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Autore: Akagage9195    16/01/2012    1 recensioni
Ormai Roma è nel totale potere della famiglia Borgia.Ezio incaricato di uccidere Cesare si appresta ad compiere tale missione ritrovandosi però difronte non il Borgia ma la bellissima Lucrezia.Angelice,diafana,bella e altrettanto pare a lei l' Auditore.Sul punto di ucciderla qualcosa cambia,scatta bella mente di entrambi,ed inizia un gioco dove preda e predatore hanno pari livello d' intelligenza.E se la donna non fosse ciò che appare?Se Ezio decidesse di far durare il gioco fino a stremarla?E se decidesse di non riportarla viva a palazzo per usarla come trappola per attirare Cesare?Lo saprete solo leggendo..
Genere: Avventura, Erotico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ezio Auditore, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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L'Auditore sembrava sospettare di lei, eppure non aveva pensato minimamente a mentirgli e tantomeno a mostrarsi come solitamente appariva davanti ad i  nobili, non era affatto gentile a dubitare cosi tanto di lei dopo tutto quello che aveva deciso di intraprendere. Ma d' altronde lui era un Assassino, non gli importava ne di chi fossero realmente coloro che uccideva, ne se avessero un anima. Voleva a tutti i costi sapere di Cesare, ma la realtà è che non sapeva molto, o forse sapeva troppo e doveva scegliere cosa dire tra le miriadi di informazioni. Sospirò guardandolo, lo tirò fino ad un vicolo stretto e buio illuminato solo per un tratto dal sole. Lasciò la sua mano e fissandolo arrabbiata prese a togliersi ogni gemma che le era rimasta, si tolse gli anelli, i bracciali e le perle incastonate nei capelli perfettamente pettinati e raccolti. Con foga prese ogni molletta che le teneva stretti i filamenti biondi fino a scioglierli tutti completamente, le ricaddero lasciando un profumo inebriante sulle spalle e sulla schiena, lunghi fino oltre al sedere. Li spettino leggermente, alcune ciocche le ricaddero sul viso, coprendole gli occhi.
 
"Dammi pure del tu, mi pare l' abbia già fatto... E comunque, non sono truccata!" Si allontanò appena aprendo le braccia mostrandosi a lui in tutta la sua arruffatezza bionda.
"Cosi va meglio? O devo anche sporcarmi di fango?"
Scocciata si riavvicinò a lui per poter prendere nuovamente la sua mano e ritornare per strada.
"Mio fratello Cesare ha lasciato Roma un mese e mezzo fa. Ancora non ho ricevuto sue notizie, difatti alcune questioni importanti a palazzo che andrebbero risolte e di cui nemmeno io posso occuparmene sono rimaste bloccate." Un uomo le passò accanto e rozzamente si scontro con lei facendole male ad una spalla.
L' uomo però andò a diritto, non chiese nemmeno scusa. Si massaggiò la spalla stringendosi all' Auditore, era molto affollato il centro.
"Stavo dicendo... Che zotico nemmeno le sue scuse, rozzo, vile, caprone, se avessi la forza gli spaccherei la faccia, ma non sarebbe da nobildonna! Dicevo, Cesare non si è fatto vivo ne con lettere ne con niente, sapevo solo che sarebbe partito per Ferrara e successivamente per Urbino, ma non sò esattamente dove potrebbe essere. Mio fratello non è solamente quel che sembra, ama le belle donne e spesso le rapisce chiudendole in palazzi, gioca con loro fino a stufarsene e gettarle via. Una finche che probabilmente farò anche io con questo Alfonso D' Este, con la sola differenza che mi sbatterà a letto invece che in cella, preferirei la gabbia piuttosto che dare figli ad un uomo che non amo." Prese respiro dato che aveva fatto il discorso tutto d'un fiato.
"In effetti dovrebbe mandarmi a breve una lettera per dirmi il giorno delle nozze, e specialmente, lui vuole organizzarlo, lui vuole scegliere il mio abito, lui vuole fare tutto, ergo lui deve tornare a Roma. Almeno che non sia finito a Firenze a cercarvi o chissà a conquistare Urbino magari." I capelli si muovevano delicatamente con lei ad ogni passo, fino a finire sulle spalle dell' Auditore.
"Voi volete uccidere mio fratello, ma precisamente perché? Sò che mio padre, che avete già ucciso e lui hanno rovinato Roma, me ne rendo benissimo conto anche da sola, ma specificatamente cosa  che minaccia voi?"

L’ Auditore cascò in una risata rumorosa e di gusto. Le piacque tanto vedere la Borgia che si liberò dei suoi gioielli, dei suoi averi e che ascoltava gli ordini dell’ Assassino.
“Il fango? A me non piace, ma se proprio ci tieni…”
Ironizzò col suo basso senso dell’ umorismo Ezio. Pensò però alla Borgia e al suo pensiero, che abituata al potere e alla bella vita vedeva in lei tutto normale e in tutto il resto “gente di fogna”, quando in realtà la vita era ben diversa. Era lei quella ricca, quella con il potere. Tutti gli altri erano nient’altro che sola gente normale.
“Borgia … provi nei riguardi degli altri disprezzo, odio, umiliazione e quant’altro. Voglio farti notare che loro provano lo stesso per te, perché non sono loro ad essere poveri. E’ la tua famiglia ad essere ricca e potente. Come puoi lamentarti della tua vita non tenendo conto di quella degli altri?”
Le parole dell’ Auditore fecero perfino fare una riflessione a lui stesso. Aveva parlato, aveva osato progredire parola quasi per punire e per mostrare alla Borgia che anche lui aveva una parte umana e che aveva anche lui un suo punto di vista. I due ritornarono per strada, Lucrezia riprese la sua mano e tornò a stare in un certo senso appiccicato a lui. Voleva davvero mischiarsi tra la gente; non si sapeva però se lo faceva perché odiava essere riconosciuta, o lo faceva perché voleva trovare un modo per ingannare l’ Assassino.  Lucrezia parlò di suo fratello Cesare ad Ezio. Capì che non era in città e che aveva lasciato molte questioni in sospeso, questioni a cui la sorella non poteva provvedere a risolvere. Cosa aveva mai fatto di importante? E dov’era andato? Ezio pensò perfino che Cesare se l’ era svignata scappando, magari sapendo di questo imminente pericolo che correva. Una cosa però non gli tornava, ovvero come faceva a saperlo un mese e mezzo prima. Idea che quindi escluse quella di fuggire da lui. Durante il discorso un uomo scontrò la spalla della donna senza preoccuparsi minimamente, e a tal proposito ella strinse la spalla contro quella dell’ Auditore per alleviare il dolore lamentandosi di ciò che era successo, mostrando la voglia che avrebbe avuto di rispondergli e rivoltarsi contro.  Anche la Borgia parlò di suo fratello, di Alfonso d’Este e di ciò che gli avrebbe sicuramente fatto ribellandosi, rivoltandosi.  Fece tutto il discorso d’un fiato, mostrando un aria davvero arrabbiata. Le sue parole sembravano davvero vere. Lucrezia chiese poi del perché volesse uccidere il fratello.
“E chi me lo dice che tu non stia mentendo?”
Non dubitava delle sue parole, una sensazione interna gli diceva  che stava dicendo la verità. Non aveva motivo di mentire, soprattutto non gli conveniva. Non avrebbe seguito i piani.
“Sono un Assassino, e sono informazioni che non posso rivelare. Tuo padre aveva a che fare con i Templari, e lo stesso tuo fratello. La setta mi ha ordinato questo, e io devo rispettare gli ordini. Il mio sapere è meno di quel che tu immagini, Lucrezia”
Parole vere e spiegate a lei, quasi come per ricambiare la gentilezza che ella ebbe avuto parlandogli di suo fratello.  Non aveva finito però, Ezio voleva ancora mettere alla prova Lucrezia.
“Partirò domani alla volta di Urbino, per incontrare Cesare e mettere la parola fine alla sua vita. Lucrezia, devo chiederti cosa hai intenzione di fare.”
Chissà perché la Borgia avesse dato quelle informazioni all’ Assassino, sapeva benissimo che sarebbe andata a finire così. Si era forse arresa dinanzi a lui, sapendo che comunque avrebbe ottenuto ciò che desiderava o aveva qualcos’altro in mente? Magari un doppiogioco, o forse un triplo…
Ezio recuperò la sua aria seria, decisa. Osservava la Borgia e la sua risposta in attesa di studiarla, vederla, controllarla. Sicuramente avrebbe voluto qualcosa in cambio dopo aver dato quelle informazioni sul suo fratello, ed Ezio era pronto per ascoltare la sua proposta e le sue richieste. I capelli della Borgia erano finiti sulla spalla dell’ Auditore, senza rendersene conto i due erano più attaccati di quel che immaginavano e di quel che volessero. Ezio si rivolse di nuovo a Lucrezia, quasi come per darle un consiglio.
“Fai attenzione a chi ti urta in contro. In quel piccolo istante di contatto potrebbe averti rubato tutto ciò che desiderava.”
Parole di un Assassino, di una persona il quale faceva quelle azioni in modo abituale e per mestiere. Ezio si rese conto di una cosa, che la Borgia poteva tornargli più utile di quel che aveva immaginato fino a quel momento, e per questo cercò di attaccare corda. Con tono e pensiero crudi e da uomo di quei tempi, ma senza intenzione di combinare qualcosa, l’ Auditore posò la propria mano sul fianco opposto di Lucrezia.
“Mia signora, mi permetta di accompagnarla a fare qualche passo per discutere del nostro accordo.”

 

La mano rude dell' uomo si posò sul suo fianco dolce e sinuoso. Calda,quasi rovente si posò delicatamente senza nessuna malizia, per proteggerla da coloro che avrebbero tentato di spintonarla ancora, o almeno è quello che intravide lei in tale gesto. Ma ugualmente spostò lo sguardo su di essa, doveva ammettere che stava maledettamente bene posata li, ma quando rialzò lo sguardo su di lui ascoltando quello che le stava dicendo, con fare serio proferì parola, in modo freddo e distaccato, come ancora non aveva mai parlato prima.
"Vi prego, non toccatemi.. Odiate i Borgia, questo l'ho ben capito, qualche spintone mi farà rendere conto del dolore che prova la gente, dolore a cui non sono abituata." Le disse che voleva passeggiare, li vicino c' erano i giardini pubblici, non curati e belli come quelli della propria residenza ma pur sempre verdi e profumati. Non c' era praticamente nessuno, se non qualche vecchia che dava del cibo ai piccioni e dei bambini che giocavano rumorosamente, anche se era caldo il sole di mezzogiorno era ormai calato di un bel po', forse erano già le tre o le quattro del pomeriggio e in inverno le giornate sono brevemente illuminate, presto sarebbe scesa la sera e prima di essa il tramonto rosso. Si era zittita improvvisamente, mentre ascoltava i passi di lui sull' erba bagnata, erano pesanti, forse tutto ciò che indossava era pesante anche per lui che lo portava.
Stava ancora pensando alle parole che aveva detto prima, sarebbe partito per Urbino alla volta di uccidere il fratello. Non aveva spiegato all' Assassino cosa la turbasse, forse non avrebbe minimamente capito, e non gli sarebbe importato nulla. Scostò la mano che teneva sul suo fianco di colpo, lasciando anche l' altra con cui teneva la sua. Si incamminò verso uno spazio di prato dove vi erano delle margherite, si abbassò a guardarle.
"Io non sono come loro credono,come tu credi. La gente sa di me solo quel che traspare da trucco, acconciatura e gioielli. Non hanno la minima idea di cosa voglia dire essere l' unica figlia femmina di 4 fratelli maschi e doversi maritare contro volere, inoltre, mio Giovanni che è morto ed era a capo dell' esercito è stato sostituito da Cesare che doveva essendo primogenito diventare Cardinale, ma ciò ha risvegliato la sua ossessione di potere. Vuole per se il Sacro Romano Impero, piano piano lo conquisterà tutto e userà ogni mezzo persino la sua piccola sorella.."Rimase a dargli le spalle, carezzando quelle margheritine tanto belle bagnandosi appena la mano.
"Voi andrete ad Urbino, e io rimarrò qui ad aspettare lentamente che anche questo funerali passi, piangerò mio fratello o quello che un tempo era, ma ciò che  adesso. Giorno dopo giorno voi continuerete le vostre missioni, invecchierete uccidendo, e forse si vi sposerete con una donna che amate e da essa avrete dei figli che seguiranno le vostre orme le vostre gesta, mentre io, anno dopo anno avvizzirò, come un fiore il quale dopo aver dato i meglio frutti di se stesso appassisce cedendo, petalo dopo petalo. Tra le braccia di un uomo che non desidero, tra i suoi baci schifosi, tra le sue lenzuola macchiate di oneri."
Pian piano la voce da decisa e arrabbiata era calata, quasi singhiozzante, ma non volle voltarsi, non voleva che vedesse l' effimera essenza dei Borgia per quello che era realmente.
"Adesso sapete dove è mio fratello, cosa volete ancora da me? Avete ucciso mio padre, Giovanni e presto Cesare e..."Si alzò di scatto voltandosi verso di lui gli corse vicino con le lacrime al viso, afferrò parte della stoffa che lo copriva guardandolo disperata.
"Ti prego, ti scongiuro, uccidi me, ma lasciate in pace Juan, ha solo nove anni anche se Borgia è solo un bambino. Lui non nuoce a nessuno, ti prego, non uccidere anche lui, lui che è come un angelo, lasciate il mio fratellino in vita, almeno lui.. Prendete me al suo posto se il vostro obbiettivo è di estinguerci, vi prego prendete me non lui, la mia vita in cambio della sua.. è un bambino..è solo un bambino...il mio Juan.."
Temeva più per il minore che per la prossima morte del maggiore, l' idea di non rivedere Juan le spezzava il cuore, il tenero fratellino che la prendeva in giro per come ballava, per come si vestiva, per come profumava troppo fino a puzzare.
Disperata come una madre che perde il figlio tanto atteso al parto scivolò ai piedi dell' Assassino singhiozzando, asciugandosi il viso con le mani ormai sporche.
Si alzò nuovamente di scatto tirando su con il naso come una bambina, il viso serio e arrossato per il freddo e la sera che stavano ormai calando.
"Vi darò in cambio qualsiasi cosa. Qualsiasi, la vita del mio Juan vale più di me stessa, dei gioielli e del nome che porto. Prendetevi il mio cuore, strappatemelo dal petto se credete, toglietemi l' anima e con essa il respiro ,ma lasciatelo in vita." Infondo gli aveva detto ciò che voleva su Cesare,il patto era sancito.
"Vi ho detto quel che sò di Cesare, il patto prevedeva ciò in cambio di qualche cosa...Ma io ho due cose da chiedervi. Lasciate mio fratello minore in pace, e liberatemi dal fardello di divenire una D' Este...altrimenti..altrimenti"
Con uno scatto tanto veloce che stupì anche se stessa afferrò l' elsa della spada che l' assassino teneva sotto al mantello, estraendola e indietreggiando di qualche passo, la pose orizzontalmente  sotto il proprio collo, dove la giugulare pulsava.
"...altrimenti mi ammazzo.. Non saprete niente di Cesare, ne se mi sia arrivata nessuna lettera. Mi troveranno morta entro stasera, e anche se nascondeste il mio corpo, capiranno che non sono più a questo mondo, nessuna donna si toglie i vestiti da sola e li lascia compostamente nel letto, nessuna donna rapita si toglie le scarpe indicando l' ora in cui  avvenuto il rapimento sul proprio pavimento affinché le ombre del mattino su esso ritraggano le lancette di un orologio. Nessun bambino entra in possesso di quegli orecchino firmati con il mio nome, uno scambiatore d' ori li prenderà e si recherà a palazzo, magari ci è già stato, e mi stanno già cercando. I capelli tra i rovi nel bosco sono come il filo d' oro nel labirinto del Minotauro, li condurranno direttamente qui, i gioielli nel vicolo la conferma di una rapina, il sangue che la terra succhierà quando mi sarò trafitta indicherà la mia morte. E capiranno che solo voi, della Setta avreste potuto tanto.. Non sapranno mai che sono stata io a porre la parola fine alla mia vita. Vi cercheranno, lo diranno a Cesare che se ne andrà da Urbino prima che voi potiate recarvi lì."
Piangeva ancora ma si mostrava forte, la lama puntata le mani ferme senza esitazioni. Lo fissò con gli occhi più disperati al mondo, di una donna non consona al nome che portava al sangue che le sgorgava nelle vene, diversa da come tutti la dipingevano, si mostrava a lui nella sua totale bianchezza.
 

La mano dell’ Auditore restò per un breve tragitto al fianco della Borgia, che forse si sentiva protetta. La scostò poi via una volta raggiunti i giardini, mostrando ad Ezio un suo lato che lui non si sarebbe mai aspettato. Il suo lato debole, il suo lato vero … forse il suo lato buono. Poteva una della famiglia Borgia però avere un cuore diverso? Ezio ebbe la sua risposta successivamente. Si allontanò da lui dandogli le spalle e fissandosi su una margherita che era nel giardino, Ezio rimase dietro in disparte ad ascoltare.
“Ti dichiari di essere diversa da ciò che in realtà è la tua famiglia. Dimostra tali azioni allora, solo così sarò in grado di perdonarti.”
Gli parlò l’ Auditore, quasi come se fosse stata lei a compiere qualcosa cui non doveva fare. Ascoltò poi le successive parole, per rispondergli a tono.
“Sei una donna forte Lucrezia. Puoi ottenere tutto ciò che desideri, perché arrendersi dinanzi a questo Alfonso?”
Poteva anche non capire come funzionasse la vita di corte, come funzionava negli alti ranghi delle famiglie potenti ma capì che la Borgia stava davvero soffrendo e come tale non voleva mostrare il suo carattere debole, per questo era girata. Per quanto ferrea potesse essere la sua idea su di lei, Ezio riuscì a cambiare opinione dopo quelle parole, dopo quelle scenate. Magari era davvero diversa dal resto dei Borgia. Vero, si mostrava forte e non debole dentro ma non ci fu sicurezza che fosse davvero così, non c’era sicurezza concreta da parte dell’ Auditore che Lucrezia fosse tanto verme e viscida come il resto della famiglia se non per una sua idea, un suo pregiudizio. Anch’Ezio era umano, e proprio come la Borgia, per quanto diverso potesse mostrarsi anche lui nascondeva qualcosa.
“Purtroppo nulla mi impedirà di andare e di raggiungere Urbino, di completare la mia missione. Devo farlo, è un ordine che mi hanno imposto.”
La voce e la fermezza di Lucrezia calarono, adesso usava un tono singhiozzante. Continuò a restare girata, non voleva voltarsi, non voleva mostrare nulla ad Ezio. Continuò a blaterare, con la convinzione che tutta la sua famiglia doveva essere uccisa. Piagnucolò chiedendo di lasciare in pace il fratello, di non voler diventare una D’Este, di essere lei ammazzata al posto dei suoi fratelli. Non sembrava importargli nulla di Cesare in realtà, ma solo di suo fratello minore al quale sembrava volergli molto bene. Con queste parola Lucrezia colpì molto nel profondo il cuore di Ezio, a cui gli venne in mente la sua famiglia, ciò che gli ebbero fatto, e con quello il suo fratellino minore Petruccio. Pensò a ciò che aveva fatto lui, a ciò che la sua famiglia aveva fatto a quella dell’ Auditore. Ma notò, riuscì ad arrivare e capire che da un particolare e preciso punto di vista, provavano entrambi lo stesso sentimento. Odio, rabbia, rancore, o forse dispiacere.  Ezio non si sentì in colpa per aver ucciso suo padre, tantomeno per l’ idea di poter uccidere il fratello maggiore a cui non sembrava importargli molto. Sì senti in dovere di rispondere, mostrando la sua parte umana a Lucrezia. L’ Auditore si levò il cappuccio, abbassandolo, mostrando all’ aria aperta il suo viso rude ed esperto di guerra seppur ancora giovane. I suoi capelli a libera vista e i suoi occhi, stati per sempre immobili quasi con espressione arrabbiata quasi emozionati, commossi. Ezio si sentì in dovere di avvicinarsi alle spalle di Lucrezia, poggiando una mano sulla sua spalla un po’ per consolarla, un po’ per rassicurarla. Non fece in tempo a farlo che subito ella fuggì più lontano, quasi scappando. Completò le sue parole, poi si girò per afferrare la spada dell’ Assassino che tentò di bloccarla invano dal momento in cui la donna nell’ estrarla ruppe la fodera. Si puntò la spada alla gola, chiedendo, parlando. Parole e discorsi fin troppo esagerati per l’ Auditore, ma purtroppo dannatamente veri. Nel suo più rude e brutto inconscio non l’ avrebbe per nulla fatta morire per il semplice fatto che quell’ espressione, quella ribellione poteva tornargli utile sfruttando la debolezza della Borgia. Ezio però prese il sopravvento sul suo modo brutto di porsi alla gente. Infondo perché considerare Lucrezia una sua nemica? Sembrava fino ad adesso avergli dato prova di potersi fidare di lei, Borgia o non Borgia. L’ aveva messa alla prova, e Lucrezia si presentò agli occhi di debole così come una donna che pur se apparendo forte e determinata, era fragile, e provava anche lei dei sentimenti. Ezio non cambiò però il suo modo di usare le parole, sempre ferree e sicure di sé. Cambiò però il suo tono di voce, mostrandone uno abbastanza diverso, usato per far capire alla donna che anche lui sotto quell’ aspetto duro che mostrava aveva una voce interiore, un lui interiore che non aveva mai mostrato.
“Non so perché te ne sto parlando, ma mi sento in dovere di farlo. Sono un Assassino, ma non sono un fuorilegge, un pazzo omicida. Non uccido innocenti, è una delle nostre regole più fondamentali. Uccido solo chi mi viene ordinato di farlo e tutti coloro che intralciano il compimento della mia missione. Sono pur sempre una persona io, un umano. Anche a me appartiene un cuore e anch’io capisco ciò che tu stai provando, Lucrezia. Io e la mia setta, abbiamo preso di mira i Borgia per il potere che stanno esercitando, per i collegamenti che loro hanno con i templari, e io personalmente lo faccio per … perché loro bastardi erano coinvolti nell’ uccisone della mia famiglia. Mio padre, mio fratello, e non hanno avuto pietà neanche del mio piccolo e indifeso fratellino… Petruccio era il suo nome.”
Un attimo di pausa, per riflettere, per assicurarsi che la Borgia lo stesse ascoltando e non si avventasse a fare mosse azzardate. Poi riprese.
“Non ho intenzione di uccidere il vostro adorato fratellino Juan, tantomeno lei. Ho capito quanto una persona può essere diversa dall’ altra, e a dirla tutta sono anche un uomo di buona fede. Le ho promesso un accordo, ed è quello che noi avremo. Mi ha comunicato la posizione di Cesare, ed ha rispettato la mia richiesta. Tocca adesso a me rispettare la sua. Non vuole che mi avvicini minimamente a suo fratello Juan, e sarà quello che farò. Sarò pure un Assassino, ma rispetto il codice di onore.”
Si avvicinò lentamente, assicurandosi che la donna non facesse mosse azzardate. Era pur sempre una vera daga quella che aveva in mano. Si avvicinò portando piano la mano sulla sua, cercando di afferrare e abbassare la spada rendendola meno pericolosa per poi prenderla e ritirarla reinserendola nella sua fodera rotta. Tornò su Lucrezia, sul suo sguardo con il proprio, osservando cosa c’era nei suoi occhi azzurri disperati e mostrando la vera essenza dei suoi, marroni ma pur splendenti, veritieri. Le sue mani andarono a posarsi sul viso, sulle guancie della donna asciugando con i suoi pollici le lacrime che vicino gli occhi erano cadute e continuavano il loro percorso per cadere, per lasciare il bel viso della Borgia. Riprese a parlare con tono calmo e rassicurante ma sempre sicuro di se.
“Sono due le richieste che tu mi hai fatto, ma sono lo stesso disposto ad accettarle apportando un necessario cambiamento. Il tuo piccolo fratellino non verrà toccato, troppo sarebbe il dispiacere per me portare un piccolo sulla mia coscienza. Per quanto riguarda la tua vita invece, il tuo desiderio di non divenire una d’Este… sarà ben che accettato.”
Lasciò il viso di Lucrezia dopo essersi assicurato di aver levato tutte le lacrime, per poi distogliere anche il suo sguardo dal suo che troppo lo colpiva e girarsi facendo qualche passo in avanti, rimettendosi il suo cappuccio e osservando là, l’ orizzonte e la sua infinità.
“Rimanderò la mia partenza verso Urbino, prima … ho un'altra cosa di cui devo occuparmi.
Alfondo d’Este, inizia a scavare la fossa per la tua tomba.”
Ezio era deciso, sicuro di se e delle sue azioni come sempre e come al solito, mostrando agli altri altrettanta determinazione. Doveva mantenere l’ accordo che aveva fatto con Lucrezia, magari per rafforzare anche il rapporto che aveva con lei. Averla contro, provare rancore verso di lei era oramai inutile, non aveva alcun senso. Tornò a parlare alla donna che era ancora alle sue spalle.
“Lucrezia…”
La chiamò con un tono particolare, lo stesso usato a palazzo per rivolgersi a lei, quello al quale la donna disse che tanto gli piaceva come pronunciava il suo nome.
“…vedo in te una donna diversa da quel che immaginavo, e voglio farti una richiesta, una proposta.
Vuoi tu abbandonare definitivamente la tua vita, per seguire da ora e per sempre una vita diversa, che va contro gli ideali della tua famiglia e della tua nobiltà, per prendere una strada completamente diversa e nuova?”
Le chiese, le propose per vedere cosa lei avesse risposto, per vedere come avrebbe reagito e per avere la conferma che davvero voleva dare una svolta alla sua vita. Magari Ezio, proprio l’ Ezio Auditore da Firenze che la Borgia aveva davanti poteva dare a Lucrezia ciò che lei cercava, dare quindi una svolta alla sua vita. E chissà se anche la vita dell’ Assassino sarebbe cambiata con gli eventi a venire. Una cosa era certa: Lucrezia aveva bisogno di una svolta nella propria vita, e solo Ezio in quel momento poteva dare man forte alla donna pur se non era quella la sua intenzione, il suo pensiero primario.

 

Le si avvicinò, posando la mano sulla sua, che teneva sull' elsa ben salda, si era abbassato il cappuccio, la gente avrebbe potuto riconoscerlo, le disse che avrebbe risparmiato suo fratello e in un certo modo lesse nei suoi occhi nocciola brillanti che non mentiva, lo avrebbe fatto sul serio anche se la sua famiglia aveva ucciso il suo amato fratellino. Lo capiva bene, l' idea di perdere Juan la uccideva, immaginava come aveva dovuto sentirsi lui. Rinfoderò la spada e le posò le mani sul viso, i pollici a scacciare le lacrime, la guardò intensamente per dirle definitivamente che accettava il patto. La vita di Cesare per quella di Juan, dopo un lungo guardarsi negli occhi senza sorridere si allontanò da lei voltandogli le spalle. Le disse che il patto era sancito e che avrebbe accolto anche l' onere dell' uccisione di Alfonso D' Este. La chiamò, bastò sentire il proprio nome pronunciato dalle sue labbra, il tono graffiante e roco, seducente, le fece battere il cuore, pensò che fosse per paura, d' altronde era sempre un Assassino, ma quando le disse che vedeva in lei una donna totalmente diversa da quel che la gente e le poesie cantavano, arrossì, portandosi delicatamente una mano sull' altra toccò la stoffa del vestito di lui che le fasciava le ferite, come fosse un cimelio prezioso. Quando però le propose  di abbandonare la propria vita, per seguire per sempre una via diversa lasciò cadere entrambe le mani sui fianchi. Lo raggiunse afferrandolo per un braccio, facendo si che esso si voltasse.
"Ascoltami bene, ti prego...Ezio.." Bloccò anche l' altro braccio posando la fronte sul suo petto, i capelli biondi ormai stavano diventando freddi cosi come le sue mani bianche e delicate, come le gote che divenivano sempre più rosse.
"La mia famiglia ha ucciso la tua, la vita di tuo padre con quella del mio, la vita di tuo fratello con quella dei miei, siamo "pari". No, non amo il Cesare che cammina per le strade di Roma e conquista le città portandole alla rovina all' agonia, ma amavo Cesare quando si prendeva cura di me come io mi prendo cura di Juan, come tu amavi il tuo dolce fratellino. Una volta ucciso Alfonso e liberatami da lui, una volta...che avrai affondato le tue lame con Cesare, io diverrei ricchissima, e tutti gli uomini cercherebbero di maritarsi con me di avere figli con me, uomini che come Alfonso ne conosco ne voglio conoscere, quindi se questo è il mio futuro, allora, prima di accettare la tua proposta devi dirmi cosa hai intenzione di fare. Non si da niente per niente, ogni vita stroncata si vendica con altre vite di pari importanza, un abbandono totale a ciò che si è lo si deve fare per un buon prezzo, e quelli di risparmiare Juan lo è. Ma.." Non l' aveva guardato negli occhi per tutto il discorso, solo a quella sospensione sollevò i mento guardando gli occhi scuri di lui sotto al cappuccio. Solo allora notò che si era fatto buio e che era davvero diventato freddo. Si stava congelando e prese leggermente a battere i denti.
"Cosa intendi p-per cambiare totalmente la mia vita? A cosa potrei servirti? Io non sono come te, non sono un assassina, anche se sò schermare e tirare d' arco, non sò combattere ne arrampicarmi bene come te, tantomeno buttarmi da un palazzo all' altro. Insomma, sono solo un peso.. Sai,una volta mia madre mi disse.." Una ciocca castana di capelli era uscita dal cappuccio dell' Auditore, la nascose senza pensarci troppo dentro sfiorandogli il viso all' altezza dello zigomo.
"..Si può sempre scegliere..etc!" Starnutì e per il contraccolpo sbatté la fronte contro il petto duro dell' Auditore." Ahio! Ma sei fatto di marmo o sotto hai delle pietre, se ti tirassi un cazzotto mi spaccherei le dita, accidenti che dolore, mi verrà mal di testa.. o un bernoccolo, tanto ormai più rozza di cosi, tra graffi, e fango, etcu" Un ennesimo starnuto ma stavolta più leggero. Non aveva pensato al fatto che era assai cagionevole di natura, che si ammalava facilmente, poteva sentire i brividi di freddo partirle dal capo e arrivare ai piedi percorrendo la schiena. Per gli starnuti i capelli le avevano inondato il viso.
 

Il viso, l’ espressione della Borgia mutò. Poteva chiaramente notarsi che la sua espressione infelice era sparita dal suo volto, che le parole dell’ Auditore l’ avevano in un certo senso quietata. Sembrava perfino essere arrossita dai complimenti che Ezio gli fece.  Era già calata la sera e il fresco di Roma sorvolava anche sui due che erano ancora lì. Chiese cosa intendesse per cambiare vita, a quale scopo Lucrezia potesse servire all’ Assassino. Ascoltò il suo discorso, per notare poi le sensazioni di freddo che la donna provava. La ragazza si fermò a metà discorso. Una ciocca di capelli era uscita dal cappuccio di Ezio che venne rimessa a posto dalle fredde e delicate mani della donna, sentite sulla propria pelle. Ezio imbarazzatole sorrise, come per ringraziarla. Portò anche la propria mano al viso, afferrando e racchiudendo nella sua la mano fredda e liscia, per stringerla e poi allontanarla con lentezza e delicatezza. Lucrezia completò la frase mentre l’ Auditore avvicinò perfino il suo viso a quello di lei, con l’ intenzione di fare colpo sulla donna. Proprio in quel momento la ragazza starnutì, facendo alzare la testa ad Ezio che si riempì di imbarazzo, quasi vergogna sperando che la donna non ci avesse fatto case, facendola battere sul suo petto duro. In modo ironico disse che si era fatta male, e per la prima volta l’ Auditore le sorrise per simpatia. Sorrise, per riprendere un discorso.
“Ahahahah è contro la mia corazza che ha bocciato il capo.”
Rispose alla battuta della donna, per poi riprendere a parlare delle sorti della Borgia.
“Non voglio che tu segua la mia strada. Non sei adatta per diventare un assassino, ma ci sono molte altre strade che puoi prendere. Tocca a te decidere quale. Io non ho intenzione di stare dietro te o di insegnarti, ma se tu vuoi seguirmi ben venga. Sarò lieto di farti compagnia, al solo proposito che tu non rechi disturbo e intralcio alle mie missioni.”
Disse con aria autoritaria come al solito, cercando però di aiutare la sua oramai non più nemica. Era pur sempre una donna, e male non avrebbe fatto frequentarla.
“Sono molte le strade che tu puoi intraprendere, le parti in cui puoi specializzarti. Hai ancora tempo per pensarci, quindi non avere fretta. Fino a quando non avrò eliminato Alfonso d’Este tu dovrai essere al mio fianco, dovrai seguirmi.”
Ezio guardò per aria, e notò anche lui che si era alzato vento, si era voltato freddo. Guardò poi la Borgia, povera di vesti e tremolante. Galantuomo e gentiluomo che doveva essere, sia per fare colpo come faceva con tutte, sia perché la sua famiglia e il suo buon modo di fare gli aveva insegnato quello, Ezio doveva trovare un modo per poter dare conforto alla donna. Non aveva altre vesti con sé, per questo si staccò il suo mantello che copriva il lato per posarlo da dietro, sopra le spalle della dama.
“Sarà meglio che si copra, il tempo è freddo e dobbiamo incamminarci per trovare una dimora in cui riposare per questa notte. Lei conosce o ha qualche luogo dove potremmo fermarci questa notte?”
Chiese in modo gentile tornando a darle del lei.  Non voleva che i rapporti si facessero troppo particolarmente confidenziali, pur se comunque non voleva di certo allontanarla. Erano i tempi, e a quei tempi funzionava così: il linguaggio usato dai nobili e da gente con classe ed eleganza era anche quello, anche il più confidenziale.
Così iniziarono ad incamminarsi, per trovare un luogo da cui trovare riparo.

 

La sua risata era bellissima, e anche quel sorriso che le mostrò poco dopo. Li voleva vedere e sentire ancora, e ancora. E nel preciso istante in cui toccò la sua mano fredda per poi staccarsi il mantello e passarglielo sulle spalle, capì che la sua vita, era sempre stata totalmente sbagliata per lei. La sua voce, le sue mani rudi, quando la chiamava con quel tono misto tra intrigo e ordine, gli occhi che posava sul suo viso per convincerla a fare ciò che voleva, dipendeva da tutto ciò, dipendeva da lui, il suo cuore si stava lentamente lavando dalle colpe dei peccati della sua famiglia. Il vento prese a soffiare freddo, che tutta la calura di quei giorni fosse destinata a svanire in quell' unica notte? Il mantello svolazzava ed era lungo per lei che era più bassa di lui, i capelli biondi le frustavano il viso già graffiato, le facevano male in effetti tutti quei piccoli taglietti e la mano le doleva anche se protetta dalla stoffa. Una folata la fece cosi rabbrividire che cerò riparo tra il petto e il braccio destro dell' auditore, come a nascondersi dentro. Le faceva freddo al viso si copri col mantello non avrebbe visto la strada ma se lui camminava e lei lo seguiva come fosse cieca e lui i suoi occhi non avrebbe sbattuto. E cosi infatti percorsero il giardino a ritroso tornando per le strade della città che stava diventando deserta. Non conosceva nessuna locanda, nessun luogo dove andare, lei era romana ma di Roma conosceva solo ciò che stava in alto. Passarono in diverse locande, ma alcune erano chiuse altre erano piene, e ormai si stava facendo tardi. Non sentiva più i piedi ma non glielo disse, non voleva essere di peso, le mani freddissime stavano perdendo sensibilità anche esse, la testa le stava scoppiando, forse a causa della botta forse perché le stava salendo la febbre. Il vento soffiava sempre più forte, e come Ulisse legato al suo albero maestro per sfuggire al canto delle sirenidi, cosi lei si stringeva a lui in cerca di calore. Entrarono nell' ennesima locanda, era poco affollata, lui non perse tempo a chiedere alloggio, la teneva nascosta sotto il mantello come mamma chioccia con i suoi pulcini. E quando sentì che c' era una camera disponibile, il cuore le si rasserenò. Il locandiere li condusse fino alla porta della camera, l' apri e consegnò le chiavi all' Auditore, poi li lasciò soli. Nel preciso istante in cui la porta si chiuse, si senti cosi in pace abbracciata a lui che chiuse appena gli occhi per un secondo non rendendosi conto di essere sul punto di svenire. La presa su di lui si fece lente, il respiro affannato per la febbre che saliva. Anche la presa sul mantello si allentò cosi tanto da farlo scivolare dalla dita bianche intorpidite, cadde a terra leggero posandosi tra le assi di legno. Il viso appoggiato sotto al suo braccio coperto dai capelli lunghissimi si alzò guardandolo, gli occhi lucidi le guance rosse, la punta del naso del medesimo colore, i graffi intirizziti dal freddo.
Ma nonostante tutto, gli sorrise appena, dolcemente. Si guardò attorno, la stanza era piccola, un tavolo due sedie un bagno e un unico letto, un letto a due piazze.
Si staccò da lui camminando quasi barcollando, si sedette su una delle sedie togliendosi gli stivali, non aveva messo le calze perché prima faceva caldo e i piedi già bianchi per la carnagione chiarissima sembravano diventare violacei. Erano piccoli come le mani che andarono a scaldarli sfregandoli. Ma anche le mani erano congelate e non riusciva a scaldarsi. Posò i piedi nuovamente sulle assi di legno camminò fino al bagno entrandoci, sentendo che anche lui si muoveva per la stanza, forse posava le sue armi, forse si metteva comodo, ma gli Assassini dormivano? Si mettevano una sorta di veste per dormire o dormivano cosi? Era cosi curiosa che non sapeva se sbirciare o lavarsi con acqua calda. Ma,decise di lasciarlo fare quel che stava facendo, aprì l' acqua della vasca per far si che si riempisse, si avvicinò alla porta affacciandosi.
"Non scapperò, non ci sono finestre qui..Vuoi controllare o ti fidi?"
Richiuse la porta, non sentendo movimenti, forse si stava davvero cominciando a fidare di lei. Pian piano si tolse i vestiti, posandoli su un panchetto, si tolse la stoffa alla mano, era imbrattata di sangue scuro ,e su braccia, collo e viso i graffi erano evidenti qua e la. Quando si fu spogliata completamente si immerse nell' acqua calda trovando sollievo .Non poteva starci tanto o avrebbe potuto pensare che fosse scappata, si diede una lavata raccogliendo i capelli in modo che no si bagnassero e quando ebbe finito usci indossando uno degli asciugamani, che trovava pessimi nel colore e nella qualità. Si asciugò la pelle, le piccole dita dei piedi erano tornate in vita, cosi come quelle delle mani. Si avvicinò allo specchio contemplando la sua immagine. Sembrava un angelo caduto, un angelo caduto in mezzo ai rovi, dal quale lui l' aveva salvata donandogli delle nuove ali che sapevano di libertà. Doveva uscire dal bagno, ma non sapeva cosa indossare, cercò un po' nel bagno, e con suo piacere trovò una camicia da notte, forse qualcuno l' aveva dimenticata, assieme ai pantaloni di flanella. Un po' leggero come pigiama ma meglio del rimanere nuda. Li indossò, erano rosa ,sembrava un confetto. Sciolse i capelli pettinandoli con le dita, li sistemò appena ed uscì.
Lo trovò seduto su una delle sedie, come aveva immaginato si era tolto le varie armi. Si avvicinò a lui, allo specchio non aveva notato che era ancora rossa per la febbre. Si sedette nella sedia opposta alla sua. Posò i gomiti sul tavolo e il mento sulle mani.
"Tu non hai freddo? Il bagno è caldo ho lasciato la porta chiusa apposta e ho anche cambiato l' acqua..Se vuoi lavarti. Giuro che non scappo puoi anche tenere la porta aperta prometto che non guardo e stò di schiena distesa nel letto..Le va bene Assassino?" Sorrise alzandosi e si avviò nel letto, scostò le coperte e vi si mise sotto. Erano ghiacciate.
"E che cavolo marmate sono!"Si sedette voltandosi verso di lui che accennava ad entrare nel bagno. Lo indicò.
"Tu, non oserai dormire sul pavimento, perchè se lo fai giuro che ti uccido nel sonno. Esigo, anzi pretendo che tu dorma con me in questo letto freddo, sembra fatto di neve, anche perché io soffro il freddo se non ho qualche cosa a riscaldarmi domani avrò una febbre da cavallo e non potremmo continuare la sua missione.. Quindi.. "Arrossì già rossissima per la febbre.".. Ti aspetto a letto.. Non mettereci tanto o mi troverai congelata "Sorrise mettendosi sotto girata di schiena per dargli la sua privacy, si mise a fissare la finestra fino a che non si assopì. Quando sentì i passi di lui avvicinarsi e anche lui sali nel letto mettendosi dentro, si voltò automaticamente, il viso d' angelo graffiato, il collo nelle medesime condizioni, le braccia ancor più segnate, la piccola mano con quel taglio profondo, andò in cerca della sua, caldissima per il bagno, fu attirata da tutto il suo calore, si avvicinò a lui abbracciandolo, posando la fronte sul petto, avrebbe sicuramente capito che era febbricitante e non poco. Il calduccio era cosi bello che sorrise stringendosi ancora di più. Sussurrò qualche cosa forse a causa di un sogno o forse era dettato dal cuore.
"Ti seguirò per sempre, il mio cuore...il tuo cuore..."
Poi sprofondò nel sonno.
 

I due camminavano e Lucrezia era riparata tra le braccia di Ezio che mirando dritto sfidava il vento e il freddo che gli veniva incontro, per trovare una dimora, un riparo, un posto dove alloggiare quella notte. Prima di trovare un posto dove poter finalmente riposare girarono e girarono varie, molte locande. Forse fin troppe data l’ ora tarda che si era venuta a portare. Entrarono in una locanda dove gli diedero le chiavi del posto e così entrarono in una stanza. Una stanza piccola, con un letto e un tavolo a 2 posti, più in là c’era un bagno. La ragazza fece cascare il mantello per terra allentando la presa, quasi barcollando. Ezio la tenne a se per non farla cascare,  e il suo viso che racchiuso tra le braccia dell’ Auditore e i biondi capelli della Borgia si alzò. Rosso e debolezza furono le cose che Ezio riuscì a notare e pensò per l’ appunto che la ragazza potesse essere malata.
“Ti senti bene Lucrezia? Accomodati…”
Le disse quando lei si staccò e barcollando andò a sedersi. Il violaceo della sua pelle si poteva notare su quella sua pelle bianca, sfregando le mani fredde e dirigendosi poi verso il bagno. L’ Assassino ne approfittò per spogliarsi anche lui, per levarsi armi e armature e posarle lì da qualche parte nella stanza. La donna si avvicinò poi alla porta affacciandosi, non volendo mostrarsi priva di veli dinanzi Ezio.
“Mi fido, mi fido. Puoi stare tranquilla.”
Le parole dell’ Auditore volevano far notare che oramai non era più preoccupato che lei scappasse, perché sapeva che non l’ avrebbe mai fatto dopo gli eventi accaduti. Sapeva che sarebbe rimasta al suo fianco e che quindi non sarebbe fuggita. Un bagno per riscaldarsi era stato fatto dalla Borgia mentre Ezio continuava a levarsi la sua armatura seduto su una sedia nell’ attenderla, a lucidarla e riparare la fodera della spada rotta. Qualche tempo dopo si sentì la porta aprirsi lentamente, e gli occhi di Ezio andarono ad osservare Lucrezia in vesti mai viste prima. I suoi capelli biondi scorrevano lungo il suo viso rosso colpito forse dalla febbre o forse dall’ imbarazzo, per poi andare a sprofondare in una veste, o per meglio dire una camicia da notte rosa. Un confetto, mai termine più appropriato poteva esistere per indicare quella donna che se pur vestita in modo strano per Ezio, era pur sempre lucida e splendente. Il suo volto ancora disorientato e i suoi movimenti ancora barcollanti potevano notarsi nello spostamento dalla porta al letto. Si infilò sotto le lenzuola che la fecero come se tremare perché fredde. Lo invitò ad entrare nel bagno, dopo aver cambiato l’ acqua e dopo avergli detto di lasciare la porta aperta per assicurarsi che lei non fosse scappata. In biancheria si alzò dalla sedia, dirigendosi così verso il bagno.
“Lucrezia, ti ringrazio per avermi preparato l’ acqua. Ma devo dirtelo, non c’è bisogno che io mi assicuri che tu non scappi. Se lo facessi, saresti te a perdere qualcosa dal momento in cui ciò che io volevo l’ ho ottenuto. E dal momento in cui, sarà molto difficile per te alzarti così, ridotta come sei in quelle condizioni. Vedrò se riesco a trovare una cura per la tua malattia domattina. Hai bisogno di riposarti, domattina dovrai essere in forma.”
Si zittì poi, andando in bagno chiudendo tranquillamente per sciacquarsi e riscaldarsi anche lui. Si, aveva anche lui freddo ma era un uomo e doveva dimostrare di essere forte. Mentre si spostò verso il bagno la donna lo indicò, minacciandolo di ucciderlo se non avesse dormito nel letto con lei.
“Ahahahah non preoccuparti, farò come tu desideri.”
Divertito dall’ idea e dalla Borgia, Ezio sorrise andando per la sua. Non molto tempo dopo uscì, pulito e caldo anche lui. Si infilò appunto sotto le coperte che fredde erano pure per lui. Era ferita, e i piccoli graffi si notarono ancora di più in quel momento sul suo volto, sul suo collo, sulle sue mani. Lucrezia si avvicinò a lui febbricitante posando il volto sul suo petto, stringendosi e rimpicciolendosi tra le braccia dell’ Auditore.
“Dovrò pur conquistarla, la farò entrare tra le mie grazie per soddisfare i miei bisogni di uomo, le mie tentazioni carnali. Perché no, infondo è pur sempre una bella donna!”
PENSO’ la mente dell’ Auditore.
“Lo faccio solo perché hai la febbre e non voglio che ti ammali ulteriormente, intralceresti sennò così la mia missione.”
DISSE invece il cuore dell’ Auditore, abbracciando, stringendo a sé la rannicchiata e piccola per lui Lucrezia. Parole, quasi come un sussurro furono dette nel dormiveglia o forse dall’ inconscio della ragazza. La febbre l’ aveva oramai colpita, così si addormentò.  Anche l’ Auditore che la teneva tra le sue braccia la strinse ancora di più a sé, stando così vicino a lei da sembrare quasi una persona sola in quel grande spazioso e freddo letto.
“Lucrezia, la tua vita cambierà. Non so il perché, forse sarà per colpa della febbre ma ti vedo molto cambiata. Continua per questi passi, così non troverai il peccato. Sono un Assassino io, ma conosco molto bene le vie delle redenzioni.”
Lei dormiva, non l’ avrebbe quasi di sicuro sentito. Ezio si aggiustò, levandosi anche l’ elastico dai suoi capelli che tanto formava la sua adorata bassa coda. Si poggiò nel letto riposandosi, rilassandosi, per osservare e tenere Lucrezia sempre stretta tra le sue braccia. Si avvicinò alla sua fronte, notando il suo viso che continuava ed essere rosso e bollente. Posò le labbra sopra la sua fronte, che diede la certezza e la rassicurazione del basso status di salute di Lucrezia . Quello stesso giorno si erano incontrati, quello stesso giorno formarono un patto, quello stesso giorno decisero di dare inconsapevolmente inizio ad una nuova storia, una storia che prese una particolare e non aspettata piega, una storia che cambiò il modo di vivere e di pensare di entrambi. Il giorno dopo sarebbe stato l’ inizio di una nuova epoca per loro, di una nuova era, di un nuovo inizio. 

 

Dopo che Lucrezia ha accettato di cambiare vita e ha dimostrato ad Ezio di provare davvero qualcosa per lui, ha chiesto ad Ezio di usare le sue abilità di Assassino per eliminare Alfonso d'Este. Come reagirà Ezio quando si troverà dinanzi a lui? E quale sarà la reazione e di Lucrezia invece una volta che si troveranno faccia a faccia? Questo, al prossimo capitolo!

   
 
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