Anime & Manga > Detective Conan
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Autore: Aya_Brea    15/01/2012    6 recensioni
"La figura alta ed imponente di Gin era ferma affianco al letto della piccola scienziata, teneva le mani infilate nelle tasche dell’impermeabile ed i suoi lunghi capelli d’oro seguivano la direzione del vento. Dal suo viso imperturbabile non trapelava alcuna emozione, ombreggiato com’era, dall’argentea luce lunare. I suoi occhi verdi brillavano come quelli di un felino."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Altro Personaggio, Gin, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di te."      


(Nietzsche)

 




 Una settimana più tardi, Ai poté finalmente ritornare a casa, oltre che a scuola. Le giornate in ospedale erano trascorse con una lentezza estenuante, ma spesso Conan, i giovani Detective e il dottor Agasa erano andati a farle visita, così le avevano addolcito quei giorni noiosi. L’episodio della rosa sul comodino non si era più ripetuto, ma ora avrebbe dovuto recuperare le ore di sonno perse a rigirarsi nel letto senza sosta, senza requie: l’ipotesi che quel criminale si fosse avvicinato a lei così facilmente la inquietava, era stato il suo pensiero fisso. Le stava dando il tormento, ma sapeva anche che prima o poi i suoi nervi avrebbero ceduto: e Dio soltanto poteva sapere come avrebbe reagito, qualora si fosse verificata quella spiacevole evenienza. Preferì non pensarci. Quella mattina si sbrigò a fare colazione e si fiondò giù per le scale, Conan era già in cammino verso la scuola, lei invece, era in lieve ritardo. “Arrivederci Dottore, ci vediamo a pranzo!” Esclamò la piccola Ai con lo zaino in spalla, pronta ad affrontare una nuova giornata. Forse migliore delle altre. Percorse il breve tratto che la separava dall’edificio scolastico rimuginando su quanto era accaduto: le fronde degli alberi erano agitate dolcemente da un’aria placida che per la stagione invernale era decisamente troppo calda. ‘Avrebbe potuto farmi fuori, e invece si sta arrovellando il cervello per farmi impazzire. Prima la visita al ristorante, poi  piomba in casa di Shinichi come una specie di ladro. Fra l’altro non è nel suo stile.’ Venne colta da un brivido. ‘E le rose. Il mio fiore preferito.’ Non riusciva a ricordare in quale stramaledetta occasione le era sfuggito quel particolare, così che lui avesse potuto carpirlo e utilizzarlo per i propri fini. Sospirò. ‘Devo cercare di mantenere la calma.” Era quasi arrivata, scorgeva in fondo alla strada una calca di mocciosi, fra loro spiccava la figura robusta ed ingombrante di Genta. ‘Si ritorna alla vita di sem-..’ Una mano si posò sulla sua spalla e lei si volse repentina, il cuore le balzò in gola.
“Ai! Sono cinque minuti che cerco di chiamarti.” La voce di Mitsuhiko la tranquillizzò, ma il ragazzino dai capelli scuri notò che il suo volto si era rabbuiato. “Te la sei presa, Ai?”
“Mi sei piombato alle spalle così, d’improvviso. Credevo che fossi chissà chi.” Proferì lei, assumendo poi un’espressione più tranquilla. “Ad ogni modo non fa niente, non preoccuparti.”
“Allora? Come stai? Ci sei mancata tanto.” Lui sembrava essere entusiasta, parlava gesticolando, con un sorriso stampato sul volto e con gli occhi colmi di gioia. Ai, invece, non sembrava mostrare la stessa enfasi, ma si manteneva come di consueto molto glaciale e cinica.
“Come vuoi che stia? Dopo una settimana e mezza di ospedale mi sento uno straccio. Avrei voluto dormire questa mattina.”
“Mi dispiace. Ma sai, se ti può sollevare anche le nostre giornate sono state noiose. Nessun nuovo caso su cui indagare, niente di niente.” Egli sbuffò.
“Ringraziate il cielo che non ci sia nulla su cui indagare.” Disse con una leggera vena di sarcasmo nel tono.
I due raggiunsero gli altri: anche se Ai era così distaccata e riservata, loro le volevano bene ugualmente. Nessuno si preoccupò dunque, di notare un suo improvviso ed insolito cambiamento. Quando i ragazzi varcarono la soglia della loro classe, Conan posò il suo sguardo sul banco di Ayumi. “Ragazzi, Ayumi è per caso malata?”
“No. Ieri c’era. Forse voleva saltare il compito di matematica.”
“Genta, ma che dici, è mille volte più brava di te. No, forse non si sentiva bene.” Ribatté il piccolo occhialuto. Eppure ebbe uno strano presentimento. Quando la giornata scolastica si concluse, la campanella fu una liberazione, un’esplosione di rumori e di voci che si riversavano all’uscita. La piccola Shiho non aveva più rivolto i suoi pensieri a Gin, era tranquilla.
I giovani Detective scesero in strada, con lo zaino in spalla.
“Ho una fame!” Esordì Genta. Conan lo guardò tenersi lo stomaco con le mani e sospirò, con un sorriso rassegnato. “Tu hai sempre fame.”
“Conan ha ragione.” Bofonchiò Mitsuhiko. “Ma dovrà aspettare. Dobbiamo prima passare a casa di Ayumi per assicurarci che stia bene.” E così, quando furono di fronte alla villetta, i piccoli si accalcarono alle scale, Conan suonò il campanello dopo essersi sollevato in punta di piedi. Qualche secondo più tardi aprì loro la porta la madre della loro amica, una donna molto alta e bella: ma il suo viso era contratto, le sue mani si unirono di fronte al petto in un gesto di apprensione. “Ragazzi, siete voi.” Conan percepì un moto di speranza nella sua esclamazione.
“Signora, è forse successo qualcosa?”
“Ayumi non era a scuola con voi questa mattina?” Continuò la donna, la cui ansia cresceva a dismisura.
“Veramente no.” Borbottarono quasi in coro, desolati. “Avevamo anche il compito di matematica ma..”
“Stamattina ha fatto colazione ed è tornata in camera sua, credevo fosse uscita senza dirmi nulla, ma non vedendola arrivare mi sono preoccupata. Dove può essere?” Era sull’orlo della disperazione, anche se tentò in tutti i modi di dissimulare la sua smania: ma i gesti della mani la tradirono.
“Signora, posso salire in camera sua?” Conan era determinato a carpire alcuni indizi fondamentali e poter ricostruire quindi gli spostamenti della giovane amica.
“Si, certo.” Balbettò la madre di Ayumi, che si mostrò disposta a far salire il piccoletto. Magari poteva essere d’aiuto. “La sua stanza è in fondo a sinistra.” E così, Shinichi, risvegliato nel suo spirito di investigatore, salì di corsa le scale, lasciando i suoi amici sulla porta. Ai si ritrasse un poco, e con le braccia conserte i suoi pensieri cominciarono a vagare. Si sentiva terribilmente in colpa. E se Gin l’avesse pedinata e avesse rapito Ayumi? Se le fosse successo qualcosa non avrebbe mai potuto perdonarselo; inoltre stava continuando a mentire al suo amico più caro, Conan. Qualche istante più tardi lo vide balzellare giù. “Genta, per caso sai se Ayumi ultimamente ha conosciuto qualcuno?” Questi scrollò le spalle e dopo averci pensato, mosse il capo in segno di diniego. “E’ strano. La finestra è ancora aperta, c’è un segno sullo stipite e le sue cose sono ancora sulla scrivania, in ordine. Qualcosa deve averla attirata fuori.”
Ai deglutì, poi in religioso silenzio uscì dalla casa e rimase ferma nel giardino. Si ritrovò a mordersi convulsamente il labbro inferiore.
“Dobbiamo cercarla! Ai!” Conan e gli altri la raggiunsero. “Andiamo!” Vedendo che lei esitava, Shinichi la afferrò per un braccio e Shiho non poté opporsi, anche se inizialmente si mostrò riluttante. Bofonchiò qualcosa e poi si decise a seguire i suoi amici. Dovevano trovarla al più presto.
La squadra dei giovani detective trascorse un intero pomeriggio a passare in rassegna ogni singolo sentiero, ogni anfratto più remoto della città: non poteva essere andata così lontana, a meno che qualcuno non l’avesse prelevata con un’automobile. Una Porsche nera, ad esempio. Erano le cinque, ormai il sole stava calando e il cielo si tinse di un caldo colore rossastro, la luce del tramonto proiettava a terra le ombre dei grandi palazzoni circostanti e tutto si ammantava di sfumature arancioni. Conan e gli altri si erano fermati nel giardino pubblico, ma a quell’ora non c’era più nessuno. Erano stremati, Genta ancora aveva il fiatone. Ai sedeva sull’altalena, si molleggiava lievemente avanti, poi indietro, mentre il suo sguardo scorreva lungo la sabbia che pareva ardere per merito dei raggi solari. Nessuno fiatava, sembrava essere calata una coltre di tristezza, forse di rassegnazione. Conan invece era seduto a gambe incrociate sul punto più alto dello scivolo e i suoi occhi scrutavano meticolosamente lo spazio attorno al giardino: sul lato nord vi era un alto muro. Proprio quando il suo sguardo si posò sulla linea di quel baluardo, sentì chiaramente dei miagolii, poi una risata. “Oltre quel muro!” Esclamò Conan, compì un balzo e la sabbia si sollevò in un polverone quando le suole impattarono contro il suolo. Un rapido scatto, Ai sollevò lo sguardo e lo vide arrampicarsi sul muro, come un gatto. “Conan!” Urlò; così tutti lo seguirono e quando egli giunse il cima al muricciolo scandì il nome di Ayumi. “Che ci fai lì sotto?”
La ragazzina era lì sotto, circondata da alcuni piccoli gattini che bevevano avidamente del latte in una scodella. “Conan! Guarda che carini! Ne ho trovato uno questa mattina sul tetto.”
“Ma perché sei scappata di casa? Non hai detto nulla a tua madre, ci siamo preoccupati.” Conan non voleva accrescere ulteriormente i suoi sensi di colpa e d’altronde già si era reso conto delle guance della piccola che andavano a fuoco. Ella cercò di scusarsi, dicendo che se avesse detto alla madre quel che aveva intenzione di fare, non avrebbe mai acconsentito. Ma voleva a tutti i costi salvare quei gattini rimasti senza madre e così si era allontanata da casa, senza accorgersi che la giornata stava ormai volgendo quasi al termine.
 
 


Quando Ai tornò a casa dal dottor Agasa, lui le domandò cosa avessero fatto, e così si dilungò su quel che era successo. Si era presa inutilmente un bello spavento. Conan sembrava averla presa sul serio, forse cominciava a sospettare, forse presagiva che qualcosa di molto più grave avrebbe cambiato per sempre le loro vite. Lui aveva cercato di parlare con Ai, ma ella si era mantenuta sul vago, dicendo che probabilmente quella notte si era trattato di un ladro che aveva cercato di fare irruzione per rubare dei gioielli. Insomma, gli aveva propinato una valanga di balle. Sconsolata e anche un po’ frustrata, la piccola Ai si mise a cucinare, ormai erano le sette ed il dottore pareva dilungarsi più del dovuto sui suoi assurdi esperimenti. Non passarono neanche una quindicina di minuti che qualcuno cominciò a suonare il campanello con particolare insistenza. “Un momento, arrivo!” Esclamò la piccola, poi dovette aumentare il passo poiché gli squilli divennero incessanti e sempre più ravvicinati. Ma chi diavolo poteva essere?
“Ai!” Sulla soglia comparve il giovane detective, trafelato e con le guance rosse: probabilmente aveva corso. “Per caso Ran è venuta qui?” Parlava in modo concitato, lo vide arrancare e piegarsi in avanti, ma con una mano si accostò allo stipite della porta.
“Shinichi ma che sta succedendo? Perché tanta fretta, calmati.” Il bue che diceva cornuto all’asino. “Purtroppo no, stavo cucinando, siamo soltanto io ed il Dottor Agasa. Ma perché? Cosa le è successo?”
“Questa notte Kogoro si è accorto che Ran non era in casa, ma come al solito era ubriaco fradicio e soltanto la mattina seguente ha davvero metabolizzato cos’era successo. Ha pensato ad una festa con Sonoko ma lei non sa nulla e…” Ai strinse la sua spalla delicatamente.
“Calmati. Continua.” Conan trasse un sospiro, la sua voce parve roca per qualche istante.
“E nessuna delle sue amiche ha saputo dirmi dove fosse andata. Sono tornato a casa dopo aver cercato Ayumi e non c’era. Shiho.” I loro sguardi si incrociarono, gli occhi del piccoletto brillavano. “Dimmi che non c’entrano i membri dell’Organizzazione. Ti prego.”
Quel suo insolito tono supplichevole la fece trasalire ma cercò ugualmente di mantenersi tranquilla e rassicurante. “No, certo che no. Te l’avrei detto.” Dio. Un brivido di ribrezzo le percorse le viscere: l’alcol, il Gin, la menzogna e la codardia le scorrevano nelle vene, sembrava essere entrata in un tunnel di bugie e sotterfugi.
“D’accordo. Ti chiedo solo una cosa.” Continuò lui, ancora con le labbra riarse dalla fatica e il petto che gli si gonfiava ritmicamente. “Aiutami a trovare Ran.”
Ai annuì. “Certo, ti aiuterò.” Un sorriso le si stampò sul volto. Forse quella ragazza era semplicemente in giro con qualche amica che Conan non conosceva e si era lasciata andare ad una notte brava. Tutti prima o poi danno la possibilità alla propria tigre di uscire dalla gabbia. In cuor suo sperava che la vicenda potesse avere lo stesso epilogo di quello di Ayumi e così decise di accompagnare il piccolo nella ricerca della ragazza.
Faceva freddo, il cielo era coperto da densi nuvoloni neri; un fulmine squarciò le tenebre ed i contorni di quell’ovatta scura divennero nitidi per un breve istante. Il tuono rimbombò nelle orecchie dei due. “Sta cominciando a piovere. Dobbiamo fare in fretta.” Esclamò Conan. Così entrambi aumentarono il passo, fin quando quella camminata non divenne una corsa contro il tempo.
Shinichi si malediceva per quelle gambe così corte anche se non aveva perso sicuramente lo slancio atletico e la velocità di un ragazzo abilissimo nel giocare a calcio. Era talmente rapido che Ai faticava a seguirlo. Corsero in lungo e in largo, alcuni goccioloni di pioggia avevano già cominciato a bagnare i loro capelli. Trascorse mezz’ora fra loro che urlavano il nome di Ran, i tuoni che facevano vibrare l’aria e le gocce che presagivano un imminente nubifragio. Il piccolo si abbassò ormai allo stremo delle forze e Ai appoggiò la schiena contro il muro freddo. Stava perdendo le speranze. “Dai Conan, andiamo a casa. Te la stai prendendo troppo a cuore.”
“No.” Fu secco. Freddo. Ran era la cosa più bella che la vita gli avesse offerto. Doveva trovarla.
“Io continuo a cercarla, se tu non te la senti puoi andare a casa.”
Shiho sentì che il suo tono era colmo di rancore e avvertì una punta di sprezzo. “Mi dispiace, non volevo… io. Mi dispiace.” Ripeté, cercando di giustificarsi. “Io voglio aiutarti.”
Un tuono, così violento da sovrapporsi alle parole di Shiho: Conan vide le sue labbra muoversi, quando tutto fu silenzioso i suoi occhi si spalancarono come inorriditi. “Ai hai sentito anche tu?”
“Cosa?” Un lamento riecheggiò per la lunga strada dov’erano anche loro. “Proviene da quel capannone!”
La pioggia cominciò a farsi più fitta e giù dal cielo cadevano miliardi di goccioline sottili. Le guance di Ai furono colpite con una violenza inaudita, quasi le facevano male. Giunsero di fronte al capannone  e Conan corse all’entrata come una furia. Ai lo seguì immediatamente dopo: l’odore nauseabondo di umidità le penetrò nelle narici e le diede il voltastomaco. Avanzò di qualche passo e intravide nella semioscurità che Conan era inginocchiato a terra: fra delle lamiere metalliche e alcune lastre di legno giaceva il corpo di Ran. Il detective le scuoteva vigorosamente le braccia e dalle sue labbra rosee sfuggi un flebile mugolio dolorante. Il sangue le scorreva dalla fronte e si divideva in due linee che le solcavano la guancia, coperta di graffi e tumefatta. Ran balbettò il nome di lui e cominciò a singhiozzare, anche le lacrime salate le infuocavano il viso. Si sentiva dolorante. Era piena di lividi e sembrava che a massacrarla fossero stati in due, se non addirittura in tre.
“Ran sta tranquilla ci sono qui io.” Balbettò Conan che le teneva il polso e con l’altra mano le stringeva la sua. “Adesso chiamo un’ambulanza.” La ragazza annuì debolmente. “Erano degli uomini vestiti di nero.” Sussurrò in un sibilo con difficoltà, dato che i singulti le impedivano di parlare. “Ne parliamo con calma, ora chiudi gli occhi e aspettami qui.” Sorrise, cercando di infonderle un briciolo di conforto. Quando si alzò in piedi ebbe un moto subitaneo di rabbia: a terra, al fianco del suo corpicino, vi era una rosa rossa, dai petali consunti. La prese fra le dita e quando Ai incrociò il suo sguardo vide balenare negli occhi di Shinichi uno strano bagliore. Ai rabbrividì. “Conan posso spie..”
“Non spiegherai niente a nessuno.” La superò senza neanche degnarla di uno sguardo. Uscito dal capannone la pioggia incessante gli inumidì i capelli, si tolse gli occhiali.
“Conan aspetta, lasciami parlare, ti prego!” Ma lui non si voltò, era intento a chiamare l’ambulanza.
“Mi sento così in colpa dammi almeno l’opportunità di spiegarti come stanno le cose!” Urlò lei con tono piuttosto sostenuto. Conan si volse finalmente a guardarla, ma non lo riconobbe. Quello non era Shinichi.
“Stai zitta.” Proferì freddamente.
Ai sentì il suo cuore che andava in frantumi, che si disintegrava in tanti minuscoli pezzettini. Il gelo che la avvolse era nulla in confronto al vuoto che dentro di lei aveva scavato una voragine così profonda da farle mancare il fiato. “Scusami. Perdonami Conan.” Non seppe cosa fare, cosa dire, lui non l’aveva neanche sentita. Girò i tacchi e corse via.  
La pioggia grondava, si abbatteva al suolo con veemenza e Ai non faceva altro che correre: i capelli gocciolavano, era zuppa come un pulcino bagnato. C’era soltanto Ran. Ran, solo e sempre Ran. Sembrava che soltanto lei potesse soffrire, potesse provare dolore, potesse piangere. Ai, invece, non era in grado di fare nessuna di quelle cose: un sottile velo le appannava la vista, sentì che le gambe cedettero passo dopo passo e qualche istante dopo crollò giù a terra. Le si impregnò il vestitino di acqua e fango, le ginocchia nude sprofondarono nella pozzanghera in cui era caduta: si accasciò con la spalla contro il muro. Aveva il capo chinato, dei rigagnoli le attraversavano le guance, forse si trattava di gocce di pioggia, forse di lacrime. O forse di entrambe.
Il cielo d’ebano stava sopra di lei, quando sollevò nuovamente il capo il suo sguardo percorse rapido la stradina che le si parava dinanzi: le fronde degli alberi parevano sradicarsi dai rami, agitate violentemente dalle sferzate di vento.

In fondo alla via ella scorse chiaramente un impermeabile nero.




 

 





 

Eccoci giunti ai ringraziamenti :) finalmente sono riuscita a postare questo chappy! E' stata una settimana del cavolo a scuola, ho dormito davvero pochissimo e finalmente oggi ho avuto un po' di libertà. Come sempre ringrazio tutti coloro che mi seguono e che recensiscono, che l'hanno fatto sino ad ora! La moje, come sempre, Spencer Tita e Flami, che condivide pomeriggi di studio estenuanti con me, ma fortunatamente anche la passione per Gin! Ahahah:) infine colgo l'occasione per salutare Iman, le mie due compagne di classe Alice e Lisa, che spero leggeranno la mia ff e commenteranno (anche perchè sennò vi sparo. Ahahahaha!!!!) Spero vi sia piaciuto il chappy, e se vi è piaciuto, magari lasciate una recensioncina *-* Un bacio a tutti voi lettori! 
Ciauuu :)

Aya Brea

  
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