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Autore: Shine_On    11/01/2012    2 recensioni
Quando sei nei guai sei disposto a tutto. Anche ad incontrare qualcuno che non vedevi da molto tempo. E a soffrire di nuovo.
E se quelle stesse situazioni potessero migliorare la tua vita, invece che peggiorarla?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Duncan, Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Due

 

« Lei è Amber. »

 

Guardai Gwen assolutamente incredulo. Non ci capivo molto, e quella parola, mamma, non voleva entrarmi in testa. Probailmente la mia espressione era uguale a quella che vedevo sul viso della bambina la quale, più reattiva di me, chiese: « Chi è questo signore? » indicandomi con una manina.

« È un amico di mamma, tesoro mio. » disse sorridendo « Si chiama... Dave, e starà con noi per un po'. Ora tu fai la brava insieme a lui, io devo andare in un negozio, ma ti prometto che prenderò la pizza stasera. »

« Yeee! Pizza! » esclamò lei, buttando le braccia al collo di sua ma- ...Gwen.

« Fai il bravo pure tu. Ti spiegherò tutto stasera. » mi sussurrò quest'ultima, chiudendo la porta, in risposta alla mia espressione stupita – e sicuramente parecchio stupida.

E così ci trovammo da soli. Non avevo la minima idea su cosa fare, visto che non avevo molta confidenza con i bambini. Osservai Amber, per cercare, magari, di capire cosa poteva piacerle dal suo modo di vestire... Beh, si: le bambine a cui piacciono le fate si vestono da fate, no?

Purtroppo per me, era vestita in modo assolutamente anonimo: un paio di pantaloni e una t-shirt verde scuro. I capelli erano lunghi, ma diversamente da quelli di Gwen, ondulati e perfettamente in ordine, sembravano una zazzera difficile da pettinare. Quando poi si girò, probabilmente con i testa le mie stesse domande, notai il colore degli occhi, a metà tra l'azzurro e il verde, che poteva sembare strano se non si sapeva che tutto il ramo materno della famiglia di Gwen aveva gli occhi azzurri. A parte questi due particolari, presi sicuramente da Trent, Amber era la fotocopia di Gwen.

« Allora... Cosa ti piacerebbe fare? » chiesi titubante. Lei ci pensò su. « Beh, mi piacerebbe andare sul mio cavalluccio, » disse, per poi aggiungere con una piccola smorfia di dispiacere « ma è rotto, e Papà non ha mai il tempo di aggiustarlo. »

« Te lo aggiusto io se vuoi. » le dissi sorridendo « Sono bravo a sistemare le cose, sai, faccio il meccanico. »

« Che cos'è un mecchianico? » chiese curiosa.

« Un meccanico, piccolina. » continai a sorridere « Beh, un meccanico sistema le auto quando ci sono problemi, per esempio quando non partono. »

« Wooow. » sussurrò con gli occhi sognanti.

In poco tempo riuscii a sitemare il cavalluccio, al quale si era “semplicemente” staccata la testa, rendendolo pericoloso a causa delle scheggie.

« Grazieeee! » esclamò abbracciandomi e successivamente abbracciando il giocattolo. La guardai salirci sopra, per poi chiederle ridendo: « Quanti anni hai Amber? Mi sembri un tantino grande per usare questi giochi! »

Le mi guardò, quasi offesa. « Ma questo è diverso! Questo me l'ha regalato la nonna, era della mamma. E lo uso, anche se sono grande. Ho cinque anni » ragionò un attimo « e tre mesi! » concluse alzando tre dita paffute.

Non c'era un motivo apparente, ma rimasi scioccato. Non dalle capacità matematiche della bambina, ma da un conteggio che il mio cervello aveva fatto nel giro di un nanosecondo.

Cinque anni e tre mesi... Più nove mesi di gravidanza... Facevano sei anni.

Sei anni. Gli anni esatti passati dall'ultima volta che avevo visto Gwen.

...Sei anni dall'ultima volta che ero andato a letto con lei.

No, non poteva essere vero.

Eppure, in un battito di ciglia tutto sembrava essere cambiato. Amber era cambiata. I suoi capelli non erano simili a queli di Trent, no, erano uguali ai miei. A quella zazzera odiosa che a undici anni mi aveva portato a tenerli sempre corti, quasi a zero. E gli occhi... Gli occhi erano esattamente il mio stesso colore, acquamarina, così rari da trovare.

Questo ragionamento avvenne nel giro di pochi secondi, e alla fine, con difficoltà, stampai sulle mie labbra un sorriso di facciata, sedendomi.

Aspetta, mi dissi, potrebbe essere qualunque cosa. La bambina può aver sbagliato, o la gravidanza essere durata solo otto mesi, invece che nove. O il fantomatico “cambiamento” un'idizia vera e propria. Non tirare conclusioni affrettate.

Un improvviso trillo del telefono mi riportò alla realtà. E raggelai, sentendo una voce che non mi aspettavo.

« Beh, immagino siate fuori, eh? » gracchiò la voce di Trent, (e mi diedi dello stupido per aver pensato che fosse realmente lì) « Richiamatemi al più presto, mi mancate tant- » non fece tempo a finire che Amber si illuminò e corse alla cornetta.

« PAPÀ!!! » urlò nell'aggegio, e riuscii a sentire delle risate dall'altra parte « Quando torni, eh? Quando torni? » e senza nemmeno dargli tempo di rispondere aggiunse raggiante « Lo sai che il mio cavalluccio ora è di nuovo intero? ». Ci fuorono parecchi secondi di silenzio, poi lei rispose « È stato un amico di mamma, è venuto oggi e mamma dice che starà con noi per un po'. » di nuovo silenzio, Trent probabilmente chiedeva qualcosa « Si chiama Dave, è simpatico. ».

Ero terrorizzato. Se Trent avesse voluto parlarmi sarei stato spacciato: la mia voce non era cambiata da quando avevamo fatto quello stupido reality, e avrei rovinato quel poco di segretezza che Gwen era riuscita a creare. Ma, come al solito, riuscii a salvarmi per un pelo.

In quel preciso momento Gwen (che non riuscirò mai a ringraziare abbastanza in tutta la mia vita) varcò la soglia, le braccia cariche di cartoni di pizza. Le andai in aiuto, e sussurrai «Trent al telefono. ». In qualche modo capì la “gravità” della situazione e andò a prendere la cornetta dalle mani della figlia

« Trent, tesoro, che sopresa! » trillò, e io, nonostante la preoccupazione che avevo, dovetti trattenermi dal non ridere per quella frase assurdamente mielosa. Fortunatamente Trent non sembrò comprenderne l'assurdità. « Si, si chiama Dave ed è un mio vecchio amico del liceo. » continuava intanto Gwen « È arrivato oggi in città e mi ha chiesto di ospitarlo perché ha alcune... Faccende da sbrigare qui. » ascoltò nervosa una domanda « Non molto... Beh, si due settimane, però... » alla fine sorrise. « Sapevo che avresti capito. Allora ci sentiamo, ok? Mi manchi. » e chiuse.

Feci un respiro profondo. Cavoli, l'avevo scampata bella! Avevo una voglia assurda di abbracciare Gwen, ma mi trattenni, anche perché in quel momento Amber cercava di avere l'attenzione della madre per raccortarle la giornata e contemporaneamente prendersi un pezzo di pizza senza farsi notare. Assurdo.

La cena fu veloce e presto Gwen mandò a letto la bambina, che si lamentava ma era visibilmente stanca. Noi due ci posizionammo in salotto e ci guardammo per qualche secondo.

« ...Seriamente: Dave? È il nome più orribile che abbia mai sentito! » dissi a un certo punto, per rompere il ghiaccio.

Lei sbuffò « Provaci tu a trovare un nome migliore sotto pressione. »

La guardai di nuovo, serio « Immagino che anche tu abbia parecchie domande in mente. » Lei annuì, nervosa.

Eravamo al punto di non ritorno. Per tutti i sei anni passati avevo sperato che lei mi pensasse ogni tanto, come io avevo pensato a lei, anche se io pensavo a lei ogni giorno. L'illusione che mi ero creato probabilmente sarebbe andata in frantumi visto che lei aveva avuto sicuramente una felice vita matrimoniale insieme a Trent (a proposito, non le avevo nemmeno chiesto se erano effettivamente sposati) e non c'era motivo di pensare a un idiota bastardo come me.

Sospirai « Ok, inizio io. ». 

  
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