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Autore: Afaneia    07/01/2012    4 recensioni
Quando erano piccoli, Rosso e Blu giocavano insieme ed erano l'uno l'opposto dell'altro: il fuoco e l'acqua, il nero e il bianco, l'istinto e il buonsenso, la pazzia e la ragione.
Eppure, qualcosa deve essere accaduto perché Rosso e Blu si siano poi ritrovati a essere rivali. Cosa può averli divisi in una città serena quanto Biancavilla? E che cosa, poi, porterà Rosso ovunque in giro per Kanto, e che cosa lo spingerà a fuggire il mondo ritirandosi sulla cima del Monte Argento?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga della Prescelta Creatura'
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Rosso sedeva immobile vicino a quella finestra, e il suo sguardo vagava lontano, raggiungeva il mare con le sue onde nere e le sue spume d’argento che si frangevano sugli scogli, ma andava più lontano, raggiungeva le sommità dell’Isola Cannella con il suo vulcano furibondo e con la sua storia tormentata e infinita, con i suoi misteri e i suoi morti, con i suoi segreti e forse con i suoi dolori. Poi i suoi occhi, bisognosi di riposo, si chiudevano sulle stelle. Ed egli, immobile, fissava quel cielo notturno e infinito, perdendosi nei suoi apparenti limiti, cercando invano un punto cui appoggiarsi.

“Non vieni a letto?”

Rosso si voltò, e vide Blu immobile sull’ultimo gradino, in mutande e vestaglia. Blu, il suo caro, amato Blu, con le sue voglie insaziabili e il suo amore infinito, come le stelle, così caro, così vicino, eppure ancora così distante.

“È molto tardi.”

“Tra un po’ vengo.”

“Ti tengo un po’ compagnia?”

“Se vuoi.”

Blu lo raggiunse e si appoggiò al suo braccio. Anch’egli guardava il cielo, ma ciò che vedeva era diverso: era un infinito che non andava sondato, che non importava sondare; era un cielo amato e ormai conosciuto; era un infinito, ma meno infinito dell’universo che poteva aprirsi in quella casa, in quelle stanze. Era un po’ meno grande del suo amore.

“Vuoi ripartire, non è vero?” chiese con voce infranta, lo sguardo infisso nella notte.

Rosso sospirò, e chinando lo sguardo disse: “C’è una parte del mio cuore che brama l’avventura; c’è una parte del mio cuore che vuole andare lontano, che non vuole rassegnarsi a restare qui.” Era la parte del suo cuore che ancora non poteva dimenticare Missingno, pensò, e per un attimo lo attraversò l’idea di raccontargli la verità, anche quella verità.  Ma no, si disse sorridendo, era una sciocca idea. Voleva soltanto abbandonare Missingno, dimenticarlo, liberarsi anche di quell’ultimo spettro che lo legava al passato. E anche se così non fosse stato, anche se non avesse potuto cancellare Missingno dalla memoria, poteva almeno rinunciare a tutta la sua eredità: ai viaggi, all’ambizione, alle notti insonni e tormentate. Vi era già, ormai, chi si era votato a Missingno: sapeva che Luisa sarebbe andata, lo avrebbe trovato. Era lei la Prescelta Creatura che Missingno cercava dalla notte dei tempi, era lei che aveva sempre voluto trovare, e che lui infine gli aveva consegnato. Ma era giusto così, pensò, era stata la sua parte di storia: lasciarsi attrarre dalla forza di Missingno, attraversare la Città dei Numeri, lasciarsi coinvolgere, trascinare dalla leggenda della Prescelta Creatura, fino a invischiarvisi, fino a perdervisi; e poi, dopo una vita di dolore e di tormento, passare il testimone, fare in modo che Luisa andasse nella Città dei Numeri, che potesse perdersi a sua volta nel mistero di Missingno. Ma Luisa ce l’avrebbe fatta, pensò Rosso, era forte, lei, non era sola, lei, e avrebbe vinto, come sempre, come su tutto. E lui, Rosso, era stato fino alla fine lo strumento della volontà di Missingno, ma ora sentiva che il suo compito era finito, si era concluso; e non aveva dimenticato le parole di Missingno: “tu sarai ripagato di tutte le tue fatiche e i tuoi dolori, e godrai di una felicità pari all’infelicità che ti accompagnerà nei prossimi anni.” E ora sentiva che era arrivato il giorno di Missingno.

“Questa volta vengo con te” disse Blu.

“No” replicò Rosso, voltandosi d’improvviso; e Blu si spaventò nel vedere, per un attimo, un lampo rosso attraversargli gli occhi; ma poi il riflesso dei suoi capelli si spense, ed egli si rasserenò. “No, Blu, non partirò, non intendo partire. C’è un’altra parte del mio cuore, la più importante, che ha trovato la sia felicità; e io non intendo farmela scappare. Tu sei la mia felicità; voglio che tu sia la mia vita; e non c’è cosa al mondo che possa guarirmi, se non il tuo amore, e ora è tutto ciò che voglio. Ti amo.”

Blu sorrise d’improvviso, e i suoi occhi parvero d’un tratto illuminarsi e tornare limpidi e sereni, come tanti anni prima, e forse ancora di più: per lui tutti i fantasmi erano morti, tutto il passato era trascorso e aveva costituito il presente, ed era un presente che sentiva di meritare, un presente reale in quegli occhi neri.

“Ti amo, Rosso.”

Un presente che Rosso intendeva dargli, finalmente.

 

Owari.

 

 

 

Eccoci giunti alla fine. Che dire? Mi è piaciuto postare questa storia, è una piccola parte di me nella quale mi sono sempre riflessa molto intensamente, e mi è piaciuto vedere che non ha suscitato impressioni completamente negative.

Comunque, alla fine come i pochi superstiti avranno capito, ho deciso di seguire il consiglio di nihil no kami (che peraltro ringrazio sentitamente per il continuo supporto e le recensioni) di postare l’epilogo senza riferimenti, dato che è stato l’unico a esprimere un suo parere. Ho inoltre deciso di postare altresì la storia originale, ma per quella ci vorrà un tempo molto più lungo rispetto a questa: è più lunga, incompleta e per di più un po’…mmmm…infantile, già, poiché la scrivevo solo come passatempo. E in effetti la scrivo tuttora come passatempo.

Ebbene, quando alla fine la posterò, tra qualche giorno, sarà pubblicata col titolo originale di “Prescelta Creatura”, nel caso qualcuno volesse darci un’occhiata. Nel frattempo, mando a tutti i lettori superstiti un abbraccio e un bacio: grazie per essere giunti fin qui.

Afaneia.

   
 
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