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Autore: patronustrip    13/12/2011    4 recensioni
#1 classificata al contest “A caccia di spaccio” del gruppo Cercando chi da la roba alla Rowling (Team Harry/Hermione).
Tre capitoli.
Fermati per un secondo a pensare quanto sia magnifico un non finito. Rifletti quanto la finitezza rispecchi la morte. Pensaci bene quando ti poni domande sul tuo amore, sulla tua vita, e sulla donna che ami. Quando ti chiedi il perché di tante cose, e ti senti solo un peso.
Pensaci, davvero. Pensaci.
Genere: Guerra, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Lo so, sempre più strana.
Scusate, è più forte di me.




atto 2 [Tuffarsi/immergersi nelle acque]


Harry Potter era un soldato deciso e convinto.
Harry Potter credeva fermamente nella pace, nelle battaglie che la precedevano e nello spirito di sacrificio che avrebbe portato le generazioni future a un mondo nuovo, in cui i loro padri o nonni avevano dimostrato sul loro sangue come si costruisce un futuro.
È questo che tutti si aspettavano. È questo che tutti pretendevano.
Ma Harry Potter odiava la guerra.
La odiava ogni morte. La odiava ogni alba calda e afosa sotto i tremiti della paura. La odiava nei volti di bambini maciullati.
La odiava nelle diatribe per cazzate all’interno del campus.
La odiava quando l’immaginazione disperata correva sui volti dei suoi compagni chiedendosi come e chi sarebbe morto il giorno dopo. A chi sarebbe toccato.
La odiava perché erano passati troppi mesi, o pochi giorni, e lui non se ne rendeva conto.
La odiava perché Hermione.
La odiava in un timpano perforato quando un incantesimo gli esplose accanto, e l’unica cosa che sentì furono sassi contro le costole, braccia sbattere contro la terra. Il collo allungarsi dolosamente ad ogni capriola sul dirupo.
L’acqua gelida addosso.
Stava annegando.
Harry Potter stava annegando.
Provò a respirare ma sentì l’acqua salata su per la lingua e dentro i polmoni, tossì aprendo gli occhi ma incontrò solo altra acqua.
Mugugnò e incontrò solo altra acqua, il dolore lancinante all’orecchio sinistro. E le braccia contro altra acqua. E i vestiti contro altra acqua, e ai piedi gli scarponi a tirarti giù contro altra, troppa, acqua.
Bolle ovunque e occhi che bruciavano, mentre le mani si agitavano nel dolore. Cos’è questa fitta al braccio destro?
Sto morendo.
Hermione.
Sto morendo.
Hermione.
Morirò.
Hermione.
ARIA.
Respirò. Ma in realtà non respirò affatto. Un ammasso di tosse e acqua sputata da tutti i posti possibili, e polmoni che cercavano di riempirsi di quello giusto e gettare fuori l’intruso salato.
Harry non capiva. Sembrava acqua ma forse non era acqua.
Dove cazzo … che cazzo, dove diavolo. Cosa cazzo è successo?
Urlò d’istinto «JOOOOHNS!» O almeno ci provò, non sentiva, che diavolo, un mugugno tutto a sinistra? Con tutti, o metà dei polmoni rimasti, i capelli sul viso, e il fischio acuto nell’orecchio sinistro.
Le mani arrancavano in qualcosa di dannatamente freddo appiccicato ai vestiti. E salato, e si riversava tutto in bocca e in faccia, e negli occhi.
Era acqua? Era acqua, sì era acqua.
È acqua. Sì.
Mare. Ok, lo riconosce, è mare. Ora sa dove si trova.
«JOOOOOOHNS!» Urlò ancora, e non sapeva come, né quando la terra era una macchina gialla spalmata sull’orizzonte.
Urlava ancora, grugniti, dal dolore e dalla disperazione. E quando mise a fuoco sembrava essere così lontano. Come aveva fatto ad arrivare così lontano?
Non capiva. Come era finito in mare. Cosa era successo e perché cazzo il suo braccio e il suo orecchio facevano così fottutamente male. Piangeva.
Non si era neanche accorto di star piangendo. Ma il dolore, diavolo, il dolore era così forte.
Ringhiò a denti stretti, quando capì di avere una spalla lussata e probabilmente un timpano perforato.
Muoveva i piedi vorticosamente cercando di tenersi a galla il più possibile, ma la corrente era così forte.
La terra si allontanava e gli sembrava incredibile. Mentre fumi e lampi di battaglia e corpi cadere in mare si mostravano in un terribile show di seconda categoria.
Pianse e urlò. Cosa fare?
Non aveva più la bacchetta.
Tra urla, dolore e una montagna di mare Harry si lasciò andare dopo un tempo illimitato di lotta contro quel maledetto gigante salato.
Galleggiava a peso morto, così stanco che il dolore era solo un pulsare lontano in qualche luogo indefinito del corpo. Il sale non bruciava più sulle ferite, e l’orecchio era una matassa di rumore non rumore.
Bene, perché non sopportava più il silenzio gocciolante delle onde intorno.
Mezzo viso sprofondato in acqua. Occhi chiusi e bolle dalla bocca ad ogni respiro.
Vagamente sentiva il galleggiare nauseante del suo corpo ad ogni onda.
Il cielo coperto di nuvole indecise e nebbiose.
Ed un unico pensiero.
Hermione.
Perché aveva promesso di tornare?
Quale stupido promette qualcosa che non può mantenere?
Ma forse. Forse era meglio così. Forse era meglio e Ron si sarebbe preso cura di lei, e lei sarebbe stata felice e lui, e la sua disgrazia continua che appestava il mondo e le vite di chi gli stava accanto, finalmente morto e sepolto nell’oceano Indiano. Tonnellate di sale.
Pianse. Nonostante la stanchezza e tanta acqua lui pianse. Ancora e ancora.
Hermione.
Mi dispiace così tanto. Dio. Mi dispiace così tanto, amore mio.
Perdonami.
Ti prego. Perdonami.
La prima regola era non chiudere mai gli occhi. Neanche se il sonno ti divora, neanche se sembra essere l’unica cosa giusta in quel momento.
La prima regola è non chiudere mai gli occhi.
Ma in fondo, solo qualche secondo. Solo qualche secondo, che potrà mai accadere?
Sono così stanco. E galleggio da chissà quanti secoli.
Sono passati secoli? Forse giorni.
Sì, sembrano … sembrano giorni.
Solo qualche secondo. Chiudo gli occhi. Solo qualche secondo.
Ed è tutto buio e l’acqua si zittisce.

Hermione dipinse linee e pensieri su Harry. E lui quasi pianse alla sensazione del pennello scivolare sulla sua pelle.
Lei attenta e delicata, si dedicò a quel dipinto come ne dipendesse della sua vita.
Harry baciò le sue mani, baciò i suoi capelli. La fronte, le guancie e tutto quello che poteva prendere di lei in quel momento.
Sussurrò ti amo, e altre parole che uscirono fuori dritte dal suo petto. Perché non esiste ragione in un momento come questo.
Ed era il momento migliore dell’universo, quando poteva sentire contemporaneamente le dita di Hermione su di sé, il pennello scivolare freddo, e la bocca di lei sulla sua.
E poi divenne un dipinto intero. Furono cotone di un vecchio divano proprio lì in soffitta, macchiato di loro e del quadro che erano.
Furono capelli di colore e profumati di trementina e Hermione, furono baci e mani e intente a non dimenticare neanche una pennellata di quel momento.
Era così che un quadro doveva sentirsi, quando veniva dipinto, un non finito che cerca solo di culminare nell’amore infinito. Perché Harry sentiva solo il suo cuore battere su Hermione, e il colore spazzarsi ovunque, e dipingersi.
Mentre facevano l’amore, dipinti nel mondo. Perché Harry sperava che fosse solo l’inizio di una serie di immagini. Col fiato caldo di lei sull’orecchio e parole mangiate dalla passione. Ti amo. Ti amo. Ti amerò per sempre.
Torna da me.
Ti prego.
Ed era lì che realizzò, che non sarebbero mai stati un quadro finito, incorniciato e appeso.
Ma un vivo non finito, che si apre a miliardi di possibilità. Un non finito con le linee ancora grezze, con le pennellate che lo mostrano nudo al mondo, che mostrano cosa è in realtà. Un non finito apprezzato da pochi, coraggioso nella sua vulnerabilità, ma che l’artista ha amato così tanto da non renderlo morto nella … finitezza.
Imperfezione perfetta.
E Harry pianse per questa constatazione. Pianse perché aveva capito finalmente perché Hermione lo amava.
Perché aveva scelto un tormento piuttosto che una casa rossa, e parenti, e nonni.
Perché rincorrersi è più bello che trovarsi. Perché non si smette mai di rincorrersi.
Perché ogni carezza, così come ogni spillo nel cuore era una sensazione.
E, Dio, niente ti fa sentire più vivo.
Ed Harry annegò nei colori, nel cotone macchiato, nella donna meravigliosa che avrebbe per sempre tenuto fra le sue braccia. Fino alla morte.

Aprì gli occhi sussultando.
Abbagliato quasi dal cielo bianco. Mare, dolore.
Realtà.
Tremò.
Hermione.
Il cuore pulsava come mai, e la pressione era così forte da dolergli un po’ ovunque.
Ma lui. Lui non sarebbe morto.
No.
Ora, ora sapeva.
Ora sapeva e ricordava e capiva.
Che nessun altra donna lo avrebbe mai amato come Hermione.
Che lei non voleva nessun altro perfetto dipinto finito accanto a sé. Ma una tela grezza e non finita. Dolorosamente vivo accanto a lei.
E le lacrime uscirono di nuovo, tra gli sbalzi delle onde.
Dio lo aveva benedetto con Hermione. E lui non sapeva perché ma non lo chiese, disse solo un rotto e struggente.
«Grazie».
Solo pochi secondi dopo, il suo nome venne urlato in lontananza.



Mmh.

  
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