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Autore: Zomi    09/12/2011    6 recensioni
Correva a perdi fiato lungo la via principale della città. Cadde, ma si rialzò in un attimo per riprendere più velocemente possibile la corsa. Non stava scappando. No, lei ormai non scappava più da nessuno.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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...SILENCE...
 

 
 Correva a perdi fiato lungo la via principale della città. Cadde, ma si rialzò in un attimo per riprendere più velocemente possibile la corsa. Non stava scappando. No, lei ormai non scappava più da nessuno.
Le mancava il fiato ed i polmoni le bruciavano. La vista iniziava ad annebbiarsi. Rischiò di perdere l’equilibrio un’altra volta, ma si riprese e continuò la corsa concentrandosi più che mai sul movimento delle sue gambe. Intorno a lei il silenzio più assoluto.
I rossi capelli le sussultavano sulle spalle, scappando, ad ogni movimento, dal fermaglio che li reggeva sulla nuca in una coda di cavallo. I suoi indumenti, una leggera camicetta giallognola a maniche corte e molto scollata e una mini gonna a pieghe arancione con tre cerchi rossi su di un lato, erano stracciati e inzaccherati da sangue, polvere e fango. Dalla spalla destra fuoriusciva un abbondante fiotto sanguinolento. Deglutì a fatica, la gola secca e impastata da polvere e saliva secca, ansimante.
Inciampò ancora e il suo bel viso sprofondò di nuovo nella strada dissestata.
Fece leva sul Perfect Clima Sansetsukon per rialzarsi, accorgendosi che era inciampata sul corpo di un marine abbattuto da un possente colpo di spada. Distolse lo sguardo pensando che ormai era vicina al suo obiettivo e notò che uno dei suoi tacchi si era spezzato a metà. Il fratello non avrebbe avuto vita più longeva. Si tolse i sandali, lanciandoli su un altro cadavere lì vicino e ricominciò a correre. In fin dei conti a cosa potevano servire dei tacchi alti ad una navigatrice esperta e abile come lei, per orientarsi?
Svoltò l’angolo di una taverna ed entrò finalmente nella piazza principale della città.
La esaminò per tutti i centimetri che la componevano, confrontandola con il ricordo che ne aveva di quella mattina, quando vi aveva messo piede per la prima volta. I vividi colori che l’avevano accolta ed ammaliata poche ore prima, erano ora offuscati e resi più tetri da una fitta nebbia di polvere.
L’intonaco degli edifici che la circondavano era totalmente stato accartocciato al cemento dei muri, le lastre di pietra che lastricavano la piazza, erano divelte o spezzate a metà da chissà quale forza mostruosa, il schiamazzare dei venditori ambulanti assolto da un inquietante silenzio di ghiaccio.
Nami si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio ripensando a quando i marine avevano interrotto la serena e tranquilla giornata, sua e dei suoi Nikam, in quella placida isoletta del Nuovo Mondo.
Poveretti, avevano proprio scelto la ciurma di pirati sbagliata da infastidire…
Da subito lei e i suoi compagni si erano divisi per affrontare ciascuno un plotone della Marina che gli attaccava.
Alla rossa era toccato il reparto di fanteria avanzata attrezzata con artiglieria pesante… in altre parole 3000 allupati marine che non vedevano un millimetro di ragazza dal loro primo giorno d’arruolamento, armati di fucili e spade affilate. Era riuscita a sconfiggerli in breve tempo e riportando poche ferite, e ora voleva tornare dai suoi compagni, o meglio voleva a tutti i costi sapere che fine aveva fatto un suo disorientato Nikam in particolare.
Stringendo saldamente la sua arma, si diresse al centro del foro, avvicinandosi con cautela all’unica figura ancora in piedi in mezzo al pandemonio di polvere e carcasse ammassate ai lati delle case. Il giovane che vi si ergeva al centro, stava riponendo le sue katane nel proprio fodero, ammirando il suo operato.
Era stato davvero bravo a mettere al tappeto tutti quei soldati in poche mosse e a disintegrare solo la sua camicia e l’intera piazza. Bhè, si disse, sono i così detti effetti collaterali. Ridacchiò per poi iniziare a muoversi verso un varco a lato della ex piazza cittadina, in cerca della sua ciurma e di una personcina ramata e imprevedibile che gli stava tanto a cuore. Con la bandana ancora abbassata sullo sguardo e il corpo che riportava nuove ferite sanguinanti, cominciò a correre verso il viottolo.
Un tintinnio alle sue spalle lo fece votare in fretta e re-impugnare una sua spada. Alla fine il fermaglio della navigatrice non aveva retto lo scontro con i soldati e ora liberava sconfitto la lunga e ribelle chioma vermiglia della giovane, alzando bandiera bianca e cadendo a terra.
Zoro restò fermo immobile alla visione della compagna venirgli in contro correndo. Si voltò totalmente verso di lei, aspettando il suo avvicinarsi.
Ormai non aveva più un briciolo di forza, Nami, e il correre verso quel buzzurro disorientato senza calzatura non aiutava di certo. Raggiunto lo spadaccino, si piegò sulle ginocchia cercando di recuperare fiato, ansimando rumorosamente e con molta fatica, dando tempo al suo arguto e perverso cervello di formulare una qualche ironica ramanzina per il povero mal capitato. La zazzera scompigliata le offuscava la vista, ma soprattutto, cosa che il samurai detestò rifoderando l’arma, nascondeva i suoi begli occhi color cioccolato.
Aveva corso fin lì solo per lui, solo per vedere come stava…
Questi pensieri riempivano d’orgoglio e gioia il cuore e lo spirito di Zoro, sul cui volto si andava ad allargare un bellissimo ghigno di soddisfazione.
La rossa alzò il viso, pronta alla sua solita sceneggiata di litigio con il compagno, il tutto solo per celare la reale apprensione e affetto che entrambi provavano l’uno per l’altro. Ma la voglia di litigare si spense in un attimo, quando vide, sulla guancia destra dello spadaccino, una profonda ferita che sanguinava. Si avvicinò a lui ancora di qualche passo e fece scorrere le sue esili dita sui labbri del taglio.
Il sangue che ne colava era caldo e denso, e si insinuava vischioso tra le falangi della candida mano che cercava di ricucire, accarezzandoli, i lembi del colpo. Lo schermidore sussultò non poco a quel tocco delicato e leggero. Chiuse gi occhi e lasciò che quelle angeliche dita percorressero completamente la mandibola, alleviandolo del leggero intorpidimento che la lesione gli dava ai muscoli facciali.
Lasciò cadere completamente il viso sul palmo della cartografa, sospirando più leggero. Nami sorrise per quel gesto di completo abbandono e fiducia in lei, continuando ad accarezzarlo ed a studiarne i lividi.
Vi erano numerosi nuovi tagli sull’addome nudo del giovane, alcuni più profondi altri meno, e altrettante ammaccature sugli avambracci e sulla faccia. Ancora una volta si era ferito, ancora una volta il suo sangue fluiva fuori dal suo corpo senza motivo, ancora una volta una nuova ferita andava ad intaccarlo ingiustamente…
Era così persa nell’esaminarlo, che non si accorse che Zoro aveva riaperto gli occhi e ora fissava agghiacciato e ansioso la sua spalla sanguinante. Con un gesto rapido ma delicato la sfiorò facendola sussultare di sorpresa. Il verde incrociò lo sguardo della compagna in cerca di spiegazioni, ma ricevette solo un semplice sorriso e uno scuotere leggero del suo capo ramato. La ferita non era molto profonda e di certo sarebbe guarita ben presto, con le attenti cure di Chopper.
Nami prese la sua mano e la spostò dalla spalla fino al suo viso, dove la fece aderire alla sua gota.  Una leggera lacrima di felicità nel vederlo sano e salvo, stava scivolando silenziosa tra la guancia diafana di lei e il palmo bronzeo di lui.
Zoro la fissò incredulo: gli voleva così tanto bene? Così tanto che il solo vederlo illeso la faceva piangere di gioia?
Sorrise onorato di quel gesto e accarezzò emozionato lo zigomo graffiato della giovane. I loro sguardi si perdevano tra essi. Il cioccolato e l’ebano si fondevano in un nuovo colore passionale e travolgente. Non vi erano bisogno di parole per spiegare ciò che si stavano comunicando. Il loro silenzio suggellava quel delicato e indimenticabile momento di tenerezza tra i due, un momento che avrebbero ricordato per sempre e custodito con gelosia nei loro cuori.
Lo spadaccino prese la mano di Nami che era rimasta a guarire la sua mandibola, guidandola fino al livello del suo cuore. La rossa poteva sentire i palpiti frenetici ed eccitati del ragazzo, causati dalla sua vicinanza. Si avvicinò ancora di più a lui, ormai pochi respiri li dividevano.
La navigatrice si alzò sulle punte dei piedi scalzi e lo spadaccino si abbassò di quel poco che bastava affinché le loro labbra potessero unirsi in un passionale e romantico bacio d’amore.
Non si erano scambiati verbo da quando si erano ritrovati nella piazza, ma non ve ne era nemmeno stata la necessità. Era bastato quel bacio per scambiarsi giuramenti e promesse d’amore infinite ed eterne. Nessun “Ti amo” sarebbe valso tanto quanto quel bacio e quello scambio di sguardi.
Appoggiarono le fronti una sull’altra, intrecciando le mani e respirando, afoni, il profumo dell’altro. Le mani dello spadaccino esploravano avidi la schiena e i lunghi capelli ramati della navigatrice, mentre lei lo stringeva forte ad essa abbracciandolo per il collo taurino. Aprirono gli occhi e si scambiarono un dolce sorriso d’intesa e d’amore. Zoro le diede le spalle e la invitò a montargli in groppa come ad Alabasta, avendo notato lo stato dei piedi di lei. Nami non se lo fece ripetere due volte e si adagiò leggera tra le muscolose scapole del suo uomo. Lo baciò sull’occhio cieco desto, come ringraziamento e, al galoppo, partirono in cerca del resto dei loro amici.
Silenziosi come si erano incontrati, così se ne andavano dalla piazza in polvere, ben coscienti che quando si ama veramente non vi è nemmeno bisogno di parlare. Basta il silenzio. 

 
   
 
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