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Autore: Laura Sparrow    24/12/2011    1 recensioni
Quarto capitolo della saga di Caribbean Tales. - Tortuga. La roccaforte dei pirati, il porto preferito di ogni bucaniere sta radicalmente cambiando, trasformata nel rifugio ideale per gli intrighi di un uomo infido e spietato: Robert Silehard. E, quando anche l'ultimo porto franco non è più sicuro per un pirata, nessuno può più sfuggire alla mano di Silehard. Nemmeno capitan Jack Sparrow e la sua ciurma.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 13
A carte scoperte



Faith marciò come una furia sottocoperta, superando Valerie che -seduta su di un cannone- stava pulendo la propria pistola alla luce di una lanterna.
- Qui sono impazziti tutti!- sbottò la ragazza, fermandosi improvvisamente per voltarsi verso di lei. Valerie inarcò un sopracciglio e distolse per un momento l'attenzione dalla pistola, fiutando una certa tensione nell'aria.
- A guardarti, direi che hai proprio ragione. - commentò, beffarda. Faith sospirò rumorosamente e si accostò alla ragazza, sedendosi accanto a lei: aveva lo sguardo perso nel vuoto e una smorfia preoccupata sul volto.
- Io non ci capisco più niente: su questa nave ormai tutti fanno quello che vogliono. -
- Be', mi sembrava invece che quello spaventapasseri con la scimmietta che ci è saltato a bordo l'altro giorno esigesse una certa disciplina... -
- Barbossa, dici? Oh, lui di sicuro. - la ragazza strinse le labbra. - Quell'uomo ha qualcosa di inquietante, e non so se ci possiamo fidare di lui... ma è la guida di cui abbiamo bisogno adesso. Ma ciò non toglie che tutti qui fanno di testa loro, e io non riesco a stare dietro più a nessuno. Jack, Laura, Elizabeth... tutti! Ci dev'essere qualcosa nell'aria. -
Vedendola così irritata, Valerie non poté trattenersi e si mise a ridere. Faith invece alzò le braccia al cielo. - Insomma, ci deve essere per forza qualcosa che non va, se ho quasi baciato Connor!-
Valerie smise improvvisamente di ridere, ma in compenso la guardò con una divertita, blanda curiosità.
- Oh. Anche tu?-
- ...cosa?-
La ragazza inarcò un sopracciglio in modo eloquente, e Faith si trovò improvvisamente a corto di parole. L'unica cosa che riuscì ad aggiungere fu un titubante: - ...dici sul serio?-
- Certo. E non è tutto. - altra alzata di sopracciglio, ancora più eloquente.
- Oh. - adesso, se possibile, era ancora più a corto di parole. Più che altro, la notizia le arrivava come un fulmine a ciel sereno perché non riusciva a capire quando diavolo fosse accaduto tutto questo senza che nessuno se ne accorgesse. O magari, al contrario, se ne erano accorti tutti e lei era l'unica ad avere frainteso le vere intenzioni dell'irlandese? Non capiva più niente. - Scusa la curiosità, ma, quando è successo?-
- Piuttosto in fretta, in effetti... - Valerie si ravviò distrattamente i lunghi capelli neri. - La sera prima che lui salpasse sulla Sputafuoco con la ciurma di Elizabeth e William. - scrutò l'espressione dell'amica e soffocò a stento una risatina sagace. - Non fare quella faccia. Diciamo che non lo avevo in programma, ma lì per lì mi è sembrato un vero spreco lasciarlo andare senza sapere neanche se ci saremmo rivisti. -
- Ma... - Connor che ballava con Valerie. D'accordo, fin lì c'era arrivata anche lei. Ma dopo? Li aveva mai visti comportarsi in modo diverso, o anche solo rivolgersi la parola? Non ricordava. Il primo, insidioso interrogativo si presentò da solo... ma la giovane ci rifletté un attimo, e decise che non le avrebbe chiesto di Jonathan. Quello che Valerie combinava sottocoperta era affar suo. In confronto a lei, Faith doveva ammettere con un certo imbarazzo di essere solo una brava moglie benpensante... per quanto fosse convinta che mesi di convivenza coi pirati l'avessero ormai abituata a qualsiasi cosa. E adesso invece arrossiva per un'amica che raccontava di essere andata a letto con un altro uomo. Di colpo si sentì patetica, e il fatto che fosse proprio Valerie a farla sentire così la fece irritare.
Davanti al suo evidente turbamento, Valerie smise di ridacchiare e sgranò gli occhi, sorpresa. - C'è qualcosa che non va?- le sue sopracciglia si inarcarono di nuovo. - Va bene, devo aver detto qualcosa di sbagliato, vero? A meno che... tu non fossi interessata a lui. -
- No!- Faith quasi strillò, poi si decise a darsi una calmata. - Valerie, a questo punto credo di capire che Connor Donovan si sia comportato in modo molto strano con tutte e tre: te, me e Laura. Come ti ho detto, poco fa ho perfino rischiato di baciarlo. E adesso vengo a sapere di questi... hmmm... trascorsi tra te e lui. Non credi che ci sia qualcosa di strano?-
La ragazza dai capelli neri si strinse vistosamente nelle spalle, con l'aria di non avere idea di che cosa stesse parlando. - Che un uomo si interessi a più di una donna? Non lo trovo affatto strano, Faith... che io ne abbia approfittato e voi due no è un discorso tutto diverso. -
- Non stiamo parlando di questo, adesso!- scattò Faith, che stava tentando di ragionare. - Quindi, quella notte... eravate sulla Sputafuoco?-
- Se ti interessa tanto, è salito sulla Perla per recuperare le sue cose, ci siamo incontrati, e lì mi ha proposto di seguirlo per passare un po' di tempo con lui. Tutto qui. E quando abbiamo finito, io sono tornata sulla Perla. -
Prima che Faith potesse chiedere ulteriori spiegazioni, le due ragazze furono interrotte da un improvviso scalpiccio di passi di corsa, che scendevano frettolosamente le scale di sottocoperta.
- Voi due, aprite le orecchie. - disse una voce familiare. - Ci sono un bel po' di cambiamenti. E non intendo ripetere questa storia più volte di quante già mi toccherà raccontarla. -

*

Raccontare i fatti a Faith e Valerie risultò più rapido del previsto, e suscitò in loro meno entusiasmo di quanto mi sarei aspettata. Entrambe espressero un gran sollievo davanti alla notizia della falsa morte di Will, accompagnate da immancabili commenti tali “Elizabeth lo aveva detto!”, ma al frettoloso resoconto dei piani sembrarono soltanto confuse, come se già avessero la mente occupata altrove e tutti questi giochi più o meno sotterranei le stessero disorientando ulteriormente.
Mi separai da loro con la promessa di tenere acqua in bocca fino al mattino: quelle novità erano troppo preziose per permettere che se ne parlasse troppo in giro, specialmente ora che era di fondamentale importanza che la copertura di Jack e Will non saltasse. Non sapevo ancora di chi potevo fidarmi, a bordo. Non sapevo nemmeno se fidarmi completamente di Barbossa. Avrei avvertito Elizabeth a tempo debito, di certo. Ma, ora che avevo finalmente riguadagnato qualcuno di cui potermi fidare senza indugio, non intendevo mollare la presa.
Mentre facevo per andarmene, ad un certo punto Faith mi prese per un braccio e si avvicinò per sussurrarmi all'orecchio parole frettolose e concitate che avevano a che fare con Valerie e Connor, ma, per quanto la novità mi lasciasse sorpresa, non potei fare a meno di chiedermi perché sentisse il bisogno di parlarmene in quel momento. Certo, né io né lei ce lo aspettavamo, ma importava davvero qualcosa? Con chi Valerie andasse a letto non erano affari miei, per quanto non fosse gentile nei confronti del povero, cornuto Jonathan. E poi, a dirla tutta, per me era un sollievo: era la conferma che Donovan non aveva strane mire su di me, e quindi mi avrebbe finalmente lasciata in pace.
Quando dissi questo a Faith, lei però si accigliò ancora di più.
- È questo che non quadra, Laura. - mi bisbigliò, anche se Valerie era già sparita ed eravamo sole. - Ci ha puntate tutte e tre, o era solo un modo per confonderci? Io stessa l'ho visto aggirarsi dalle parti della tua cabina solo stasera e, per trarsi d'impaccio, ci ha provato con me. C'è qualcosa che non mi torna. Ci sono molte cose che non mi tornano!-
Mi chiusi in cabina con le sue parole ancora in mente, cercando di trovarci un senso. A dirla tutta, ero così contenta per le rivelazioni che avevo appena avuto da Jack e da William, che era molto forte la tentazione di dimenticarmi di Connor e accantonarlo come un semplice, ingenuo scocciatore a caccia di compagnia femminile. Era semplice: aveva fatto il cascamorto con tutte e tre la sera in cui avevamo ballato, e probabilmente quella stessa sera aveva avuto Valerie e realizzato che Faith era fuori dalla sua portata. Dopodiché, come si era trovato con me a bordo della Sputafuoco, forse aveva pensato di poter approfittare della mancanza di Jack. Ma io lo avevo respinto. Chissà, magari si illudeva ancora di poter cogliere qualche opportunità con me o con la mia amica, ma nel complesso, quasi certamente, era innocuo.
Sì, sarebbe stato facile accantonarlo e non pensarci più. Ma c'era davvero qualcosa che non tornava, e quel che mi dava più fastidio era che non riuscivo a capire cosa.
Mi liberai della spada e delle due pistole che mi ero portata appresso; poi mi buttai sul letto a pancia in giù, pensando a quando avrei dovuto parlare faccia a faccia con capitan Barbossa e dirgli che, nell'ordine, avevo lasciato la nave di nascosto per due volte, mi ero incontrata con Jack, e avevo scoperto il suo piano. La cosa buona era che, se non altro, adesso sapevamo tutti di stare dalla stessa parte.
Forse.
Faith aveva visto Connor aggirarsi nelle vicinanze della mia cabina. Che cosa ci faceva lì? In tutta onestà, dubitavo che avesse quel tipo di secondi fini. E poi, in quel momento, io non mi trovavo neanche in cabina...
Ma lui non poteva saperlo. Nessuno tranne Faith sapeva che avevo appena lasciato la nave. O forse lui lo sapeva? Possibile che fosse stato nascosto da qualche parte e ci avesse viste, mentre io lasciavo la mia amica di guardia e scomparivo nella notte? Possibile, certo.
E, una volta scoperto, aveva tentato un approccio piuttosto precipitoso con Faith, a detta di lei. Un caso, un'altra dimostrazione delle sue manie da donnaiolo, o un facile metodo per distogliere l'attenzione da altro?
Ma da cosa? Cosa era venuto a cercare nella mia cabina?
Affondai il viso nelle braccia incrociate, sentendomi troppo stanca per fare qualsiasi ipotesi, ma la mia mente continuava a lavorare. C'era qualcosa che valesse la pena rubare, lì dentro? Oro e gingilli a parte. No, niente che valesse il rischio. Allora dovevo dedurre che era venuto a spiare... chissà, magari lavorava ancora per i suoi vecchi datori di lavoro, i Mercanti, e loro stessi gli avevano ordinato di tallonare da vicino i pirati che avevano distrutto il loro quartier generale...
Aveva senso. Forse Connor era vivo proprio perché i suoi ex amici, gli stessi che lo avevano condannato a morte nell'arena, avevano deciso che un infiltrato a bordo della Perla Nera avrebbe potuto fargli comodo. Chissà.
Premetti la guancia contro il materasso, senza aprire gli occhi.
Ma, all'epoca, i Mercanti non potevano avercela con noi. Non avevamo ancora concluso nulla con Silehard... ma forse a loro era bastato notare l'interesse che il nuovo signore di Tortuga aveva dimostrato per noi.
Ebbene, Connor era una spia dei Mercanti. Cosa comportava questo, per noi? Al momento, non molto. Era troppo invadente, ficcava il naso dove non doveva e faceva troppe domande, ma non aveva ancora scoperto niente che avrebbe potuto mettere nei guai noi, o Jack.
Anche se la mia mente era una tempesta di pensieri, stavo cedendo al sonno. Domattina lo avrei fatto chiamare e lo avrei interrogato sul ponte, davanti a tutti: gli avrei detto che sapevo che era lì per conto dei Mercanti, e gli avrei chiesto se davvero erano convinti che fossimo in possesso di qualcosa che fosse di una qualche rilevanza per loro. E poi? Poi probabilmente lo avrei rispedito a terra. Non sapeva nulla di pericoloso.
Immaginai altre domande che mi sarebbe piaciuto fargli, ma nessuna di quelle avrei potuto pronunciare ad alta voce.
“Ebbene, non sei che una banale spia dei Mercanti. Farti Valerie faceva parte del piano, o è stato solo un piacevole intermezzo?”
“Sei una spia, Donovan, lo so. Qual era il piano: seduci la donna del capitano, e se non ci riesci punta qualsiasi donna ci sia a bordo?”
Ad un tratto tutto si fece molto strano, perché ebbi la netta sensazione che ci fosse veramente Connor insieme a me, dentro quella stessa stanza. Udii la mia voce fargli proprio quelle domande, eppure le mie provocazioni non scalfivano l'espressione di quieto divertimento sul volto beffardo dell'irlandese. L'unica cosa che fece fu scrollare le spalle e ridere, scuotendo lentamente il capo come se avesse a che fare con una bambina ignorante.
- Possiamo smetterla di fare il triplo gioco?- disse. Solo che adesso aveva la faccia di Jack.
Di colpo ebbi la netta e orrenda sensazione che ci fosse qualcuno alle mie spalle, letteralmente alla distanza di un respiro: potevo quasi sentire il suo fiato sul collo. Ad un tratto mi sentii prendere dal panico: per qualche ragione sapevo che, chiunque ci fosse alle mie spalle, non doveva assolutamente essere lì, non ora. Sudavo freddo, e mi sentivo i piedi inchiodati al pavimento: tuttavia, col cuore in gola, lottai per voltarmi e guardare in faccia la persona che mi stava spiando. I miei muscoli parevano fatti di pietra, per la fatica che ci misi semplicemente a girare la testa e guardarmi alle spalle.
C'era una donna, dietro di me. La sua sagoma non era altro che una forma scura, irriconoscibile: non ne vidi neppure il volto, ma come la guardai ebbi la certezza che fosse una donna, e che mi stesse fissando con un'intensità che mi diede i brividi.
Il panico mi afferrò alla gola: lei non doveva essere qui! Di tutti i posti in cui poteva comparire, non doveva assolutamente trovarsi qui, adesso!
La donna senza volto incombeva su di me. Probabilmente avrei ceduto al terrore o mi sarei paralizzata se... se... se un dolore acuto non mi avesse pungolato fastidiosamente la coscia.
In quel momento, le immagini davanti a me sembrarono confondersi, mentre il dolore fastidioso alla gamba diventava l'unica cosa reale.
“Sto sognando!” lo pensai, ma dentro la mia testa lo sentii forte e chiaro come se lo avessi urlato.
Mi svegliai di soprassalto, e fu come riemergere in superficie dopo una lunghissima apnea. Ma il terrore che mi aveva afferrata nel sogno non mi aveva ancora lasciata andare; rotolai di lato sul materasso, sussultando come un animale ferito, e la mia mano scattò verso l'oggetto che mi pungolava la gamba. Era il coltello che avevo nascosto sotto la cintura prima di lasciare la Perla: mi ero dimenticata di togliermelo. Quello fu l'unico pensiero razionale che riuscii a mettere insieme, perché l'istante dopo agguantai il coltello per il manico e menai selvaggiamente due fendenti all'aria vuota davanti a me, come impazzita.
- Fuori dalla mia testa!- urlai, in preda ad un furore cieco. - Fuori dalla mia testa! Sta fuori dalla mia testa!-
Nella foga, finii per accoltellare il materasso, squarciando la stoffa: uno spruzzo di piume si riversò all'esterno, volteggiando nell'aria. Tremando, lasciai cadere il coltello e mi ritrassi, scivolando oltre il bordo del letto per finire pesantemente seduta sul pavimento.
Era stato solo un sogno. Mi ero assopita, in preda ai miei pensieri e alle mie supposizioni, e avevo sognato... Appoggiai la schiena al bordo del letto, respirando profondamente. No, non era stato solo un sogno. Avevo visto la strega: ne ero più che sicura. Avevo ceduto al sonno e per un attimo, un attimo solo, quella donna aveva cercato di frugare dentro la mia testa...
Come aveva potuto? Non era mai successo prima; i suoi poteri avevano colpito soltanto Jack. Mi aveva lanciato un incantesimo, o qualcosa del genere? Ma quando?
Rabbrividii al pensiero di cosa avrei potuto rivelare involontariamente se il sogno non si fosse interrotto... Tutto il piano di Jack. La nostra unica copertura. Le vite di Jack e di William erano appese ad un filo, che si sarebbe spezzato se solo qualcuno avesse scoperto il loro gigantesco inganno.
Ero ancora seduta sul pavimento, scossa come una bambina caduta dal letto dopo un incubo: mi imposi di alzarmi e di sistemare un po' quel disastro, ma mi accorsi che mi tremavano le gambe e le mani. Mi inginocchiai di fianco al letto, raccogliendo alla meno peggio le coperte, e... e poi mi piegai per guardare sotto il letto. Fu un gesto automatico, lo feci quasi senza pensare, o forse, dentro di me, già sospettavo qualcosa. Non c'era nulla sul pavimento -salvo un paio di bottiglie di rum vuote rotolate lì sotto tempo prima- ma guardai tra le doghe del letto per accertarmi che la coltellata non avesse attraversato il materasso da parte a parte.
E in quel momento trattenni il respiro, perché lì, infilato tra le sottili assi di legno, c'era un feticcio.
Niente di più che una minuscola bambola di stoffa rozzamente cucita, ma per poco non urlai nel trovarmela davanti. Non era stato Barbossa in persona a menzionare i feticci? Non avevo fatto controllare entrambe le navi, la Perla e la Sputafuoco, da cima a fondo proprio per essere sicura che non ci fosse in giro niente del genere? L'avevo fatto, sì. E allora come ci era arrivato lì quell'affare?
Di colpo fu tutto chiaro. Di colpo seppi che cosa era venuto a fare Connor nella mia cabina.

*

- Trovatemi Donovan! Trovatemelo adesso!-
Uscii dalla mia cabina sbraitando queste parole come una furia, e le ripetei a squarciagola mentre scendevo sottocoperta, svegliando l'intera ciurma che dormiva nelle amache del ponte intermedio. In meno di un minuto avevo scatenato il finimondo, neanche avessi dato l'allarme di una burrasca in vista.
Vidi lo sconcerto più totale sui volti dei miei uomini mentre correvo da una parte all'altra come un'indemoniata, e potevo anche capire perché: camminavo rapida, con una lanterna accesa in una mano e nell'altra il coltello, sul quale avevo infilzato il feticcio trovato sotto il mio materasso. Non mi ero azzardata a toccarlo con le mani nude, e così non avevo trovato altro modo se non piantarci dentro la punta della mia arma.
Intanto, le mie grida avevano dato il via ad una vera e propria caccia all'uomo: i pirati correvano da ogni parte, si passavano parola, e il nome di Donovan veniva ripetuto in tono sempre più concitato e minaccioso. Ad un certo punto, la luce della mia lanterna illuminò Marty, il quale, cercando di ergersi in mezzo agli altri nella sua minuscola statura, scrollava un'amaca vuota.
- Al suo posto non c'è, capitano!- annunciò, in tono grave.
Mi sentii come se un brivido ghiacciato mi squassasse lo stomaco. “Lo sa. Sa che l'ho scoperto. Mio Dio, mio Dio, questo vuol dire che la strega ha letto la mia mente e ha riferito tutto ai suoi seguaci?”
- Trovatelo!- gridai, girando sui tacchi per correre su, verso il ponte di coperta. E fu proprio sul ponte, appena fui emersa dalle scale, che udii il lieve ma distinto tonfo di un corpo che cadeva in acqua.
- Uomo in mare!- gridarono alcuni pirati affacciati alla murata, cercando di dirigere verso l'acqua la luce delle lampade, per cercare di trovare l'uomo.
- Nooo!- urlai, al colmo della frustrazione, mentre anch'io mi lanciavo contro il parapetto e guardavo giù, verso l'acqua scura. C'era buio, troppo buio, e l'unica cosa che riuscii ad individuare del fuggitivo fu il suono delle sue bracciate mentre se la svignava a nuoto.
- Sparate a quel cane! Fermatelo, non mi importa come!- ero fuori di me, e se solo avessi avuto a portata di mano un moschetto avrei di certo sparato io il primo colpo.
I pirati che avevano un fucile o una pistola cominciarono a sparare colpi in acqua, pur sapendo di stare tirando praticamente alla cieca. Dopo il rimbombo delle detonazioni, infatti, il lieve sciabordio dell'acqua smossa da Connor che fuggiva non smise; ma era troppo lieve e lontano per permetterci di capire da dove provenisse.
- Il figlio di puttana ce l'ha fatta!- sibilai, voltando rabbiosamente le spalle alla murata. La ciurma mi stava guardando con aria stupefatta: gli uomini non avevano messo in discussione il mio ordine di sparare, prima, ma ora volevano almeno qualche spiegazione.
Posai la lanterna sulle assi del ponte, e accanto, con un gesto deciso, conficcai il coltello col feticcio infilzato sulla lama. Tutti i pirati si avvicinarono per guardare, e ben presto ci fu un bel po' di parapiglia, perché quelli davanti si ritrassero in fretta, facendo gli scongiuri, sputando, segnandosi o scacciando la malasorte come meglio credevano, mentre quelli dietro si misero a spingere per vedere.
- Che cosa diavolo sta succedendo qui, branco di pecore impaurite?- sbraitò una voce fin troppo familiare, e un attimo dopo capitan Barbossa emerse dalla folla di pirati, che si scostarono al suo passaggio.
L'anziano capitano avanzò con decisione fino a me, poi puntò gli occhi su ciò che stava ai miei piedi. La scimmietta trotterellava sul ponte, ma nemmeno lei ebbe il coraggio di avvicinarsi al feticcio. Gli occhi grigio ferro di Barbossa si strinsero.
- Questo è un feticcio, miei signori. - annunciai a voce alta. - Messo nella mia cabina, in mia assenza, da Connor Donovan. Il bastardo si era presentato a noi come un membro dei Mercanti, ma ora ho capito che non lo è mai stato: era uno della gilda di Silehard fin dall'inizio. Il testarossa ci doveva la vita: siamo stati noi a rimettere insieme la sua pellaccia da quattro soldi. E come ci ripaga? Mettendo su di noi gli occhi della strega, ecco come!-
Un mormorio di disgusto seguì le mie parole. L'espressione di Barbossa era indecifrabile, ma, dopo essere rimasto per qualche momento immobile, con gli occhi puntati sul feticcio, si fece avanti e si inginocchiò. Prese il coltello, e con un colpo secco lo staccò dalle assi: con la mano libera aprì lo sportello della lanterna, e usò la punta del coltello per mettere il feticcio sulla fiamma.
Mentre Barbossa compiva quell'operazione, io alzai lo sguardo e, ad un tratto, mi trovai ad incrociare quello di Valerie. Era in piedi accanto alla murata, immobile: al contrario degli altri pirati, non aveva l'aspetto scarmigliato di chi era appena rotolata giù dal letto. Ci guardammo. Semplicemente ci guardammo per un istante, e capii che era stata lei ad avvisare Connor.
Forse stavano già parlando quando io ero uscita di corsa dalla mia cabina, o forse lei mi aveva sentita mentre gridavo a tutti di portarmi l'irlandese, ed era corsa ad avvertirlo di scappare in fretta. In ogni caso, aveva funzionato. Donovan si sarebbe fatto una lunghissima nuotata fino a riva, ma con tutta probabilità ce l'avrebbe fatta, e per noi era troppo buio e troppo rischioso per cercare di inseguirlo.
Tuttavia, in un certo senso, ne fui quasi sollevata. Era stata Valerie ad avvisarlo, non la strega. Quindi, quella non sapeva niente di Jack, e nemmeno Donovan. Non c'era niente che il testarossa potesse rivelare, eccetto dove eravamo: e noi saremmo stati a debita distanza prima ancora che lui avesse toccato terra.
Barbossa chiuse lo sportello con uno scatto secco, e tutti noi restammo a guardare il fantoccio che prendeva fuoco e si consumava in una vivida fiamma gialla. Solo allora il capitano alzò gli occhi verso di me.
- Credo proprio che dovremmo parlare. -
Annuii, mentre lui mi porgeva il coltello dalla parte del manico.
- Non sapete quanto. - risposi, riprendendomi l'arma.

*

Quando Jack si sedette davanti alla strega, fu sorpreso di non vedere il solito calice fumante sul tavolo.
- Niente medicina, oggi?- domandò, come per alleggerire l'atmosfera.
- Non ce n'è bisogno. - rispose Imogen, senza fare una piega. - Ti voglio attento. Silehard ha degli ordini per te, quindi vedi di ascoltare bene. Si parte domattina prima dell'alba: tu sarai a bordo dello Squalo Bianco e ci porterai all'isola. -
- “Ci”?... -
- Io verrò con voi. - Jack era quasi sicuro di avere visto Imogen nascondere un sogghigno. - È ovvio che ciò che cerchiamo andrà spartito come si deve. -
- Sicuramente. - borbottò il capitano, annuendo distrattamente. - Vi siete accertati, prima di partire, che i vostri seguaci siano favorevoli ad una vita da non morti, per quanto immortale essa sia?-
Di nuovo quel risolino fastidioso. - Ancora una volta sei fuori strada. - lo corresse la strega in tono quasi divertito. - Non si tratta di compiere un furto, come tu, i tuoi uomini e svariati tuoi nemici avete fatto ripetutamente. No, Sparrow, non hai ancora capito... c'è un rituale. Noi andremo lì, il sangue verrà ripagato come ultimo sacrificio, e in cambio la dea Calypso ci concederà quello che vogliamo. -
Jack alzò un sopracciglio, colto alla sprovvista. - Un... rituale? Sul serio?-
- Potrai usufruirne anche tu, se vorrai. Davvero non ti tenta? Io ho visto quanto a lungo hai accarezzato il sogno dell'immortalità... ho visto quanta paura hai della morte. - Imogen puntò gli occhi dritti nei suoi, per quanto lui cercasse di evitare il più possibile il suo sguardo. Ebbene, era andata a vedere anche quello, nella sua testa, prima che lui trovasse lo stratagemma per chiuderle le porte?
Nessuno dei due parlò per lunghi istanti, quindi la strega sembrò rinunciare ad avere una risposta e si sistemò più comodamente nel suo scranno. - Domattina ti voglio al porto all'alba, e non ammetterò ritardi. - continuò in tono pacato. - Ah, a proposito... Silehard concede una nottata libera a tutto l'equipaggio, basta che domattina si sia in porto all'ora prestabilita. Tutti i suoi uomini hanno diritto ad un prezzo di favore alla Lanterna Fioca: dammi retta e prenditi una serata divertente. - fece una pausa. - Credo che tu ne abbia bisogno. -
Jack dovette controllarsi per non ridere: quella era la prova tangibile di quanto il Kaav e le erbe di Tia Dalma contrastassero i poteri della strega. Ingurgitava la mistura soprattutto la sera, perché sapeva che quella non perdeva l'occasione per frugargli nella testa appena non riusciva più a resistere il sonno, e cadeva addormentato suo malgrado. Chissà che cosa aveva trovato quando aveva riprovato a carpirgli i ricordi. Per ora, le sue fantasie più azzardate sembravano fornirgli un ottimo scudo mentale contro i suoi attacchi.
- Ma, in effetti, so che a te il tesoro non interessa. - la strega cambiò argomento, guardandosi le nocche delle dita intrecciate. - Ho visto anche questo. Sei già tornato una volta in quel luogo, ma non hai approfittato dell'occasione, perché il prezzo da pagare ti sembrava troppo alto. Sai, io sono sempre stata molto richiesta dalla gente, perché vivo su quest'isola da anni, e so tutto di Tortuga e della gente che la abita. Ho sempre potuto offrire i miei servigi, senza il timore di essere incarcerata e ammazzata come le mie sorelle di Santo Domingo... immagino che tu conosca la storia. E immagino anche che tu abbia sentito raccontare che gli uomini che hanno giustiziato le mie sorelle non hanno più dormito bene una sola notte in vita loro. - fece un ghigno crudele, scoprendo i denti che nella penombra brillarono come zanne bianche. - È sempre stato così, anche tanti anni fa... ricordo che un giorno venne da me una giovane donna, la quale da tre anni, a dispetto del suo sesso e della sua giovane età, era entrata nell'impresa a bordo di una nave chiamata Deliverance. Era una ragazzina selvaggia, crudele, perfino. Il suo nome era Beatrix. Beatrix Barbossa. -
Jack spalancò improvvisamente gli occhi e li alzò su Imogen, che gli rivolse un sorriso torvo. - Ero certa che il suo nome ti fosse familiare... lei aveva il temperamento giusto: era sulla giusta strada per diventare più grande del padre che ammirava tanto. Dovrei essere in colla con te, Jack Sparrow: ho visto che sei stato tu ad ucciderla. -
Non era una cosa di cui andava fiero, ma nemmeno era disposto a lasciarsi giudicare da quella fattucchiera che gli aveva avvelenato il sonno. - È questo che va a cercare nella mia testa, quando dormo?-
- I sogni, capitano... i sogni scavano ogni notte nel più profondo della nostra anima, e chi sa come vedere attraverso le vie del sogno sa anche come suscitare i ricordi giusti... quelli che possono rivelare la verità. -
- Sì, già sapevo che si diverte molto a frugare nei cassetti della mia memoria. Avrei anche qualche ricordo privato, eh? No, nel caso ogni tanto le venisse voglia di chiedere il permesso prima di... -
- Non siamo qui per parlare di questo. - lo interruppe bruscamente lei. - Parlavamo di Beatrix, che, allora sedicenne, venne da me in cerca di un nome. Sua madre, una prostituta, prima di morire le aveva rivelato l'esistenza di un fratello. -
Jack si corrucciò, ancora una volta preso alla sprovvista. - ...Fratello?-
- Sì, un fratello gemello nato e cresciuto a Tortuga come lei, ma separato da lei e affidato ancora in fasce ad un'altra donna, poiché era troppo gravoso occuparsi di due bambini. La Deliverance stava attraversando un pessimo periodo: scarso bottino, molti danni e gran malcontento. Beatrix si era appena ammutinata, fuggendo con la sua paga, intenzionata a ricominciare da qualche altra parte su qualche altra nave. Ma, lì per lì, era spiazzata e sola. Frustrata dagli insuccessi dei suoi tre anni passati per mare, probabilmente pensò che le sarebbe potuta andare meglio se avesse avuto al suo fianco un alleato, qualcuno con sui collaborare. -
- Qualcuno a cui dare ordini, insomma. -
- Se vuoi vederla così... - Imogen si strinse nelle spalle, chiaramente soddisfatta di avere catturato l'attenzione del capitano. - Allora si ricordò dell'esistenza di uno del suo stesso sangue, un altro Barbossa. Così si incuriosì, chiedendosi se avrebbe trovato in lui un degno rivale o un buon alleato, e venne da me per sapere chi cercare. -
- E lo trovò?- Jack non cercava più nemmeno di trattenere la curiosità.
La strega ridacchiò, dondolando il capo in un gesto che non significava né sì né no. - A questa storia potresti mettere tu stesso il finale. Lo trovò, e fece di lui il suo braccio destro. Quale ironia che tu lo abbia avuto sotto gli occhi per tutto questo tempo... -
Jack si protese in avanti, corrucciato, i pugni chiusi sul tavolo. - Chi?-

*

Quella notte, alla Lanterna Fioca, la clientela era la più numerosa e scalmanata che si fosse vista da tempo. Quasi l'inter gilda si era radunata nel bordello, per festeggiare e darsi ai bagordi prima dell'imminente partenza: Silehard lo considerava di buon auspicio, e i suoi uomini di certo non disapprovavano.
- Miei signori, benvenuti, benvenuti!- miss Bondies accoglieva tutti gli avventori con un sorriso gioviale, sebbene alcuni di loro non fossero affatto il genere di uomini che normalmente avrebbe lasciato entrare nel suo ricercato bordello. Ma doveva fare buon viso a cattivo gioco: Silehard pagava bene -e in anticipo- per ognuno di loro, come si conveniva ad una casa di piaceri d'altro bordo, e non si poteva dire di no ad un tale fiume di denaro che scorreva sonante direttamente nelle casse della proprietaria.
Quando però, mentre accoglieva i clienti all'entrata, si trovò davanti Jack Sparrow in persona, il sorriso le si congelò sulle labbra.
- ...Capitan Sparrow. - si riprese un attimo dopo, salutandolo ugualmente con un educato cenno del capo e un sorriso falso, invitandolo ad entrare.
Jack sorrise di rimando, e una volta entrato si guardò attorno: nella sala principale del bordello, di solito piuttosto tranquilla, c'era decisamente un'atmosfera festaiola. C'erano dei musicanti, e giravano boccali di liquore forte a volontà; molte ragazze correvano da tutte le parti, ridendo, cercando di accaparrarsi gli uomini più appetibili, e c'era un certo movimento dietro le tende rosse che coprivano gli ingressi a stanze più riservate. In cuor suo, Jack ringraziò che l'effetto del Kaav fosse già sbollito.
- È impegnata Dorothy?- domandò, accostandosi a miss Bondies con una mano sulla sua spalla, mentre insieme fendevano la folla.
- Non credo... vado a chiamarla?- Jack sentiva su di sé lo sguardo dubbioso della donna, e gli sembrava di indovinare i suoi pensieri.
- Sì, per favore. -
Mettendo da parte le domande e tornando al suo ruolo di direttrice del bordello, miss Bondies accompagnò Jack nelle stanze sul retro, e in pochi minuti recuperò Dorothy, come richiesto. Il capitano, nel frattempo, era distratto a chiedersi quando fosse stata l'ultima volta che aveva fatto una richiesta simile in un bordello... decisamente era passato del tempo, ed erano cambiate un bel po' di cose. Curiosamente, il pensiero lo divertiva.
- Ecco a voi!- miss Bondies gli mostrò la ragazza, col suo miglior sorriso da donna d'affari. - Abbiamo libera una delle stanze migliori, e la metterò a vostra completa disposizione per tutto il tempo che vorrete, capitano. Per il prezzo e quant'altro, credo che possiate prendere accordi da soli. -
Il capitano gettò uno sguardo a Dorothy, che, da parte sua, sembrava a dir poco terrorizzata. Lo fissava ad occhi sbarrati, mordendosi ripetutamente le labbra e tenendosi una mano sul petto. Notando questo repentino cambiamento nel suo atteggiamento, miss Bondies le rifilò una spinta in mezzo alle scapole per spingerla avanti, sibilandole, scandalizzata, un secco: - Dorothy!-
Jack ringraziò con la sua espressione più affabile e rivolse a miss Bondies un mezzo inchino, poi, con gentilezza, posò una mano sulla schiena della giovane e si allontanò con lei verso il piano di sopra. La ragazza non osava guardarlo, e aveva il cuore che batteva come un tamburo dentro lo stretto corsetto rosso fuoco che le fasciava esageratamente i seni. Perché il capitano era venuto a cercare lei? A parte che era strano che desiderasse lei, che era così giovane, anche se le erano capitati uomini ben più attempati. Ma come avrebbe potuto stare tranquilla dopo avere saputo quello che aveva fatto a William Turner? Non dimenticava l'espressione del capitano Evans quando era venuta a rifugiarsi nel bordello.
Ma, nonostante le sue paure, il capitano non sembrava avere cattive intenzioni nei suoi confronti, e finora nemmeno aveva fatto come certi clienti, che neppure avevano la decenza di aspettare di essere arrivati alle camere per cominciare a riscuotere il dovuto. Le camminava accanto, conducendola gentilmente con sé: Dorothy sentiva le sue dita sul collo e non poteva negare quanto la cosa le facesse piacere. In fondo, tutte ne avevano sempre parlato bene, e poi era bello. Non poteva essere tanto male.
Entrarono nella camera, e il capitano si fermò per girare la chiave dentro la serratura. Approfittando del fatto che le stesse dando le spalle, Dorothy respirò a fondo, intimandosi di stare calma e smetterla di fare storie. Lui poteva essere un assassino e un traditore, forse, ma non le avrebbe fatto del male. Per quella notte, poteva anche ritenersi fortunata.
- Prima che tu dica qualsiasi cosa... - le fece, voltandosi verso di lei proprio quando era sul punto di scusarsi per il suo atteggiamento freddo. - Ti devo dire di non preoccuparti: non sono qui per chiederti di lavorare, comprendi?-
Questo la lasciò sbigottita più di tutto il resto. - Oh. - dopo aver cercato di mascherare la paura, adesso si trovava a dover nascondere la delusione. - E... perché siete venuto, allora?-
Dei rumori piuttosto espliciti, provenienti presumibilmente dalla stanza accanto, riempirono in modo imbarazzante quel momento di silenzio. Jack sembrò non farci troppo caso: si sedette sul bordo del letto e fece cenno a Dorothy di avvicinarsi, mentre sfilava dalla tasca un foglio ripiegato.
- Mi dispiace davvero doverti chiedere di farmi da corriere, ma non so di chi altri fidarmi qua dentro. - le disse mentre glielo porgeva, abbassando la voce. - Credo anche di sapere perché mi guardi così da quando sono entrato... ti è arrivata qualche voce, non è vero?-
Dorothy era sulle braci, senza sapere se accettare o no il biglietto che lui le porgeva.
- Dicono... che avete ucciso il capitano Turner. - le tremò la voce, su quel punto. - ...e che avete tradito i vostri compagni della Perla Nera. -
Jack fece un sorrisetto soddisfatto, facendo scintillare i denti d'oro. - Mi sta bene che lo dicano: vuol dire che ci credono. - le si avvicinò un poco, sempre sorridendo. - Quello che ti ho detto non deve uscire da questa stanza, e non devi fermarti o parlare con nessuno né prima, né durante né dopo questa consegna. Ho bisogno che porti il biglietto a mia moglie, comprendi? Consegnalo solo a lei in persona, per favore. La troverai al molo: lei saprà riconoscerti. Allora, pensi di poterlo fare?-
Dorothy si concesse di indugiare ancora per un istante, anche se ormai era già convinta: maledetto il capitano e il suo essere dannatamente persuasivo. Ad indorare la pillola ci pensò lui, frugandosi ancora in tasca e allungandole una manciata di monete. - Oh, e queste sono per il disturbo. E per il tuo silenzio, se non ti dispiace. -
La ragazza annuì e prese il biglietto dalle mani del capitano, nascondendoselo sotto il corsetto con abilità consumata. - Certo che lo farò. Potete fidarvi di me, capitano!-
Jack le fece un altro sorriso, anche se -per una volta- distolse gli occhi da tutto quel lavorio di mani attorno ai seni della ragazza, che sembravano sul punto di esplodere fuori dal corsetto. Dorothy si accorse di quello strano gesto di cavalleria del tutto fuori luogo, e decise che si sentiva abbastanza di buon umore da continuare, con un sorriso aperto: - Se, dopo la consegna, aveste comunque voglia di qualcos'altro... vi assicuro che per me sarebbe un piacere. -
Tanto per rincarare la dose, gli posò una mano sul ginocchio e gli accarezzò la gamba. Jack saltò come se lo avesse punto un'ape e, davanti allo sguardo stupito della giovane, se ne uscì in tono impacciato: - Ehm... sei molto gentile, tesoro, ma credimi se ti dico che sarebbe una pessima idea. -
- Perché?-
- Perché se il minimo sentore di una cosa del genere arrivasse all'orecchio della destinataria del messaggio, domani ci sarebbe la tua testolina esposta in pubblica piazza, e un pezzo di me appeso all'estremità di ogni pennone della Perla Nera. -
Dorothy inarcò le sopracciglia, visibilmente impressionata. - ...Oh. -
- E perché sono innamorato di lei, ovviamente. - concluse Jack, con una scrollata di spalle e un sogghigno.
La ragazza inclinò il capo ed emise un sospiro svenevole, con gli occhi che brillavano. - Che cosa dolce!- esclamò, stringendosi le mani al petto.
- Da morire... - replicò Jack, soprappensiero. Poi aggiunse: - Grazie mille, bellezza. - le prese il mento fra due dita e le stampò un bacio sulla guancia morbida. Dorothy si allontanò da lui con il viso in fiamme. Si stava davvero comportando più come una verginella imbarazzata che come l'esperta e spigliata che era, ma quel maledettissimo pirata aveva su di lei un effetto tutto suo.
Lasciò la stanza di corsa, in un frullo di sottane. Jack richiuse la porta dietro di lei: per il resto della notte non voleva essere disturbato, onde evitare le sopracitate furibonde ritorsioni dalla sua dolce metà. Una volta rimasto solo, si buttò sul letto, e si accomodò intrecciando le braccia dietro la testa: non contava di restare lì fino all'alba, ma almeno per un tempo accettabile da non destare sospetti. Addormentarsi era ancora troppo pericoloso.
Si era appena calato il tricorno sugli occhi, quando un suono più insistente, proveniente dal piano di sotto, attirò la sua attenzione. Si sollevò sui gomiti e tese l'orecchio: non era solo il baccano del bordello -o degli occupanti della stanza di fianco, dei quali era abbastanza sicuro che fossero almeno in tre e uno fosse portoghese- , c'era un bambino piccolo che strillava come un'aquila e una donna che gridava, e questo no, non era normale.
Il capitano si alzò, spalancò di nuovo la porta e scese giù per la scala, seguendo il baccano: al piano di sotto si trovò davanti una scena che lo lasciò a bocca aperta, e lo fece appiattire contro il muro per precauzione.
Daphne, pallida e in camicia da notte, si protendeva selvaggiamente verso nientemeno che Silehard, il quale si ritraeva da lei, tenendo fra le braccia un fagotto che si dimenava.
- Ridatemi mio figlio! Ridatemelo, vi prego, non me lo potete portare via! Vi prego!- Daphne sembrava fuori di sé, mentre artigliava la giacca dell'uomo tentando di riprendersi il bambino.
- Finiscila!- Silehard rinforzò la presa sul fagotto, strappandolo definitivamente dalle mani della donna. - È anche mio figlio, e me lo prendo per diritto di padre. Dovresti ringraziarmi, stupida, ti sto togliendo un peso!-
- Non hai nessuna prova che sia tuo! Porco! Carogna!- ora la donna sembrava furibonda: Jack si aspettava quasi di vedere Silehard fatto a pezzi dalla giovane inferocita da un momento all'altro. Non capiva perché miss Bondies non intervenisse, o perché nessuno di quelli che stavano a guardare quel penoso spettacolo facesse niente. Daphne, probabilmente, pensava le stesse cose, perché si guardò attorno come un animale braccato e cominciò a chiamare aiuto. - Miss Bondies! Miss Bondies! Qualcuno, dannazione! Oh, tu non puoi... non puoi!-
Fece per avventarsi su di lui, ma quello la prese per un polso e la respinse con forza, scagliandola a terra.
- Posso eccome, schifosa! Tu non hai idea di quello che posso fare! Questa città è mia. Ed è meglio che tu, come tutti quanti, cominci ad abituartici!- fece un gesto come a minacciare di sferrarle un calcio, quel tanto che bastava per spaventarla, poi girò sui tacchi e se ne andò senza aggiungere altro, con il bambino frignante tra le braccia.
Jack era rimasto in silenzio a guardare. Certo non gli piaceva affatto aver dovuto fare il muto testimone davanti a tutta quella scena, ma non era stata l'unica cosa a scuoterlo. Perché Silehard si era preso il bambino? Che cosa aveva a che fare con la missione che dovevano compiere l'indomani? I suoi pensieri tornavano al suo ultimo colloquio con la strega, e non era un pensiero confortante.
In silenzio, risalì le scale e chiuse per l'ultima volta la porta dietro di sé: sarebbe stato meglio se Silehard lo avesse creduto in camera il più a lungo possibile. Ora non gli restava che aspettare.




Note dell'autrice:
Ehm ehm ehm.
O dovrei dire "oh oh oh", vista la data, e cercare di cavarmela dicendo che questo capitolo è un regalo di Natale... Ok, poche scuse: gli ultimi capitoli di questa storia si sono presi dei tempi biblici, e il fatto che la nuova fanfiction su Cats si sia fatta largo sui pirati a gomitate non ha aiutato. ^^ In ogni caso, rieccomi! Per chi ha ancora la pazienza di aspettare i capitoli, per chi ancora mi legge, per chi approda qui per la prima volta, rieccomi, e buon Natale!
Passiamo alle comunicazioni di servizio, anche quelle vecchie di secoli. In particolar modo, lancio un appello accorato per la prematura sparizione di Captain Alwilda, la quale è sparita da Deviant Art senza colpo ferire. Dove sei, compare? Ma ha fatto in tempo a lasciarmi alcuni graditissimi omaggi, che non posso non condivedere con voi!
Rispettivamente: 1, 2 e 3.
Poi, altra menzione speciale e un inchino con alzata di cappello per Dani o "Rivan145th" per i suoi fantastici regali, quali non una ma due Laura Evans, e un divertentissimo spaccato di vita direttamente dalla testaccia malata dell'autrice. Thank you, matey.
Inoltre, grazie alla mia fida Sara o Billy, affezionatissima e utilissima editor e vero e proprio dottor Watson alla quale non sfugge nulla.
Un saluto di cuore a Dannata93 (grazie per il balletto della gallina spastica, sono onorata!), a Mally (eh sì, lo spiegone è arrivato, e mo tocca sbrogliare con calma tutte le fila) e a Fannysparrow (che spero continui ad apprezzare Will piratizzato e Connor... talpone).
Wind in your sails e buon Natale!

  
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