Rosso
sedeva
immobile vicino a quella finestra, e il suo sguardo vagava lontano,
raggiungeva
il mare con le sue onde nere e le sue spume d’argento che si
frangevano sugli
scogli, ma andava più lontano, raggiungeva le
sommità dell’Isola Cannella con
il suo vulcano furibondo e con la sua storia tormentata e infinita, con
i suoi
misteri e i suoi morti, con i suoi segreti e forse con i suoi dolori.
Poi i
suoi occhi, bisognosi di riposo, si chiudevano sulle stelle. Ed egli,
immobile,
fissava quel cielo notturno e infinito, perdendosi nei suoi apparenti
limiti,
cercando invano un punto cui appoggiarsi.
“Non
vieni a
letto?”
Rosso si
voltò, e
vide Blu immobile sull’ultimo gradino, in mutande e
vestaglia. Blu, il suo
caro, amato Blu, con le sue voglie insaziabili e il suo amore infinito,
come le
stelle, così caro, così vicino, eppure ancora
così distante.
“È
molto tardi.”
“Tra
un po’
vengo.”
“Ti
tengo un po’
compagnia?”
“Se
vuoi.”
Blu lo
raggiunse
e si appoggiò al suo braccio. Anch’egli guardava
il cielo, ma ciò che vedeva
era diverso: era un infinito che non andava sondato, che non importava
sondare;
era un cielo amato e ormai conosciuto; era un infinito, ma meno
infinito
dell’universo che poteva aprirsi in quella casa, in quelle
stanze. Era un po’
meno grande del suo amore.
“Vuoi
ripartire,
non è vero?” chiese con voce infranta, lo sguardo
infisso nella notte.
Rosso
sospirò, e
chinando lo sguardo disse: “C’è una
parte del mio cuore che brama l’avventura;
c’è una parte del mio cuore che vuole andare
lontano, che non vuole rassegnarsi
a restare qui.” Era la parte del suo cuore che ancora non
poteva dimenticare
Missingno, pensò, e per un attimo lo attraversò
l’idea di raccontargli la
verità, anche quella verità.
Ma no, si
disse sorridendo, era una sciocca idea. Voleva soltanto abbandonare
Missingno,
dimenticarlo, liberarsi anche di quell’ultimo spettro che lo
legava al passato.
E anche se così non fosse stato, anche se non avesse potuto
cancellare
Missingno dalla memoria, poteva almeno rinunciare a tutta la sua
eredità: ai
viaggi, all’ambizione, alle notti insonni e tormentate. Vi
era già, ormai, chi
si era votato a Missingno: sapeva che Luisa sarebbe andata, lo avrebbe
trovato.
Era lei la Prescelta Creatura che Missingno cercava dalla notte dei
tempi, era
lei che aveva sempre voluto trovare, e che lui infine gli aveva
consegnato. Ma
era giusto così, pensò, era stata la sua parte di
storia: lasciarsi attrarre
dalla forza di Missingno, attraversare la Città dei Numeri,
lasciarsi
coinvolgere, trascinare dalla leggenda della Prescelta Creatura, fino a
invischiarvisi, fino a perdervisi; e poi, dopo una vita di dolore e di
tormento, passare il testimone, fare in modo che Luisa andasse nella
Città dei
Numeri, che potesse perdersi a sua volta nel mistero di Missingno. Ma
Luisa ce
l’avrebbe fatta, pensò Rosso, era forte, lei, non
era sola, lei, e avrebbe vinto,
come sempre, come su tutto. E lui, Rosso, era stato fino alla fine lo
strumento
della volontà di Missingno, ma ora sentiva che il suo
compito era finito, si
era concluso; e non aveva dimenticato le parole di Missingno:
“tu sarai
ripagato di tutte le tue fatiche e i tuoi dolori, e godrai di una
felicità pari
all’infelicità che ti accompagnerà nei
prossimi anni.” E ora sentiva che era
arrivato il giorno di Missingno.
“Questa
volta
vengo con te” disse Blu.
“No”
replicò
Rosso, voltandosi d’improvviso; e Blu si spaventò
nel vedere, per un attimo, un
lampo rosso attraversargli gli occhi; ma poi il riflesso dei suoi
capelli si
spense, ed egli si rasserenò. “No, Blu, non
partirò, non intendo partire. C’è
un’altra parte del mio cuore, la più importante,
che ha trovato la sia
felicità; e io non intendo farmela scappare. Tu sei la mia
felicità; voglio che
tu sia la mia vita; e non c’è cosa al mondo che
possa guarirmi, se non il tuo
amore, e ora è tutto ciò che voglio. Ti
amo.”
Blu
sorrise d’improvviso,
e i suoi occhi parvero d’un tratto illuminarsi e tornare
limpidi e sereni, come
tanti anni prima, e forse ancora di più: per lui tutti i
fantasmi erano morti,
tutto il passato era trascorso e aveva costituito il presente, ed era
un
presente che sentiva di meritare, un presente reale in quegli occhi
neri.
“Ti
amo, Rosso.”
Un
presente che
Rosso intendeva dargli, finalmente.
Owari.
Eccoci
giunti
alla fine. Che dire? Mi è piaciuto postare questa storia,
è una piccola parte
di me nella quale mi sono sempre riflessa molto intensamente, e mi
è piaciuto
vedere che non ha suscitato impressioni completamente negative.
Comunque,
alla fine
come i pochi superstiti avranno capito, ho deciso di seguire il
consiglio di
nihil no kami (che peraltro ringrazio sentitamente per il continuo
supporto e
le recensioni) di postare l’epilogo senza riferimenti, dato
che è stato l’unico
a esprimere un suo parere. Ho inoltre deciso di postare
altresì la storia
originale, ma per quella ci vorrà un tempo molto
più lungo rispetto a questa: è
più lunga, incompleta e per di più un
po’…mmmm…infantile, già,
poiché la
scrivevo solo come passatempo. E in effetti la scrivo tuttora come
passatempo.
Ebbene,
quando
alla fine la posterò, tra qualche giorno, sarà
pubblicata col titolo originale
di “Prescelta Creatura”, nel caso qualcuno volesse
darci un’occhiata. Nel
frattempo, mando a tutti i lettori superstiti un abbraccio e un bacio:
grazie
per essere giunti fin qui.
Afaneia.