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Autore: _aspasia_    16/12/2011    0 recensioni
Questa flashfic è nata da un'idea del gruppo Slytherin di Semplicemente Harry Potter di FB. In futuro dovrebbe essere votata, e devo ammetterlo se vincesse godrei come riccio, ma aspetterò il verdetto. Se non siete di tale gruppo non preoccupatevi, anzi leggete, e lasciatemi un commentino. Fareste felice una povera serpe abbandonata al suo destino.
Detto questo riassumo la storia: Daphne Greengrass e Pansy Parkinson. Cosa sarebbe successo, cosa avrebbero pensato se si fossero innamorate? Se si fossero sedotte? Spero che leggiate.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Daphne Greengrass, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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“Cosa ci fai qui Pansy?”.
“Potrei farti la stessa domanda Daphne”.
Le due ragazze si affrontarono, occhi negli occhi, a testa alta, orgogliose fiere. Tuttavia non di quell’orgoglio spavaldo che caratterizza i Grifi, ma quello dato dalla consapevolezza che si è calcolato tutto, che il proprio intelletto riuscirà comunque a trovare una soluzione. L’orgoglio di sapersi preparati a tutto, l’orgoglio di sapersi superiori. Ma quando si scontrano due serpi chi delle due vincerà?
Si squadrarono e alla fine una rispose: “Cercavo il silenzio e qui è il posto perfetto. Tu Pansy?”
“Lo stesso. Volevo pensare”.
“Arrivederci Parkinson”.
“Arrivederci Greengrass”.
Daphne le passò di fianco, ondeggiando i capelli con la sua innata grazie a al cuore di Pansy mancò un battito. Perché tutto ad un tratto era passata ad usare il cognome? Le loro famiglie erano pari grado, purosangue, nobili. Gli uomini che avrebbero scelto i loro genitori per darle in sposa sarebbero stati soltanto il meglio dell’alta società magica. Peccato che lei non voleva un mago dal sangue millenario, lei voleva una strega con quel sangue. Una strega dagli occhi cerulei.
Non sapeva Pansy che poco lontano da lei quella stessa strega si stava maledicendo nel suo stesso modo.
Daphne Greengrass era sempre stata consapevole della propria bellezza, del proprio potere di ammaliare le persone, e ne aveva sempre approfittato, sarebbe stata una sciocca a non farlo. Sapeva benissimo che una bellezza come la sua accompagnata dal suo perfido intelletto era un mix micidiale, e si divertiva come non mai ad usarlo.
A volte le sembrava di non aver mai provato un sentimento anche lontanamente simile all’amore. I suoi genitori erano freddi, accompagnati sempre da mille etichette e dai doveri che comportava essere una famiglia potente come la loro. Sua sorella minore Astoria le riscaldava un pochino quel suo animo gelato, un tenero e lieve affetto, ma sempre molto pacato, lontano. Quasi impercepibile.
I ragazzi che aveva avuto nei suoi sedici anni era stati tutti suoi stupidi giocattoli. Le piaceva sedurli, vederli impotenti nelle sue mani, usarli in tutti i modi che riusciva ad ideare e poi a lasciarli soli, abbandonati. Con il cuore spezzato da quella regina dei ghiacci che era sempre stata.
Tuttavia da un po’ di tempo a quella parte qualcosa la muoveva dentro, ma non l’avrebbe mai ammesso, mai dimostrato. Lei era Daphne Greengrass, quella irraggiungibile, la ragazza dal cuore di pietra. Non poteva, non doveva concedersi il lusso di provare dei sentimenti che non fossero il disprezzo e la vendetta. E poi anche se si fosse concessa tale frivolo passatempo cosa ne avrebbe guadagnato? Nulla. La sua famiglia non avrebbe lontanamente approvato, magari diseredandola e cacciandola dalla comunità magica. Ripudiandola per sempre. E lei questo non poteva lontanamente accettarlo.
Lei era il suo nome. La sua famiglia, il suo passato. Lei era una Serpeverde , e ne era fiera. Le piaceva pensare che lei fosse la personificazione di quello che la casata vantava di essere. Elegante, calcolatrice e temibile.
Un sorriso soddisfatto le se disegnò sulle labbra, e se non fosse stato per quell’aurea di bellezza ed eleganza che le alleggiava sempre intorno sarebbe potuto sembrare più come un ghigno malefico.
Lei non si sarebbe piegata a quel muscolo che aveva nel petto. La sua mente era nettamente superiore.
Daphne sapeva quale sarebbe stato il suo destino; dopo la scuola si sarebbe sposata, un uomo scelto dal padre proveniente da una delle famiglie più potenti, ricche e di alto lignaggio del Mondo Magico. Lei avrebbe dovuto dargli un erede e poi vivere con la classica eleganza che caratterizzava le donne della famiglia Greengrass. L’amore, quell’inutile sentimento, non era lontanamente contemplato. L’amore è inutile, privo di qualsiasi ragionamento, filo logico. Distrugge qualsiasi cosa nel suo fuoco. Non lascia spazio alla ragione, e nel mondo reale non vi era posto per l’improvvisazione. Tutto doveva essere calcolato per poter ampliare i guadagni, e limitare le perdite.
Non si sarebbe concessa simile debolezza.
Mai e poi mai.
Il potere, la soggezione, le ricchezze e l’eco che avrebbe generato il suo nome le sarebbe bastato. Non aveva bisogno di simile frivolezze.
Non aveva bisogno di quegli occhi, di quei magnifici occhi color granata.
Era impensabile anche solo osare immaginare ad una vita con lei, senza che le loro famiglie le bandissero, senza che la loro vita cadesse a pezzi.
Sarebbe stata pronta a perdere tutto per lei? Per lei che a tutti pareva brutta, tranne a lei, perché Pansy aveva un tipo di bellezza diversa, nascosta. Aveva la bellezza di chi viene denigrata, di chi impara ad essere scaltro prima di bello; di chi sa sulla propria pelle che gli sguardi se li deve guadagnare con l’ingegno e non con il semplice apparire.
No non lo era affatto. E non lo era neppure Pansy, se mai anche lei avesse nutrito quel movimento nel suo cuore che odiava definire come amore. Nessuna delle due avrebbe mai rinunciato alla famiglia, al potere. Entrambe volevano la propria fortuna, il proprio successo. Insieme sarebbe stato un suicidio. Erano serpi, non grifi. Erano sagge, non stolte. Avevano paura, tremendamente paura.
Tuttavia non riusciva non pensare a lei, a quegli occhi profondi come pozzi infiniti. Era brava a nascondere i suoi pensieri, dissimulare le emozioni, la sorpresa, il desiderio. Erigere un muro di pietra per proteggere i pensieri, le opinioni. Le menti degli adepti di Salazar erano inespugnabili.
Tutti sarebbero rimasti all’oscuro di ciò che immaginava quando andava a dormire, adagiata mollemente nelle sue coperte di broccato e velluto. Nessuno. Solo lei sapeva com’era bello sognare di sfiorare quei capelli neri come la notte e baciare quelle labbra esangui. La sua sopravvivenza fondava sulla segretezza, soprattutto della diretta interessata. Se l’avesse saputo avrebbe potuto avere diverse opzioni: o l’avrebbe derisa e tutti l’avrebbero scoperto, la sua reputazione per sempre compromessa e la sua famiglia rovinata. Oppure l’avrebbe ricambiata, e avrebbe potuto toccare il cielo con un dito; ma questo avrebbe comportato il bando della sua famiglia, ed il disonore. In entrambi i casi avrebbe perso tutto, e la sua casata sarebbe stata ricoperta di disonore.
Non l’avrebbe permesso.
Mai e poi mai.
Non avrebbe rinunciato a tutto. Non per un sentimento sciocco ed inutile. Non per lei.
I suoi genitori non si erano mai amati; gli altri avevano scelto il loro matrimonio. Daphne aveva imparato fin da piccola che la purezza del sangue, il rispetto e la ricchezza erano virtù molto più potenti e allettanti dell’amore.
Lei non sarebbe stata la pecora nera della famiglia. L’unica ad abbandonarvisi, inebriandosi i sensi.
Non avrebbe ceduto.
Non sarebbero mai state così vicine, pelle contro pelle, labbra sulle labbra; occhi negli occhi.
Granata e ceruleo.
Ad un tratto però un’idea le balenò nella mente. Non doveva cedere all’amore, ma questo non voleva dire che non si potesse divertire.
La caccia era iniziata.
 
 
  
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