ritrovarsi in cucina col coltello in mano. A quella voglia inconscia di mettere fine a tutto e poi a quella volontà di farcela ad uscire dal baratro nel quale era precipitato.

Non riesce ad ammettere di aver quasi tentato il suicidio, è una debolezza che non riesce a perdonarsi perché sa che Michael per primo non lo farebbe.

- Come va adesso? - chiede subito dopo, quasi ad evitare domande.

- Un po' meglio, grazie. Credo che i tuoi racconti mi facciano stare meglio, sai?

Andy sorride, poi si alza e apre il frigorifero. Prende tre barrette di cioccolato e le fa vedere alla ragazza.

- Cosa preferisci? Latte, bianco o fondente?

Elena lo guarda perplessa, prima di optare per il cioccolato bianco. Andy glielo lancia al volo e lei riesce ad afferrarlo quasi per un pelo.

- Allie me ne ha portato un sacchetto pieno, tempo fa. È una convinta sostenitrice del potere benefico della cioccolata.

Sorride nel ripensare alle discussioni con l'amica, convinta che il cioccolato possa davvero risolvere ogni problema, anche più delle medicine.

 

- Dovresti prescriverlo ai tuoi pazienti, dottore.

Gli arruffò dolcemente i capelli, posandogli un bacio sulla guancia

- Funzionasse davvero, forse. - era stata la risposta, scettica. Seguita dal rumore della stagnola accartocciata.

- Sì, dai... beh okay, basta crederci. Cioccolato bianco per il raffreddore, con le nocciole per l'influenza. E quello fondente potrebbe andare bene per... facciamo per le distorsioni che ne dici?

La sua risata era stata raggelata dalla domanda di Andy.

- Dici che ne esiste un tipo per curare l'assenza?

 

A ripensarci, Andy si rende conto di essere stato parecchio acido nei confronti di Allie che voleva solo cercare di risollevargli il morale. Non si ricorda se poi le ha chiesto scusa per quella sua uscita infelice, ma immagina che Allie abbia capito. Se dovesse chiederle scusa per tutte le volte che si è comportato in maniera scontrosa con lei dopo la morte di Michael, non la finirebbe più di farlo.

Addenta un pezzetto di cioccolato fondente, lasciandolo sciogliere in bocca.

- È buono, grazie mille! - dice Elena, alzandosi per andare a buttare la carta nel cestino dei rifiuti. Si stiracchia leggermente e poi aggiunge, a voce bassa – Sto meglio, Andy.

Il suo sguardo è più sereno, meno spaurito di quando poco fa è entrata in cucina quasi tremando per via dell'incubo che l'ha svegliata nel cuore della notte.

- Bene, sono contento. - replica – Che ne dici di andare a dormire adesso? Stiamo facendo le ore piccole praticamente ogni notte.

- Per me non è un problema. Ultimamente non dormo mai molto.

Sa come si sente: ha passato troppe notti insonni a chiedersi perché tutto sia successo. A cercare una spiegazione razionale, ad inventarla e a cercare le formule giuste che potessero dimostrare un teorema tanto atroce. Senza riuscirci, perché la morte non ha ragioni plausibili che possano spiegarla o renderla quantomeno più accettabile.

- Sai, credo sia bello che tu... beh, che tu abbia ripreso a studiare. - mormora Elena quando ormai è sulla soglia della sua stanza.

Arrossisce, chinando lo sguardo.

- Mh?

- Ecco, probabilmente non sono affari miei, però ecco... mi è sembrato di capite che stessi pensando di mollare tutto con l'università. Però ecco, sono felice che tu non l'abbia fatto. - spiega velocemente lei, per poi sparire velocemente in camera dopo avergli dato la buonanotte, probabilmente nel timore di aver detto qualcosa che non andava bene.

Andy sorride fra sé e sé.

Si toglie la maglietta e si getta sul letto rimanendo con gli occhi aperti a fissare il soffitto, ripensando alle parole della ragazza. Gli hanno indubbiamente fatto piacere e messo fiducia in se stesso e in quello che fa.

Un po' come se Michael gli avesse detto che va tutto bene e può farcela.

Lentamente si gira su un fianco e prova ad addormentarsi.

Almeno nei sogni potrà così vivere una realtà nella quale le cose stanno veramente andando meglio. E chissà, sperare anche che, una volta aperti gli occhi, quei sogni si saranno realizzati.

 

 

_________

 

No, non mi sono dimenticata della storia.

Non potrei mai, Stelle Perdute è troppo importante perché possa lasciarla incompleta. Non so quanto passerà, ma giuro che riuscirete a leggere la fine. Quindi abbiate fiducia!

Vi chiedo immensamente perdono per l'ennesimo ritardo, ma spero di aver compensato l'attesa con un capitolo quantomeno decente. È un capitolo un po' di *passaggio* nel quale però - a mio parere - scopriamo qualcosa di più su Andy ed Elena e sul loro carattere. Per quanto sia di passaggio la questione dei sogni volevo trattarla per forza, visto che è una cosa che ho sentito veramente, quella rabbia per non riuscire a sognare qualcuno mentre tutti gli altri ci riuscivano. E l'ho sentita da una madre. E insomma, non è esattamente facile pensare a certe cose. Quindi sì, era una cosa della quale volevo parlare, una cosa che nell'elaborazione del lutto ha la sua importanza.

Nel prossimo capitolo ho deciso che farà il suo ritorno Dave, il fratello di Andy, un personaggio che non vedo l'ora di scrivere. E avremo una visione un po' più estesa di quell'accenno al "mettersi insieme" fatto da Andy ad Elena. Perché insomma, mica vi aspettavate che liquidassi un nodo così fondamentale in poche righe (tra l'altro si tratta di una scena che non vedo l'ora di scrivere da almeno un anno!)?

Oddio che sproloquio! Giuro che adesso smetto.

Però ecco, voglio segnalarvi, oltre a "Basta solo guardare le stelle" (che non aggiorno pure da un sacco di tempo .__.) altre cosine che ho pubblicato in questo periodo:

- Questione di papere, una fanfic su Merlin, ufficialmente la mia nuova droga. È breve breve e spero riesca a strappare qualche sorriso.

- Attimi di me e di te: una raccolta di flashfic dedicate a due nuovi personaggi, Matteo e Vincenzo. È scritta con uno stile un po' più trascurato del solito (avevo la fretta di postare per il Gott'a ship'em all!). Non è nulla di particolarmente originale e nemmeno segue un filo narrativo ma... è FLUFF e ROMANTICA! Niente angst! Lo so, non ci crede nessuno *rolls* quindi... provare per credere :P

- Labbra sporche di zucchero filato: one-shot originale scritta come regalo di compleanno per Bibby. Si tratta di una storia abbastanza angst (la mia parentesi fluff è durata tre giorni :P), parla dell'amore che lega Daniele, un ragazzino appena diciottenne con gravi problemi in famiglia, e Arturo, un avvocato trentottenne sposato. Ho cercato di non trattare l'argomento "differenza di età" in maniera superficiale, ma prima di tutto ho scritto una storia d'amore, della quale - dopo varie traversie - sono anche abbastanza soddisfatta. E ci terrei ad avere una opinione da chi non l'ha ancora letta ^^ Vi lascio un piccolo spoiler:

 

"Era incredibilmente facile essere se stesso davanti agli occhi di Daniele, che continuava a mangiare e ad annuire di tanto in tanto, senza mai giudicare ciò che lui diceva.

- Non sei felice, vero? - aveva chiesto ad un certo punto, facendosi serio.

Aveva saputo leggere nell'animo dell'uomo più di chiunque lo conoscesse ormai da anni. E quella domanda era terribilmente fastidiosa, perché era difficile dare una risposta che non mettesse Arturo troppo a nudo.

- Beh, perché non dovrei? Ho un lavoro che mi piace, una famiglia, un ottimo reddito...

- Ti ho chiesto se sei felice, non a quanto ammonta il tuo conto in banca. - si era messo a ridere, nascondendo la bocca con la mano.

- Oh, beh... sì, sono felice.

- E allora perché pur di non tornare dalla tua stupenda famiglia sei qui a cenare con un tizio che nemmeno conosci?

 

Okay, dopo questo, ho ufficialmente finito di rompere le scatole ^^

Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto,

Aika.

 

PS ho parlato con diverse persone che - non so bene per quale motivo - si sentono in soggezione a lasciare un commento o anche solo una frase. Tranquilli, io non mangio nessuno, a meno che siate fatti di pandistelle :P e comunque, per ogni cosa ci sono anche i messaggi privati o Facebook se non volete che tutti leggano i commenti. Basta che mi facciate sapere perché per me è importante sapere cosa ne pensate, non è una semplice questione di numerini che salgono :*


 

   
 
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