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Autore: Ifysama    18/12/2011    1 recensioni
In un continente dimenticato dove la magia è dimenticata e ormai leggenda, una lotta tra famiglie nobili porterà alla scoperta di anntichi segreti, di una nuova terra e alla formazione di un nuovo impero
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 - Inizio
Cinque mesi prima di quell’episodio, nei monti bianchi della regione del nord della contea di Verna, il cavallo del conte galoppava lungo un sentiero diretto al palazzo bianco. Heric con i suoi occhi neri guardava la neve scendere calma e coprire ogni cosa intorno a lui. I suoi capelli scuri ondeggiavano al vento pur non essendo molto lunghi, il naso sottile e dritto che caratterizzava la sua famiglia riceveva gli odori pungenti del paesaggio circostante. Appesa al suo fianco sinistro c’era l’immancabile spada lucente, chiamata così perché risplendeva anche in presenza della luce più tenue, lama donatagli dal padre al compimento dei suoi diciotto anni, arma con la quale aveva vinto il torneo della contea nove anni prima venendo proclamato miglior spadaccino. Heric non era un nobile comune, già nella sua infanzia aveva deciso di dedicarsi alla scherma e ben presto si era scoperto portato per quella disciplina. Aveva affinato la sua tecnica grazie agli insegnamenti del suo maestro, abile spadaccino anche lui e uomo dotato di grande virtù.
Oltrepassata l’ultima curva il palazzo si ergeva innanzi a lui, una costruzione imponente seppur di modeste dimensioni, completamente bianco, come la neve sulle montagne. Il corpo principale si estendeva a est e ad ovest grazie a due braccia di mura, finendo per occupare tutto il fianco della montagna che si alzava ancora sopra ad esso per molti piedi. Heric oltrepassò il piccolo cancello e lasciò il cavallo nelle scuderie che si trovavano dentro le mura. Non era una costruzione molto grande, bastava per circa duecento animali perché nella contea i soldati erano sparsi in punti strategici data la conformazione del territorio.
Il conte lasciò la scuderia dopo essersi preso cura personalmente del suo cavallo e si diresse verso l’entrata. Il portone era presieduto da quattro guardie che non appena lo riconobbero scattarono sull’attenti, Heric sorridendo le salutò.
- Bella giornata, non è vero Sam? La neve scende calma ed il sole non è coperto dalle nuvole - disse lui.
- E’ vero, conte -
- Ma dimmi, com’è la situazione all’interno? -
- Tutto tranquillo, oggi suo padre è di ottimo umore -
- Bene, allora vado, non l’ho ancora salutato stamattina -
Heric oltrepassò l’enorme portone, si tolse il mantello cosparso di fiocchi di neve ed aprì una porta più piccola per entrare nel palazzo.
Il corridoio principale era ricco di decorazioni: drappi sfarzosi erano appesi alle pareti di marmo lucido, colonne bianche erano alternate a colonne scure e procedevano allineate ai bordi del corridoio. Enormi candelabri fuoriuscivano dalle pareti come se fossero piante di metallo, i loro bracci si avviluppavano alle colonne e scendevano fino a terra, magnifici lampadari pendevano da soffitto emanando una luce chiarissima. Ai lati armature da parata guardavano chi passava, tenute lucide e brillanti, sopra ad esse quadri di grande pregio ornavano le pareti descrivendo le gesta di guerrieri del passato. Numerosi servi erano affaccendati a svolgere i loro compiti: c’era chi lucidava un’armatura, chi spolverava un quadro, chi cambiava le candele, Heric vide anche due servi più avanti che procedevano spediti portando vassoi carichi di cibo, molto probabilmente la colazione delle sue due sorelle, erano queste infatti abituate a svegliarsi tardi. Il conte impiegò non poco tempo a percorrere tutto il corridoio, alla fine di questo si apriva il salone adibito ai ricevimenti, anche qui imponenti armature che reggevano bandiere colorate circondavano la sala. Sul soffitto era dipinta in modo molto esperto una celebrazione di vittoria di uno dei suoi antenati, la raffigurazione era enorme e procedeva da un lato all’altro del soffitto perdendosi in un intreccio di figure rupestri.
Heric attraversò il salone ed arrivò alla scalinata di marmo che portava ai piani superiori. Questa era maestosa e molto larga, sopra ogni scalino era presente un mosaico e il corrimano era rivestito di cristallo trasparente. Due serve erano impegnate a lucidarla e il ragazzo ebbe premura di non passare dove loro avevano appena pulito ottenendo profusi ringraziamenti. Salita la scala un portone di legno di quercia, sul quale erano intagliati motivi floreali, portava alla sala da pranzo della famiglia per le occasioni non ufficiali. Bellissime statue di ninfe e spiriti del bosco abbellivano la stanza al posto delle armature mentre i ritratti dei suoi antenati guardavano fieri i discendenti. Sul muro di fronte al portone pendeva un enorme drappo recante il simbolo della famiglia: un lupo bianco davanti ad una montagna.
Al tavolo, collocato al centro della sala era seduto il padre di Heric, l’effettivo conte di Verna che da due anni aveva ceduto il titolo al figlio in quanto ormai la vecchiaia gli impediva di svolgere le mansioni più faticosa, gestire una contea in un territorio molto angusto non era l’ideale per un uomo della sua età, nonostante ai suoi tempi fosse stato un grande condottiero in questi tempi di pace gli anni avevano iniziato a pesare. I capelli un tempo scuri erano diventati candidi come la neve e così i folti baffi sotto il naso sottile e dritto, gli occhi neri erano ancora vivi e pungenti mentre profonde rughe gli solcavano la faccia. Non era altissimo e con la vecchiaia aveva iniziato a curvarsi in avanti ma manteneva la corporatura da guerriero e molte cicatrici sulle braccia ne erano la prova.
Heric notò che le sue sorelle erano appena arrivate e avevano iniziato la colazione .
- Buongiorno padre -
- Heric! Dove sei stato? Perché non hai fatto colazione con noi? -
- Scusatemi ma il tempo era così bello che non sono riuscito a trattenermi dal fare una cavalcata di prima mattina -
Il padre sorrise - Sei scusato, lo avrei fatto anch’io. Hai visto tua madre? -
- Pensavo di trovarla qui -
Alzandosi per farsi incontro al figlio continuò - E’ partita per i confini di Verna, deve incontrare alcune dame importanti provenienti dalla capitale, tornerà tra pochi giorni, strano che tu non l’abbia incontrata -
- Non sono passato per la strada principale e penso che sia per questo che l’abbia mancata -
- Peccato, voleva salutarti ma non ti preoccupare, le invierò un corriere ad avvisarla -
Con un cenno di assenso Heric si rivolse alle sorelle ancora mezzo-assopite. - Voi due, invece di dormire, avete salutato nostra madre? -
Hanna, la sorella più grande, vent’anni, l’unica a possedere gli occhi verdi della madre, con i capelli castani raccolti in una lunga coda volse il viso molto aggraziato al fratello e rispose per prima - Mi ha svegliata lei per salutarmi -
Lym annuì, impegnata ad inghiottire un boccone. Aveva quasi diciassette anni ma rivaleggiava in bellezza con la sorella nonostante si comportasse ancora in maniera infantile. I suoi lunghi capelli castani erano raccolti in trecce che scendevano sul viso dolce a velarle gli occhi che erano neri come quelli del fratello. Heric sorrise, le sue sorelle lo mettevano sempre di buon umore.
- Cosa avete intenzione di fare oggi? - domandò il padre.
- Io andrò dal maestro Ivan per allenarmi - disse Heric.
- Io penso di sfogliare qualche libro interessante - disse Hanna. Di fatto la sorella maggiore aveva un’innata passione per la lettura e col tempo era diventata molto acuta nonché acculturata. La sua stanza era occupata da enormi scaffali che andavano a costituire una piccola libreria personale ma la lettura non era il suo unico diletto, amava anche andare a cavallo e non era raro vederla galoppare lungo i sentieri pericolosi della contea.
- Francamente io non so ancora se uscire o restare in camera mia a cucire - rispose Lym che invece aveva la passione del cucito e della musica. Da quando era piccola aveva passato molto tempo con la madre e questa le aveva insegnato i primi rudimenti, col tempo aveva perfezionato la tecnica ed era diventata molto brava, peccato che avesse il vizio di lasciare incompiuti i suoi lavori.
- Secondo me faresti bene ad andare un po’ all’aperto, oggi il tempo è magnifico - la incitò il padre - e poi, è tanto che non esci dal palazzo -
La sorella ci pensò su e decise di seguire il consiglio del padre, di solito non usciva mai quando faceva troppo freddo e in quei giorni invernali il tempo non era stato clemente.
- Allora io vado, a più tardi - disse Heric ed uscì dalla stanza dirigendosi verso le aule sportive.
Queste si trovavano nella ala est del palazzo quelle più addossata al monte. Il percorso per raggiungerle era lungo perché era la parte più distaccata dal corpo centrale ed Heric impiegò qualche minuto per arrivarci. Anche questa volta dovette percorrere lunghi corridoi bianchi, circondato da servi e serve sempre indaffarati. Quella zone era anche molto usata dai soldati nei loro spostamenti visto che era direttamente collegata con i quartieri militari, Heric superò tutti ed entro nella stanza degli allenamenti.
Come al solito il suo maestro era in piedi al centro dell’aula ad attenderlo. Ivan era il suo nome ed egli era un uomo molto alto ma nonostante questo molto agile. Aveva muscoli su tutto il corpo, infatti aveva preso parte a numerose guerre distinguendosi per coraggio e onore. I lineamenti del volto erano molto marcati e il cranio era completamente rasato. Se tutto questo non fosse bastato a incutere un certo timore i suoi occhi completavano il quadro. Infatti questi erano di un insolita tonalità rossa e questo turbava la maggior parte delle persone con le quali doveva avere a che fare, era risaputo che quel colore non esisteva per gli occhi.
Heric tuttavia nutriva un profondo rispetto per lui, era il maestro che lo aveva preparato al torneo, l’uomo che lo aveva allenato fin dal compimento dei suoi dieci anni, quindi lo salutò con un inchino e attese i suoi ordini.
La sala infatti era provvista di ogni genere di attrezzo o di arma: spade di legno, di ferro, lance, alabarde picche, bipenni, asce, martelli da guerra, mazze, coltelli, scudi, archi, balestre e altro ancora, tutto tenuto alla perfezione.
- Dunque - fece il maestro rompendo il silenzio - oggi faremo una cosa particolarmente difficile per te -
- Cosa maestro? -
- Proverai a battermi - disse fissandolo negli occhi.
Heric sapeva di non essere all’altezza della sfida, aveva vinto il torneo ma anche perché il suo maestro non vi aveva preso parte.
- Maestro temo di non poter arrivare a tanto, proviamo un’altra cosa -
- No - disse Ivan serio - ti ho detto quello che devi fare quindi obbedisci -
Detto questo prese due spade di legno, ne gettò una al conte e si mise in guardia. Heric prese la sua e sospirando si fece avanti.
Cominciò lo scontro, il ragazzo parò una banale sequenza di colpi e rispose con una combinazione altrettanto facile che il maestro si limitò a schivare o a far scivolare di fianco. Il secondo scambio fu più duro, anche Ivan fu costretto ad utilizzare la spada seriamente. Al terzo Heric si affidò molte volte al suo istinto perché gli era difficile perfino vedere i colpi arrivare e non fu in grado di contrattaccare per molto tempo. Ormai stremato si allontanò dallo sfidante per riprendere fiat o e pensare ad una soluzione.
Mentre ragionava gli venne in mente una strana tecnica letta in un vecchio libro dei suoi antenati. Con la spada alzata poi, all’improvviso, la abbassò a destra con una sola mano, la passò rapidamente nell’altra e girò su se stesso tentando di colpire il maestro. Ivan fu colto di sorpresa ma si affrettò a parare il colpo.
Invece di sentire lo scontro sul legno Heric avvertì il contatto con il corpo del maestro, alzò gli occhi e vide la sua spada aver preso il braccio sinistro del maestro, d’altra parte Ivan teneva la sua all’altezza della tempia del conte.
- Sei migliorato - disse il maestro riponendo la spada - ma con questa tua mossa tu saresti morto, mentre io mi sarei ferito un braccio, comunque non c’è che dire, ottima mossa -
Di solito Heric non era abituato a ricevere complimenti da lui, più che altro critiche - Si maestro … -
- Potresti dirmi come hai imparato quella tecnica? Non te l’ho mai vista usare prima -
- L’ho vista illustrata su un diario di famiglia -
- Lo sospettavo, devi sapere che quella era una tecnica messa a punto da uno dei tuoi antenati e posso dirti che l’ho vista mettere in pratica pochissime volte e quasi nessuno riusciva a esaltare la sua efficacia … tuttavia noto in te una certa affinità con quella tecnica e non penso di sbagliarmi se dico che il sangue nelle tue vene ti porterà ad eseguirla perfettamente -
Heric sbalordito per il velato complimento si inchinò.
- Ma è ancora presto per poter parlare - continuò il maestro - ho notato alcuni errori nell’esecuzione e sei stato troppo lento. Dunque ecco cosa faremo in questi giorni, migliorerai questa tecnica -
Il conte annuì - Quando si terrà il prossimo torneo? -
Ivan lo fissò sorridendo - Non pensare di riuscire a vincere anche questo perché parteciperò anch’io -
Heric tremò ma si contenne.
- Comunque il torneo avrà luogo tra cinque mesi esatti! -
  
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