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Autore: RoseScorpius    29/12/2011    74 recensioni
Hermione Granger, nonostante i suoi quarant’anni, era ancora una bella donna. E per quanto schifo potesse farmi l’idea di mia madre che si rotolava su un letto con un uomo che non fosse mio padre (bhe, anche con lui… insomma, credo che a tutti i figli farebbe piacere credere alla storia della cicogna), avrei dovuto immaginare che dopo il divorzio non avrebbe preso un voto di castità. A volte capitava addirittura che mi parlasse dei tizi con cui usciva, e generalmente sopportavo l’idea di lei e un altro piuttosto bene, a patto che non portasse nessuno dei suoi ammiratori a casa. Dio, magari li portava comunque, ma come si dice, occhio non vede, cuore non duole. E figlia non s’incazza.
Di una cosa, comunque, ero sempre stata sicura: mia madre non si sarebbe mai risposata.
… E quando mai io avevo avuto ragione su qualcosa?

STORIA IN REVISIONE
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita è un biscotto ma se piove si scioglie'
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24.

Elefanti rosa a pois 

 

La prima volta che avevo sentito parlare di elefanti in una stanza era stato quando avevo otto anni e, dopo uno dei loro soliti litigi, mamma e papà si stavano tenendo il muso, fingendo al contempo di non avercela a morte con il consorte. Ad un tratto mamma aveva sbattuto un piatto sul tavolo ed aveva esclamato. 

« Allora, Ronald, ne vogliamo parlare di questo elefante nella stanza, o vogliamo continuare a far finta che non esista? »

Io mi ero guardata attorno, perplessa, chiedendomi come facesse un elefante, anche solo uno piccolino, ad entrare nel soggiorno di casa nostra. In più, se anche qualcuno fosse riuscito a farlo passare attraverso la porta, non mi spiegavo come facesse a nascondersi così bene, grosso com'era. 

Solo anni dopo avevo capito come tra due persone, anche nello spazio di una stanza ben più piccola del salotto di casa mia, potessero crearsi un imbarazzo ed un muro di cose non dette ingombranti come un intero branco di elefanti. 

 

***

 

Domenica mattina il calendario segnava che era il quindici agosto e che tre quarti delle vacanze estive se n'erano già andati, ma soprattutto – cosa ben peggiore – che mancavano meno di due settimane all'esame di Trasfigurazione che mia madre mi aveva imposto di fare. L'evidenza dei fatti parlava molto chiaramente, e quello che diceva non era per nulla confortante: se non avessi cominciato a studiare con una certa serietà non sarei stata promossa nemmeno se Dio, Gesù e lo Spirito Santo fossero scesi dal cielo a perorare la mia causa. Perciò, di malavoglia, m'imposi di studiare. 

Essere sola in casa con Scorpius e starmene barricata in camera mia a fare l'intellettuale era decisamente la cosa più stupida che avessi mai fatto e sapevo che avrei cominciato a pentirmene non appena i due sposini dell'anno fossero tornati dalla loro luna di miele, ma d'altronde – visto il livello d'interazione a dir poco nullo che avevamo avuto nei giorni precedenti – cercare la sua compagnia non mi sembrava una cosa molto più intelligente da fare. Ci avevo provato quella mattina, a colazione, ma Scorpius si era portato a tavola un libro e, assorto nella lettura, aveva risposto con un vago cenno di assenso a qualsiasi domanda gli ponessi, anche “ti è mai capitato di essere attratto da un maschio?”. Quando finalmente si era degnato di chiudere il libro, borbottando tra sé e sé il numero della pagina a cui era arrivato, avevamo scambiato un paio di parole, constatando per lo più cose ovvie come che probabilmente quel pomeriggio avrebbe piovuto e che mia madre e Malfoy il Vecchio ci avevano lasciati a casa da soli. Il punto di maggior rilievo della conversazione era stato quando mi aveva informata della presenza di una macchia di Nutella sulla parte sinistra del mio naso ed io lo avevo ringraziato e me l'ero pulita con un tovagliolo. Con ogni probabilità era stata la conversazione più cortese e civile che avessimo mai avuto, ma era anche stata la più inutile ed imbarazzante: evidentemente sospendere le ostilità non bastava per ritrovare quel qualcosa che, nelle ultime settimane, ci eravamo così alacremente impegnati a demolire. 

Era da tempo che pensavo a come si era evoluto (o, per meglio dire, involuto) il nostro rapporto negli ultimi tempi, e ogni volta che ci pensavo non potevo fare a meno di sentirmi un'idiota: da quando era iniziata l'estate il nostro presunto odio, pur con i suoi alti e bassi, era scemato in fretta, così in fretta che quello che avevo scoperto di provare per lui mi aveva scombussolata profondamente, facendomi comportare in modo anche più idiota del solito (il che era ben grave, considerato che anche in situazioni normali le mie azioni non erano certo un esempio brillante di intelligenza). Eppure, nonostante tutto, avevamo continuato ad avvicinarci, fino a quella sera in discoteca con Dominique: là evidentemente il nostro rapporto aveva toccato il suo apice, e la cosa schifosa degli apici è che poi le cose non fanno altro che peggiorare. Peggiorare progressivamente, inesorabilmente, così come quello che c'era tra me e Scorpius – quello che stava per esserci, per l'esattezza – mi era scivolato via dalle dita e non ero più riuscita a riafferrarlo. I nostri rapporti si erano raggelati progressivamente, le nostre conversazioni si erano fatte sempre più piatte e distanti, con la rara eccezione di qualche litigio, e la strana tensione elettrica che sentivo tra i nostri corpi quando eravamo troppo vicini era quasi del tutto svanita, come se uno dei due poli – il suo – si fosse spento. Non avevo più il coraggio di cercare un bacio, un abbraccio o anche solo una carezza impacciata da lui, dopo tutto quello che era successo: lo avevo allontanato da me a forza quando aveva cercato di avvicinarsi, e ora avevo troppa paura che fosse lui ad allontanare me se gli avessi aperto il mio cuore. E se anche lui mi avesse voluta, una parte di me sentiva che non era giusto: non era giusto trattarlo come lo avevo trattato, sbatterlo fuori da camera mia a calci quando cercava solo di strapparmi un sorriso o qualche minuto di compagnia e poi degnarmi di riprenderlo quando mi andava. Scorpius non lo meritava e io detestavo che qualcuno – io per prima – lo avesse trattato in quel modo: prima di trovare il coraggio di dirgli tutta la verità – se mai fossi stata capace di trovarlo, cosa di cui comunque dubitavo – dovevo trovare il modo di farmi perdonare. 

Il che era un gran bel problema per una che, come me, quando doveva chiedere scusa non sapeva nemmeno da che parte cominciare. Fino a quel momento me l'ero cavata risolvendo di non cominciare proprio – ottima strategia, se non si contano i risultati – ma più il tempo passava più detestavo quella situazione: non ce la facevo più a guardare quel poco che restava del nostro rapporto mentre andava a farsi friggere in olio di semi. 

Spesso avevo sperato che, così come giunti all'apice le cose erano peggiorate, una volta toccato il fondo saremmo risaliti e lentamente si sarebbe rimesso tutto a posto; mi ero illusa che, ignorando quello che era successo, dopo un po' le cose si sarebbero riparate da sole. Ma presto mi ero dovuta rendere conto che, con ottime probabilità, il fondo della fossa delle Marianne era molto meno in basso del fondo che stavo cercando io: il bacio, i sentimenti che, a detta di Al, Scorpius aveva provato (o provava ancora? Non osavo concedermi di sperarlo...) per me, quelli che io provavo per lui, quello che lui mi aveva detto e, soprattutto, le cose orribili che avevo detto io... era tutto troppo perché potesse semplicemente venir ignorato. Ogni volta che ci trovavamo nella stanza sentivo chiaramente il peso di tutte quelle cose non dette gravarmi addosso, ed ero certa che lo sentisse lui: il famoso elefante rosa a pois nella stanza, che tutti fissano a disagio senza che nessuno trovi le parole per dire “ehi, che ne dite, forse dovremmo farlo uscire prima che distrugga il servizio di porcellane del '700”. 

 

***

 

Poco dopo mezzogiorno abbandonai la sfiancante compagnia del manuale di Trasfigurazione Avanzata (non che avessi studiato molto, in ogni caso) e scesi in cucina, decisa ad aiutare Scorpius (per quel poco che ero in grado di fare senza rischiare di provocare incendi od esplosioni) a preparare il pranzo. Non trovai né lui né tantomeno il pranzo, ma nemmeno i piatti sporchi della colazione che quella mattina avevo lasciato sul tavolo, ripromettendomi di lavarli più tardi. Naturalmente lo aveva fatto lui. 

Sentii una vaga fitta di senso di colpa e decisi di che il minimo che potessi fare per farmi perdonare era iniziare a preparare il pranzo. Aprii il frigo che, logicamente, rischiò di farmi franare addosso una quantità di alimenti sufficiente per sfamare un esercito; afferrai un cartoccio di prosciutto ed un cespo di lattuga al volo, mentre una confezione di gorgonzola andò a schiantarsi sul pavimento. 

Non sia mai che mia madre se ne vada in vacanza senza lasciarci provviste per il letargo di quest'anno e del prossimo.” pensai, sbuffando mentre mi adoperavo per incastrare la lattuga ed il gorgonzola tra due tupperware contenenti Merlino solo sapeva cosa. Ignorai ostinatamente il bigliettino arancione che lampeggiava sopra una confezione di petti di pollo, spiegando come cucinarli e con quali contorni, e dopo innumerevoli scavi archeologici riuscii a trovare una confezione di pane da piadina, un pomodoro rachitico ed un paio di mozzarelle. Sistemai tutto sul bancone e mi fermai un paio di secondi per fare mente locale – far saltare in aria la cucina per due misere piadine sarebbe stato troppo anche per me, perciò decisi di studiare bene le mie mosse prima di rischiare di superare la soglia del troppo. Quando fui ragionevolmente certa di dover scaldare le piadine in padella, ne presi una dal cassettone sotto la credenza e la misi sul fuoco. Decisi di cucinare prima la mia piadina, il che si rivelò una buona idea perché il fuoco era troppo alto e la bruciacchiai su un angolo. Con quella di Scorpius andò meglio: il risultato non fu proprio un capolavoro, ma se non altro aveva un aspetto commestibile. 

Stavo ancora finendo di apparecchiare la tavola quando Scorpius fece la sua comparsa in cucina, fissandomi con la curiosità di uno zoologo che osserva un lemure sbranare un ippopotamo. 

« Tu hai cucinato? » chiese, quando evidentemente la sua mente ebbe esaurito tutte possibili spiegazioni razionali. 

« No, la Fata Turchina. » ribattei, un po' offesa dalla sua palese incredulità. 

D'accordo non essere uno chef francese, ma diamine almeno i pollici opponibili ce li avevo: fino a fare un toast o una piadina ci potevo arrivare (che non uscissero dalla padella abbrustoliti, poi, era un'altra faccenda). 

Scorpius studiò le piadine come se fossero una strana forma di vita extraterrestre radioattiva. Poi sembrò decidere che non sarebbe morto sul colpo per un boccone e si sedette a tavola. 

« Sembrano... normali. » commentò, stuzzicando un angolo della sua piadina con la punta della forchetta. 

Decisi di interpretarlo come un complimento e mi sedetti anch'io. Mangiammo in silenzio: io ero troppo impegnata ad osservare Scorpius in cerca di dettagli che tradissero il suo apprezzamento o meno del pasto e a tentare di non farmi colare addosso tutta la mozzarella (visto che Scorpius era intollerante ai latticini avevo dovuto metterla tutta nella mia piadina), mentre lui era semplicemente troppo educato per parlare con la bocca piena. Quando avemmo entrambi finito di mangiare Scorpius m'informò che i suoi cugini sarebbero arrivati la mattina seguente, ringraziò per il pranzo e mi disse che avrebbe lavato lui i piatti, perciò mi limitai a ringraziarlo anch'io e tornai in camera mia a studiare, se possibile più frustrata di prima. 

Imbecille... avresti dovuto trovare qualche pretesto per cominciare una conversazione!” mi rimproverò Calvin, che da un po' di tempo a quella parte sembrava provare molto più gusto nell'insultarmi a gratis che nell'esibirsi in uno dei suoi provocanti spogliarelli. 

Se fossi un minimo meno deficiente a quest'ora lo spogliarello te lo starebbe facendo Scorpius.” mi rimproverò il molesto parto della mia mente, piantando le mani sulla cintura con la chiarissima intenzione di lasciarla allacciata lì dove stava, cascasse pure il mondo. 

Lo feci sparire dai miei pensieri a calci nel deretano che era tanto restio ad esibire e mi lasciai cadere sul letto, sprofondando la faccia nel cuscino. Non c'era niente da fare: l'elefante non voleva saperne di spostare il suo grosso deretano rosa a pois – giusto per restare in tema di deretani – da dove si trovava, piantato saldamente tra me e Scorpius. Forse se mi fossi svegliata quando era ancora un cucciolo di elefante, invece di aspettare che diventasse un pachiderma di cinque tonnellate... 

Calvin aveva ragione, in fondo: ero davvero un'imbecille. 

 

***

 

Conoscere i cugini di Scorpius fu qualcosa di decisamente molto strano: l'associazione mentale che avevo fatto tra Germania e parenti dei Malfoy mi aveva più o meno preparata a trovarmi davanti due ragazzi biondi, dalla pelle diafana, fasciati in eleganti vestiti da mago (possibilmente confezionati su misura per il loro ego purosangue). Nulla di più diverso dai due gemelli che mi trovai davanti lunedì mattina: scuri di pelle e capelli, con i lineamenti esotici di chi possiede antenati di colore appena smorzati da alcuni tratti più europei, Adam e Melinda Zabini sembravano due divinità indiane celate sotto il loro aspetto marcatamente occidentale. Erano alti e slanciati come Scorpius, anche se non altrettanto magri, ma tolta la statura gli somigliavano meno di quanto gli somigliassimo io o uno a caso dei miei cugini: le linee armoniose ma decise dei loro volti, come il naso leggermente adunco e le labbra larghe, si discostavano di parecchio dai consueti canoni di bellezza, eppure vedendoli non si poteva pensare altro se non che fossero belli da far schifo; al contrario i tratti fin troppo regolari di Scorpius a prima vista apparivano del tutto banali. Del resto anche tra di loro, per quello in cui non erano la copia sputata uno dell'altra, Adam e Melinda erano totalmente opposti: Melinda aveva gli occhi blu, i capelli liscissimi e voluminosi, tagliati appena sotto le spalle (per alcuni istanti indugiai a chiedermi se avesse usato qualche pozione o se fosse nata ritrovandosi in testa quella capigliatura perfetta), e sotto il sobrio vestito azzurro aveva una postura rigida e seria; Adam invece era riccio, con due luminosi occhi castani, ed aveva l'aria di uno che si sarebbe trovato a suo agio anche sulla Luna. Indossava una camicia bianca a maniche corte completamente sbottonata, un paio di bermuda blu scuro e dei sandali infradito, come se si fosse alzato dal divano di casa sua e si fosse materializzato in Inghilterra così com'era. D'altronde non potevo biasimarlo: conoscevo decine di ragazzi che, se avessero avuto un fisico come il suo, se ne sarebbero andati in giro ben più svestiti di così. 

Adam mi sembrò simpatico da subito: appena smaterializzato mollò il borsone a terra e ci venne incontro con un gran sorriso. « Ehilà, tu sei Rose, vero? Scorpius mi ha parlato molto di te: sono contento di conoscerti. » disse, porgendomi la mano. 

Scorpius, al mio fianco, avvampò. Lo ignorai e strinsi la mano di Adam, incantandomi per un attimo a guardare i muscoli che si tendevano sotto la pelle del suo avambraccio e poi il suo sorriso bianchissimo. 

« Piacere di conoscerti. » 

Aveva davvero un sorriso stupendo – mi ritrovai a pensare, per poi sentirmi discretamente idiota (complice la sequela d'insulti che mi rivolse Calvin) e distogliere lo sguardo. Melinda, se anche aveva un sorriso degno di quello del fratello, non lo mostrò: salutò Scorpius con due baci sulle guance e gli chiese brevemente come stava, poi parve ricordarsi di me e si presentò. 

« Melinda, piacere. »

Fu molto più lapidaria del fratello e la cosa sembrò mettere a disagio entrambe. 

« Rose. » risposi. 

La mano destra di Melinda ebbe una specie di piccolo spasmo, come se fosse stata in procinto di alzarla e tendermela ma poi avesse cambiato idea, e restammo a fissarci in imbarazzo per un paio di secondi. Melinda sembrava trovarsi assolutamente in soggezione al mio cospetto, come se credesse che ospitarla in casa mia potesse darmi fastidio, e si sistemò nervosamente la frangia tre volte nel giro di una decina di secondi. Dal canto mio non avevo la più pallida idea di come comportarmi: frequentare Dominique mi aveva abituata a trovarmi al cospetto di una ragazza molto più alta e molto più bella di me, ma essendo lei mia cugina non mi ero mai posta il problema di doverla trovare antipatica. Ora, invece, il mio lato più femminile ed invidioso mi spingeva a trattare Melinda freddamente, mentre la parte di me che aveva la presunzione di definirsi razionale avrebbe voluto fare una buona impressione su di lei, se non altro perché era la cugina di Scorpius. 

Nell'indecisione rimasi impalata dov'ero finché Scorpius non decise di accompagnare i due ospiti dentro casa e Melinda si affrettò a seguirlo come se le avesse appena indicato la strada per la Terra Promessa. Per quanto mi riguardava, mi piazzai in soggiorno a guardare il primo programma idiota che trovai in televisione, il quale si rivelò essere un episodio di CSI (per Merlino, ma c'era un'ora del giorno in cui non lo mandassero in onda?). 

Mentre una giovane donna poco vestita e molto poco lucida – palesemente la vittima – lasciava una festa assieme ad un bel giovanotto biondo – evidentemente l'assassino – e saliva nella sua macchina tirata a lucido, Scorpius fece fare agli ospiti un breve giro della casa. La limonata in macchina si stava giusto per trasformare in uno stupro quando i tre cugini tornarono al piano di sotto, discutendo su chi dovesse dormire dove e con chi: io e Scorpius, la sera prima, avevamo cambiato le lenzuola del letto matrimoniale per far dormire Adam e Melinda nella camera dei nostri genitori, ma a quanto pareva quest'ultima aveva qualcosa da ridire sulla sistemazione dei letti. 

« Non si potrebbe trovare una sistemazione diversa? » chiese, mentre il futuro assassino faceva la stessa proposta alla vittima, accennando con la testa a quello che evidentemente doveva essere il portone di casa sua. « Adam russa. »

« E lei scalcia. » replicò Adam « Scorp, posso dormire in camera con te? »

La ragazza brilla e svestita rispose qualcosa che non riuscii a sentire, ma indovinai che non fosse molto propensa ad accettare la proposta dell'assassino. 

Scorpius borbottò qualcosa riguardo al fatto che non ci fosse un secondo letto in camera sua, ma nessuno dei due fratelli parve accorgersi che aveva parlato. « Vuoi costringere tuo cugino a sorbirsi i tuoi concerti di bassotube ogni notte? » chiese Melinda « L'unica soluzione sensata sarebbe che Adam dormisse sul divano. »

« Dormici tu sul divano! » sbottò il fratello, coprendo la voce della vittima per la seconda volta. Alzai il volume, irritata. « Al massimo potrei dormire in camera di Rose e lei in camera con... »

Prima che potesse terminare la frase il tallone di Melinda si abbatté con forza sul suo alluce. « Lo sai che detesto dormire in camera con estranei! » sibilò: forse sperava che non la sentissi. Di sicuro lo speravo io, dal momento che avrei gradito capire cosa aveva detto l'assassino prima che lo schermo si oscurasse e partisse la sigla di CSI Miami. 

Alzai ancora il volume, ripromettendomi di mandarli entrambi a dormire in giardino se non avessero smesso al più presto di impedirmi di ascoltare la televisione. 

« Allora faremo così! » esclamò Adam, esasperato. Mai quanto me, in ogni caso: d'accordo non capire nulla della scena iniziale, ma godersi in santa pace l'arrivo di Oratio sulla scena del crimine era un diritto sacrosanto. « Visto che la signorina è tanto schizzinosa, avrà tutta la camera di Scorpius per sé. E visto che a quanto pare io russo – il che, poi, è una tua paranoia – me ne starò in isolamento in mansarda, dove non potrò dare fastidio a nessuno. E Rose e Scorpius dormiranno in camera dei loro genitori. Hai qualcosa da ridire anche su questa sistemazione o ti va bene? »

Melinda tacque per un paio di secondi, prendendo in considerazione la proposta. « Mi va benissimo, grazie. » disse infine, restituendo un'occhiata gelida al fratello. 

Adam sbuffò. « Sia lodato Merlino! »

Lo pensai anch'io, quando la stanza piombò nel silenzio e fui finalmente in grado di sentire le voci di Oratio e della sua squadra. Non durò a lungo, però: Oratio non ebbe neanche il tempo di togliersi gli occhiali da sole che il silenzio fu nuovamente turbato dall'importuna voce di Scorpius. 

« In realtà io avrei un paio di obiezioni in merito se non vi dispiace. » esclamò, indignato « Non mi sembra assolutamente il caso che io dorma in camera con Rose, considerato che siamo un ragazzo ed una ragazza e non siamo nemmeno parenti. »

« Oh, avanti, siete praticamente fratelli, che c'è di male? » chiese Adam, coprendo il racconto di un testimone oculare con la sua voce. « Cosa c'è, hai paura che ti stupri? Quella che dovrebbe preoccuparsi al massimo è Rose. Ma a te va bene, vero Rose? »

« Sì, sì, quello che volete, basta che state zitti. » grugnii, accanendomi sul tasto per alzare il volume. 

« Bene, allora siamo d'accordo. » concluse Adam « Scusa per il disturbo, Rose, ora andiamo di là e ti lasciamo in pace. »

Solo quella sera, dopo cena, mi resi conto appieno di quello a cui avevo distrattamente acconsentito. 

 

***

 

Nel corso del pomeriggio ebbi modo di scoprire molte altre cose interessanti sui gemelli Zabini. Nel caso di Melinda ciò che scoprii mi sembrò un ottimo motivo per sentirmi autorizzata a trovarla antipatica: innanzitutto cucinava divinamente (cosa che fece aumentare esponenzialmente il mio senso d'inferiorità nei suoi confronti) e per di più quello che cucinava lo mangiava anche, il che smontava il mio assunto che le ragazze belle e con un bel fisico dovessero per forza essere delle psicopatiche eternamente a dieta. Inoltre, altro dettaglio non da poco, studiava Filosofia al Collegio delle Arti e delle Lettere Magiche di Berlino (una specie di università per maghi e streghe, da quanto capii) e pareva che fosse una delle studentesse più brillanti del suo corso. Di sicuro, se non altro, condivideva la stessa passione del cugino per la lettura: vederla seduta in giardino a leggere, all'ombra dell'albero sotto cui si distendeva sempre Scorpius, sarebbe stato quasi comico se quella sua aria da ragazza intelligente non mi fosse risultata così irritante. E, tanto perché i mali girano sempre in coppia, Melinda era una delle rarissime persone che riescono a risultare bellissime, intelligentissime (e detestabilissime) anche con un paio di occhiali da vista ovali sul naso. 

Entro le quattro di quel pomeriggio non avevo più dubbi: Melinda era la ragazza più insopportabile che mi fosse mai capitato di conoscere, e il bello era che non avevo un singolo buon motivo per ritenerlo. Ci sarebbe stato da aspettarsi che una ragazza bella, per contrappasso, avesse come minimo un carattere odioso o un'intelligenza mediocre, ma lei niente, era proprio perfetta, da qualunque punto di vista la si guardasse. Il che, naturalmente, nell'insieme costituiva il peggior difetto che si potesse trovare in una persona. Nemmeno quella che all'inizio avevo interpretato come una sorta di altezzosa maleducazione si rivelò tale, perché bastarono un paio d'ore per rendermi chiaro che il suo comportamento era semplicemente frutto di una certa impacciata timidezza. 

La naturale conseguenza di tutto ciò fu che, per tutto il giorno, feci del mio meglio per ignorare – e, laddove fosse possibile, far sentire a disagio – Melinda e tutta la sua irritante aura di perfezione. 

Con Adam, invece, fu tutto un altro paio di maniche: passammo gran parte del pomeriggio assieme e la mia prima impressione su di lui non poté che esser confermata, man mano che cominciai a conoscerlo un po' meglio. Dopo pranzo si offrì di aiutarmi a studiare Trasfigurazione, nonostante – come appurai presto – ne sapesse ben poco più di me: in due ore non combinammo quasi niente, ma se non altro fui molto soddisfatta di sapere che anche lui riteneva quella materia assolutamente inutile. Adam – come mi disse – dopo il diploma si era iscritto alla facoltà di Magisprudenza, ma se la stava prendendo con molta più calma della sorella, visto che il suo lavoro come modello non gli faceva mancare i soldi. A quell'affermazione Calvin, irritato dalla concorrenza, si era fatto vivo nella parte cosciente del mio cervello, strepitando e battendo i piedi a terra, ma prima che la situazione potesse degenerare ero riuscita a metterlo a tacere. 

Quando ritenemmo di aver studiato abbastanza (incredibile come, quando si studia in compagnia, dopo due pagine e mezzo sembri di aver studiato tre quarti di libro) decidemmo di andare in giardino ad allenarci un po': Adam aveva fatto pugilato per un paio d'anni e quando scoprì che avevo un sacco da boxe andò letteralmente su di giri. Restammo in giardino a darcele più o meno seriamente fino alle sette e mezza, quando Scorpius e Melinda dovettero letteralmente appellarci in cucina per farci sedere a tavola, e anche così non poterono impedirci di passare tutta la cena a discutere di pugilato, karate, arti marziali e scazzottate. 

Una volta finita la cena, ripiombammo tutti nell'atmosfera imbarazzata della mattina: Adam disse che doveva scrivere una lettera e sparì al piano di sopra, lasciandomi sola a girarmi i pollici con Scorpius e Melinda. Quest'ultima, per l'appunto, aveva l'aria di temere che avrei potuto sbranarla da un momento all'altro (avrei potuto, in effetti...) e non mi rivolse che un paio di parole stentate, il minimo indispensabile richiesto dalle buone maniere, supposi. Scorpius non fu molto più loquace: dopo pranzo era piombato in una fase di mutismo autistico-misantropo e sembrava che non avesse la minima intenzione di venirne fuori prima di un paio di mesi. Non mi restò altro da fare che guardare il secondo episodio di CSI della giornata. 

 

***

 

Andammo tutti a letto scandalosamente presto, quella sera. Il momento in cui io e Scorpius ci ritrovammo in camera dei nostri genitori, ai due lati del letto e con due identici incarnati rosso peperone, fu abbastanza patetico: io avevo scoperto della sistemazione dei posti letto meno di un'ora prima ed ero appena giunta ad una mesta accettazione della realtà, non senza aver chiassosamente (e anche un po' falsamente) attraversato le fasi di negazione, rabbia, contrattazione e depressione, mentre Scorpius sembrava bloccato nella fase depressa, con qualche occasionale picco d'imbarazzo.

« Hem... » tossicchiò Scorpius, spostando nervosamente il peso da un piede all'altro « Mi dispiace che Adam e Melinda ti abbiano sfrattato dalla tua stanza. Sai, di solito non sono così terribili, ma devono essersi messi in testa di... » s'interruppe, arrossendo se possibile ancora di più. 

Di farci accoppiare?” proposi mentalmente, suscitando la più sentita approvazione di Calvin “Nessun problema, per quanto mi riguarda.

Ovviamente, nel rispondere ad alta voce, cercai di sembrare un po' meno ninfomane « Non fa niente. » dissi, stringendomi nelle spalle « È solo per un paio di giorni, in fondo. »

Scorpius annuì, ma non sembrava molto convinto. « Se vuoi posso dormire sul divano... »

Il porno mentale che Calvin mi stava entusiasticamente proiettando in testa s'interruppe di colpo ed il modello mi rivolse uno sguardo a metà tra l'esterrefatto ed il supplichevole, come se gli avessi appena portato via da sotto il naso il suo nuovo giocattolo. 

« Ma no, tranquillo, non fa niente... » borbottai, con la netta impressione che le mie preghiere di non arrossire non fossero state esaudite. « Il letto è grande: ci si sta in due... »

Mi chiesi perché diamine quelle parole suonassero così imbarazzanti e piene di risvolti erotici. 

Ah, già, forse perché ho un modello di biancheria intima che mi proietta documentari sul kamasutra nella testa.

Le guance di Scorpius erano talmente rosse che sembravano brillare al buio. Supposi che le mie non fossero da meno. 

« O-ok... » balbettò, incespicando sulle parole « Allora io... io vado in bagno a mettermi in pigiama... tu cambiati pure qua... » e prima che potessi anche solo pensare di rispondere era già sparito in corridoio, come se avesse una gran fretta di scappare da quella stanza. 

Chiusi la porta a chiave e mi cambiai in fretta, maledicendomi mentalmente per non essermi mai preoccupata di comprare un pigiama decente: il mio abbigliamento notturno consisteva in un'orrenda maglietta sformata e in un paio di pantaloncini che di colpo mi sembrarono decisamente troppo corti. Tentai invano di allungare la stoffa e per un attimo pensai anche di ricorrere a qualche incantesimo, ma pur con tutti i miei sforzi riuscii a coprirmi a stento un terzo delle cosce (il terzo meno peloso, naturalmente: gli effetti della procrastinazione della ceretta restarono ben in vista sulla parte scoperta delle gambe). 

Perfetto: penserà che voglio farmi vedere nuda.

Calvin, che evidentemente non aveva colto il sarcasmo, concordò con me sulla perfezione del momento e mi suggerì di togliere il reggiseno, come facevo ogni notte, e possibilmente di lasciarlo ben in vista sul comò. Inorridii al solo pensiero: preferivo farmi impalare sui ferretti del push-up piuttosto che dare a Scorpius l'impressione che... che... in realtà non sapevo bene cosa, ma non avevo dubbi che dormire senza reggiseno fosse una pessima idea. 

Scorpius rimase fuori dalla stanza quasi mezz'ora e gliene fui immensamente grata: il tempo che mi rimase a disposizione dopo aver infilato il pigiama fu quasi sufficiente per riporre ordinatamente i vestiti su di una sedia, nascondere i calzini sporchi sotto l'armadio, tentare di rendere presentabile la mia chioma e prepararmi psicologicamente alla prospettiva di passare una notte in un letto matrimoniale con lui. Quando Scorpius bussò, gli aprii la porta tirando giù la stoffa dei pantaloncini con la mano libera e tentando al contempo di non sembrare troppo idiota: l'unico apparente risultato fu che rischiai di restare in mutande di fronte a lui, perciò decisi di lasciar perdere e mi ficcai sotto le coperte prima di riuscire a fare qualche altra figuraccia di cui poi mi sarei amaramente pentita. 

Scorpius si affrettò ad imitarmi e si rannicchiò nella parte di materasso più lontana possibile da me, così vicino all'orlo che al minimo movimento avrebbe rischiato di cadere dal letto. Ebbi comunque il tempo di notare che indossava un paio di pantaloni azzurri a righine, lunghi fin quasi al ginocchio, ed una maglietta bianca stirata con cura, oltre al fatto che probabilmente al momento aveva le gambe meno pelose delle mie. Mi ripromisi di farmi la ceretta alla prima occasione possibile. 

Restammo in silenzio per un po', ognuno schiacciato nel suo angolino di letto con gli occhi ostinatamente puntati sul soffitto. Calvin, stranamente, non approfittò del momento morto per sottoporre alla mia attenzione un altro dei suoi filmini a luci rosse: era semplicemente troppo schifato dall'idea che io e Scorpius fossimo nello stesso letto e non combinassimo nulla di losco. 

« Adam ha la ragazza, comunque. » 

La voce di Scorpius ruppe il silenzio all'improvviso, facendomi trasalire: fu solo grazie allo spigolo del comodino, che mi si piantò tra le scapole, se riuscii a non cadere dal materasso. Mi spostai di un paio di centimetri verso il centro del letto, attenta a non avvicinarmi troppo a Scorpius. 

« Prego? » chiese, lanciandogli un'occhiata perplessa attraverso il buio. 

Non riuscii a distinguere l'espressione in cui erano piegati i suoi lineamenti, perciò dovetti accontentarmi di indovinarla dalla sua voce. 

« Era solo a titolo informativo… » rispose, ostentando una certa noncuranza « Visto che mi sembrava che lo guardassi un po' oggi. Non volevo che ti facessi illusioni, tutto qua. »

Aggrottai le sopracciglia, cercando invano di distinguere il suo viso nell'ombra. 

Ma cosa diavolo va a pensare?

D'accordo, Adam era un bel ragazzo – parecchio bello –, ok, era anche simpatico e sportivo e sì, poteva darsi che all'inizio mi fossi un po' fatta suggestionare, ma non c'era altro: non ci avevo pensato neanche per un secondo, non nel senso che intendeva lui e di sicuro non quando ero già troppo impegnata a pensare all'altro cugino.

Possibile che non se ne sia accorto?

« Non mi interessa Adam, non ti preoccupare. » dissi, sforzandomi di mantenere un tono di voce abbastanza distaccato da non fornirgli altri pretesti per credere che fossi interessata a suo cugino. 

« Non mi preoccupo, » mi assicurò lui, con voce altrettanto piatta « lo dicevo solo per te. E comunque non c'è nulla di cui vergognarsi: Adam fa sempre quest'effetto alle ragazze. »

« A me no. » 

« Sicura? » insistette « Guarda che, sul serio, non c'è... » poi parve averci ripensato e tacque. Passarono un paio di secondi prima che la sua voce si facesse sentire di nuovo « Allora... » esitò, e per un attimo mi parve che i nostri occhi si fossero incrociati nel buio. « Buona notte. »

« Buona notte. » risposi, tirandomi le coperte fin sotto il mento per coprire il mio abbigliamento tutto fuorché decente. 

Nessuno dei due fiatò più, ma ebbi la netta impressione di non essere l'unica che passò la notte in bianco, con il terrore di addormentarsi ed espandersi sul materasso fino a toccare l'altro. 

 

***

 

Martedì pomeriggio una consistente parte del Clan Weasley-Potter venne a colonizzare la casa, portando con sé il consueto chiasso, una cassa di Burrobirre ed alcuni prototipi di Merendine Marinare non ancora messe in commercio. Com'era prevedibile che fosse, i gemelli Zabini fecero un grande scalpore: entro ora di cena metà delle ragazze Weasley aveva completamente perso la testa per Adam ed ero pronta a giurare di aver visto Molly passarsi un rossetto di Dominique sulle labbra e sbattere le ciglia con fare civettuolo in direzione del ragazzo. Anche Melinda non passò certo inosservata, ma la sua aura di perfezione sembrò mettere in soggezione i ragazzi abbastanza da tenerli alla larga, eccezion fatta per James, che le si avvicinò per offrirle un bignè alquanto sospetto. La sua burla fu bloccata sul nascere da Al, che lo schiantò senza tanti complimenti (e senza il minimo riguardo per i suoi ideali non violenti), per poi voltarsi verso Melinda e scusarsi a nome del fratello con esagerata galanteria. 

Sghignazzai, rischiando di farmi andare di traverso la Burrobirra, e diedi di gomito a mio fratello. Hugo scosse la testa, osservando le mosse del nostro cugino Serpeverde che, dopo aver strappato di mano a Molly un libro di Erbologia, era andato a fingere di leggerlo a pochi metri dall'albero sotto il quale Melinda stava sfogliando il suo libro di filosofia. 

« Dici che si è accorto di avere qualcosa come tre anni e dieci centimetri in meno di lei? » chiesi.

Hugo si strinse nelle spalle. « Bah, lascialo fare. Se ci tiene a rendersi ridicolo... »

Quel pomeriggio sembrava che la nostra famiglia al completo ci tenesse a rendersi ridicola – pensai, osservando con moderato interesse le tre cugine Weasley che sedevano attorno ad Adam, mangiandolo e sbranandosi a vicenda con lo sguardo. Gli unici apparentemente immuni al fascino dei gemelli tedeschi erano James e Fred, che si erano arrampicati su di una quercia ed apparentemente stavano tentando di costruire una casa sull'albero. Scorpius non si vedeva in giro da un bel po': immaginavo che si vergognasse profondamente della gente con cui si sarebbe presto imparentato e che fosse andato a seppellirsi da qualche parte. Anche Dominique era sparita, probabilmente in bagno a rifarsi il trucco per mettere in chiaro chi fosse la regina del pollaio tra lei e Melinda (superfluo dire che l'aveva trovata simpatica come una verifica a sorpresa di Storia della Magia). 

« Comunque » disse Hugo, interrompendo il flusso dei miei pensieri « questo piano di riserva? »

Per un attimo le parole della lettera lasciatami da mia madre mi comparvero davanti agli occhi, riuscendo perfettamente nel loro intento di farmi sentire in colpa, ma le ignorai come ignoravo Calvin quando mi rendeva partecipe delle sue oscene fantasie. Aprii la bocca per esporre a Hugo la mia idea, ma un sonoro schianto ed una sequela d'imprecazioni molto poco carine, provenienti dall'interno della casa, m'interruppero. 

« Porca miseria! » sbottai, alzandomi e facendo irruzione in soggiorno « Non dirmi che hanno già cominciato a distruggere la casa! »

Ma evidentemente lo avevano fatto, a giudicare dalle schegge di legno che giacevano dove una volta si era trovato il tavolo della cucina. Sopra i resti del tavolo erano seduti due ragazzi dall'aria parecchio rintronata, che riconobbi subito come Mortimer Burns e Marshall Matthews, di Serpeverde. Frequentavano entrambi il mio anno – erano i compagni di stanza di Al e Scorpius – e rientravano a pieno diritto nella top ten delle persone più fuori di testa che conoscessi. Il primo, Mort, era un ragazzo di origine brasiliana con quasi più piercing che capelli in testa – e dei suoi capelli neri, tirati su con il gel in una pettinatura da pazzi, era proprio meglio non parlare. Aveva cambiato taglio dall'ultima volta che l'avevo visto, ma la cosa non mi stupiva: cambiava taglio di capelli più o meno una volta al mese. Indossava i soliti vestiti che portava anche a scuola, talvolta persino a lezione (sostenendo con un'invidiabile faccia tosta che gli Elfi Domestici si erano dimenticati di lavare la sua uniforme): un paio di jeans larghissimi e pieni di tasche, che contenevano qualsiasi cosa potesse esser venduta, barattata o, ancora meglio, spacciata, ed una maglietta stropicciata come se ci avesse camminato sopra un branco di unicorni. 

Marshall era quanto di più diverso si potesse immaginare: anche dopo essersi materializzato a musata su un tavolo conservava inalterato il suo contegno a metà tra l'aria snob dell'aristocratico e la supponenza di chi è figo e sa di esserlo. Aveva i capelli sparati con il gel come Mort, ma che uniti ai jeans stretti e alla camicia fatta su misura lo presentavano come l'esatto contrario della trasandatezza dell'amico. 

« Ehilà, ragazzi! » ci salutò Mort, del tutto indifferente alla sequela d'insulti che gli stava urlando addosso Scorpius. 

« Siete due dementi! Me lo spiegate come diavolo si fa a materializzarsi dentro casa?! » sbraitò quest'ultimo, che evidentemente aveva tutta l'intenzione di farsi prendere in considerazione. 

Marshall mi fece un cenno del capo e si voltò verso Scorpius, stringendosi nelle spalle. « Le Passaporte illegali hanno sempre una precisione minore. »

« Ma lo sai dove te la ficco la tua Passaporta illegale?! » sbraitò Scorpius. 

« Eddai, amico, datti una calmata. » lo interruppe Mort, estraendo la bacchetta da una delle sue tante tasche « Un Reparo fatto come si deve e torna tutto a posto, che ci vuole? »

Scorpius gli lanciò uno sguardo velenoso. « Nel caso non te ne fossi accorto » sibilò « i nostri genitori sono in vacanza. Il che significa che se qualcuno al Ministero si desse la pena di rintracciare le magie eseguite in casa nostra, saremmo tutti nella merda fino al collo! »

Marshall si voltò verso l'amico con un sorrisetto vagamente  divertito. « Ha detto merda: è arrabbiato davvero. »

Mort sogghignò, come se non aspettasse altro che Scorpius pronunciasse quelle esatte parole. « Qui ti sbagli, caro il mio Scorp. Lo vedi questo? » aggiunse, indicando un anellino rosso che aveva infilato sulla punta della bacchetta « È un aggeggino meraviglioso che ho comprato in Brasile la settimana scorsa: impedisce alla tua bacchetta di essere rintracciata. Penso che tutti dovrebbero averne uno: è davvero utilissimo. »

Neanche dieci minuti dopo, infatti, nel giardino di casa nostra era fiorito un intenso mercato nero di “anellini rossi”. Non lo dissi a Scorpius, ma ne comprai uno anch'io. 

 

***

 

Finalmente, alle undici e venti di quella sera, riuscimmo a cacciare di casa gli ultimi ospiti. Crollai a letto, esausta, senza preoccuparmi di invadere la metà di Scorpius né di abbassare la tapparella della finestra. 

Era stata la giornata più estenuante che mi fosse capitato di avere da mesi a quella parte: forse era stata addirittura peggio del giorno in cui avevamo avuto l'esame scritto e quello pratico di Trasfigurazione per i GUFO. Il momento peggiore era stato senz'ombra dubbio quando Mort e Marshall avevano cominciato ad indagare sull'inspiegabile buon rapporto che si era instaurato tra me e Scorpius negli ultimi tempi, facendo una serie di domande e considerazioni del tutto inopportune sulla natura di quel rapporto. « Mmm... qui gatta ci cova. » aveva sentenziato Mort, scoprendo che io e Scorpius dormivamo nello stesso letto. « Ci cova da cinque anni, la gatta. » aveva precisato Marshall, facendoci arrossire entrambi « Prima o poi doveva pur succedere. »

Un cigolio di molle m'informò che Scorpius si era gettato sul materasso al mio fianco. 

« Merlino, sono distrutto. » sbuffò. 

Non avevo la forza per articolare una risposta soddisfacente, perciò mi limitai ad annuire e mi posai una mano sulla fronte che, per la mia somma gioia, pulsava come se dentro alla mia scatola cranica si stesse svolgendo un rave party (probabilmente organizzato da Calvin). 

« Devono per forza tornare tutti anche domani? » chiese Scorpius, con una certa nota di speranza nella voce. 

Mi strinsi nelle spalle, ormai rassegnata all'idea di dover parlare. « Non lo so, penso che torneranno. Ti secca tanto? »

« Un po'... » ammise. Passarono un paio di secondi, poi aggiunse « Sai, domani Adam e Melinda vorrebbero andare a Londra, perciò pensavo che avremmo potuto... » esitò, e lo sentii agitarsi tra le coperte « non lo so, stare un po' in pace... noi due. »

Rimasi in silenzio, senza sapere cosa dire. Da un lato mi sarebbe piaciuto restare sola con lui per un giorno intero – il che la diceva assai lunga: da quando disdegnavo in questo modo la compagnia dei miei amici? – ma d'altra parte avevo paura che, trovandoci da soli in una stanza, l'elefante rosa decidesse di tornare. C'erano davvero troppe cose che non ci eravamo detti, troppe cose che io non avevo il coraggio di dirgli.

E di colpo, in quel momento, in quel letto, mi chiesi chi diavolo m'impedisse di dirgliele. E realizzai che non c'era proprio nessun incantesimo, né alcun prepotente principio metafisico che me lo impedisse: non c'era nulla, davvero nulla, se non il mio orgoglio e la mia indecisione, che mi trattenesse dall'aprire la bocca, prendere un profondo respiro e far vibrare le corde vocali per dirgli che ero stata un'idiota, che mi piaceva, che gli dovevo come minimo un milione di scuse. 

E allora, molto semplicemente, lo feci. Prima di poter cambiare idea, prima di poter rendermi conto di quello che stavo facendo e tirarmi indietro, prima di poterci pensare, lo feci. 

« Scorpius, ti devo dire una cosa importante. » dissi, di getto, tutto d'un fiato. 

E anche se poi inspirai profondamente il fiato continuò a mancarmi, perché il mio cuore si era messo a battere come se stessi correndo una maratona. Tremavo e non potevo farci niente, l'adrenalina mi scorreva nelle vene e mi sentivo più viva che mai. 

« D'accordo, ti ascolto. » rispose lui, e sentii chiaramente una nota di curiosità, mista a speranza e mista a qualcos'altro ancora nella sua voce. 

Inspirai. “Ora lo faccio. Potrebbe essere una cazzata, ma chissenefrega, lo faccio.” mi dissi, sempre più decisa: poteva rivelarsi la scelta peggiore che avessi fatto in tutta la mia esistenza, ma anche la migliore. 

« Mi piace un ragazzo. » dissi, fissando ostinatamente il soffitto. Avrebbe capito anche così, ne ero sicura. Doveva capire. « Mi piace da un po' e... e penso che mi piaccia anche parecchio. »

Scorpius non rispose subito e per un attimo temetti che non avesse intenzione di farlo. Ma poi parlò, piano, quasi sussurrando. « Lo conosco? »

« Sì. » sussurrai anch'io, perché quella stava diventando una confessione troppo intima e mi sembrava più facile farla a bassa voce, sulla punta di un respiro. 

« Lui lo sa che ti piace? » chiese ancora Scorpius, e gli fui infinitamente grata per non avermi chiesto chi fosse. 

« No. » risposi « Forse lo ha capito, ma non gliel'ho mai detto... »

Doveva averlo capito. In fondo, glielo stavo dicendo...

Più o meno...

Il coraggio che mi aveva spinta ad iniziare quella spinosa conversazione era già scemato, ma la voce calda di Scorpius mi spingeva a continuare, a dirgli tutto, a non fermarmi di nuovo sul più bello, con la verità intrappolata tra la punta della lingua e le labbra serrate, come avevo fatto tante altre volte. Troppe volte. 

« Perché non glielo dici? » la sua sembrava per metà una domanda e per metà una richiesta. 

« È complicato. »

Scossi la testa e voltai il viso verso di lui per lanciargli un'occhiata. Quando lo feci, però, scoprii che lui mi stava fissando già da un po': sostenni il suo sguardo per una manciata di secondi, poi spostai gli occhi più in basso. Eravamo così stanchi, quella sera, che non ci eravamo curati di restare confinati nel nostro angolino di letto: le nostre mani erano posate tra le lenzuola a meno di cinque centimetri una dall'altra. Scorpius seguì il mio sguardo e, quando mossi la mano per allontanarla dalla sua, serrò le dita sul mio polso, impedendomelo. 

Sentii una scarica di brividi risalirmi il braccio e propagarsi lungo tutto il corpo; dovetti letteralmente farmi violenza fisica per non voltarmi verso di lui e cercare un contatto maggiore, che riguardasse anche le labbra, magari. Le dita di Scorpius lasciarono andare il mio polso e s'insinuarono tra le mie, stringendomi la mano con delicatezza. 

« Complicato in che senso? » chiese. 

Incrociai di nuovo il suo sguardo e questa volta lo ricambiai senza vacillare. « In tutti i sensi. » risposi « Ci sono stati dei malintesi e ho detto delle cose che non pensavo. Penso che prima di tutto dovrei scusarmi con lui… »

« Ed è tanto difficile? »

I suoi occhi erano seri e mi scrutavano come se volessero guardarmi dentro. Un tempo avrei tentato di impedirglielo, ma ora volevo solo che vedesse tutto, tutto quello che stavo tentando di dirgli. 

« È difficile, sì. » ammisi « Devo scusarmi per tante cose e non so nemmeno da che parte cominciare… io… ho sbagliato troppo, per troppo tempo. Come si fa a scusarsi per aver passato anni a non capire? Spero che almeno lui capisca, perché il meglio che so dire è "mi dispiace". Non sono molto brava a farmi perdonare... »

« Lo so. » Scorpius sorrise e sentii la sua mano stringere la mia con più decisione « E sono convinto che a lui andrebbe benissimo un "mi dispiace". Se ti conosce davvero ti ha già perdonato. »

Fu come se quelle parole mi avessero tolto un enorme peso dal petto, letteralmente: di colpo mi sembrò di respirare con più facilità, mi sembrò che il mio petto si espandesse di più ad ogni respiro e che i polmoni si riempissero d'aria fin quasi a scoppiare. 

« Lo pensi davvero? » chiesi. 

Scorpius annuì ed una ciocca di capelli biondi gli scivolò sulla fronte. 

« Ne sono certo. »

Poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo, Scorpius lasciò andare la mia mano ed io mi voltai sul fianco e mi accoccolai tra le sue braccia, che si avvolsero attorno alla mia schiena. Non so chi dei due si mosse per primo: forse in quel momento era semplicemente la cosa più giusta da fare e lo capimmo entrambi. E lo facemmo. 

Appoggiai la fronte alla sua spalla, respirando il profumo della sua pelle: era un profumo semplice, puro, il profumo perfetto per quel ragazzo biondo ed un po' impacciato che passava quasi più tempo a farsi la doccia che a suonare il pianoforte. 

« Sai » disse Scorpius, all'improvviso, e sentii il suo petto vibrare sotto al mia guancia « anche a me piace una ragazza. »

Il mio cuore perse un battito, poi ne recuperò almeno il triplo. 

« La conosco? » chiesi, ricalcando la domanda che mi aveva rivolto lui pochi minuti prima. 

Mi sembrò di sentirlo ridacchiare sotto i baffi. « Sì, la conosci molto bene. E no, non le ho mai detto che mi piace. »

« Perché no? »

« Per tanti motivi. Ci ho provato… ma non sono molto coraggioso: non a caso, non sono un Grifondoro. »

Tacque, e per un po' l'unica cosa che sentii fu il suo respiro che mi scompigliava i capelli sulla nuca.  Poi parlò di nuovo, inaspettatamente, con voce tranquilla. E non capii come diamine facesse a suonare così tranquillo mentre diceva quelle cose. 

« Spesso ho l'impressione di non essere abbastanza per lei. » disse « E non intendo abbastanza intelligente, o bello, o muscoloso, o quel genere di cose… per un periodo ci ho anche provato, a sembrare più figo, ma poi ho capito che abbastanza non era in quel senso. Abbastanza era… quel qualcosa per stare accanto a lei e non sentirmi fuori posto… »

« Fuori posto? »

Ripetei, stupita. Non vedevo come Scorpius potesse sentirsi fuori posto accanto ad una ragazza, chiunque essa fosse: era alto, biondo, forse non figo, ma aveva oggettivamente dei bei lineamenti, e poi era sensibile, intelligente, suonava il pianoforte, cucinava... con qualunque ragazza lo avessi visto, avrei solo potuto pensare che era lei a sembrare fuori posto accanto a lui, non il contrario. 

Scorpius annuì, ed il suo mento si posò sui miei capelli. Non lo spostò più. 

« Sì, spesso. La invidio, a volte: sembra che abbia tutto quello che io non ho. E mi chiedo come farebbe la gente a non ridermi dietro se mai dovessi stare con lei… »

« Forse riderebbero dietro anche a lei. » sussurrai, affondando il naso nelle pieghe della sua maglietta « Magari vicino ad uno come te sembrerebbe un'idiota. »

« Non più di quanto lo sembrerei io accanto a lei. »

« E allora dove sta il problema? » chiesi. Non lo vedevo in faccia, ma per qualche motivo fui sicura che stesse sorridendo. 

« In effetti… potrebbe quasi funzionare… »

Alzai il volto, ma sulle sue labbra, al posto di un sorriso, trovai le mie. Durò un attimo, il tempo di un battito di ciglia, ma fu abbastanza. 

« Buona notte. » sussurrai, sistemandomi meglio tra le sue braccia. 

« Buona notte. » rispose. 

Dell'elefante rosa non restava che un'ombra sbiadita sul muro. 

   
 
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