Avevo
progetto solo tre capitoli, ma questo l’ho diviso in due, perché erano
due momenti troppo distanti per accostarli. Perciò ci sarà anche un
quarto –breve- capitolo.
Le
frasi in BLU sono citate direttamente da “L’Ordine
della Fenice” e pertanto non mi appartengono ma sono copyright di J.K. Rowling eccetera.
Un
momento molto duro per me. E’ stato una tale fatica scriverlo… Poco
ci mancava che mi mettessi a piangere da sola –e i miei scritti proprio
mi fanno tutto fuorché commuovermi.
Ringrazio
anticipatamente tutti coloro che saranno così gentili da commentare.
Suni
Fermatemi…
Sto cominciando a credere in questa versione della storia… Aiuto.
TWO: FAREWELL
“Che
cosa significa, Piton?”
Piton si voltò. La sua espressione era imperscrutabile. Con l’allenamento che l’esperienza
da Mangiamorte e quella di spia per Silente gli avevano fornito, mantenne
un’espressione di totale indifferenza.
Potter lo stava
fissando con evidente disperazione.
“Non ne ho la minima idea –rispose gelido Piton-
Potter, se mi venisse voglia di sentirmi urlare delle assurdità, ti
somministrerò una Pozione Tartagliante. Tiger,
per favore, allenta quella presa. Se Paciock soffoca,
ci toccherà riempire una montagna di noiose scartoffie e temo che dovrei
farne cenno nelle tue referenze, se mai tu cercassi un lavoro”.
Uscì, chiudendosi la porta alle spalle, dopo aver pronunciato quella fiumana di
parole per nascondere di aver perfettamente capito di chi Potter stesse
parlando e il nervosismo che lo aveva colto al sentire le sue urla, sapendo
bene ciò che significavano.
Il
sogno era avvenuto. Era l’ora.
Sapeva
di avere probabilmente ancora un discreto quantitativo di tempo: Potter doveva
liberarsi degli altri Serpeverde e soprattutto della Umbridge, e dopo arrivare fino a Londra, al Ministero della
Magia… Tutto quel che lui doveva fare, invece, era lasciare Hogwarts,
materializzarsi a Grimmauld Place
e dare il via all’operazione, avvisando Black e chiamando gli altri, che
con ogni probabilità erano perlopiù dislocati tra la cosiddetta
Tana dei Weasley e il Ministero stesso.
Aveva
tutto il tempo per prendersela comoda.
Invece,
Severus Piton si affrettò verso l’esterno del Castello, con una
violenta sensazione di ansia a stringergli lo stomaco e rivoltargli le
interiora.
Il
tragitto intorno al Lago, fino a superare i confini del terreno di Hogwarts,
gli parve infinitamente lungo e tedioso. Arrivò anche a chiedersi se non
ci fosse qualcosa di strano, perché gli sembrava di non averci mai messo
neanche remotamente così tanto.
Poi,
in un istante, fu in Grimmauld Place,
davanti al muro fra i numeri undici e tredici.
Non
potè evitare di precipitarsi quasi in casa.
Né
di notare, per prima cosa, la gioia feroce e disgustosa con cui quel miserabile
Elfo Domestico fuori di testa stava riordinando alcuni bicchieri abbandonati
nella Sala, canterellando tra sé.
Lo
fissò con repulsione, squadrandolo freddamente.
“Dov’è
il tuo padrone?” domandò gelido.
“Il
Padrone non c’è. –rispose Kreacher
maligno- Il Padrone sta per avere la brutta sorpresa che un traditore come lui
merita, sì, feccia, feccia non che è altro…”
bofonchiò tra se con lietezza.
Piton
lo allontanò con un debole calcio.
“Ti
ho chiesto dove-…” iniziò minaccioso, fissandolo immobile
dall’alto.
“Chi
c’è?” lo interruppero un voce ed una porta che si apriva al
piano superiore.
Sollevò
lo sguardo verso l’alto, esitando brevemente.
“Piton”
rispose inespressivo.
Un
lungo silenzio seguì il suo nome, nell’immobilità della
casa vuota.
Poi,
dei passi avanzarono al piano superiore e presto udì il rumore di piedi
sui gradini.
Black
comparve in cima alla rampa un attimo dopo.
Il
viso era irrigidito, immobile, d’un biancore cadaverico. Negli occhi
tremolava una luce indefinibile, qualcosa tra l’enfatico, il terrorizzato
e il deciso. Dritto, immobile, lo osservava senza parlare, l’ombra di un
sorriso amaro e consapevole appena aleggiante sulle labbra.
Severus
Piton pensò che probabilmente quello sguardo e quello che, in una
situazione analoga, Albus Silente gli avrebbe rivolto di lì a non molto
tempo, sarebbero rimasti nei suoi sonni per il resto della sua vita.
“Oh…
Sei arrivato” mormorò Black forzatamente calmo.
Severus
annuì, deglutendo.
“Potter
mi ha appena detto che eri stato portato all’Ufficio” spiegò
neutro.
Sirius
annuì ripetutamente, passandosi una mano sul volto magro.
“Sì.
Puoi avvisare gli altri col camino… Da Moody
e-…” iniziò trasognato, guardandosi inspiegabilmente le
mani.
“No
–Piton scrollò la testa guardandolo storto- Sei sempre lento di
comprendonio, Black. Dopo la chiamata saranno operativi in venti minuti al
massimo. Potter era ancora ad Hogwarts. Bisogna aspettare” spiegò
spazientito.
Sentiva
risalire l’ira verso Black. Certo, ora lui sarebbe morto, eroicamente
morto, lasciandolo lì a sentirsi in colpa, e a sentirsi ancora una volta
da meno.
Sirius
annuì di nuovo, ma lo guardò perplesso.
“Sei
venuto prima perché potessi prepararmi? Molto gentile da parte tua,
Piton” esclamò, cercando di infondere alla propria voce debole
un’inflessione canzonatoria.
Piton
sospirò.
“Ti
volevo fare una domanda, Black” ammise a malincuore.
Sirius
lo guardò, sorpreso.
“Oh…
-sussurrò- Beh… Ti… Ti dispiace se mi vesto nel frattempo?”
domandò assorto, indicando il piano superiore, dove c’era la sua
camera.
Piton,
scocciato, fece vagamente spallucce. Lo seguì in silenzio su per le
scale, ed entrò nella stanza del padrone di casa per la prima volta in
assoluto.
Esattamente
come se l’era aspettata.
Le
foto degli insopportabili Malandrini lo occhieggiavano da ogni angolo della
stanza, e per un istante gli sembrò che da un momento all’altro
gli sarebbe arrivata addosso qualche fattura.
“Non
badare a loro –commentò Sirius ironico- Sono solo ragazzi”
Piton
gli diede sdegnosamente le spalle, mentre l’altro apriva un armadio.
“Te
l’ha detto Silente?” domandò rigido, osservando alcuni libri
su uno scaffale.
Sirius
tacque per qualche istante, probabilmente domandandosi quale fosse il soggetto
della conversazione, e Piton udì solo il fruscio di vestiti.
“Che
sei stato tu a parlare a Voldemort della Profezia, intendi?
–domandò pensoso- Sì, qualche tempo fa” aggiunse
senza attendere risposta.
Piton
storse il naso infastidito.
“Mi
aveva assicurato che a nessun-…” osservò severamente.
“L’ho
pregato di rivelarmelo. Era il mio regalo di morte” intervenne Sirius
seriamente.
Subito
dopo scoppiò a ridere nervosamente.
Severus
si voltò a guardarlo.
Aveva
infilato dei pantaloni che con ogni probabilità rientravano nei cimeli
di famiglia e aveva il petto, magrissimo e bianco, scoperto. In un pugno di
secondi avrebbe potuto comodamente contargli le costole. Tornò a
guardare il muro.
“Mi
fai sentire in dovere di chiederti che cosa ti stia tanto entusiasmando, Black,
nonostante sia ragionevolmente certo che si tratti di qualcosa di totalmente
idiota” osservò disattento.
Sirius
si interruppe, così come aveva cominciato a ridere.
“E’
ridicolo –mormorò con foga- Sto per morire e sono qui a discutere
con Severus Piton di cosa doveva e non doveva dirmi Albus” spiegò.
“Desolato
di arrecare disturbo, Black” ribattè lui
velenosamente.
Sirius
tacque di nuovo.
“Ma
no… -mormorò tetro- Non so chi di noi due sia messo peggio,
Severus. Forse io, in questo specifico istante, ma…” osservò
pensoso.
Piton
lo sentì raccogliere qualcosa da terra, forse scarpe.
Black
sarebbe morto e lui avrebbe ucciso Silente. L’unico ad aver mai visto
qualcosa di buono e stimabile in lui. Qualcosa di costruttivo e degno.
E
il momento si avvicinava al galoppo, inesorabilmente.
“Non
ci è mai toccata una gran bella parte nella storia, Black. -confermò
malvolentieri- Quello che mi domando, invece, è perché tu ci
tenga tanto a dividere queste preziose
considerazioni con me” osservò acidamente.
“Cioè?”
domandò Sirius con voce presente per la prima volta.
“Questa
nostra amabile conversazione, per non parlare dell’altra
sera…” rispose lugubre Piton, seccato dalla sua finta
incapacità di capire.
Il
prolungato silenzio lo spinse a voltarsi di nuovo.
Black
era seduto sul suo letto, e con sguardo fisso davanti a sé cercava di
rivoltare un maglione. Poi accennò un sorriso smorto.
“Forse
ero solo un uomo che non aveva voglia di starsene da solo in una casa buia a
pochi momenti dalla morte, al punto da preferire la tua presenza. Già, forse ti ho usato un’altra volta
per non annoiarmi, Piton. –aggiunse amaramente e trionfalmente- O forse,
sono un moribondo che vuole chiudere i conti con la sua vita sbagliata. Non mi
fraintendere, Piton, non mi sto scusando con te. Non lo farei mai. Ma davanti
alla fine, sai, mi rendo conto che ben poche cose hanno un valore, e il rancore
non è tra queste. E forse, di fronte a questi compiti ingrati e inumani
che ti aspettano, te ne sei accorto anche tu.”
“Che
centro io, Black?” domandò acidamente lui, avvertendo una strana
sensazione di liberazione e spossatezza percorrerlo membro a membro.
“Non
ho mica parlato da solo per tutta la sera. E sei tu oggi, che sei venuto qui in
anticipo..” ribattè Black osservando
come in tralice una foto che lo ritraeva, diploma in pugno, accanto a James
Potter il giorno dei MAGO.
Severus
Piton tacque per qualche lungo istante, osservando quello che a tutti gli
effetti era uno sconosciuto guardarsi intorno, per l’ultima volta, tra i
suoi pochi ricordi.
Foto
di ragazzi ridenti e buffi.
E
tutto sommato, si disse, tutto acquisiva un senso un po’ più
compiuto guardando le cose da un’altra ottica.
Tutta
quella vecchia storia non era poi così importante, a paragone di
organizzare un suicidio o fare secco il più grande mago del mondo
perché lui era convinto fosse la soluzione migliore –anzi
l’unica.
“Quando
mi hai dato quello specchio, Black, e non mi è venuta voglia di romperlo
per farti incazzare, ho capito che davvero non me ne
importava nulla di allora, infatti. Ci sono cose assai più importanti a
cui pensare, ora… E più spiacevoli ancora”
Sirius
si riscosse, annuì debolmente.
“Lo
so. –ridacchiò- Remus non riusciva a capacitarsi che fossimo nella
stessa stanza senza urlare quando è arrivato. Era allibito”
Severus
sorrise freddamente.
“Aveva
ragione. Resti sempre un pallone gonfiato, Black” ribattè
sostenuto, appallottolandosi nel mantello.
Sirius
sbuffò.
“So
che odi quel ragazzo, ma non…” iniziò incerto.
“Io
sarò mio malgrado odioso con
Potter per due ottime ragioni, Black: perché non lo sopporto e
perché così vuole il nostro piano. E non si discute” lo
interruppe lui rigido, fissandolo scocciato.
Sirius
annuì, quindi sbuffò guardandosi di nuovo intorno.
Severus
si stropicciò le mani pallide per qualche istante, si umettò le
labbra improvvisamente secche e spostò gli occhi sul proprio piede.
“E’
ora, Black –annunciò con disinteresse- Bisogna avvisare
l’Ordine”
Sirius
sussultò ed annuì.
“Fai
pure –concordò- Io mi sto preparando e sto farneticando, voglio
uscire ad ogni costo” annunciò con una calma assente e lontana.
Severus
esitò.
“Credo
che preferirei esserci io al tuo posto, Black” confessò
amaramente.
“Lo
dici perché non ci sei. Ma di sicuro io non vorrei essere al tuo” ribattè Sirius con un sorriso vago e comprensivo,
senza neanche più guardarlo.
Sembrò
a Severus che si stesse già distaccando dal suo stesso corpo.
Senza
aggiungere altro, andò al camino, lasciandolo solo nella stanza
ordinata.
La
faccia perplessa e affaticata di Moody si
avvicinò alla sua mentre lo ascoltava parlare.
“…All’Ufficio
Misteri, hai detto? –domandò stupito e sospettoso il vecchio- Ma
sei sicuro?” aggiunse scettico.
“Me
l’ha detto lui stesso. Io sono venuto qui a controllare, ma Black
purtroppo sta benissimo, o piuttosto, non ho notato differenze rispetto al
solito. Credo che il vostro Potter –aggiunse sprezzante- stia perdendo il
barlume di lucidità rimastogli”
“Maledizione!
–borbottò Moody- E perché sei
ancora lì? Torna ad Hogwarts, vallo a fermare!” ringhiò con
uno scatto d’ira.
“Lo
farei, Moody –ribattè
Piton con sufficienza- Ma il nostro Black, qui, sta già dando in
escandescenze, l’unica cosa che sa fare. Vuole uscire”
Moody si strinse il viso tra la mani, riflettendo.
“Ti
mando Lupin, poi tu torni là. Dieci minuti e
tutta la squadra sarà a Grimmauld Place”
Piton
riemerse dal camino con un sospiro stanco.
Black
lo guardava in silenzio.
“A
posto?” chiese incerto.
“Arrivano”
rispose lui.
Black
prese un lunghissimo respiro e chiuse gli occhi, espirando con forza.
Li
riaprì, deciso.
“D’accordo,
Piton. Salutiamoci qui” esclamò tranquillo.
“Bene,
Black. In bocca al lupo per la missione, e che tutto vada per il meglio”
replicò atono, senza muovere un dito.
“Albus
ti… dirà dove sono le nostre… Lettere, sai, per quando tutto
sarà finito, per spiegare la verità” aggiunse Sirius con un
vago tremito.
Piton
si limitò ad annuire.
“In
bocca al lupo anche a te, Snivellus. Va’ fino
in fondo” aggiunse Sirius con un sorrisetto di
superiorità.
Severus
strinse le labbra.
“Addio,
Black. Sai, dopotutto, sei un uomo…” iniziò con riluttanza,
interrompendosi vago a metà frase, senza poter continuare.
Sirius
annuì con un sorriso amaro.
“Sì.
Anche tu” ribattè franco.
“Pronto
per la recita?” continuò Severus con i polmoni ormai vuoti e
compressi.
Black
annuì deciso.
Fu
allora che la porta di sotto si aprì.
“…E
non voglio ripeterlo Black, sta’ fermo qui!” esclamò a voce alta con estremo sprezzo.
“HARRY
E’ IN PERICOLO! IO DEVO ANDARE
A-…” sbraitò Black, il volto distorto dall’ira e
dall’ansia.
Piton immaginò che gli riuscisse
facile quella parte, per allentare la tensione.
“Sirius!
–Lupin si precipitò nella stanza in quel
momento- Sta’ calmo, stanno arrivando tutti!”
l’invitò, cercando di afferrargli i polsi.
“IO-
DEVO-ANDARE- ADESSO!”
ululò lui divincolandosi.
“Andremo
tutti insieme, Sirius, anche se tu dovresti rimanere qui e-…”
“NON
CI PENSO NEANCHE!” ruggì ancora Black cercando di scansarlo.
“Buona
fortuna, Lupin” salutò Piton annoiato
prima di avviarsi verso le scale.
Si
voltò indietro, mentre se ne andava, ancora per un istante.
Nella
colluttazione appena imbastita Black, in preda alla furia –apparente-
stringeva l’avambraccio dell’amico con un fare spasmodico che tutto
era fuorché aggressivo, ma Lupin, impegnato
nel trattenerlo, non se ne rendeva conto.
Severus
si girò ed uscì.
Il
primo era sistemato.
Mancava
il secondo.
X Morgan Snape: Unica?... Wow. Sto avendo un lieve mancamento. Sì, capisco la tua
ostilità al solito Severus mazzolato dai superpotenti Malandrini in
versione divinità olimpiche. E’ per questo che non lo cito quasi
mai nelle mie storie, per non correre quel rischio. Sono contenta che la reputi
così ben scritta, è davvero un onore. E sono d’accordo che
una bella storia sia piacevole indipendentemente dai personaggi e fiera che tu mi
inserisca questa storia nella categoria
X Mixky: Grazie mille… Fai con calma, tanto non scappo
^__^
X Juliet: grazie mille. Davvero davvero.
E’ bello sapere di riuscire a trascinare anche chi non ama il determinato
tipo di storia in questione ed è ancora più bello sentirsi dire
di aver dato tanta efficacia a una scena da sembrare di esserci dentro. Sono lusingatissima anche se forse esageri… E sono
contenta anche che sia sintatticamente e grammaticalmente gradevole. Thanx
X
Elly: … Chiamalo un piccolo anticipo sull’anno venturo, se vuoi
^__^. La verità è che dopo la rilettura dell’ordine fatico
a darmi pace. MAI più, mai
più quel dannatissimo libro. Che dire, il tuo entusiasmo mi riempie di
gioia e sono molto felice di aver dato vita alla tua fantasia in un modo che ti
è gradito. Quanto a Severus, devo dire che sono molto sorpresa dall’effetto
che questa storia sta avendo su me medesima: l’ho sempre cordialmente
odiato dal profondo del cuore, e ora invece mi sento molto meno ostile,
comprensiva quasi. E…Ehm… Non ricordavo nemmeno di aver scritto che
lo chiama per nome per la prima volta… forse intendevo durante la
conversazione, comunque dovrei controllare. Grazie per avermelo fatto notare.