Salve genteeeee!!!
SDENG! *Ria rotola a terra centrata da un’incudine*
Ç_ç… Perdonooooo!! Chiedo immenso, sommo
perdono per il mostruosissimo ritardo T___T!! Spero che a tutti voi sia
arrivata la mia mail in cui (cerco ^^””) di giustificare la mia interminabile
assenza e spero che possiate perdonarmi…
Volevo ringraziare tutti coloro che l’hanno già fatto, mi avete
davvero tolto un peso dal cuore ç__ç… Continuate a seguirmi, vi giuro che non
sparirò più per così tanto tempo ^^””!!
Ora vi lascio all’ultimo capitolo. Spero vi piaccia, mi è
costato nervi e sudore, visto che (tanto per aggiungere sfiga alla sfiga T_T*)
ho dovuto riscriverlo quasi tutto ç__ç… Ero arrivata a metà e poi ho perso il
file, non so se l’ho salvato da qualche parte e non me lo ricordo, o ho
sovrascritto più file o che altro =_=”. È un po’ più corto rispetto ai
precedenti, ma ci ho messo tutto il mio impegno! Mi dispiace salutare Haine e Shiro,
alla fine mi sono affezionata tantissimo ad entrambi ^w^! Spero anche voi, vi
lascio alla lettura ;)!
Paragrafo
4 ◦ … E la rondine si fermò
2004. Aprile.
Haine
si passò una mano sulla fronte, soddisfatta. Prese il grosso cesto di vimini
ormai vuoto e se lo mise in braccio, guardando attenta Ribbon che abbaiava alle
lenzuola pulite stese ad asciugare, mosse dal vento.
-
Non provare nemmeno a morderle! – lo rimproverò – Non ho intenzione di fare
un’altra lavatrice, sai?!
Lui
la fissò deluso, accucciandosi poi a terra al suo sguardo irremovibile.
La
ragazza tornò in casa col cane alle calcagna, dirigendosi verso le scale, e
posato il cesto in bagno corse in cucina tutta baldanzosa. Non fece in tempo a riempire
la ciotola del labrador che questo si fiondò nuovamente fuori, abbaiando
felice; Haine ascoltò il rimbombo sordo del motore del furgoncino e seguì
Ribbon con un sorriso, accogliendo i due nuovo arrivati sulla soglia.
-
Toh! Ciao zietta, come va? – la schernì suo padre.
-
Papà, falla finita. – rispose lei senza battere ciglio – Ciao Shiro.
Il
ragazzo, che stava scendendo dalla parte del passeggero, sorrise con un cenno,
tirando giù dal camioncino una grossa borsa scura dall’aria decisamente
pesante.
-
Papà sta ancora cercando di farti desistere dal lavorare con lui? – ridacchiò
Haine vedendo il bagaglio.
-
Al contrario! – esclamò il padre, superandola ed entrando dentro – Da quando
c’è lui metà delle ragazze del circondario ha preso a venire a fare compere da
noi.
-
Ah. – fu la risposta improvvisamente seria della ragazza.
L’uomo sparì sulle scale sogghignando
divertito. Haine guardò Shiro raggiungerla, il borsone su una spalla, per poi
fermarsi di fronte alla brunetta; lei lo
fissò immusonita.
-
Non vorrai credergli, vero? – disse Shiro con un’eloquente occhiata.
-
Certo che gli credo! – sbuffò voltandosi – Lo so che è vero. Uffa…!
Lui
ridacchiò, chinandosi fino a sfiorarle l’orecchio con le labbra:
-
E anche se fosse? Sei tu a piacermi, scemotta.
Haine
divenne paonazza. Shiro la guardò e, sorridendo, le diede un bacio in fronte,
poi entrò seguito dalla brunetta. Haine sospirò, anche dopo quasi due anni le
capitava di arrossire troppo spesso, ma si sentiva così felice che andava bene
comunque.
Dopo
la notte di Natale di due anni prima, quando si erano dichiarati, era stato
difficile dire di loro due a suo padre senza rischiare l’infarto; per sua
fortuna (o sfortuna, Haine era indecisa) suo padre era quello che era e si era
limitato a scoppiare a ridere e a prenderli in giro ad ogni occasione, da lì ai
successivi due anni.
Shiro
ormai sembrava aver dimenticato il suo problema di amnesia, da tempo aveva
smesso di parlarne. Trascorreva le giornate ad aiutare Sentaro in negozio, a
leggere e ad insegnare beyblade ai ragazzini del vicinato: aveva ricominciato
circa un anno prima, sfidando alcuni compagni di classe di Haine e da allora la
sua passione per quel gioco si era riaccesa, impossibile da spegnere.
Haine
era felice di vederlo tanto entusiasta; era felice per tutto, a dire il vero.
Aveva
una vita tranquilla, la primavera successiva si sarebbe diplomata, aveva una
bella casa, un padre un po’ scemo, ma adorabile, e aveva Shiro.
Era
tutto perfetto.
Fece
un gran sorriso e corse in cucina per il pranzo.
Niente, niente potrebbe rovinarmi
tutto questo!
***
-
Quindi, voglio che tutti abbiano pronte le foto per l’annuario scolastico entro
la fine del semestre, d’accordo?
La
classe ci sciolse in lamenti e borottii.
-
Ma come, capoclasse?! Di diplomiamo al prossimo aprile…
-
Non è un po’ presto?
Haine
indicò con decisione l’elenco degli eventi per l’anno successivo, sbottando
perentoria:
-
Quest’anno non solo avremo il festival della cultura, il festival scolastico e
quello sportivo, ma anche non so quanti esami! Non voglio correre dietro a
ciascuno di voi come una disperata e non voglio che qualcuno sia insoddisfatto
del suo ricordo nell’annuario! Quindi nessuna discussione!
Ci
furono altri sospiri seccati, ma annuirono tutti. Soddisfatta Haine sentì la
campanella e guardò i compagni scemare verso l’uscita, mentre lei raccoglieva
le sue scartoffie dalla cattedra.
-
Ichinomiya-chan come al solito un gran discorso!
-
Grazie Ebiwasa-chan. – sorrise la brunetta.
-
Il miglior capoclasse che abbiamo mai avuto. – assentì un ragazzo moro dagli
occhialetti stretti – anche se non eloquente quanto me…
-
Modesto come sempre, eh Ishima-kun *gocc*?
Tutti
risero e Haine sospirò sorridendo. Era diventata capoclasse l’anno precedente e
ora lo era per la seconda volta; era difficile credere che ci fosse riuscita,
ma dopo essersi messa assieme a Shiro aveva scoperto di essere molto più forte
e determinata di quanto credesse, oltre a saper avere il giusto ascendente sui
compagni.
Rimise
i fogli nella cartella e fece per uscire, sarebbe subito andata a finire i
compiti, quindi avrebbe scritto le ultime pagine del suo racconto (ormai era
finito) e quando Shiro fosse tornato dal lavoro sarebbero andati a fare un
giretto. Sorrise con aria un po’ tonta, arrossendo, escludendo i compiti era
quasi la sua giornata ideale!
Si
bloccò quando sentì chiamarla una voce maschile:
-
Kuwasabe! – esclamò, vedendo il suo ex-compagno di classe venirle incontro –
Ciao!
-
Buongiorno Ichinomiya – rispose lui con un sorriso asciutto – ti cercavo.
-
Me? Come mai?
Lui
prese a frugarsi nelle tasche della divisa cercando qualcosa:
-
Beh, stavo preparando i bagagli per l’università…
-
Bagagli? Ma ci diplomiamo ad aprile prossimo! – esclamò lei – Non devi ancora
dare gli esami di ammissione?
Kuwasabe
la fissò un sitante e Haine fece un sorrisetto tirato:
-
Ah, già, come se fosse un problema per te l’esame di ammissione all’università
di Tokyo *gocc*…
Del
resto non si poteva aspettare altro da uno la cui media scolastica era del 100
ad ogni compito.
-
Ah, ecco!
Kuwasabe
tirò fuori dalla tasca una piccola busta di carta e la porse ad Haine:
-
Avevo terminato il lavoro da un po’, ma con gli esami e il resto… Poi ci hanno
cambiato di classe e (lo ammetto, scusa) me ne sono completamente dimenticato.
Rimettendo in ordine è saltata fuori, credevo la volessi.
Haine
afferrò trepidante la busta. Dentro c’era qualcosa di sottile e semirigido,
come una fotografia.
La foto…!
-
Sei… Sei riuscito a sistemarla?!
-
Una faticaccia – sbuffò il ragazzo – però ora l’immagine è finalmente visibile.
-
Grazie mille Kuwasabe!! – trillò la brunetta – Grazie, grazie di cuore!
Corse
via più veloce che potè, diretta a casa, la busta stretta al petto.
Chissà come sarà contento!
***
Quella
sera Haine era più allegra del solito; Sentaro era uscito con degli amici,
Ribbon era tranquillo, e lei avrebbe potuto dare con tutta calma la sua
sorpresa a Shiro.
Mentre
preparava il the sorrideva sotto i baffi, chissà come avrebbe reagito… Pensò al
moro che apriva la busta e poi la abbracciava, grato, la baciava e…
Scosse
la testa con foga, diventando scarlatta.
Da
quando sono una maniaca?!
La
teiera fischiò e Haine portò le due tazze fumanti in salotto, poggiandole sul
tavolino basso che avevano messo di fronte al divano; Shiro coccolava
sovrappensiero Ribbon e la guardò sorridendo:
-
Cos’è quella faccia?
-
Quale faccia?
-
Quella faccia da furbetta. – puntualizzò indicandola – Tu mi nascondi qualcosa!
Haine
serrò le braccia dietro la schiena sopra la busta (che spuntava dalla tasca
posteriore dei pantaloni) e scostò la testa teatrale:
-
Assolutamente no!
-
Cos’hai lì dietro?
-
Proprio nulla… Per te almeno. – ridacchiò con una linguaccia.
-
Dai, fa vedere!
-
No-o ♪!
I
due cominciarono a lottare per gioco, Haine che rideva come una matta e Shiro
che tentava in tutte le maniere di raggiungere il regalo nascosto dietro di
lei.
-
Ah n…! Fermo! Maniaco, non toccarmi il sedere!
-
Tu mi dai la sorpresa e io non cerco più di prenderla! – lei rise più forte:
-
Scordatelo!
Shiro
le afferrò i polsi e la bloccò con la schiena sul divano, guardandola languido;
Haine deglutì a vuoto.
-
Allora, mi dai quell’affare?
-
N-no.
La
baciò con dolcezza, lasciandole i polsi così che lei potesse passare le mani
dietro il suo collo: com’era piacevole quello sfarfallio nello stomaco…!
Haine
si allontanò un poco di malavoglia, lasciandosi andare di peso sul divano con
uno sbuffo:
-
Sei sleale!
-
A dire la verità volevo solo baciarti…
Haine
arrossì parecchio e Shiro rise.
-
Antipatico!
-
Su… - la fece alzare baciandole la guancia – Mi fai vedere cos’hai lì?
Haine
sorrise soddisfatta e gli porse la busta gongolando; Shiro la prese, confuso, e
passò lo sguardo dalle sue mani al viso della ragazza, piegato in un sorriso
sornione. Aprì titubante la busta e prese il contenuto con due dita, fermandosi
senza fiato appena scorse il bordo:
-
Questa…!
Guardò
Haine quasi spaventato. La ragazza gli prese la mano e gli rivolse un’occhiata
incoraggiante:
-
Un mio compagno di scuola l’ha fatta sistemare. – spiegò – Lo so che è da tanto
che… Beh, qualunque cosa ci sia sopra, potrebbe aiutarti…
Lui
l’abbracciò stretta:
-
Sei fantastica Haine…!
Lei
ricambiò la stretta (con una certa soddisfazione, anche) e lo spinse a finire
di aprire la busta.
Dentro
c’erano due cose. La prima era la foto originale che Shiro aveva addosso quando
era stato ritrovato, sporca e rovinata da essere illeggibile.
L’altra
era la scansione ritoccata fatta da Kuwasabe.
Più
che una foto, pareva un collage di altre foto ritagliate alla bene e meglio e
appiccicate una vicino all’altra.
Al
centro della foto, il più alto di tutti, Haine riconobbe Shiro, anche se nell’immagine
doveva avere circa dieci anni; sembrava che dalla foto avessero ritagliato lo
sfondo di un parco giochi, in cui Shiro sorrideva a pieno viso.
Nell’angolo
in basso a destra (nell’unica parte del collage che sembrava estrapolato dalla
stessa foto), c’era l’immagine di una bambina dai capelli neri lunghi, l’aria
timida e un po’ spaesata; reggeva la mano ad una bambina dai capelli rossi con
un gran sorriso e vivaci occhi castani, un beyblade stretto nella mano libera e
tenuto in alto come in trionfo.
Dalla
parte opposta c’era la foto di un ragazzino smunto dall’aria triste. La sua
foto sembrava essere stata strappata da un qualche schedario, sembrava più una
fototessera, e Haine era quasi certa che il mezzo sorriso che gli piegava la
bocca fosse un evento raro. Vicino a lui uno dei frammenti dell’immagine
ritraeva un’altra ragazzina dai capelli neri, grande all’incirca come Shiro e
con straordinari occhi verdi.
Haine
sorrise e guardò Shiro entusiasta:
-
È perfetta! Si vede davvero…
S’interruppe,
notando l’espressione di Shiro.
Il
ragazzo fissava la foto senza dire nulla, concentrando lo sguardo sull’ultima
figura, ritagliata e incollata accanto alla sua: ritraeva una bambina dai
luminosi occhi celesti, i capelli rosa legati in due codini e un gran sorriso.
Haine guardò ancora Shiro e sentì lo stomaco contrarsi.
Perché fai quell’espressione dolce?
Sentì
d’impulso che avrebbe dovuto toglierli la foto dalle mani, ma restò immobile
col braccio a mezz’aria. Shiro era ancora immobile, gli occhi nell’espressione più
tenera che Haine gli avesse mai visto.
-
Micchan…!
***
Maggio.
Il
treno sfrecciava verso l’isola di Honshu rapido e rumoroso, cullando i
passeggeri con suo vibrare ritmico. Shiro dormiva già nel sedile di fronte a
lei, ma Haine aveva tutto tranne che sonno, specialmente un incredibile
malumore.
Che diavolo ci faccio qui?
Se
lo ripeteva dalla partenza e ancora non riusciva a spiegarsi. Cosa centrava
lei, con Shiro e quelle tipe? Nulla.
Non c’entro niente io.
Subito
dopo che Shiro aveva visto la foto, di colpo aveva ricordato ogni cosa. Preso
dall’agitazione aveva chiamato l’avvocato Kiriaki per dirgli ogni cosa e l’uomo
l’aveva raggiunto la sera stessa, portando poi Shiro, Sentaro e Haine a
Sapporo, dall’amico poliziotto che aveva preso in cura il caso del ragazzo.
Haine
ricordava confusa quei giorni frenetici, il riepilogo degli avvenimenti da
parte di Shiro prima del suo incontro con gli Ichinomiya, la sua vita
precedente ripetuta più e più volte, le ricerche di contatti. Per la maggior
parte del tempo la brunetta se n’era rimasta in un angolo, guardando suo padre
e Shiro discutere coi poliziotti, quasi desiderando non conoscere cosa si stava
scoprendo del passato del ragazzo; eppure, l’immagine della foto (che, sapeva,
in quel momento Shiro teneva ben stretta nella tasca interna della giacca) e la
sua storia le martellava in testa ogni secondo.
Il
suo nome completo era Shiro Hirotaka ed era nato il 3 marzo del 1985, a Tokyo;
non ricordava quasi nulla dei suoi genitori, perché era stato rapito quando
aveva cinque anni e non li aveva mai rivisti da allora. I colpevoli della sua
sparizione, a quanto pareva parecchio noti alla polizia, erano
un’organizzazione criminale conosciuta con l’acronimo P.s.a.i.c.o. (Haine non ricordava assolutamente il significato,
troppo complicato) che compiva losche ricerche sul paranormale e usava
ragazzini per i suoi esperimenti. Shiro aveva detto di non ricordare molto bene
il periodo trascorso là dentro, o meglio faceva intuire di non volerne parlare
in modo approfondito: ripensarci lo faceva stare male e Haine malediceva ogni
volta il poliziotto di turno che insisteva con le domande.
Per
farla breve, ad un certo momento Shiro aveva trovato l’occasione per fuggire,
portando con sé alcune ragazze rapite con cui aveva stretto un solido rapporto;
il piano, però, era stato scoperto, e Shiro era stato punito (nemmeno su quello
Shiro dava troppi dettagli e Haine pensava fosse meglio così) per poi essere
abbandonato in fin di vita sul ciglio della strada dove gli Ichinomiya lo
avevano soccorso. Le sue amiche invece furono tenute prigioniere.
Avevano
perfino la data precisa della notta in cui tutte le speranze di Shiro erano
state spezzate; il ragazzo l’aveva appuntato sul ciondolino rotto che gli
avevano trovato addosso la notte che lo avevano salvato: 11 ottobre 1999.
11 ottobre… E l’ideogramma di ali. Ali per essere libero.
Haine
strinse le labbra in una morsa, ripensando alla foto che ritraeva tutto il
gruppetto di amici che Shiro aveva conosciuto in quel luogo orrendo, gli amici
con cui aveva un legame che con lei non avrebbe mai avuto.
Eveline
Yoshiji, la ragazzina da capelli mori, che in quel momento doveva avere circa
tredici anni; Ruka Rin, quella coi capelli rossi, e Margot, la ragazza dagli
occhi verdi, quindici e sedici anni; poi Omega, il ragazzino smunto, su cui
Shiro non poteva dare altre informazioni perché lo aveva conosciuto sempre e
solo col nome sceltogli dall’organizzazione.
Infine,
la ragazza con i capelli rosati, Midori Takamura. Solo a pensare a quel nome
Haine aveva voglia di prendere a pugni qualcosa.
Shiro
aveva detto che quei ragazzi erano suoi amici, anzi quasi la sua famiglia;
Haine, però, aveva capito che c’era qualcosa di diverso, almeno quando parlava
di Midori.
Shiro
era innamorato di lei.
È stato, è stato.
Puntualizzò,
sebbene una stretta metallica le avesse preso lo stomaco.
Anche
se lui non lo diceva, Haine aveva capito. Il modo in cui guardava la sua foto,
il modo in cui parlava di lei, il suo sguardo dolce e tenero.
Non mi ha mai guardato così.
Haine
si strinse di più le braccia al petto e si rannicchiò sul sedile, appoggiando
la testa al vetro.
Ora
si stavano dirigendo a Tokyo proprio per incontrare quelle ragazze. Il signor
Kiriaki, dopo lunghe ricerche, aveva contattato un giovane allenatore di
beyblade (un certo Kinomiya, se ricordava bene) che poteva rintracciarle; Haine
e Shiro non dovevano far altro che raggiungerlo alla sede centrale giapponese
della BBA.
La
brunetta si domandò ancora perché diavolo avesse seguito il ragazzo e,
guardandolo dormire, si ricordò la faccia supplichevole che Shiro aveva fatto,
chiedendole di seguirlo. Haine sbuffò, serrando gli occhi.
Ma cosa c’entro io qui?
***
Lasciarono
le valige in albergo e poi chiamarono un taxi, diretti alla sede della BBA.
Haine si accoccolò sul sedile posteriore imbronciata, tentando di ignorare
l’espressione raggiante ed emozionata di Shiro:
-
Hitoshi Kinomiya ha detto che basterà presentarci in reception e chiedere di
lui – disse concitato il ragazzo, per la terza volta – e che Midori e le altre
saranno già lì con lui.
-
È fantastico, no?
Shiro
era troppo felice per accorgersi che il sorriso di lei era falso e tirato.
Guardò ancora fuori dal finestrino, eccitato, e Haine pregò che il taxi bucasse
in tangenziale. Tutte e quattro le gomme.
***
L’edificio
sede della BBA era un grosso grattacielo moderno, costruito da poco meno di un
paio d’anni. Entrando dalle porte scorrevoli si accedeva ad un grande atrio,
luminoso e accogliente, in fondo al quale, dietro ad un’elegante scrivania,
stava una sorridente giovane donna dall’aria gentile; era l’ambiente giusto per
accogliere i giovani che si avvicinavano all’associazione.
Forse
per quello Haine si sentì ancora peggio entrando. Non riusciva a sopportare
quel calore, quello spazio largo e comodo, quella luce allegra: si sentiva
triste, arrabbiata, cattiva, voleva chiudersi in una stanza senza luce e
possibilmente bombardarsi le orecchie con musica così alta da darle il mal di
testa; non voleva essere lì.
Restò
qualche metro indietro, annuendo e sorridendo come un’ebete mentre Shiro le diceva
che andava ad annunciarsi alla receptionist.
Non
voleva essere lì. Non voleva conoscerle, non voleva neppure vederle! Men che
meno quella Midori!
Ma che sto facendo?
Seguì
docile Shiro nel corridoio, seguendo le indicazioni dell’impiegata e fissando l
pavimento per non vedere la faccia contenta del ragazzo, se non sollevando la
testa di quando in quando per ricambiare con un sorriso falso. Sospirò e pregò
che, quantomeno, quella tortura finisse presto.
Giunsero
in un corridoio che si affacciava su una grande stanza con le pareti
trasparenti; in piedi di fronte ad uno dei finestroni, intento a parlare al
cellulare, c’era un ragazzo forse un po’ più giovane di trent’anni, con lunghi
capelli celesti raccolti in una coda e un giubbotto con lo stemma della BBA
sopra. Quando li vide si girò verso di loro salutando e chiuse la
comunicazione, andandogli incontro:
-
Salve. – disse Shiro stringendogli la mano – Sei tu Kinomiya… Vero?
-
Chiamami Hitoshi. – rispose gentilmente l’altro – Tu invece sei Shiro, giusto?
Il
ragazzo annuì e ad Haine sembrò che Hitoshi lo fissasse con un certo stupore.
-
Ru-chan aveva ragione, gli assomigli un po’…
-
Come?
-
No, niente. – sorrise vago – Tu invece devi essere Haine, vero? Il signor
Kiriaki mi ha parlato anche di te.
Haine
annuì e gli strinse la mano, cercando ancora di decifrare cosa avesse visto nel
viso di Shiro da sorprenderlo tanto.
-
Bene. – sorrise ancora Hitoshi, mettendo una mano sulla spalla di Shiro – Midori-chan
e gli altri saranno qui tra un po’. Intanto, però, ci sono un paio di persone
che dovresti incontrare.
-
Un paio di persone?
***
-
Giuro che Hitoshi lo ammazzo!
-
Dai Akira, ora calmati…
-
Un corno Tsubame! – sbottò il brunetto incrociando le braccia – Devo stare
sempre ai comodi di quell’idiota!
La
ragazza sospirò passandosi la mano sulla fronte, anche dopo mesi di vita
tranquilla, Akira era sempre iroso come se gli pestassero i piedi dal mattino
alla sera.
-
Mi domando ora perché ci siamo dovuti sbattere a venire fin qui… - borbottò,
poi si guardò attorno, a disagio – Non siamo certo i benvenuti da queste parti.
-
Nessuno ormai potrebbe più riconoscerci. – lo rassicurò la mora – Hitoshi ha
garantito per noi al presidente Daitenji… E il campionato è ancora lontano,
quindi non c’è il rischio di incrociare i Bladebreakers o qualcuno dei loro
amichetti.
Lui
grugnì in risposta. Tsubame sorrise, sfiorandogli con dolcezza il braccio:
-
Guarda che se non ti rilassi un po’ morirai d’infarto.
Akira
emise uno sbuffo divertito:
-
Spiritosa.
Sentirono
dei passi nel corridoio e si voltarono. Akira scorse la figura di Hitoshi e si
preparò ad insultarlo, ma le parole gli morirono in gola quando scorse chi lo
affiancava. Sentì Tsubame che tratteneva un urletto di stupore.
Haine
guardò la scena confusa. Quando Shiro aveva intravisto i due ragazzi nel
corridoio era rimasto come pietrificato e anche loro, vedendolo, erano impalliditi
come se avessero visto un fantasma.
Haine
li fissò entrambi. Riconobbe nella ragazza mora la ragazzina della foto,
Margot, anche se ora era parecchio cresciuta: ormai con quasi le forme di una
donna, i capelli neri che scendevano ondulati e morbidi sotto alle spalle,
tenuti raccolti da una coda morbida, e gli occhi, verdi e profondi. Non sapeva
invece chi fosse il ragazzo al suo fianco, quello che scrutava Shiro con la
bocca a mezz’asta: capelli scuri e occhi anche lui verdi, ma di un tono più
cupo rispetto a Margot, e dalla forma all’ingiù(*).
Hitoshi
si fece avanti per rompere il ghiaccio:
-
Akira, vi spiegherà lui cos’è successo. – disse piano, indicando Shiro; poi si
avvicinò alla ragazza e le fece segno di avvicinarsi, spingendola piano sulla
schiena – Del resto, penso che se te lo dicessi io non mi crederesti, Tsubame!
Shiro
fece un passo verso la mora, che aveva le mani sulla bocca e stava per
piangere:
-
Tsubame?
Lei
annuì senza rispondere. Shiro le sorrise:
-
È davvero bello!
La
ragazza mandò un singhiozzo più forte. Quel suono sembrò sbloccare Akira, che
afferrò Hitoshi per il colletto e gli urlò contro furioso:
-
Mi stai prendendo in giro!
Hitoshi
non battè ciglio, sorridendo comprensivo e mandando Akira ancora più in bestia;
Haine, invece, indietreggiò spaventata, sobbalzando quando Akira diede per la
rabbia un pugno secco contro il muro:
-
Non prendermi per il culo!
Mollò
la presa da Hitoshi come se la sua mancanza di reazioni lo infastidisse e
scattò via nel corridoio, imprecando.
Tsubame
fece per seguirlo, ma Shiro la fermò:
-
Vado io.
Haine
stava per fermarlo e chiedergli cosa stesse succedendo, ma ci ripensò e lo
guardò sparire dietro l’angolo, le mani strette al petto.
***
-
Akira…
-
Non osare chiamarmi per nome!
Il
ragazzo fissò Shiro con denti scoperti come una bestia feroce, indicandolo:
-
Mi spieghi che cazzo ci fai tu qui?!
-
Se mi lasci spiegare…
-
Io ti credevo morto!!! – sbottò
l’altro – Hai idea di…!
Fermò
la frase, sentendo che era ingiusto accusarlo di averlo fatto sentire in colpa;
del resto, l’errore era stato suo.
Sbottò
e borbottò tra sé e sé per cinque minuti buoni, poi parve calmarsi e sospirò;
guardò Shiro con aria colpevole, gli occhi bassi:
-
S-Shiro… Senti io…
Il
moro lo bloccò con un gesto deciso della mano:
-
Non voglio le tue scuse.
-
Eh?
-
Tu non chiederai scusa a me e io non lo chiederò a te.
Sorrise
e Akira sbottò ancora:
-
E… Così? Fine? Vuoi dirmi che ora è tutto a posto?! – serrò i pugni – Non
prendermi in giro!
-
Infatti non ho detto questo.
Akira
si fermò. Shiro si passò una mani dietro al collo, sospirando:
-
Senti… Anch’io ho fatto degli errori, ok? E tu, certo, ma stare a spiegarci non
servirebbe a nulla. Sappiamo entrambi dove abbiamo sbagliato, tu per il tuo, io
perché non mi sono accorto di come andavano le cose… Tra tutti noi.
Akira
grugnì in risposta, a disagio.
-
In tutta sincerità, non me la sento di discuterne. Non cambierebbe niente, non
ci si potrà mettere una pietra sopra così, dal nulla. Ora, però, io ho la mia
vita, tu la tua; le cose sono andate come sono andate e non possiamo farci
nulla.
-
… Uh…
-
Magari, tra dieci, vent’anni, magari tra tre giorni, ne parleremo; magari non
ne parleremo mai. Ma non voglio farlo perché “dobbiamo”. – gli fece un gran
sorriso – Diciamo che ci siamo scambiati scuse da uomini?
Akira
lo fissò di traverso:
-
Piantala, non ho cinque anni!
Shiro
rise di gusto. Akira imprecò sottovoce e si passò una mano nella frangia, come
al solito Shiro ragionava con schemi mentali a cui potevi solo accodarti, o
saresti impazzito.
-
Certo che Marg… Scusa, Tsubame è diventata proprio bella!
Akira
lo fissò ad occhi sgranati alzando un sopracciglio, torvo:
-
Che vorresti dire?
-
Che hai scelto bene.
Sorrise
e Akira sentì di arrossire leggermente sulle guance:
-
Mi prendi in giro?!
-
Io? Fai tutto da solo…
-
Quanto non ti sopporto!!
Quando
tornarono al punto di partenza, Tsubame si era calmata e Hitoshi parlava al
cellulare; la moretta si avvicinò piano a Shiro guardandolo felice, mentre
Haine, vicino a lei, rimase immobile a seguire gli eventi.
-
Ok, d’accordo. – Hitoshi chiuse la comunicazione e si voltò verso il gruppetto
sorridendo furbo – Sono arrivati.
-
Arrivati?
Tsubame
e Akira si guardarono confusi; Shiro sorrise, mentre Haine sentì la depressione
piombarle ancor più pesante sulle spalle.
-
Oh… Aspetta un secondo! – sbottò Akira – “Sono arr…”? Non parlerai mica…?! Sei
impazzito?!
-
Beh, non sono qui propriamente per vedere voi due. – sorrise Hitoshi.
-
Se tuo fratello mi vede attaccherà una rissa da far spavento! E mi seccherebbe
dovergli spaccare la faccia.
Haine
guardò il ragazzo attonita, ancor di più per via del fatto che Hitoshi se la
rideva; la brunetta si voltò attorno in cerca di conforto, ma vide solo Tsubame
sospirare rassegnata e Shiro fare un risolino tirato.
Sono l’unica a pensare che questo
ragazzo abbia una pessima gestione della rabbia?!
-
Beh, andate voi. – bofonchiò Akira – Io me lo risparmio…
Shiro
lo prese per un braccio prima che si allontanasse e lo fissò eloquente. Akira
contrastò il suo sguardo qualche istante, poi imprecò di nuovo e seguì Hitoshi
con aria furiosa.
Quando
furono di nuovo dalle stanze con le pareti trasparenti, Hitoshi fece loro segno
di far piano e gli indicò la sala di fronte a loro.
Dentro
c’era un gruppetto abbastanza gremito di persone. Haine riconobbe alcuni dei
ragazzi, li aveva visti alla televisione assieme a Shiro qualche tempo prima,
erano alcuni dei campioni del torneo tra la B.E.G.A. e la BBA.
Anzi, mi sembra ci siano tutti…
Manca solo quello con lo sguardo truce…
Cercò
di ricollegare le facce ai nomi che aveva in testa, tanto per non sembrare
ancor di più la pera in mezzo alla cesta di mele.
Scorse
un cinese con un lunghissimo codino, accompagnato da un altro ragazzo moro e
una ragazza dai capelli rosati, cinesi anch’essi; se non ricordava male, quello
era Rei Kon.
Poco
distante c’era uno straniero biondo, Max Mizuhara, e accanto a lui un ragazzino
dai capelli rossi e dall’aria un po’ da scimmia (si chiamava Daichi Sumeragi,
se non si stava sbagliando), che pareva parecchio nervoso, impegnato com’era a
litigare con una brunetta dall’aria inviperita; lì vicino un ragazzo basso con
gli occhiali tentava invano di calmarli, seduto accanto ad un moretto col
cappello che Haine riconobbe come Takao Kinomiya.
Un momento… Kinomiya?!
Si
voltò di scatto verso Hitoshi, ripensando alle parole di Akira: ora che
collegava i cognomi, riconobbe una certa somiglianza tra i due ragazzi, ma
c’era qualcosa di sostanzialmente differente che non riusciva ancora a cogliere;
forse Takao aveva un’aria più affabile, mentre Hiroshi le sembrava, sotto
quella coltre gentile, più calcolatore. Haine diede anche un’occhiata a Shiro e
capì la frase di Hitoshi di prima, Shiro e Takao si assomigliavano un poco.
Ma Shiro è più bello.
Assieme
al gruppo di ragazzi, nella sala c’erano altre tre persone; Haine sentì una
stretta al petto riconoscendo le ragazze della foto. Vide Shiro illuminarsi,
lanciandosi verso la porta se non per essere fermato da Hitoshi che,
ammiccando, disse:
-
Forse è meglio se li preparo un po’.
Entrò
nella stanza lasciandogli indietro, in un angolo in ombra. Haine prese a
torturarsi nervosa la sua gonna verde, con la stessa terribile sensazione di
panico che aveva quando veniva chiamata ad interrogazione e non sapeva nemmeno
di cosa parlava il professore; anzi, forse quel panico era più leggero, meno
opprimente di quello che ora le attanagliava il petto.
-
Tu… Ti chiami Haine giusto?
Si
voltò sovrappensiero verso Tsubame, che le aveva posto la domanda; annuì
corrucciandosi un poco:
-
Sì.
-
Uhm. – Tsubame parve riflettere – Sei la ragazza di Shiro-san?
Lì
per lì, Haine fu sul punto di rispondere un imbarazzato “sì”, forse per
abitudine, forse per quella situazione terribilmente sfiancante; ma, con ogni
probabilità proprio pensando alla situazione, cambiò idea e la fissò risoluta:
-
Certo.
Tsubame
sgranò gli occhi e sorrise divertita. Haine mise il muso.
E questo che cavolo vorrebbe dire?!
Sentirono
un vociare concitato dalla stanza; Haine vide Takao alzarsi in piedi e sbottare
collerico contro il fratello, mettendo protettivo un braccio di fronte a
Midori. Alle spalle di Haine, Akira sogghignò:
-
Lo sapevo che avrebbe reagito così!
Incurante
delle proteste del fratello, Hitoshi si affacciò dalla porta e fece loro segno
di entrare. Akira e Tsubame andarono per primi, mentre Shiro afferrò salda la
mano di Haine e li seguì: sembrava fosse di colpo nervoso.
Haine
si sentì un po’ stupida visto che stava portando il ragazzo che amava dalla sua
(pregava “ex”) rivale), ma ricambiò la stretta incoraggiante.
-
Stai scherzando vero?! – urlò Takao trucidando Akira con lo sguardo – Che ci fa
qui questo stronzo?!
-
Sono d’accordo! – sbottò Daichi – Sparisci un po’!
-
Daichi, stai buono… - cercò di blandirlo Max, anche se pure lui fissava il
ragazzo arcigno.
-
Akira e Tsubame sono qui per la vostra stessa ragione. – rispose laconico
Hitoshi.
-
L-la stessa ragione?
Eveline
lo guardò senza capire, e Hitoshi porse il braccio verso la porta.
Quando
Haine e Shiro entrarono nella stanza scese un gelido silenzio; Ruka, Eveline e
Midori fissavano il ragazzo basite, mentre gli altri si scambiavano occhiate
confuse. Haine sentì Shiro stringerle la mano con più forza.
Rimasero
in quell’atmosfera di stasi per quelle che parvero ore, anche se si trattarono
di pochi secondi. Di colpo, Ruka si avvicinò al ragazzo e lo squadrò, la testa
piegata di lato come un gatto… E gli tirò un pugno sul braccio con tutta la
forza che aveva.
-
AHIO!
-
R-Ruka?! – Mao e Lai la fissarono attoniti – Ma che fai?!
La
rossa si studiò la mano come per accertarsi che fosse proprio la sua e riguardò
Shiro, che si massaggiava dolorante la spalla:
-
Dovevo – mormorò lei con voce rotta – controllare che ci fossi davvero…
Lui
la guardò e rise forte. Ruka si strinse le spalle, pronta a scoppiare in
lacrime:
-
Stupido Shiro nii-chan…!
Eveline
lanciò un urlo e saltò con l’amica quasi in braccio a Shiro, che le abbracciò
forte. Ci fu uno schiamazzo unico di domande da parte dei presenti e di strilli
(Haine riuscì a capire solo un paio di “EEEEH?!?”
e “Shiro?!?” in mezzo alla
cacofonia), ma qualcuno non si mosse.
Shiro
fece scendere Ruka ed Eveline, abbarbicate stile orsetti bruni al suo collo, e osservò
Midori, immobile come una statua.
-
… Midori?
La
ragazza sussultò, grossi goccioloni che cadevano per terra incontrollati:
-
… Perché? Come fai a… - tirò su sonoramente col naso, i pugni stretti – Tu… Sei
vivo…
Haine
sentì la collera montarle prepotente, cosa aveva da frignare quella?! Doveva solo
essere felice! Era di certo più normale la reazione delle altre due ragazze, ma
Shiro sembrò non badarci e si avvicinò un poco alla rosina.
Per
lui era una reazione scontata. Fino a cinque secondi prima Midori credeva che
lui se ne fosse andato per sempre, che non l’avrebbe più rivisto, e ora eccolo
lì, vivo e vegeto e sorridente.
-
Micchan.
La
ragazza alzò la testa di scatto e lo guardò con gli occhi velati dalle lacrime:
-
… Nii-chan!
I
due si abbracciarono e Haine sentì il cuore sprofondare fino ai piedi.
Ma perché, perché sono qui?!
Quando
l’atmosfera si fu calmata (e Hitoshi aveva dato delucidazioni della presenza di
Akira e Tsubame, in modo che Takao non gli saltasse al collo) Shiro spiegò
tutto quello che gli era successo dopo lo scontro con Akira, fino ad arrivare a
quando Haine gli aveva mostrato la vecchia foto che lui aveva creato come
regalo di compleanno di Midori, incollando le immagini che aveva racimolato
negli archivi della P.s.a.i.c.o.
Haine
sentiva di secondo in secondo il cuore ridursi ad un sassolino, mentre vedeva
il ragazzo discutere concitato con le sue amiche e tutti i ragazzi attorno di
argomenti che a lei erano totalmente estranei: la sfida contro il PSO Team, cos’era
successo negli ultimi mesi a Akira e Tsubame, come se la stavano cavando Ruka,
Midori ed Eveline… Per Haine era come se parlassero arabo.
Perché gli ho mostrato quella
maledetta foto?!
-
Quindi, per quanto ti fermerai ora? – chiese Eveline contenta, allungandosi
sulla sedia.
-
Oh, solo per qualche giorno. – disse Shiro dispiaciuto – Sai, è stato un
viaggio improvvisato.
-
Eeeeh?!?
-
Ruka, non fare quella faccia *gocc*.
-
Ma Lai…! – protestò la rossa triste – Insomma, nii-chan, non puoi mica già
sparire così!
-
Dai! – tentò di blandirle lui – Ve l’ho spiegato, è stata una cosa decisa all’ultimo
momento… Devo tornare a Gensenkaien.
-
E comunque hai detto che ti fermerai qualche giorno, no?
Sorrise
Max. Shiro annuì.
-
Beh, tra un paio di mesi c’è il nuovo mondiale. – disse Rei – Potresti tornare
a Tokyo per quella data.
-
Ma non sei troppo vecchio?
-
Takao!
-
Ma è vero Micchan *gocc*…
-
In effetti ai prossimi sarò maggiorenne.
Rispose
Shiro tranquillo. Hilary si sporse verso Takao guardandolo con aria cattiva:
-
Secondo me Takao è solo geloso di te, Shiro-san.
-
C-che *gocc*?! Hila, non dire cretinate!
-
Per una volta concordo con l’ochetta!
Rise
Daichi maligno; Hilary e Takao, che era rosso come un gambero, lo fulminarono
con due occhiate assassine:
-
Tu taci pidocchio!
-
Com’è che mi hai chiamata?!?
Tutti
risero mentre il rossino evitava il lancio rasoterra di una sedia da parte di
Hilary.
-
Scusali *gocc* - fece il prof K rivolto a Shiro – di solito riescono a
risparmiarsi simili scenate…
Shiro
scosse la testa divertito:
-
Siete forti ragazzi!
-
Io li chiamo decerebrati…
-
Tu…! Alfa, no! Akira! Chiudi il becco!
Takao
si agitava tanto da avere il berretto di traverso. Shiro rise più forte,
guardando Akira che ostentava ostilità solo per irritare il moretto, e si voltò
verso Haine che era rimasta in silenzio fino a quel momento.
Rimase
pietrificato quando si accorse che la sedia della ragazza era vuota.
-
Che succede nii-chan?
-
Dov’è… Dov’è Haine?
-
È uscita? – chiese Hitoshi – Non me n’ero reso conto.
Shiro
si alzò di scatto e corse in corridoio chiamando la ragazza, ma non ottenne
risposta; prese il cellulare (regalo di Sentaro) e provò a chiamarla, ma il
telefono diede muto. Sentì una strana consapevolezza scendergli nello stomaco e
si diede dell’idiota.
-
Nii-chan!
-
Micchan…
Shiro
guardò Midori con un mix di confusione e di panico. La ragazza lo scrutò
interrogativa:
-
È successo qualcosa?
-
N-no… Cioè, non lo so! – si passò una mano fra i capelli agitato – Solo, ero
così preso da questa giornata che…! Sono un imbecille, non mi sono accorto che
Haine…!
Midori
sorrise con un sospiro:
-
Haine-chan è la tua ragazza, giusto?
Shiro
ricambiò lo sguardo. Sorrise con tenerezza:
-
Sì.
Midori
annuì. Non serviva si spiegassero, si erano capiti alla perfezione.
Lei
sapeva quello che lui aveva provato per lei, anche se Shiro non era mai
riuscito a dirglielo; ora, però, quell’amore s’era trasformato in un affetto
profondo, più profondo di quello per chiunque altro, ma rimaneva affetto.
Per Haine invece…
-
Mi dispiace di non averlo capito, Shiro…
Lui
scosse la testa energico e le fece l’occhiolino:
-
Takao è il tuo ragazzo invece, ho indovinato?
Midori
arrossì appena e ridacchiò annuendo.
-
Credo proprio di piacergli poco.
-
Gli piacerai. – ammiccò lei – Non dirglielo, ma credo anch’io sia un po’ geloso!
Shiro
rise. Guardò preoccupato verso la stanza da cui era uscito e Midori gli diede
un pugnetto affettuoso sulla spalla:
-
Vai da lei. Ma torna presto, ok?
***
Haine
si rigirò sul letto per la quinta volta, tentando in tutti i modi di
nascondersi ai tiepidi raggi del sole che filtravano dalla finestra, ma alla
fine si arrese e riesumò la testa dal bozzolo di lenzuoli che aveva attorno.
Da
quando era scappata da Tokyo erano trascorsi già tre giorni, che lei aveva
passato tappata nella sua stanza dandosi malata; non aveva risposto neppure
alle domande di Sentaro sul perché fosse rientrata tanto preso né sul perché Shiro
non fosse con lei.
Si
stupiva che suo padre non avesse capito il motivo, era talmente palese…! Semplicemente,
lei aveva lasciato il ragazzo alle persone a cui teneva davvero, alla sua vita,
niente di più.
Una vita in cui io non c’entro
niente.
Si
costrinse a scendere dal letto, aveva un aspetto pietoso: gli occhi gonfi e
rossi, i capelli arruffati e l’espressione da funerale.
Si
vestì di malavoglia e scese di sotto, seguita da Ribbon che, forse intuendo il
suo umore, erano giorni che l’aspettava sempre fuori dalla sua porta calmo e
silenzioso; fece la colazione più raffazzonata – e disgustosa – della sua vita
(fette di pane tostate con riso e carne avanzato dalla sera prima e un
bicchiere di succo di pera) e si sedette in salotto con un libro preso a caso
dallo scaffale. Si rannicchiò sul divano e prese a sfogliare annoiata le
pagine, con la testa di Ribbon sul ginocchio.
La
casa era silenziosa, la giornata luminosa e tiepida; forse per quello, forse anche
per via del suo cervello, che in quei giorni lavorava a rilento, dopo un po’ Haine
si sentì invasa da una pesante sonnolenza e si accoccolò di più sul divano,
risvegliandosi solo quando l’abbaiare di Ribbon la rese consapevole che
suonavano al campanello.
Si
alzò sbuffando, passandosi una mano tra i capelli per rendersi più
presentabile, e non badò al fatto che il suo labrador sembrava parecchio
eccitato mentre lei andava alla porta.
Socchiuse
l’ingresso e le mancò l’aria:
-
S-Shiro…
-
Ciao.
Haine
ringraziò che ci fosse la catenella alla porta, perché in quel momento lei non
sarebbe stata in grado di chiuderla se il moro avesse voluto entrare; Shiro,
però, se ne restò fermo, fissandola:
-
Haine, mi dispiace.
-
C-come?
-
Non volevo succedesse una cosa del genere…
Lei
si guardò la punta delle ciabatte:
-
Non capisco di cosa parli…
-
Non mi ero accorto di quanto fossi a disagio, mentre eravamo a Tokyo – disse mortificato
– è solo colpa mia!
-
N-no… - rispose poco convinta – Sono… Sì, sono stata io che…
Ma
si fermò, una rabbia sorda che le saliva nel petto; levò la catenella alla
porta e l’aprì del tutto, guardandolo storto:
-
Certo che tu… Insomma, potevi anche accorgerti che ero arrabbiata.
Bofonchiò;
stava cercando di rimanere calma, ma più parlava più si sentiva triste e
arrabbiata. Shiro non lo puntualizzò e la lasciò continuare, annuendo a testa
bassa:
-
Hai ragione.
-
Insomma… Ok, era importante per te e tutto il resto, ma…! Mi hai chiesto di
venire con te, mi hai chiesto di sostenerti, e poi non ti sei neppure accorto
che ero sparita!
-
No, questo non è vero! – proruppe lui.
-
Invece sì!
-
Beh, per cinque minuti… - lei lo fulminò con un’occhiataccia – Ma tu hai spento
il cellulare!
-
Certo che l’ho spento! Comunque alloggiavamo nello stesso albergo, sai?!
-
Quando sono arrivato eri già sparita!
-
Potevi raggiungermi! – pianse lei con tono stridulo – Sì può sapere, se era
così importante, perché ci hai messo tre giorni?!
Shiro
non rispose, sospirando forte:
-
… Haine… Ti ricordi dove tenevi i biglietti di ritorno *gocc*?
-
Certo! – sbottò lei – Nella mia bors…!
Si
fermò a metà frase.
O, kami-sama! La borsa! Che è in
camera mia!
La
vampa di rabbia si dissolse come se le avessero tirato addosso un secchio di
acqua ghiacciata e si portò le mani alla bocca:
-
Porca miseria *gocc*!
-
Ho dovuto fare non so quante telefonate per farmi rimborsare i biglietti, ma
niente da fare, non mi credeva nessuno che me li avessero portati via *gocc*. Mi
sono fatto spedire un po’ di soldi da Sentaro, perché altrimenti pagando per il
treno non avrei avuto più niente per arrivare da Sapporo a Gensenkaien.
-
Oddio, mi dispiace *gocc*…! Ma papà…?
-
Gli ho chiesto di non dirtelo. – le rivolse un sorriso triste – volevo parlarti
di persona.
Haine
abbassò la testa, arrossendo appena:
-
P-perché sei tornato?
-
Per te, mi sembra ovvio.
-
Ma perché?! – pigolò lei piangendo – La tua famiglia… La ragazza che ti piace
era a Tokyo! Perché sei tornato?!
Non
voleva che lui si sentisse in obbligo nei suoi confronti, non voleva. Allo
stesso tempo, però, si sentiva così felice di vederlo di fronte alla sua porta
che non sapeva più da che sentimento farsi prendere.
-
Non è vero. – replicò lui dolcemente – La ragazza che mi piace è proprio qui
davanti a me.
Haine
sentì di avvampare, ma continuò a guardarlo male.
-
Mi dispiace di averti fatto pensare il contrario. – continuò Shiro sfiorandole
la testa – È vero, per me Ruka, Eveline e Midori sono persone speciali, sono
state e saranno parte della mia famiglia, le mie adorabili sorelline. Ed è
vero, un tempo ero innamorato di Midori, anche se sapevo che per lei ero solo
un fratello maggiore.
Haine
percepì un tono di amarezza nella sua voce e si sentì triste, per lui e per se
stessa.
-
Voglio incontrarle di nuovo, presto, voglio passare del tempo assieme a loro, ma
non voglio vivere con loro. Ormai considero questa come la mia casa e tu,
Sentaro e Ribbon come la mia famiglia.
Haine
lo fissò dritto negli occhi, lo sguardo lucido.
-
Io sono innamorato di te, Haine. – sussurrò – Posso? Mi permetti… Di rimanere
qui con te?
Lei
tentò ancora di tenergli il muso, ma il suo corpo si mosse più svelto e gli
gettò le braccia al collo; Haine prese a piangere, Shiro che la stringeva
forte:
-
Sei uno stupido!
-
Lo so… Scusami.
La
ragazza si lasciò cullare qualche minuto, guardando divertita con la coda dell’occhio,
Ribbon che saltellava loro attorno, felice.
-
Chissà ora… Cosa penseranno di me…
-
Chi?
-
Le tue sorelline e i loro amici…
-
Proprio niente. – sorrise lui – Sono solo impazienti di conoscerti bene.
Haine
si asciugò gli occhi e sorrise:
-
Allora, la prossima volta che vai a Tokyo, verrò di nuovo con te.
-
Sarebbe bellissimo! – rise – E magari nel frattempo ti insegno a giocare a
beyblade.
-
Averti come insegnante? – Haine fece una smorfia – Non credo che avrai tanta
pazienza!
Shiro
fece un sorrisetto furbo e la baciò:
-
Oh, vedremo. – le sussurrò sulle labbra – Tanto, abbiamo tutto il tempo che
vogliamo, no?
Haine,
le guance rosse, sorrise e gli accarezzò il viso:
-
Tutto il tempo del mondo.
(*)
chi ha presente Saiyuki e Sanzo ^^? Occhi all’ingiù = sguardo sexy ^w^!
Zuccherosissimo arrivederci per questa coppia OC zuccherosa ^W^!
Ihhh, che triste, non voglio andare via ç__ç!
YUPPIIII! SIAMO LIBERI!! ndTutti
Cattivi T_T**!! Mmm, alla fine ho lasciato poco spazio a Ruka,
Eve-chan e Midori e ancor meno a Takao e Co. XP, ma del resto i protagonisti
qui non erano loro ;)!
Io sono sempre il protagonista!! ndTakao_e_Daichi-in-coro
Sparite scimmie urlatrici! Vabbè, scleri a parte, prima di
lasciarvi ho alcuni ringraziamenti da fare ^w^!!
A Ella_Sella_Lella:
grazie per le tue letture, i messaggi e per la tua speranza che non è svanita
^^””! spero di vederti commentare anche questo capitolo e, se ti va, anche le
altre mie storie!!!
A Violet_Rose:
ragazze spero leggiate anche quest’ultimo capitolo e che vi piaccia come il
precedente ^^! Chiedo ancora perdono per il ritardo xP, non ci sarà troppo
zucchero in questo finale ^^”?
Ringrazio ancora
Ella_Sella_Lella
Violet_Rose
Ametista
Che hanno messo “Psaico, Secret Files: Il Volo della Rondine
” nelle preferite, e la mia grandissima onee-sama Lenn chan per le recensioni!