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Autore: Echoes of a VOice    27/12/2011    2 recensioni
Harry Potter ha sempre vissuto a diretto contatto con la Morte: i suoi genitori, il suo padrino, il suo mentore per eccellenza e molti ai quali era troppo affezionato per separarsene sono morti. Di esperienza ne ha, si direbbe.
Cosa succede allora quando, ad anni di distanza da quelle morti, uno dei suoi figli, James Sirius, gli pone questa fatidica domanda: "Papà, dove va la gente che non esiste più?".
Genere: Comico, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, James Sirius Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Ricordi che preferirei non avere

"Sirius aveva rischiato tutto, sempre, per vederlo, per aiutarlo...

se non era riapparso quando Harry aveva urlato il suo nome

come se la sua vita ne dipendesse,

la sola spiegazione possibile era che non poteva...

che era davvero... "

(Harry Potter e l'Ordine della Fenice)

 

 

- Poteva ancora sentirla lì, da qualche parte dentro di sé, l'eco dei rumori che anticipavano la morte: le maledizioni che come fulmini squarciavano la tetra e tesa atmosfera che si percepiva nel Ministero, gli scoppi degli oggetti infranti, le urla dei combattenti che si fronteggiavano con miriadi di incantesimi combattendo fianco a fianco, lo scalpiccio dei passi veloci sulla fredda pietra del pavimento, l'agghiacciante risata acuta di Bellatrix, l'assassina, un attimo prima della fine.

E poi l'ultimo suono: quello che, pur nella sua debolezza e nella sua lontananza, Harry continuava a sentire nella propria testa come se si ripetesse ininterrottamente, un riflusso di un passato inspiegabilmente sempre più vivido, che mai lo abbandonava.

Un fruscio sommesso, un lieve spostamento d'aria che si ripeteva all'infinito come un disco inceppato che finisce per risultare fastidioso ed urtante.

Il rumore della morte, pensava che fosse; la voce dell'addio, quanto di più simile ci sia ad un uomo che esala il suo ultimo respiro.

Era il suo incubo peggiore, come biasimarlo? Quel fruscio era stato il biglietto di addio di colui che per lui fosse mai stato più simile ad un padre di chiunque altro, persino più di Albus Silente. Uno degli ultimi legami con la sua famiglia era sparito dietro ad un Velo, strappatogli violentemente dal cuore come tutte le persone a lui care, scaraventato al di là di un semplice drappo di tessuto antico: che squallore abbandonare questo mondo lasciando dietro di sé soltanto l'eco di un fruscio impercettibile. -

*

La stranissima domanda del figlio aveva provocato in Harry un misto di emozioni, e aveva dato il via ad una serie di numerosissime altre domande che in quel momento, tra i pensieri che lo tormentavano, facevano fatica a trovare posto sufficiente nella sua mente.
Una cosa però l'aveva colpito più di altre: come mai il suo primogenito gli aveva rivolto quella domanda? Era davvero insolita per un ragazzino della sua età perché, fortunatamente, tutti i suoi figli avevano avuto la fortuna di nascere in un modo di pace, dove la guerra era un ricordo lontano e la morte soltanto un affare di cui preoccuparsi di tanto in tanto, e Voldemort solo un incubo per coloro che gli erano sopravvissuti.

Per Harry, invece, l'approccio a quel tipo di dolore era stato diverso, completamente differente: non aveva mai conosciuto il vero significato di “famiglia” così come era riuscito a costruirsela insieme a Ginny, e aveva vissuto tutta la sua adolescenza con il terrore costante della perdita e del lutto. Una domanda così, da parte sua, all'età di James sarebbe stata più che ragionevole, quasi scontata. Ma suo figlio, invece, che di guerre e di morti aveva sentito solo i racconti più sbiaditi, come mai si stava chiedendo cose di quel genere?

*

- Quando Sirius fluttuò come al rallentatore al di là del Velo, Harry poté giurare di aver colto una strana ombra impadronirsi dei suoi occhi, di aver visto la luce nello sguardo del padrino affievolirsi e scomparire nelle tenebre di una morte che lo attendeva nel vuoto oltre quel drappo impalpabile.

Sembravano ancora guardarlo, quegli occhi che un tempo erano stati così avidi di vita, che però ora non potevano nemmeno più fissare un punto indistinto.

Un grido ruppe il silenzio che si era impadronito dell'enorme sala, tuttavia non più lacerante di quel martellante silenzio che non fece altro che affermare un'amara verità: Sirius Black, il suo padrino, non c'era più: la sua vita stava ora per essere intrappolata oltre quel Velo, e non gli sarebbe stata data la possibilità di fuggirne.

Era un Velo dal quale il ragazzo si sentiva attratto e respinto allo stesso tempo: gli sembrava che fosse vivo, che potesse avere una vita propria per quanto, in quel momento, rappresentasse nient'altro che la morte.

Pensò di sentirlo anche parlare ad un tratto...dei bisbigli, dei sussurri che sembravano non dover finire mai più

Possibile che...No, come avrebbe mai potuto...E se invece, realmente, fossero tutti lì aspettarlo?

Se solo fosse riuscito ad allungare una mano su quel tessuto impalpabile sarebbe riuscito a capire: l'esiguo margine tra la vita e la morte, il confine ultimo di ogni uomo, la linea tra la luce momentanea di ogni giorno e la visione offuscata di una realtà che non conosciamo.

Si sarebbe riunito a loro: a sua madre, a suo padre, al suo amato padrino...

Dov'erano, in quel momento? Era difficile pensare che potessero essere lì ad aspettarlo al di là di quel drappo fluttuante: aveva potuto godere talmente poco della loro presenza che era straziante e crudele immaginare che, se solo avesse compiuto qualche passo, li avrebbe potuti riabbracciare...

Ma che cosa avrebbe trovato, una volta dall'altra parte?

Dove va la gente che non esiste più?”: dopotutto, era sempre stata questa la domanda più importante di tutte. -

 

 

   
 
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