FUGA CAP 14
FUGA
CAPITOLO 14
Raccontarsi
ESTATE
2007
La
prima notte trascorse lenta nella villa. Le risate, gli scherzi, le
battute
assurde, avevano riempito rapidamente le fresche mura, rendendo la
serata
interminabile e tutti, nonostante la stanchezza,
ci rifiutammo di
andare a dormire. Ovviamente però, il sonno, appena prima
dell’alba ci
sconfisse e cademmo addormentati nel salone.
Un
cinguettio unito al chiacchiericcio di bimbi e mamme, proveniente dalle
finestre aperte, mi svegliò. Aprii appena un occhio cercando
di capire dove mi
trovassi e vidi un mento coperto da una leggera e chiara peluria. Scesi
con gli
occhi verso il pomo d’Adamo per poi risalire veloce sino alla
bocca.
L’incrinatura del collo non mi permetteva di alzare la testa
senza spostarmi
direttamente e rischiare di svegliare il mio cuscino personale, ma
sapevo già
chi fosse.
Per
la seconda volta in due giorni mi ero svegliata tra le sue braccia, non
che
fosse una cosa così inusuale ma tutto stava assumendo un
significato diverso,
che volessi ammetterlo o meno, mi piaceva essere abbracciata da lui. Un
piacere
del tutto lontano dall’essere platonico…
In
quel momento, di nuovo, con la stessa curiosità, i miei
occhi si fissarono
sulle sue labbra, morbide, rosa, che si schiudevano appena respirando
dolcemente sulla mia pelle.
Rabbrividii
mossa nuovamente da una strana emozione…desiderio
e prima di fare ancora
lo stesso errore, mi allontanai leggermente alzandomi dal suo petto.
Senza
soffermarmi sul viso di Ale, sapendo già quanto
l’avrei trovato tenero ma
dannatamente bello, mentre dormiva, mi voltai cercando di capire dove
fosse il
resto della truppa. Scoprii di aver passato quelle poche ore di sonno,
sul
pavimento ma non mi sentivo stanca ne dolorante, merito di Ale,
sicuramente.
Mi
misi a sedere lentamente, mentre capii che tutti dormivano.
Gaia,
era in una posizione, all’apparenza scomodissima, tra
Riccardo ed Ilaria che si
stendeva verticalmente, con la testa sulla schiena di Davide che a sua
volta
condivideva un cuscino del divano con Stefano. Poi vi era Daniela,
appoggiata
ad una spalla di Stefano che allungava le gambe verso Alessandro e per
ultima
io. Forse per questo avevo dormito comoda, ero l’ultima di
quella lunga catena
e per di più, decisamente più piccola di
corporatura, mi adattavo perfettamente
al fianco di Alessandro.
Gli
occhi tornarono a lui e… come immaginavo, lo trovai
maledettamente bello!
“Giorno”
biascicò ad occhi chiusi.
Sussultai
appena sentendo la sua voce. Non mi ero accorta si fosse svegliato.
“Scusa,
non volevo svegliarti” risposi sussurrando per non svegliare
gli altri.
Mi
alzai cercando di far piano e mi diressi in bagno.
Avevo
il viso stravolto dalle poche ore di sonno ed i capelli arruffati,
cercai
quindi, di migliorare l’impossibile e dopo essermi
rinfrescata con dell’acqua
ed aver legato i capelli decisi che avevo davvero bisogno di un
caffè.
Mi
diressi in cucina, senza fare troppo rumore e trovai Alessandro intento
a
versare il caffè nelle tazzine.
“Ehi
ti sei alzato?”, chiesi sedendomi al suo fianco.
“Già,
ormai ero sveglio”.
“Colpa
mia?” chiesi portando il caffè alle labbra.
Ma
lui fece spallucce sorridendo appena, mentre eseguiva i miei stessi
movimenti.
“Veramente,
ho sentito come se mi avessero tolto un peso dal petto”
commentò.
“Come?”
“Già,
sarà per il tuo testone” disse ridendo.
“Io
non ho il testone!” squittii arrabbiata.
Ale
scoppiò a ridere e mi mise un dito sulle labbra.
“Non
urlare o sveglierai tutti!”
Lo
guardai, per un attimo intimorita dalla sensazione di calore che avevo
percepito
sulla bocca, ad un suo semplice contatto. Abbassai gli occhi, timorosa
che
potesse capire il mio turbamento e mi limitai a borbottare tra me.
“Non
ho il testone!”.
Vidi
con la coda dell’occhio le labbra di Ale alzarsi appena
all’insù per poi
tornare a sorseggiare il suo caffè.
Rimanemmo
in silenzio per alcuni minuti, sembravamo entrambi persi in pensieri
lontani o
almeno io lo ero sicuramente. Era strano come la mia mente si
soffermava in
tanti piccoli dettagli che fino a poco tempo prima davo per scontati;
la
bellezza di Alessandro, per esempio, era sempre stata lì,
davanti a me. Lo
avevo visto in mille situazioni diverse ma ero sempre stata consapevole
di...lui!
In
quei giorni, però, il
mio stesso corpo
mi stava dando risposte diverse da
quelle che credevo. Quando era accaduto? Quando era cambiato tutto?
Insomma,
era come se ci fosse uno stretto legame tra il mio cuore e la mia testa
ma in
quel momento non stessero collaborando. Era come se la testa rispondeva
alle
mille domande che mi ponevo ma il mio cuore cercava continuamente di
smentirle.
E
quando un sorriso diventa una morsa allo stomaco, quando…
“Che
c’è?” chiese Ale
all’improvviso.
Sussultai
alzando gli occhi spaventata.
“Niente
ero sovrappensiero”.
“Lo
vedo, è per questo che te l’ho chiesto”
disse muovendo gli occhi verso di me
come per analizzarmi meglio.
Sentii
il viso andarmi a fuoco e mi maledii in tutte le lingue per non
riuscire a
nascondergli nulla.
Quando…
“Ma
niente, niente, sai che di prima mattina mi perdo in concetti
inutili” .
Quando…
ci si nasconde da quegli stessi occhi che ti hanno guardato da sempre, cosa vuol dire? A chi si
deve dar retta? Alla
mente o al cuore?
Non
ne avevo idea, seguii solo l’istinto. E lo feci per tutta la
vacanza.
“Tu
invece?” esordii cercando di cambiare argomento.
“Io
cosa?”
Presi
un nuovo respiro, come per darmi il coraggio di guardarlo.
Dannazione
Michy ma che ti prende? Non riesci nemmeno più a parlargli?
Pensai arrabbiata.
Mi
sforzai, e tornai con gli occhi su di lui.
“So
che preferisci far finta di nulla ma ora siamo soli e sai che puoi
dirmi tutto,
perciò mi racconti cosa è accaduto con tuo
padre?” chiesi dolcemente.
Ale
strizzò gli occhi, prese un altro sorso di caffè
e tornò a guardarmi.
“Non
c’è bisogno che ti spieghi il motivo. E’
sempre la stessa storia, non ci
capiamo, siamo diversi, completamente diversi e lui quando si
arrabbia… Stava
per prendersela con Mirko e non potevo permettere che
accadesse!”, disse
cercando di trattenere la rabbia che gli sentivo nelle voce.
Mirko
era il fratello più piccolo di Alessandro. A sedici anni,
era un ragazzino
dolcissimo che adoravo ma che non riuscivo a vedere molto spesso
perché viveva
con la nonna paterna. Frequentava una scuola di musica per giovani
talenti e si
era trasferito sin dal primo anno, quando ne aveva solo quattordici, per poter
seguire tutti i corsi nella parte Nord di Roma senza dover
fare avanti
ed indietro da casa sua.
A
volte, però, tornava a casa per un paio di giorni,
più per stare con Ale che
con il padre.
La
scuola, era quindi, la motivazione ufficiale ed Alessandro aveva
insistito
tantissimo per convincere il padre a lasciare che Mirko seguisse i suoi
sogni
ed ovviamente se ne era preso tutta la responsabilità,
diventando l’unico
figlio che doveva seguire le sue orme.
Lo
guardai e mi avvicinai istintivamente abbracciandolo, lui si
irrigidì appena,
come sempre gli risultavano strani i gesti d’affetto, ma poi
mi fece spazio
sotto il suo braccio.
Rimanemmo
in silenzio alcuni minuti, mentre Ale continuava a darmi piccoli baci
sulla
fronte come per calmarsi. Io mi godetti
quell’intimità ma una parte di me non
riusciva a smettere di pensare a quanto dovesse essere difficile la
vita di
Alessandro e di cercare un modo o una soluzione per poterlo aiutare.
“A
cosa pensi ora?” chiese dolcemente.
“Posso
farti una domanda un po’ personale?” chiesi di
getto.
“Certo”
Presi
un respiro e lo guardai negli occhi per cercare di scorgere la sua
risposta
ancora prima gli desse voce.
“Perché
tuo padre reagisce sempre in questo modo?”.
Ale
mantenne lo sguardo fisso su di me senza darmi nessun segno di vergogna
o
timore e ciò mi fece piacere.
“Perché
assomiglio a lei” rispose semplicemente.
Corrugai
la fronte confusa, non era esattamente la risposta che mi aspettavo.
Lui
sorrise della mia espressione buffa e continuò : “
mia madre”.
Mi
alzai improvvisamente come per drizzare le orecchie. Non avevamo mai
parlato
molto di sua madre.
“Non
ti ho mai fatto vedere nessuna sua foto ma…beh con gli anni
sono cresciuto e ti
posso assicurare che sono la sua fotocopia, al contrario di Mirko che
è uguale
a nostro padre. Ecco il motivo. Con me, ha sempre davanti gli occhi
l’immagine
della donna che lo ha lasciato” disse sorridendo amaramente e
anche se cercò di
mascherare il suo risentimento capii che non ne era immune.
“Ti
manca?” chiesi guardandolo.
Ale
si guardò intorno e sorrise di sbieco stringendosi nelle
spalle.
“Me
ne sono fatto una ragione ormai. Mi ha lasciato che avevo quattordici
anni e
per quanto mia padre sia uno stronzo è l’unica
famiglia che mi sia stata sempre
vicina, al contrario di lei. Non so cosa gli abbia fatto, capisco che
la vita
con lui non deve essere stata una passeggiata ma perché
chiudere tutti i ponti
anche con me e Mirko? Lui aveva appena sei anni e ormai quasi non se
l’ha
ricorda più. L’unica cosa che ci ha lasciato
è il talento per la musica a mio
fratello e gli occhi verdi a me”, concluse cercando di
riderci su.
“E
non dimentichiamo la mia incredibile bellezza” aggiunse
facendomi l’occhiolino.
Io
ero rimasta ad ascoltarlo in silenzio, senza smettere di guardarlo,
sentendo il
cuore battere all’impazzata fino a scoppiarmi nel petto e non
riuscii a
trattenermi.
Mi
lanciai di nuovo tra le sue braccia, stringendolo con tutta la forza
che avevo
e trattenendo le lacrime di fronte a questo dolcissimo ragazzo che
rimaneva un
mistero per molti ma il regalo più grande per me.
“Sei
un bravo fratello” sussurrai sul suo collo, mentre sentivo
due braccia
avvolgermi la vita, ricambiando la mia stretta.
“Tu..tu
ti preoccupi sempre per
gli altri, per
me, per Mirko ed invece…chi si preoccupa per te?”
dissi e mi accorsi troppo
tardi della mia voce, rotta dall’emozione.
Lo
sentii respirare tra i miei capelli mentre sussurrò :
“Tu Michy. Sei tu, sei la mia Certezza, ricordi?”.
**********************************
La
notte era passata, mentre io non avevo smesso mai di piangere. Non ero
tornata
nemmeno in camera, ero semplicemente rimasta fuori rannicchiata sul
dondolo a
guardare le stelle e cercare di capire dove avessi sbagliato in tutti
quegli
anni, ma le risposte non arrivarono. Ci eravamo amati, di un amore
fraterno che
per me poi era cambiato ma sempre di amore si trattava.
Allora
perché poi ci eravamo fatti così male e ancora ce
ne stavamo facendo?
In
quei due anni mi ero più volte costretta a guardare avanti,
ed anche se era una
cosa che dovevo fare e rifare più volte ogni giorno, avevo
iniziato a convivere
con quella presenza nel mio cuore. In quel posto però, mi
accorsi di come le
mie difese stessero iniziando a cedere davanti i ricordi di
quell’estate.
Li
vedevo e rivivevo ancora ed ancora, come una vecchia videocassetta che
finisce ed inizia
daccapo, ininterrottamente.
C’ero
io, e la paura per la scoperta di quel nuovo sentimento.
C’era
Ale, e la sua più innocente e sconvolta espressione di
stupore, di fronte alle
mie
parole.
E
poi rabbia, dolore, lacrime ed ancora dolore. Un male straziante e
disarmante
che mi lasciò sola ed indifesa in quella che doveva essere
la nostra vacanza
più bella e che invece divenne la fine di tutto.
Mi
sentii tradita, nel cuore e nell’anima. Tradita dalla persona
che amavo di più
e non seppi affrontarlo, fu semplicemente…troppo!
“Ehi
ma sei già sveglia?”, una voce mi fece voltare
verso lo sguardo curioso di
Stefano.
“Non
hai una bella faccia, stai bene?”, continuò
avvicinandosi preoccupato.
La
mia mente ancora annebbiata e stanca per la nottata insonne e per le
lacrime
versate, ci mise qualche secondo a capire la sua domanda.
Scossi
la testa, abbassando lo sguardo e cercando di ritrovare la voce.
Stefano dovette
capire il mio tentativo, perché si
avvicinò in poche falcate e mi strinse fra le braccia.
“Vieni,
entriamo, ho fatto il caffè” disse.
“Non
mi va di entrare, sto bene qui” dissi rabbrividendo.
“Stanno
ancora tutti dormendo, non preoccuparti e poi hai bisogno di qualcosa
di caldo
sei gelata”, insistette avviandosi verso l’interno
senza smettere di
stringermi.
“Meglio?”
chiese seduto al mio fianco, dopo avermi preparato la colazione ed
avermi guardato
mangiarla, senza dire una parola.
Il
latte caldo insieme ad una bella tazza di caffè, mi avevano
calmato abbastanza
da affrontare meglio un discorso. Dimenticai perfino che al piano di
sopra lui
stesse ancora dormendo e che sarebbe sceso prima o poi.
“Si
grazie, molto meglio” risposi sorridendo e cercando di farlo
al mio meglio.
“Come
mai già in piedi?” chiesi.
“Sai
nei Parà non è che si dorma fino alle dieci.
Ormai è un abitudine. Tu
piuttosto, vuoi dirmi perché ti ho trovata in giardino, alle
sette del mattino,
congelata e con la faccia che sembravi uno zombie?” disse
guardandomi negli
occhi.
Io
abbassai lo sguardo e feci spallucce.
“Non
riuscivo a dormire. Tutto qui”
“Tutto
qui”, ripeté.
“Già”.
“E
quindi non c’entra nulla il fatto che il mio caro compagno di
stanza mi abbia
tenuto sveglio tutta la notte, sbuffando come un treno e che finalmente
sia
crollato solo qualche ora fa?”.
Mi
voltai di scatto incrociando i suoi occhi. Qualcosa…proprio
lì, più
giù nel petto, nel profondo della mia
anima, in quel cuore che da tempo credevo spento, si accese.
“Già”,
ripeté.
Sentivo
il sangue tornare in circolo, come se sapere che anche Ale avesse
passato la
notte sveglio mi avesse rincuorato, ed in certo senso fu
così. Forse,
nonostante l’impressione di infischiarsene di tutto, di me,
forse…
No,
non volevo ricadere in mille congetture che mi avrebbero solo fatto del
male.
“Abbiamo
parlato o meglio, ci abbiamo provato ma lui mi odia e quindi non
c’è nulla
da dire”, dissi.
Stefano
mi guardò e sputò fuori l’aria come se
si stesse trattenendo dal dire qualcosa
di sbagliato, ma non resistette.
“Stronzate!”
Lo
guardai confusa.
“Si,
hai capito bene. Quelle che dici sono solo stronzate. Il fatto che ti
odi è da
escludere. E’ arrabbiato, ferito e sappiamo entrambi quanto
sia orgoglioso”.
Sbuffai
e sbattei la tazza sul tavolo facendo uscire del caffè dal
bordo e sporcandomi.
La calma stava svanendo di nuovo
forse perché era solo apparenza.
“E’arrabbiato?
Ferito? Quando finirà la mia condanna? Sai, anche il peggior
criminale ha un
processo ed una sentenza, ma lui non mi permette nemmeno di spiegare.
Mi ha già
condannato. Ed io allora cosa dovrei dire? Tutto quello che ho fatto
è stato
una conseguenza delle sue azioni, questo sembra che
lo abbiate
dimenticato tutti, lui per primo!” dissi furiosa.
Ci
guardammo negli occhi, Stefano mi studiò ed annuì
appena, mentre io cercavo di
non scoppiare a piangere di nuovo.
“Lo
so, o meglio so qualcosa. A quanto pare nessuno dei due si è
mai deciso a
spiegare cosa sia accaduto quell’estate”.
Mi
voltai di scatto impaurita.
“Sta
tranquilla nessuno sa i dettagli e ci ha mandato ai matti parecchio il
fatto di non sapere nulla.
Gaia e Riccardo ne sanno
qualcosa”.
“Che
vuoi dire?”.
Stefano
sospirò ed allontanò lo sguardo, stropicciandosi
il viso con una mano. Sembrava
stanco, forse aveva davvero passato la notte in bianco.
“Beh,
quando sei sparita, nessuno sapeva niente. Alessandro sembrava
impazzito e
lasciami dire che ti ha cercato ovunque, è andato anche a
casa di tua zia nelle
Marche visto che i tuoi dicevano ti fossi trasferita lì,
perché tua zia non
stava bene…”
Abbassai
gli occhi imbarazzata, era la scusa che avevo supplicato ai miei di
dire,
mentre rimasi per settimane rintanata in casa mia, nella camera degli
ospiti.
“Immagino
non ci sia mai stata una zia malata”.
Scossi
la testa senza guardarlo.
“Comunque,
tu rispondevi raramente alle sue chiamate e quando lo facevi eri sempre
di
fretta. Alessandro aveva capito che qualcosa ti aveva
turbato”.
“Tzè”
commentai
“Cosa?”
chiese curioso.
“Non
so quanto sai di questa storia ma ti assicuro che ero più
che turbata e che lui
lo sapeva
benissimo” dissi sprezzante.
Stefano
non parlò perciò gli feci segno di continuare
aggiungendo : “ma cosa c’entra
questo con Gaia e Riccardo?”
“C’entra
che Gaia fosse l’unica a sapere dov’eri ma non
disse nulla. All’inizio ha
giurato di non sapere nulla ma il fatto che non si
–preoccupasse- così tanto
come ci si aspetterebbe in una situazione del genere, ci ha
insospettiti. Primo
fra tutti Alessandro.
Insomma la conosci
Gaia, avrebbe chiamato la Farnesina, l’esercito o il Presidente per trovarti,
anche se i tuoi
avessero continuato a dirle di non farlo!”
Annuii
sorridendo. Si, Gaia ne era capace.
“Beh
quando Alessandro ha capito che lei stava nascondendo la
verità si è infuriato.
Ha cercato di convincere Riccardo a parlarle ed alla fine lei ha
ceduto. Me lo
ricordo perché ero tornato in licenza ed eravamo tutti a
casa mia. Alessandro
era tornato quel giorno dalle Marche e Riccardo lo aveva accompagnato,
quando
entrarono in casa Ale si avventò contro Gaia, dicendo che
lei sapeva dove eri e
che stava lasciando che impazzisse brancolando nel buio, senza nemmeno
dire una
parola. Anche Riccardo era arrabbiato, capimmo tutti che Gaia stava
nascondendo
la verità ed alla fine scoppiò piangendo, dicendo
che eri partita per Londra e
che le avevi fatto giurare di non dirlo a nessuno… I loro
rapporti si
incrinarono da allora.
Credo
che Riccardo non gli abbia perdonato di essersi chiusa così
tanto in se stessa
e non riuscirono ad essere più quelli di prima”.
Strinsi
gli occhi fino a farli bruciare, iniziando a tremare e respirare
più
velocemente.
“E’
stata tutta colpa mia!” sussurrai.
Stefano
mi guardò e capì solo allora il significato delle
sue parole.
“Cosa?
No! No!”.
Scossi
la testa, sentendo le lacrime arrivare.
“E’
tutta colpa mia, ho rovinato tutto! Tutto! Io le avevo
chiesto…io non volevo…”
Stefano
mi abbracciò stretta a lui.
“No!
Shhh, non piangere. Non è colpa tua, tu le avevi chiesto un
favore, stavi
soffrendo e avevi bisogno di un appoggio. Sono loro che non hanno
saputo
gestire la cosa, probabilmente Gaia si è trovata in
difficoltà ma sicuramente
avevano altri problemi o la loro storia non sarebbe finita solo per
questo”.
Scossi
la testa e sospirai staccandomi da lui.
Ero
triste, arrabbiata e volevo solo abbracciare la mia migliore amica.
“Hai
ragione, non è solo colpa sua. Anche Alessandro ha la sua
parte. Perché diavolo
doveva prendersela con lei? E’ stata una mia scelta e Gaia
non centrava nulla”.
Mi
alzai andando verso il lavandino e mi sciacquai il viso con
l’acqua fresca
facendo respiri profondi e la rabbia mi aiutò a riacquistare
lucidità.
“Risolverò
questa cosa. Quei due sono fatti per stare insieme, basta guardarli.
Prima che
io riparta loro staranno di nuovo assieme, fosse l’ultima
cosa che faccio!”
Stefano
si voltò seguendo i miei movimenti con gli occhi per poi
alzarsi e mettersi di
fronte a me oscurandomi completamente la vista tanto era alto e grosso.
“Allora
è così? Sei intenzionata ad andartene di
nuovo?” chiese con voce diversa, quasi
arrabbiata.
Sbattei
le palpebre deviando il suo sguardo sentendomi un pulcino in gabbia.
“Non
c’è motivo per cui io debba restare”
risposi rassegnata.
Lui
mi guardò intensamente e continuò ad avvicinarsi.
"E
se te ne dessi uno?"
Rimasi
in silenzio. Stordita.
“O hai
trovato qualcuno a Londra?” chiese con voce più
arrogante.
Mi
irrigidii sentendomi a disagio per quella vicinanza e quel cambio di
discorso.
“Stefano
ti prego non…”
Si
avvicinò ancora mettendomi una mano sul fianco e
stringendolo. Sentii il cuore
scalpitare ma era per l’imbarazzo e la confusione del suo
gesto, niente di più.
“Voglio
sapere se stai con qualcuno, prima di fare qualcosa che desidero da
tanto!”
disse lentamente e sensuale.
Strabuzzai
gli occhi, poggiando le mani sul suo petto e cercando di respingerlo ma
era
come marmo sotto la mia pelle.
Respirai
malamente e confusa. Non capivo cosa stesse accadendo ma sapevo quanto
fosse
sbagliata quella situazione.
“Io…”
“Dimmelo”,
insistette.
“Io…io…no”,
alzai gli occhi fissandoli nei suoi.
“Io…io
lo amo ancora, lo amo probabilmente da sempre e
non ho mai smesso di farlo e
forse non lo farò mai. E’ parte di me
e non posso dimenticarlo. Non si
può scappare da ciò che si
è…”
Sussurrai
mentre le lacrime rigavano le mie guancie.
Sentii
una mano sfiorarmi una guancia ed il respiro caldo di Stefano tra i
miei
capelli.
“Brava
la mia Michy!” disse spostandosi.
Alzai
gli occhi di scatto, il tempo di vederlo muoversi scomparendo alla mia
visuale
e lasciare l’immagine di Ale che mi guardava sulla porta.
******************
Note cortissime
perchè è già tardi, susate il ritardo
ma sto studiando per un esame che...lasciam perdere... :D
Spero vi sia piaciuto il
capitolo si sono scoperte un pò di cose, i prossimi saranno
tutti su questo ritmo :D
Volevo ringraziere tutte
le ragazze che mi seguono e chi si ferma a recensire o anche chi legge
soltanto, grazie!
Volevo ricordarvi un
gruppo che ho aperto per le scrittrici emergenti di Efp fateci un
salto
GRUPPO
"TUTTE PER UNA..."
Un abbraccio,
Lela
ps: non vorrei sembrare
paranoica o assillante ma se crediate che la storia non vi stia
più piacendo o non sò...vorrei saperlo per
favore, non so se è la mia insicurezza ma..beh ...fatemi
sapere :D