Onore e Gloria
I
giardini reali si stendevano sotto i loro piedi, i piccoli fiori bianchi
gettavano pallide luci vicino all’acciottolato. Il buio era quasi totale, se
non fosse per quei piccoli puntini di luce e per le fredde lampade azzurrine
poste a intervalli regolari sui sentieri.
-
così, vostro padre vi manderà alla conquista di Alkara, nobile Hàzen? – la voce
leziosa di quella donna gli dava enormemente fastidio, entrava attraverso le
sue orecchie infilandosi come un pugnale rovente nel cervello.
Tornò
a guardare i fiori notturni che spandevano il loro profumo inebriante intorno a
loro, saturando l’aria.
-
principe Hàzen? – la ragazza batté un piede per terra irritata dal trattamento
che il giovane le riservava, lei era la figlia di un nobile vicino alla casa
reale e nessuno doveva ignorarla, neanche il principe.
-
che c’è? – chiese lui annoiato, aggiunse un “mia signora” quasi sputando le
sillabe, trovava quella donna petulante ed egoista, una noia mortale.
-
vi ho chiesto – rispose lei alzando di tono la voce e il mento – se partirete
per la missione di conquista di Alkara? –
Hàzen
si bloccò vicino a un’Orchidea Notturna tigrata, il fiore prediletto della sua
defunta madre. Ne accarezzò un petalo, cercando di ricordare se anche lei
avesse quel profumo e quella morbidezza.
-
quei fiori sono disgustosi! – esclamò la ragazza – vostro padre dovrebbe
eliminarli! – lui strinse un pugno resistendo alla tentazione di metterla a
tacere una volta per tutte. Gli abiti in velluto nero emanarono riflessi verdi mentre
cercava di trattenere la rabbia.
-
vorresti fare un piacere al tuo principe? – chiese lui con finta dolcezza,
scostandole un boccolo dal viso, fin troppo imbellettato.
Lei
arrossì – qualsiasi cosa, mio signore – rispose con una mezza riverenza
-
allora taci, oca – le sussurrò all’orecchio con una voce dolce come il miele,
ma fredda come il ghiaccio.
Hàzen
era arrivato al limite della sua ben poca pazienza, le voltò le spalle tornando
al castello, e mise fine al suo settantacinquesimo appuntamento organizzato dal
padre che gli cercava moglie.
Entrato
nel palazzo camminò a passo svelto tra i corridoi semideserti, ogni tanto una
guardia o un cortigiano gli faceva l’inchino a cui, o rispondeva meccanicamente
o lo ignorava guardandolo altezzoso. Il servilismo gli dava fastidio e non
sopportava quelli che lo adulavano per avere favori o intercessioni con il re.
Avvivato
alla sala del trono, si fece aprire senza tante cerimonie le porte a doppi battenti
in vetro verde scuro e metallo grigio.
-
padre! – esclamò interrompendo le macchinazioni di guerra di re Buio – dobbiamo
parlare! – si fermò a pochi metri dal trono, alzando lo sguardo in segno di
sfida.
-
cosa vuoi Hàzen? – rispose il re con tono di sufficienza – sono impegnano,
l’invasione di Alkara inizierà presto – Buio non alzò nemmeno lo sguardo dalle
carte che stava consultando.
-
voglio che la piantate di programmarmi incontri con quelle smorfiose delle
nobili. Per tutti i Tramiti, non voglio una moglie! – nei suoi occhi azzurri
brillava una luce pericolosa, al limite della follia.
Re
Buio abbassò le carte con molta calma, osservò il figlio e poi scoppiò in una
sonora risata, che con un eco si diramò in ogni angolo dell’enorme salone – tu,
che puzzi ancora di latte della balia, vieni a fare questi discorsi a me? Pensi
che non sappia come ti diverti con le cameriere nelle osterie dei bassifondi?
Dai retta me, figlio, meglio una fanciulla dell’alta nobiltà che una sporca
cameriera che odora di sterco! – tornò a concentrarsi sui preparativi della
guerra imminente, ritenendo il discorso chiuso.
-
io non voglio una moglie! – ripeté testardo il ragazzo
-
e cosa vuoi, allora? – chiese il re con finto interesse, cambiando pergamena
-
onore e gloria! Voglio consegnarvi Alkara e governarla per voi – da tempo si
preparava a dire quelle parole al padre. Lui, voleva Alkara per sé, e farne il
suo terreno di caccia personale e una colonia per i bui.
Re
Buio mise di nuovo via le carte – sarà tanto se non becchi una botta in testa
nei primi minuti di battaglia – rispose sarcastico – ma se mi porterai i figli
di mio fratello, ti prometto che potrai fare di Alkara ciò che vorrai –
aggiunse prendendolo in giro
-
il principe – disse Hàzen, con tono di sfida
-
il principi – lo corresse – sono due gemelli, separati alla nascita. Peccato
che Sole non sappia fino a che punto possono arrivare le mie spie –
-
se ve li consegno, avrò Alkara per me? – chiese il ragazzo con uno sguardo
famelico e desiderio di conquista.
-
si, se li avrò, vivi o morti, Alkara sarà tua – e chiuse il discorso congedando
il figlio bruscamente.
Il
sarcofago bianco brillava alla luce delle torce, proiettando ombre sul viso di
Hàzen che inginocchiato pregava i Tramiti e la madre per la buona riuscita
della missione. Aveva progettato un piano, ma significava allontanasi dalla
guardia per un po’ esponendosi in primo piano. Meglio, si disse, non ne aveva
bisogno.
Poggio
un’Orchidea Tigrata alla base del sarcofago e baciò le fredde labbra di marmo
che ricalcavano fedelmente quelle della madre. Poi scoccò un timido bacio anche
alla figurina di pietra che rappresentavano la sua sorellina morta poco dopo il
parto che stava avvinghiata al petto della donna. Lo scultore le aveva
rappresentate esattamente come erano state seppellite, abbracciate l’una
all’altra.
Silenziosamente
maledì i Tramiti, se non fosse stato per loro sua madre e sua sorella non
sarebbero morte. Ma lui avrebbe cambiato le cose, lui avrebbe sovvertito alle
leggi del mondo.
-
tornerò presto madre – disse accarezzando la figura di pietra sulla fronte –
dopo che avrò conquistato onore e gloria – con un ultimo bacio si congedò dalla
cripta che conservava le spoglie della famiglia reale.
Il
principe aveva un gran caldo mentre si allenava nell’arena. Combatteva a petto
nudo, con solo un paio di pantaloni in pelle nera addosso, il sudore gli colava
lungo il torso e negli occhi, irritandoglieli. Con un urlo disarmò il suo
avversario, mandandolo a sbattere contro la rastrelliera che rovesciò le armi
tutt’ attorno.
-
c’è nessuno altro che vuole sfidarmi? – chiese sfrontato. I pettorali gli
guizzarono sul petto mettendo in luce il tatuaggio che aveva fin da bambino,
simbolo della sua regalità.
Alcuni
uomini si nascosero fra le ombre dell’arena buia cercando di non ricadere
vittima delle ire del principe – allora? – domandò di nuovo sprezzante – siete
solo dei codardi? – urlò piantando la spada per terra.
Un
vecchio soldato si fece avanti – cosa vi turba, mio signore? – chiese
coraggiosamente.
Preso
dalla rabbia, Hàzen gli mozzò un orecchio con un colpo di spada, il soldato gridò di
dolore cadendo all’indietro per la sorpresa e mentre si trascinava verso
l’oscurità sanatoria, delle gocce di sangue scuro sporcarono la sabbia grigia
dell’arena.
Il
principe rise schernendolo – qualcun altro vuole farmi da confidente? – chiese
guardandosi intorno.
Sempre
disprezzando la codardia dei propri uomini andò ad asciugarsi il sudore con una
pezza che l’attendente gli offriva.
-
ottimo lavoro, mio principe, come al solito siete il migliore – disse l’uomo
adulandolo
-
taci! O finisci anche tu in lacrime nell’arena, con un buco in pancia – ringhiò
in risposta. Il servitore deglutì vistosamente e fece un passo indietro,
spaventato.
Hàzen
resistette alla tentazione di tirargli un calcio per puro divertimento e si
sciacquò il viso nel bacile ricolmo di acqua fresca.
Un
capitano marciò verso di lui facendosi strada nell’arena – mio principe – disse
salutandolo un in inchino rigido – vostro padre vi chiama nella sala del trono.
L’invasione di Alkara sta per iniziare –
Sul
volto del bel principe si disegnò un largo sorriso, finalmente avrebbe
conquistato onore e gloria.
NAD:
questa storia
tratta del momento in cui Hàzen (lo amo) parte per Alkara sperando di
conquistare non solo delle terre nuove, ma anche, credo, l’apprezzamento del
padre. Bene la storia di Hàzen la trovate in “Children of Sun” di
Talia_Socia_Grace che *saluta*, mi ha prestato il suo amorevole Hàzen su cui ho
scritto..questa tesoro mio è la risposta a “Catch me if you can”, spero ti
piaccia e se si..più avanti ne farò ancora..
baci
Khyhan