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Autore: Raen91    01/01/2012    2 recensioni
Kira e Ain sono due persone completamente differenti: la prima una mercenaria assassina veterana, baciata dal Combattente, e la seconda una bambina, accarezzata dalla Benefattrice. Le loro vite si legheranno indissolubilmente nella ricerca dell’Altare dell’Aldilà. Attraverso scontri, amori perduti, tradimenti, misteri e colpi di scena riusciranno a raggiungere la loro meta? Gli Dei saranno dalla loro parte? Qual è il mistero che avvolge l’Altare dell’Aldilà? Kira riuscirà a dimenticare Conrad, il suo amore perduto? Ain riuscirà a salvare la madre in coma da 6 anni e riuscirà a seguire le orme di suo padre, morto per difendere il segreto?
In questa folle missione saranno accompagnate da Neil, in cerca del fratello, e Mettew, l’attendente di Ain. Riusciranno a trovare l’Altare dell’Aldilà prima di Re Kilgar, che macchina qualcosa di peggio della ricerca della vita eterna?
Ovviamente il Clan ci metterà lo zampino e solo Kira avrà il potere di sciogliere ogni nodo con l’aiuto della sua piccola compagna e del dono che ogni baciata dal Combattente possiede.
-Il rating potrebbe vertere delle volte sul Rosso, ma per la stragrande maggioranza è Arancione-
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I-
 
Ero immobile, accovacciata dietro ad un cespuglio ed osservavo la nave e la ciurma che la caricava con la merce sul molo.
Un uomo gridava ordini ed il sole stava calando sulla baia.
Probabilmente volevano finire di caricare la nave prima che facesse buio, per poter partire senza intoppi l’indomani.
Eravamo sotto le fronde degli alberi di un bosco che giungevano ai margini del porto poco fuori la città di Denià.
Portai le mani a coppa davanti al viso e vi alitai per poi sfregarle insieme e generare calore.
Ogni mio respiro era una nuvola di condensa.
L’incarico era semplice, ricordavo ancora il messaggio del Gran Maestro Rhut:
Maestra Rosa Nera,
Ti verrà affidato un gruppo di uomini per questo incarico.
Il Clan ti dà il permesso di scegliere chiunque fra gli accoliti, pondera bene la tua decisione.
Obiettivo: uccidere il capo equipaggio e rubargli una lettera che gli è stata affidata per la consegna alla città di Kurona.
MASSIMA URGENZA
Di seguito vi era una lista con orari, luoghi ed altri dati che avevo memorizzato.
Tutto era pronto.
-Maestra. Mi si gela il culo qua.-
Non distolsi lo sguardo dalla nave, ma alzai la mano con un moto di stizza.
-Taci Montagna, altrimenti ti caverò anche l’altro occhio.-
L’altro grugnì contrariato e sentii lo Smilzo ridacchiare sotto i baffi.
Non conoscevo praticamente nessuno per nome, era una legge del Clan, della nostra Famiglia.
Nessuno conosceva nessuno, solo i soprannomi erano accettati… ovviamente c’erano delle eccezioni che il Clan non poteva impedire.
Proprio in quel momento sentii un corpo che si affiancava al mio, era Conrad che voleva chiedermi qualcosa, avevo riconosciuto subito il suo profumo.
-Cosa vuoi Rosso?-
Com’era strano dover fingere davanti agli accoliti che lui fosse come tutti gli altri.
-Maestra… credo sia giunto il momento, il sole è quasi calato e gli uomini dell’equipaggio sono stremati dalla giornata di lavoro.-
Assentii, sebbene mi sentissi a disagio come sempre quando lui mi chiamava Maestra. –Attendiamo che cali la notte.-
Quando le nostre gambe si toccarono per un attimo mi voltai verso di lui.
Una scintilla si accese, il desiderio di stringerlo a me e vidi nei suoi occhi la stessa necessità, ma quello non era né il luogo né il momento adatto.
Posi una mano sul Pugnale che portavo alla gamba, il mio fedele amico di molte situazioni: non mi aveva mai tradito o sbagliato un colpo.
Lo liberai dal fodero e lo impugnai come sempre: al rovescio col pollice sul pomolo per far si che la mano non scivolasse sulla lama quando inferivo un colpo.
Sentii sotto il polpastrello la pietruzza che era incastonata sull’estremità.
Era un pugnale semplice, con doppia lama, efficace e mortale.
Mi volsi indietro verso il mio gruppo di accoliti.
-Come prestabilito ci avviciniamo all’imbarcazione senza destare sospetti.
Mentre neutralizzate le guardie, che non dovrebbero essere molte dato il carico poco prezioso, e il resto dell’equipaggio a zonzo per il ponte io mi intrufolo nella cabina del capitano e prendo la lettera.
Fra i comandi del Gran Maestro non vi era alcun riferimento sull’incolumità degli uomini, fate come meglio credete.-
Detto questo li vidi assentire sebbene il Lercio mugolasse come un bambino.
-Ma Maestra! L’acqua è gelida, mi rifiuto di gettarmi in quel mare mortifero! Mi sembra di finire nel Putek, il ghiaccio infernale! Che il traghettatore ci risparmi questo viagg…-
Lo presi per il bavero, non volevo che fossimo scoperti per i suoi lamenti e perché aveva freddo.
-Chiariamoci subito.- Gli sibilai in volto. -Tu adesso entri in quell’acqua e farai bene il tuo lavoro, altrimenti sarò costretta a riferire al Consiglio dei Gran Maestri del tuo tradimento. E non fare quella faccia, accolito, sai benissimo che posso farlo.-
Lo lasciai andare. –Per quanto potete essere importanti per me in quanto Famiglia… non sopporto l’insubordinazione, sono stata chiara?-
Tutti assentirono anche il Lercio, sebbene reticente.
-Maestra, sono sicuro che il nostro Lercio avesse solo paura di entrare nell’acqua e di ritrovare all’uscita i suoi capelli unti un po’ più puliti!-
Lo Smilzo come al solito cercava di alleggerire la tensione.
L’accusato grugnì. –Tsk! Senti chi parla!-
Ed entrambi partirono a bisticciare come bambinetti finchè non fui costretta a fermarli per il fracasso.
Mi voltai di nuovo verso Conrad, mentre gli altri cominciarono ad estrarre le proprie armi, e lo vidi pensieroso.
Come al solito prima di una missione faceva scorrere le sue belle dita affusolate su una sottile linea chiara sul suo collo.
Quella cicatrice se l’era procurata durante la prova per il suo arruolamento, ero stata io ad inferirgliela.
-Rosso?- tentai di richiamarlo all’attenzione.
Quello si riscosse come svegliato all’improvviso. –Mi scusi… vorrei chiederle una cosa.-
Il suo sguardo adesso era diverso, risoluto.
Cercai di mantenermi altera sebbene smaniassi dalla voglia di accarezzare i suoi bei capelli rossi… dovevo rimanere concentrata. Assentii.
-Lasci che sia io a prendere la lettera! Se ci riesco… potrei ottenere la nomina a maestro.-
Scossi il capo in segno di diniego, sapevo perché lo faceva, ma era troppo rischioso.
Sebbene mi fidassi di Conrad non potevo minimamente lasciare la missione in mano sua… anche se era per il nostro bene.
Lo vidi infervorarsi, lo capii da come strinse i pugni e udii la sua frusta scricchiolare sotto la sua presa. –Perché?!-
Era una buona idea la sua, ottenere la promozione voleva dire poter esporre alla luce la loro relazione: i maestri non potevano avere relazioni coi propri accoliti, era proibito, ma fra maestri era tutta un’altra storia. Posi con affetto una mano sulla sua spalla, come per fargli capire che le parole che stavo per dirgli erano una distorsione di ciò che realmente pensavo.
-Il massimo che posso permetterti è quello di accompagnarmi alla ricerca del capitano. Apprezzo la tua audacia, ma una missione è una missione e non posso rischiare che tutto vada a rotoli perché ho deciso di affidarla alle mani di un semplice accolito.-
Lo vidi imbarazzarsi e non potei fare a meno di sentirmi in colpa, ma era una misura necessaria se gli avesse risparmiato la vita.
La mia condizione parve soddisfarlo in parte, anche se potevo leggere il risentimento nei suoi movimenti.
A notte fatta insieme agli altri raggiunsi senza essere vista uno scivolo, di quelli per mettere e togliere le barche dal mare, e mi immersi nel liquido scuro.
L’aria di notte si fece sensibilmente più fredda.
Tremai un poco quando anche le spalle furono immerse completamente e con sollievo sentii alle mie spalle i rumori lievi dello sciabordio di corpi che entrano in acqua.
Solo uno sbuffo mi stizzì, doveva essere il Lercio che ancora rompeva per l’acqua fredda.
Ci avvicinammo alla nave.
Era una bella imbarcazione, una nave mercantile comune e dall’aria un poco cadente, probabilmente aveva bisogno di manutenzione.
Arrivata al fianco della nave, quello che dava verso il mare aperto, cominciai a fare gesti con le mani per indicare a tutti da dove dovessero salire e quando tutti furono dispersi io e Conrad cominciammo ad arrampicarci con agilità e con l’ausilio di rampini.
Appena giunti sul ponte vidi un corpo che giaceva ai piedi del corrimano, segno che i miei accoliti già si erano messi in azione.
Sapevo perfettamente dove andare, ma ero inquieta dato che le navi mi avevano sempre infastidita per i continui scricchiolii che ogni mio passo generava sul loro ponte.
Giunta alla porta del castello di poppa la aprii piano e da uno spiraglio vidi che l’anticamera era vuota.
Feci cenno di avanzare a Conrad che mi raggiunse senza fiatare.
Era strano, era tutto troppo silenzioso e… vuoto.
Avanzai comunque seguita dal mio compagno per poi ritrovarmi davanti la porta del capitano.
Oltrepassai la soglia come un’ombra senza il minimo rumore o scricchiolio, forse solo il cadere di qualche goccia dai miei capelli.
Conrad rimase di guardia all’esterno della stanza dopo avermi sussurrato un ‘buona fortuna’ dolce e affettato.
Rimasi per un attimo al buio cercando di fare affidamento sui miei sensi acutizzati mentre la barca dondolava dolcemente.
Individuai subito il letto del capitano che a prima vista dormiva placidamente e così mi avvicinai rapida e letale come sempre, col pugnale stretto ancora nel mio pugno.
Giunta ai piedi del letto portai la lama alla gola dell’uomo, senza neanche sfiorarlo.
Volevo svegliarlo per farmi dire dove custodisse la lettera, poi l’avrei ucciso.
D’improvviso con una strana sensazione vidi degli occhi, era sveglio e vigile… e non era una cosa positiva.
Fermò la mia mano afferrandola per il polso e cercò di disarmarmi, ma io con l’altra libera chiusa a pugno gli colpii i nervi del braccio che mi teneva immobilizzata.
 Mi lasciò andare ringhiando come una fiera.
-Bastarda…- Sibilò nei miei confronti.
Indietreggiai allontanandomi dal letto e preparandomi a combattere.
I miei muscoli erano tesi e pronti… perché tutto era andato dannatamente storto?
-Voi sudici mercenari! Sapevo che sareste tornati!-
Rimasi per un attimo interdetta e confusa.
-Tornati?- Pensai, ma appena l’altro accese una lampada ad olio poco lontana dal suo giaciglio lo attaccai con uno scatto dato che la mia mente e il mio corpo erano già in fermento.
Cambiai la presa sul pugnale preferendone una dritta piuttosto che di rovescio, in modo che il pollice puntasse verso la lama e mi aiutasse a inferire un colpo più preciso e letale.
L’uomo scartò alla mia destra con un’agilità che non gli avrei mai attribuito e con la coda dell’occhio lo vidi estrarre un coltello e cercare di ferirmi il fianco indifeso sul lato dove avevo ancora il braccio proteso in avanti.
Riuscii ad incurvare la schiena ed a schivare il colpo diretto poco sotto il costato.
Nel movimento piantai bene il piede sinistro a terra e portai in contemporanea il ginocchio destro e il gomito del medesimo lato a scontrarsi con il polso dell’avversario con rapidità e violenza.
Si sentì uno schiocco: il polso si era rotto e come previsto il coltello volò di mano al proprietario atterrando, senza far rumore, sulle coperte del letto sfatto.
Approfittando della distrazione dell’altro, che si reggeva il polso gridando, afferrai la sua arma e con precisione puntai il pugnale e il coltello alla sua gola con le armi incrociate.
Con le armi puntate come cesoie, e quindi impugnate al rovescio, lo guardai in cagnesco.
-La lettera prego.- Dissi con decisone.
Nello sguardo del capitano notai paura e consapevolezza, sapeva che l’avrei ucciso, se non lo avessi tranquillizzato non mi avrebbe mai detto niente.
Si reggeva il polso con l’altra mano e lo teneva poggiato al petto che si alzava e si abbassava per il dolore e lo sforzo.
Anche io avevo il fiato mozzo, lo scontro aveva messo alla prova la mia agilità anche a causa degli abiti fradici, ma non distolsi mai lo sguardo dagli occhi dell’altro.
-Se mi dici dove è…- Esordii piano, cercando di convincerlo. –Potrei anche graziarti.-
Quello stette zitto, con gli occhi spalancati e il pomo d’adamo che si muoveva in continuazione nel deglutire a ripetizione. Qualcosa si mosse nel mio animo, qualcosa che non credevo esistesse più. Quegli occhi spaventati mi ricordavano quelli di…
In quel  momento decisi una cosa che non avevo mai fatto in vita mia: di disubbidire agli ordini.
-Se mi dici dov’è… ti risparmierò la vita, te lo giuro sul mio stesso nome e sul ricordo di mio padre.-
L’uomo mi guardò poco convinto, ma alla fine parve fidarsi.
- è nel cassetto di quel mobile.- E con gli occhi mi indicò il luogo. La sua voce non  lasciava trasparire la paura che invece si notava nel suo aspetto.
-Rosso!- Chiamai, già sapendo che era alle mie spalle.
Lo sentii armeggiare in un punto non definito alla mia destra e poi udii la sua voce.
-Ce l’ho.-
A quel punto guardai più insistentemente l’uomo e con un colpo secco, inferto con il pomolo del mio pugnale sulla sua tempia, lo feci stramazzare al suolo.
-Una promessa è una promessa.- sussurrai, sebbene un miscuglio di sensazioni mi avvolgessero lo stomaco.
-Ben fatto.- Disse il mio compagno. –per un attimo ho pensato che tu dicessi sul ser…!-
-Non è morto, è solo svenuto.- Dissi solo.
Lo guardai con la coda dell’occhio, ce l’avevo con me stessa.
-Credo che si sveglierà fra qualche ora, mi basterà dichiararlo morto al Clan… se scopriranno che è ancora vivo, affermerò di aver pensato fosse morto. Infondo ho sempre avuto una condotta lige al dovere.-
Tacqui e mi preoccupai quando l’altro non disse niente nell’immediato.
 -Infondo…- lo setii dire piano. -Amo anche questo tuo lato ribelle.-
A quel punto mi voltai e il cuore mi si riempì di gioia e di sollievo nel vederlo sorridere ed insieme ci dirigemmo sul ponte per incontrare gli altri.
Quello che trovammo mi sconvolse.
Montagna e Smilzo giacevano riversi sul ponte circondati da una decina di corpi.
Alzando lo sguardo vidi un uomo che sgozzava la gola al Lercio che emise un suono strozzato nel tentativo di chiamarmi.
Vidi i suoi occhi spegnersi mentre fissavano i miei e qualcosa dentro di me scattò.
Sentii Conrad dirmi qualcosa, per poi vederlo scagliarsi contro l’uomo.
Una furia ceca prese il posto allo sconcerto e con una rapidità che non sapevo di avere scagliai il coltello del capitano precisamente nell’occhio dell’avversario.
Un fiotto di sangue rosso prese a scendergli lungo la guancia, finì carponi, per poi infine cadere riverso sul corpo del povero Lercio.
Qualcosa non andava in tutta quella missione: troppe guardie e troppe… cose strane.
Sentii un rumore alle mie spalle seguito da un dolore lancinante alla schiena.
Caddi carponi qualche metro più avanti.
Il dolore era insopportabile e la spina dorsale pulsava nel tornare integra, dovetti stringere il corrimano per sfogare il dolore.
Sotto il tessuto sentii la carne tumefatta tornare normale lasciando la solita sensazione di lieve formicolio.
Mi voltai ancora sconvolta dal colpo ricevuto.
Il capitano della nave era in piedi e mi guardava ringhiando.
Lo vidi lasciare cadere il martello dalle dimensioni notevoli con cui mi aveva colpito e dirigersi verso di me a spada tratta.
-Avresti dovuto uccidermi! E assicurarti che non avessi un benedetto dalla Curatrice qua sulla nave!-
Con orrore capii: Era stato curato dal dono di un benedetto… ma erano rari! Che ce ne faceva uno proprio in quel posto?
Mi sentii una stupida, avevo fatto un errore da novellina, avrei dovuto verificare, e adesso avrei pagato con la vita.
Forse era una cosa giusta, ero una dannata, ero Kira Renly, la dannata.
Con un urlo disumano alzò la spada sulla mia testa.
-So dove colpirti… baciata dal Combattente! Tu e i tuoi simili non siete immortali!-
Tutto avvenne al rallentatore e riuscii a cogliere solo qualche particolare: il sangue, un grido, l’insaziabile sensazione di vuoto.
Non potevo credere a quello che avevo davanti.
Conrad, il mio Rosso, era caduto con un tonfo sul pavimento di legno, morto.
Per un attimo rimasi fissa a guardare quel corpo perfetto e bellissimo con occhi sgranati.
-Conrad…- Dissi, per la prima volta dall’inizio della missione, dimentica del regolamento.
-Conrad?!- Provai di nuovo, sebbene sapessi che non poteva sentirmi… come il mio vecchio anni fa.
Il grido che emisi fece accapponare la pelle anche a me stessa e le lacrime presero a scendere copiose.
Volevo solo morire mentre stringevo a me quel corpo.
Ben presto all’amara consapevolezza sostituii altro: rabbia funesta, rabbia incontrollabile.
Le mie mani presero a tremare ed afferrai il pugnale che avevo lasciato orfano sul legno scheggiato del ponte.
Alzai lo sguardo sul capitano. -Tu morirai per mano mia.-
Quello si  mise a sorridere .
-Te lo prometto.-
Continuava a guardarmi come per deridermi.
-Dicono che se colpisci i punti mortali, come cuore o testa... anche i mostri come te muoiono sul colpo! Proviamo!-
Sentii la punta della spada trapassarmi il costato e sfiorare il cuore.
Stavolta il dolore fu insopportabile, bruciante, e caddi all’indietro svenendo.
L’ultima cosa che percepii era il mio corpo che finiva oltre il parapetto e la risata sguaiata di un uomo.
Un’ultima consapevolezza mi colpì prima del buio eterno: per colpa mia l’uomo che amavo era morto, avevo risparmiato un uomo indegno e per questo ero stata punita… se fossi sopravvissuta non avrei mai più fatto un errore del genere. Perché?
Anni fa avevo deciso di uccidere e quel giorno avevo deciso di non farlo, allora cosa era giusto fare?!
Poi, il buio.



-*-

Come avrete capito tutti, la narrazione è in prima persona, non sono mai stata una fan di questo POV, ma per la storia e il titolo non potevo fare altrimenti! Ricordatevi che tutto quello che accade in questa storia non è dettato dal caso... ;) avvertiti!
Revisionato, auguro a tutti un buon fine settimana <3
   
 
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