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Autore: kurinoone    04/12/2011    6 recensioni
[ Harry/Ginny, Dark!Harry, What if...?]
Cosa sarebbe accaduto se Codaliscia non avesse rilevato a Lord Voldemort il nascondiglio dei Potter? E se avesse invece portato Harry da lui?
IN PAUSA
Genere: Avventura, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, James Potter, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Harry/Ginny
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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Disclaimer: Io non possiedo i personaggi di Harry Potter e tutto ciò che può essere riconosciuto appartiene a J K Rowling. Nulla è stato scritto e tradotto a scopo di lucro. Questa storia è ispirata alla fanfic ‘A Shattered Prophecy’ di Project Dark Overlord.

Note della traduttrice: grazie alle quattro anime che hanno recensito lo scorso capitolo. L’autrice apprezza molto le vostre opinioni! Per quanto riguarda il capitolo, scusate il ritardo, l’università mi ha uccisa nel processo. Ci tengo ad inchinarmi ad e i l i s che ha sistemato tutti i pasticci che ho combinato (è la prima volta che traduco per il grande pubblico, quindi sono davvero una novellina, ma lei ha avuto una pazienza incredibile!) Insomma, recensite per dimostrare che non stiamo traducendo solo per noi stesse ?




Capitolo 12
Tradotto da crystalemi
Betato da e i l i s

James sedeva tenendo Lily per mano e la osservava mentre tentava di digerire la verità.
Lily era rimasta seduta senza dire una parola dal momento stesso in cui James le aveva raccontato tutto ciò che era accaduto quel giorno.

Damien era stato mandato via metro polvere alla Tana e gli era stato ordinato di passare il resto dell’estate con i Weasley. In qualsiasi altra circostanza, Damien sarebbe stato entusiasta, dato che si lamentava costantemente di quanto fosse noiosa l’estate e che avrebbe preferito passare la maggior parte del tempo con loro. In ogni caso Damien era certo di essere stato spedito alla Tana perché qualcosa non andava per il verso giusto. Aveva provato a chiedere al suo stanco e irritabile padre, ma l’unica cosa che si era sento rispondere riguardava l’essere atteso alla Tana quella stessa notte e perciò sarebbe dovuto partire subito.

Lily era contenta che James avesse spedito Damien alla Tana visto che in quel momento non sarebbe riuscita ad affrontare le sue scomode domande. Lily aveva cercato di non farsi sopraffare dalla consapevolezza che suo figlio Harry era vivo, ma presto si accorse di star combattendo una battaglia già persa in partenza. Harry era vivo. Suo figlio, quello che aveva passato ogni minuto della sua vita a ricordare, era vivo e lei sarebbe stata di nuovo in grado di vederlo, di toccarlo, di ascoltare la sua voce.

A Lily parve che tutte le sue preghiere fossero state ascoltate e ringraziò Merlino per quel giorno. Ma non stava nemmeno cercando di affrontare chi fosse diventato suo figlio: il Principe Oscuro!

Lily sedeva tenendo per mano un James esausto, con le lacrime agli occhi, che fissava il pavimento mentre finiva di raccontare la sua storia.

“Voglio vederlo.” Bisbigliò Lily una volta che ebbe finito.

“Lily, possiamo andare a trovarlo doma-”
“No, James! Voglio vederlo adesso!”
“Lily, tesoro, dubito sia sveglio a quest’ora e... be’ non vorrà parlarci.» James disse l’ultima parte con un peso sul cuore.
“Come puoi esserne sicuro? Magari si è calmato! Non m’importa, James, voglio vedere mio figlio!” Le lacrime le segnavano il viso accaldato, ma la sua voce rimase ferma e decisa.

James cedette annuendo ed entrambi si alzarono per dirigersi al quartier generale dell’Ordine.

Madama Chips era esausta: finalmente era riuscita a sistemare il ragazzo ferito in una posizione confortevole. Stava giusto per stendersi sul divano quando sentì delle voci soffocate provenire dalle scale.

“Davvero, e io che pensavo avrebbero avuto almeno la decenza di fare poco rumore, visto che questo povero ragazzo è riuscito ad addormentarsi solo ora!” borbottò a se stessa.

Si alzò e raggiunse velocemente la porta aprendola il più silenziosamente possibile. Aveva fatto solo un passo oltre la soglia quando si trovò davanti una Lily molto arrabbiata con tanto di occhi rossi, seguita da James Potter.

Poppy era una sua buona amica, dal momento che lavoravano entrambe per Hogwarts, perciò la guardò con compassione: non voleva nemmeno immaginare cosa la povera donna stesse passando in quel momento: vedersi restituire il proprio figlio dopo quindici stranissimi anni e in simili circostanze! Lily non dovette nemmeno aprire bocca, Poppy si limitò a poggiarle una mano sulla spalla facendosi da parte.

“Cerca solo di non svegliarlo, si è addormentato proprio ora.”
Lily fece un sorriso forzato e annuì, riservando a Poppy uno sguardo carico di gratitudine.

Aprì silenziosamente la porta ed entrò. Vide il ragazzo addormentato nel letto a baldacchino e il respiro parve bloccarsi nel suo petto. Fece qualche passo incerto verso lui. Aveva immaginato milioni di volte come sarebbe potuto essere cresciuto Harry, se non fosse stato per quella notte fatidica: era arrivata sempre alla conclusione che sarebbe stato proprio come il padre - infatti da piccolo aveva gli stessi indomabili capelli neri, lo stesso nasino e le stesse labbra – ma mai avrebbe immaginato che sarebbe stato la sua copia esatta!

Anche James era entrato nella stanza, ma restava immobile sulla porta osservando con le lacrime agli occhi la propria moglie china sul figlio. Lily aveva atteso, anzi, sognato quel momento per quasi quindici anni, ma James avrebbe preferito che fosse accaduto in circostanze abbastanza diverse da poter portare Harry a casa; purtroppo non avevano ancora avuto notizie da Silente riguardo il suo incontro con il Ministro, e questo stava a significare che per Harry non si metteva bene la situazione.

Lily osservò il lento e pacifico respiro di Harry e ne esaminò avidamente il volto, le fattezze, i capelli disordinati, il movimento ritmico del torace. Sembrava così profondamente addormentato che non avrebbe potuto svegliarlo nemmeno se l’avesse voluto. Lily si accasciò al suolo continuando però a tenere gli occhi smeraldini incollati alla figura del figlio.

“Harry, il mio Harry...” singhiozzò piano, sempre continuando a fissarlo. Immagini di Harry da piccolo le sfrecciavano davanti agli occhi mentre piangeva: Harry appena nato, Harry a tre mesi, Harry che iniziava a gattonare, Harry a nove mesi che diceva per la prima volta “Papa” e “Mama”, Harry alla sua prima festicciola di compleanno, circondato da tutte le persone che l’amavano, Harry a quindici mesi che veniva crudelmente strappato dai suoi genitori e portato via da casa sua.

James le si avvicinò e l’aiutò ad alzarsi da terra, tenendola stretta fra le braccia forti, sussurrandole parole di conforto nell’orecchio.

I due genitori rimasero nella stanza piangendo silenziosamente su loro figlio, per la gioia che rivederlo aveva recato loro; ma piansero anche per ciò che avrebbe riservato loro il destino. Sedettero muti accanto al letto. Erano insicuri riguardo al loro futuro, ma anche determinati a non sprecare il presente.
James e Lily passarono l’intera notte vegliando sul sonno del figlio.

***

Harry si svegliò all’improvviso e gli servirono un paio di minuti per capire cosa lo avesse svegliato. Sentì il rumore di piatti in lontananza e il profumo dolce della colazione arrivare fino a lui dalle scale, perciò si guardò attorno, scoprendo così che Poppy non era nei paraggi.

“Deve essersene andata nella notte” mormorò.

Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo: si sentiva molto meglio, in confronto alla sera prima, così li riaprì e spinse le gambe oltre il bordo del letto, quando i suoi piedi toccarono il freddo pavimento si alzò. Le caviglie gli bruciavano ancora ma sapeva che sarebbero serviti un paio di giorni affinché la pozione “Rimpolpa Muscoli” – assieme ad altre pozioni – curasse le ferite e riportasse tutto alla normalità. Non che fosse la prima volta che si rompeva qualcosa.
Quando si mise diritto la schiena gli fece male, ma la ignorò perché sapeva che quello era il momento migliore per filarsela dato che la maggior parte dei membri dell’ordine sarebbe stata lontana o a far colazione.

Si fece dolorosamente strada fino alla porta, la socchiuse e guardò fuori per assicurarsi che nessuno fosse nei paraggi, dopodiché si diresse alle scale. Il dolore alla schiena peggiorava ad ogni passo, ma di nuovo venne ignorato. Harry mise cautamente un piede sul primo scalino e restò in ascolto, ma non sentì nulla che potesse suggerirgli la presenza di qualcun altro. Non poteva arrendersi ora. La caviglia pulsò dolorosamente appena la caricò del suo peso. Raggiunse il pianerottolo e si guardò attorno; sentiva delle voci provenire da una stanza alla sua destra ma la porta era chiusa, perciò era salvo. Il pianerottolo era deserto, perciò Harry andò tranquillamente (nonostante il dolore) fino alla porta d’ingresso.

'E’ stato troppo facile.' pensò avvicinandosi all’ingresso. Perché nessuno lo stava sorvegliando e perché non c’erano guardie piazzate davanti alla porta principale?

'Forse è perché non si aspettano che io usi la porta.' Pensò fra sé e sé.
Era a pochi centimetri dalla porta d’ingresso. Si fermò e ascoltò in cerca di qualsiasi rumore di passi che potesse allarmarlo, dopodiché sbuffò e fece per aprire la porta.

Tuttavia la sua mano aveva quasi raggiunto la maniglia quando una forza invisibile si schiantò contro Harry che, essendo già ferito e indebolito, fu spinto violentemente indietro e sbatté contro al muro alle sue spalle, accasciandosi poi al sul pavimento. Emise un gemito di dolore quando atterrò sulla già dolorante schiena. Rimase così per un momento, inspirando brevi boccate d’aria per non aggravare il dolore alle costole, ma prima che avesse una possibilità per rialzarsi sentì una voce accanto a lui.

“Avrei dovuto avvisarti.”

Harry alzò gli occhi e incontrò un Silente molto assorto e un paio di Auror, a qualche passo da lui. Il ragazzo ringhiò piano: Albus Silente era l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento, soprattutto nello stato in cui si trovava. Mentre si metteva carponi per girarsi dovette mordersi un labbro per impedirsi di gemere per il dolore.

Silente osservò il ragazzo ferito cercare di tirarsi su e al contempo fissarlo furioso; lo vide anche trasalire e portarsi cautamente una mano al fianco. Silente avrebbe voluto aiutarlo più di ogni altra cosa, ma sapeva quale sarebbe stato il risultato, perciò attese silenziosamente che Harry si alzasse e solo quando fu completamente in piedi, con la testa bene in alto, parlò ancora.

“Questa casa è circondata da potenti barriere, Harry, e soltanto i membri dell’Ordine possono andare e venire a loro piacere. Tutti gli altri devono essere scortati.” Quando finì di parlare lo sguardo di Harry era così furioso che, se gli occhi avessero potuto, l’avrebbero ucciso.

“Vieni, Harry, andiamo a sederci; sono convinto che tu debba ancora riprenderti da ieri.” Disse Silente con il senso di colpa appena percepibile nel tono di voce. Non approvava il piano di Sirius per ingannare il ragazzo, così come non credeva che quattro incantesimi su un adolescente fossero necessari.

“Non vengo da nessuna parte con te!” ribatté Harry con la voce ancora rauca a causa della gola secca.

Silente guardò Harry tristemente, il dolore che tutto l’odio che gli veniva rivolto gli doleva, così aprì la bocca per cercare di calmare il ragazzo furioso, ma prima che potesse dire alcunché Harry si diresse lentamente ai piedi delle scale e cominciò a salirle.

“Harry, non credi che dovremmo parlare delle circostanze in cui siamo?” chiese Silente gentilmente.

Harry girò il capo e gli rivolse un’occhiata furiosa.

“Non ho nulla da dirti e non voglio ascoltare le tue cavolate!”

Come fossero uno, i tre Auror che stavano alle spalle di Silente alzarono le bacchette contro Harry, il quale parve per un istante sorpreso. La furia negli occhi dei tre uomini era snervante. Moody, Kingsley e Arthur non avevano mai sentito qualcuno rivolgersi così a Silente, ma questi di limitò ad alzare una mano per far loro abbassare le bacchette. Il Preside si era aspettato questa reazione. Il ragazzo, però, senza aggiungere una parola, si voltò e riprese a salire le scale.

Silente tornò nella sala da pranzo con i tre Auror in coda, la testa china, perso al pensiero di come avrebbe potuto penetrare le difese del ragazzo furioso.

Harry non ebbe altra scelta se non tornarsene al suo letto, perciò si sedette cautamente sul bordo e sospirò. Era nei guai. Il ministero sarebbe potuto arrivare in qualsiasi momento per arrestarlo e probabilmente entro quella stessa notte sarebbe stato rinchiuso ad Azkaban! Doveva andarsene, ma come? Non era pronto per sfidare di nuovo le barriere – era abbastanza sicuro che non si sarebbe rialzato una seconda volta. A distoglierlo da questi pensieri fu un qualcuno che bussò per poi entrare nella stanza. Harry aprì la bocca per gridare all’abuso ma si fermò quando vide una stanca Madama Chips entrare. Il ragazzo riuscì a forzare un debole sorriso quando la vide strillare e corrergli incontro.

“Harry, in nome di Merlino, cosa ci fai in piedi? Sdraiati immediatamente!”

Madama Chips lo spinse sotto le coperte ed iniziò a trafficargli attorno; controllò che fosse a posto e una volta finito – dopo aver elencato tutte le ferite che la preoccupavano – si sedette sulla sua sedia, esausta.

Harry tornò a sedere nel letto e sorrise.

“Finito?” chiese.

“Sì” si sentì rispondere stancamente.

“Bene, ora dimmi come faccio ad andarmene di qui.”

Poppy guardò Harry con la tristezza negli occhi.

“Harry, per favore, sai che non puoi scappare.”

“Poppy, non capisci. Non posso stare qui, non sono al sicuro. Se non mi lascia andare ora, stanotte sarò ad Azkaban!” Harry tacque per dare più effetto alle sue parole.

Poppy sembrava molto a disagio, si torceva le dita e lanciava sguardi preoccupati al ragazzo e alla porta. Alla fine, si alzò e gli andò vicino.

“Harry, fosse per me ti aiuterei, te lo devo, ma il fatto è che nemmeno io posso aiutarti a fuggire. Non sono un membro dell’Ordine, perciò non posso scortarti fuori.”

Madama Chips guardò all’espressione triste del ragazzo ferito e sentì il suo cuore spezzarsi. Sapeva che Silente non voleva che ad Harry venisse fatto alcun male, ma aveva il potere di salvarlo da Azkaban? Preferì non pensarci, così si limitò a spostare la frangia del ragazzo dalla fronte e a sorridergli tristemente.

“Sono mortificata, Harry.”

Harry scrollò semplicemente le spalle e fissò le mani che teneva in grembo. Era costretto ad escogitare un piano diverso.

***

Silente sedeva con i membri dell’ordine attorno. Molti di loro avevano atteso ansiosamente il suo ritorno per sapere delle sorti di Harry, ma tutto ciò che poteva dir loro in quel preciso momento era che il Ministero gli aveva messo fra le mani il suo destino. Tonks e Molly stavano ancora pulendo i piatti della colazione, mentre Arthur era impegnato a parlare con James, Sirius e Remus; mentre Silente stesso sedeva e parlava con Lily – che ancora aveva gli occhi gonfi e rossi, e pareva intontita. Moody e Kingsley erano in un angolo, apparentemente persi nei loro pensieri.

Lily si guardò intorno quando Silente andò a parlare con Molly, pensando intensamente a cosa l’anziano Preside le aveva detto per rassicurarla sul fatto che ad Harry non sarebbe stato fatto alcun male. Appena il ragazzo avrebbe scoperto chi era lui e chi era Voldemort sarebbe senza dubbio tornato nella Luce. In realtà a Lily di questo poco importava, infatti era più interessata al suo desiderio di andare da lui al piano di sopra, visto che James l’aveva praticamente trascinata via per farla riposare. Si alzò lentamente per preparare la colazione. James la notò e la raggiunse.

“Lils, non penso che lui...”

“Taci, James, per favore, taci.” Disse Lily con la voce rotta dall’emozione.

James tacque e mise un braccio attorno alla sua vita per rassicurarla. Le regalò un sorriso pieno di comprensione e versò del succo per Harry in un bicchiere.

Entrambi uscirono dalla stanza mentre tutti gli altri rimanevano silenziosi ai loro posti, senza sapere esattamente come reagire. Moody ringhiò un po’, ma subito tornò ai suoi pensieri, tutti gli altri decisero di ignorare la colazione a letto che si preannunciava e tornarono alle loro occupazioni.

James e Lily salirono quietamente le scale, entrambi nervosi alla prospettiva di parlare con Harry. Si fermarono appena fuori dalla porta e si scambiarono uno sguardo carico di nervosismo. Aprirono la porta, ma si bloccarono, visto che i loro cuori avevano appena saltato un battito alla vista di Harry, seduto nel letto, che parlava con Poppy.

“Che c’è qui dentro?” stava chiedendo Harry mostrando una piccola fiala contenente un liquido nero.

“Ali di libellula, zampe di scarafaggio sminuzzate e...” cominciò Poppy.

“No, okay, non dirmelo.”

“Allora perché me l’hai chiesto?”
“Curiosità.”

Harry le rivolse un sorriso sfrontato e mandò giù tutta la pozione nera in un sorso solo. Venne scosso drammaticamente da un brivido.

“Ew, Spero tu sia conscia di quanto faccia schifo.” Disse guardando Poppy.

Lily e James non poterono fare a meno di sorridere. Era la prima volta che Lily sentiva la voce di suo figlio e rimase momentaneamente stupita per quanto assomigliasse a quella di Damien. James aveva ovviamente sentito altre volte la voce di Harry, ma era sempre stato in tono di sfida, e questa era la prima volta che lo sentiva parlare normalmente.

Aprirono la porta e ed entrarono nella stanza. Poppy ed Harry si girarono per vedere chi si fosse unito a loro. Poppy rivolse ad entrambi un sorriso splendente, ma Harry si scurì in volto e, dopo aver riservato ad entrambi un’occhiata malevola, distolse lo sguardo.

Poppy notò la reazione di Harry e li lasciò da soli, usando la scusa di dover correre di sotto per un momento.
Harry non degnò Poppy di una sola occhiata, mentre lei si defilava. James e Lily si sentivano entrambi sulle spine.
Harry non degnò di una sola occhiata nemmeno loro, continuò a fissare le sue stesse mani poggiate nel suo grembo. Lily fece coraggiosamente un passo avanti permettendo alle sue gambe tremanti di portarla fino al letto. James la seguì riluttante.

Lei poggiò il piatto con il cibo sul comodino e fissò Harry in attesa. Il moro non le rivolse nemmeno un’occhiata. Ora che Lily poteva vedere gli occhi del figlio il suo cuore scoppiò di felicità. ‘Ha decisamente i miei occhi!’ pensò. James a quel punto aveva raggiunto la moglie e posato il bicchiere di succo sul vassoio della colazione.

Lily non riuscì più a trattenersi, si sporse e tentò di toccare il volto di Harry, ma questi si ritrasse e le rivolse un’occhiata così cattiva che la fece indietreggiare.

“Harry! Cosa...” Lily si interruppe quando Harry scostò bruscamente le coperte e si alzò in piedi, guardando furiosamente Lily e James.

“Harry, per favore, torna a letto, non sei ancora totalmente guarito, ti farai male!” tentò James.

“Dovete essere parecchio dispiaciuti, no?” disse Harry e Lily fu visibilmente scossa dal veleno che c’era nel suo tono.

James fissò scioccato il figlio.

“Cosa intendi?”

“Non vi aspettavate vero che sopravvivessi!” esclamò e ‘stavolta Harry aveva uno strano luccichio negli occhi verde smeraldo: sembrava ci fosse del dolore misto alla rabbia che bruciava nelle iridi.

Entrambi rimasero pietrificati davanti all’accusa.

“Harry, come puoi pensarlo? Lo sai che ciò che è accaduto è stato un incidente, non ti avrei mai attaccato se avessi saputo che eri mio...”

James vacillò. Non riusciva ancora a credere che Harry, il Principe Oscuro, responsabile di così tanti omicidi e torture, era suo figlio. Harry fissava James con tanta ripugnanza che Lily dovette distogliere lo sguardo.
“Fatti entrare in testa questo, Potter: non sono tuo figlio! Tuo figlio è morto un sacco di anni fa, io sono il figlio di Voldemort.”

Lily e James rimasero senza parole. Si aspettavano che Harry sarebbe stato rude e difficile, ma non erano preparati per parole così dolorose. Fecero timidamente un passo verso il ragazzo furioso.

‘Stavolta fu Lily a tentare di parlargli.

“Harry, per favore, ascoltaci. So che sei molto arrabbiato e confuso, ma devi capire. Siamo noi i tuoi genitori e V-Voldemort non è tuo padre.” Tentò disperatamente Lily.

Harry posò il suo sguardo di ghiaccio su di lei e le parlò direttamente.

“Potete credere diversamente, ma è a tutti gli effetti il mio vero padre. Lui mi ha cresciuto: il mettere al mondo qualcuno non fa di voi dei genitori.”

Harry sogghignò internamente quando vide lacrime apparire negli occhi di Lily e James. Era stato fantastico insegnargli il loro posto. Senza dire loro un’altra parola, Harry si fece dolorosamente strada verso il bagno, si chiuse la porta alle spalle e crollò a terra. Non aveva davvero bisogno del bagno, voleva solo allontanarsi dai Potter.

Lily e James uscirono tristemente dalla stanza e scesero le scale. Entrarono in un’altra e tentarono di confortarsi l’un l’altro in un vano tentativo di rammendare le ferite nei loro cuori.

***

Moody guardò Silente intento a parlare con Arthur e Kingsley. Il suo occhio magico girò all’indietro e osservò i Potter scendere gli ultimi gradini e rintanarsi nella stanza adiacente alla cucina con delle espressioni miserabili. Sapeva che Harry ora doveva essere solo, visto che Madama Chips stava spiegando a Remus e Sirius come somministrare ad Harry le pozioni che avrebbe continuato a prendere. Moody si alzò e lasciò la stanza il più discretamente possibile.

Arrivò davanti alla stanza di Harry in pochi secondi; sapeva cosa doveva fare e avrebbe usato ogni mezzo per riuscire nell’impresa. Aprì la porta ed entrò, chiudendosela alle spalle.

La testa di Harry si sollevò di scatto appena in tempo per vedere Moody entrare nella stanza. Per un momento il ragazzo aveva creduto fossero di nuovo i Potter, ma visto chi era si limitò a rivolgergli un’occhiataccia per poi tornare a fissare fuori dalla finestra. Al momento era seduto sul letto. Ignorò Moody fino a che non lo sentì troneggiare su di lui, allora sospirò e distolse lo sguardo dalla finestra.

“Che vuoi?!” sbottò.

Moody non rispose, continò a fissare Harry, e sembrava quasi si stesse trattenendo dallo strangolarlo. Invece di parlare, Malocchio tirò fuori dalla sua veste due oggetti: il primo era una boccetta e il secondo una piccola fiala. Harry guardò apprensivamente la bacchetta per qualche secondo prima di posare lo sguardo sulla piccola fiala di pozione, dopodiché guardò incredulo Moody e gli chiese:

“Ti aspetti davvero che io beva quella roba volontariamente?” lo prese in giro, nonostante sapesse più che bene che non avrebbe dovuto far arrabbiare l’Auror.

“Puoi farlo volontariamente o posso forzarti!” ribatté bruscamente Moody, quasi incapace di tenere ferme le mani per dominare la collera.

Harry sentì ribollire lo stomaco per la rabbia. Ancora una volta scese dal confortevole letto e si trovò faccia a faccia con Malocchio.

“Ti senti un grande mago potente solo perché puoi costringere con la forza un adolescente ferito. Sei stato costretto a legarmi prima di poter cercare di farmi male, perciò scusa se non sono nemmeno remotamente spaventato da un codardo.”

Harry mantenette la voce bassa , nonostante non avrebbe voluto far altro che urlare contro l’Auror come l’aveva abusato. Moody ora però stava tremando per la collera, si chinò –sicché le loro facce furono a pochi centimetri di distanza.

“Ti conviene stare attento a cosa dici, ragazzo, io non sono Silente, non ti permetterò di parlarmi con quel tono. Potrai anche essere il figlio di James, ma per me non fa differenza. Sei uno schifoso assassino senza cuore, ed è così che verrai trattato da me.”

Le parole avevano appena lasciato la sua bocca che Moody, con un movimento fulmineo, aveva afferrato Harry per il collo. Harry boccheggiava e al contempo tentava di liberarsi: diede le spalle a Moody e gli tirò una gomitata nello stomaco. Moody ansimò e allentò la stretta su Harry, che ne approfittò per allontanarsi da lui. Una volta libero Harry poté focalizzare tutta la sua attenzione su Moody, che ancora respirava a fatica. Malocchio lo vide fare un gesto con la mano e dopo sentì una forza invisibile schiantarglisi addosso e sollevarlo per aria, gettandolo poi dall’altra parte della stanza.

Ora Moody era più che incazzato, si alzò e punto la bacchetta contro il ragazzo.

“REDUCTO!” urlò, e un getto di luce lasciò la sua bacchetta per colpire Harry dritto al petto.

Harry si sentì volare attraverso la stanza e atterrare dolorosamente sulla scrivania nell’angolo più lontano. Prima ancora che potesse scacciare i punti rossi da davanti agli occhi si sentì prendere di nuovo per il collo, per poi finire violentemente sbattuto sul letto, legato per caviglie e polsi. Guardò Malocchio furiosamente: non poteva far saltare in aria Moody e nemmeno proteggersi senza poter usare le mani. Osservò senza speranza l’Auror avvicinarsi e aprire la fiala.

Harry non dovette nemmeno chiedersi cosa sarebbe stato costretto a mandar giù: era Veritaserum, la pozione della verità; al pensiero di quali domande gli sarebbero state fatte (sicuramente dove fosse suo padre e i nomi dei membri della cricca) cominciò a sudare freddo: tentò di liberarsi disperatamente, ma fu un insuccesso.

Moody arrivò ad Harry e gli strinse il mento rudemente, preparandosi a versare tre gocce del siero nella sua bocca, ma il ragazzo la serrò: non avrebbe permesso in nessun caso a Moody di fargli bere quella pozione.

"Berrai questa roba ragazzo e sputerai fuori tutti i segreti di Voldemort!” ringhiò Malocchio.

L’Auror tentò di aprire la bocca di Harry, ma gli risultò difficile con una sola mano libera, perciò nella frustrazione gli diede un manrovescio e tornò a cercare di forzarlo.

Harry sentì le lacrime pungergli agli angoli degli occhi mentre si riprendeva dallo schiaffo: la mascella faceva così male che pareva andasse a fuoco. La sua intera faccia bruciava nel punto in cui Moody l’aveva colpito, ma si rifiutò comunque di aprire la bocca tentando di allontanarsi dall’uomo per quanto gli fosse concesso. Appena prima che Harry cedesse e le sue mascelle si rilassassero un po’ la porta si spalancò violentemente e un Sirius incazzato nero entrò a grandi passi. Al nuovo arrivato bastò un’occhiata ai due per entrare in azione e spingere lontano Moody – che teneva saldamente in mano il Veritaserum. Harry avrebbe potuto piangere per il sollievo mentre guardava Sirius trascinare via Malocchio – che nel frattempo gli stava gridando contro.

“Come osi, Moody! In nome di Merlino, cosa pensavi di fare?! Fuori di qui! Fuori!”

Harry guardò Moody lottare fino a che non vide James e Silente entrare nella stanza. Quest’ultimo, dopo una sola occhiata allo stato in cui versava la camera, liberò Harry, che si sedette velocemente sul letto e tentò di calmare il suo cuore impazzito. Silente nel frattempo fece segno ai tre uomini di seguirlo, ma mentre stavano lasciando la stanza James si avvicinò ad Harry e gli rivolse uno sguardo colmo di preoccupazione.

"Harry, stai bene?”

Harry realizzò di star tremando, perciò si strinse le spalle con le sue stesse braccia e prese un respiro profondo per fermare il tremore. Distolse lo sguardo da James e si ritrasse quando la sua mano tentò di toccarlo. James lo guardò con compassione ed uscì, chiudendosi gentilmente la porta alle spalle.

Harry crollò a faccia in giù e nascose furiosamente la testa sotto il cuscino. Non era mai stato così arrabbiato in tutta la sua vita e nessuno prima di allora aveva avuto osato toccarlo così. Suo padre non avrebbe mai permesso che venisse ferito, nemmeno per caso. Harry si girò supino e cercò di rallentare il respiro e calmare il battito del suo cuore. La verità era che mai prima d’allora si era spaventato così tanto. Ma non spaventato di essere ferito, dato che il dolore fisico era parte della sua vita da sempre, no, era paura di cosa sarebbe potuto succedere se fossero riusciti a fargli bere la pozione della verità.

Tutti i piani di suo padre, i suoi segreti, i luoghi... tutto sarebbe venuto a galla.

‘No, non posso permettere che accada. Mio padre non deve essere messo a repentaglio.’ Pensò.

La testa gli pulsava e il dolore alle costole e alla caviglia lo stavano facendo sentire male. Ruotò su un lato w lasciò che le sue mente così preoccupata cadesse nel sonno. Il suo ultimo pensiero coerente fu: ‘Non gli permetterò di farmi bere il Veritaserum’.

***

James era furioso con Moody e lo fronteggiò nella sala pranzo.

“Dannazione, Moody! Per quale assurdo motivo l’hai trattato a quel modo?!”

Anche Silente guardava l’Auror con aria parecchio arrabbiata, ma questi non se ne accorse.

“L’ho trattato come meritava di essere trattato! Ha fatto cose atroci e mi spiace, James, che tu creda che possa essere scusato solo perché è il tuo figliol prodigo, noi altri dobbiamo fare ciò che è giusto!”

Dopo queste parole la stanza cadde nella quiete. James stava guardando Moody con intenti omicidi molto chiari e dietro di lui anche Remus e Sirius lo stavano fissando scioccati. Lily nascose lo sguardo sperando che le lacrime non si vedessero.

“Moody, non ho mai detto che debba essere scusato, non hai alcun diritto ad accusarmi! Ero amico di Frank quanto te! Soffro per la sua morte anche io, ma questo non vuol dire che possa perdere il controllo come hai fatto tu!”

Moody si limitò a grugnire e si incamminò verso la porta.

“Non sono io quello che ha perso il controllo. Siete voi quelli che stanno lasciando un assassino libero di girovagare per il quartier generale come se fosse suo!” detto questo Moody lasciò la camera e si diresse verso la porta d’ingresso.

James e Lily erano attoniti. Un assassino. Harry era un assassino. La verità su loro figlio non era ancora stata digerita interamente dai due genitori sconvolti. Harry non aveva speranze in quel mondo. Sarebbe finito ad Azkaban. Lily si sciolse in singhiozzi disperati e Remus e Molly tentarono di confortarla. James era ancora immobile al suo posto e guardava l’uscio con un’espressione sconfitta sul volto. Sirius e Silente riuscirono a farlo sedere su una sedia.

Molly, Arthur, Kingsley e Tonks se ne andarono velocemente, volendo lasciare un po’ di privacy alla famiglia – tutti sapevano che Sirius e Remus facevano parte della famiglia Potter. Quando se ne furono andati, Silente parlò.

“James, Lily, per favore non rinunciate alla speranza. So che è un momento estremamente complicato per voi questo, ma dovete essere forti per il bene di Harry.”

Sirius guardò Silente. Non era giusto, non avrebbe dovuto dargli false speranze, visto che era chiaro a tutti cosa sarebbe successo: il Ministero della Magia sarebbe venuto a prelevare Harry e Silente non avrebbe potuto fare alcunché per proteggere il ragazzo.

“Silente, quale speranza abbiamo? Il Ministero non si lascerà scappare Harry, lo sappiamo noi come lo sai tu.” Disse Sirius in tono di sconforto.

Silente semplicemente sorrise loro, cosa che li irritò.

“Mio caro, Sirius, c’è sempre speranza: se non ce ne fosse non esisterebbe nulla. Penserete ch’io sia uno sciocco, ma penso che Harry sarà davvero al sicuro dal Ministero.”

James alzò il capo e guardò dritto negli occhi Silente. La curiosità lo vinse e chiese ciò che tutti volevano ma non osavano domandare:

“Silente, cosa è risultato dal tuo incontro con Fudge? Perché non sono ancora venuti per Harry?”

Sul volto di Silente si andò a formare un mesto sorriso.

“Bisogna ancora determinarlo. Il Ministro sta considerando alcuni aspetti: ha rapporti su come Harry combatte, sui suoi poteri, sugli incantesimi sconosciuti e la sua forza. Tutto ciò indica quanto Harry sia speciale e siete tutti consci di come la pensa il Ministro sulla profezia. Harry potrà non essere il ‘prescelto’ ai suoi occhi, ma non può non ammettere che è un mago estremamente potente con talenti eccezionali. E’ chiaro che lo schieramento per cui Harry combatterà in questa guerra trarrà da lui enormi vantaggi.”

“A questo proposito,” lo interruppe Sirius. “hai qualche idea sul perché Harry possa fare quelle cose, specialmente alla sua età?”

Sirius si stava ovviamente riferendo alla forza che Harry aveva dimostrato quella volta in cui con un solo calcio aveva fatto volare attraverso la stanza degli Auror fatti e finiti. Sirius fece scorrere una mano sul suo costato ancora contuso.

“Bene, avrei una teoria. Sapete che Harry è un diretto discendente di Godric Grifondoro, e questo lo fa essere più potente dei suoi coetanei. Comunque, con Voldemort...” i presenti nella stanza boccheggiarono al nome “che l’ha marchiato come suo erede Harry è anche l’ultimo discendente di Salazar Serpeverde.”

James e Lily inorridirono. Loro figlio era l’erede di Serpeverde.

“Harry è ora l’erede di due antichissime famiglie. All’età di sedici anni ha forza e capacità che tengono testa alla maggior parte degli adulti. Ha il potere di divenire una leggenda, quando diventerà maggiorenne. Come userà i suoi poteri dipenderà da come Harry prenderà la verità che lo attende.”

Guardò Lily e vide le lacrime scorrerle liberamente sul volto.

“Sarebbe una mossa veramente sciocca per il Ministro quella di rinchiudere Harry ad Azkaban. Caramell vuole vincere questa guerra. Ha sofferto immensamente nelle mani di Voldemort, vuole sconfiggerlo, e se Harry aiuterà il Ministro non si lascerà sfuggire questa opportunità.” Finito di parlare, Silente scrutò le facce depresse che lo circondavano.

“Quando potremo sapere cosa ha deciso il Ministro?” chiese James con voce malferma.

“Presto James, ma fino ad allora rilassati. Fa sì che Harry si apra con noi, in qualunque modo. E’ di fondamentale importanza che capisca che noi non siamo il nemico.”

“Tsk! Moody c’è stato di grandissimo aiuto in questo!” sussurrò Sirius mentre Silente si alzava per uscire dalla stanza.

   
 
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