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Autore: giulina    19/01/2012    17 recensioni
Ginevra ha sempre il sorriso stampato sulle labbra lucide di burro di cacao, la testa tra le nuvole e una passione per il giardinaggio.
Ha un'ossessione per l'amore di cui potrebbe discuterne per ore e per le sciarpe colorate, quelle rosse, soprattutto. Cos'ha di speciale? Niente, lei è solo Ginevra.
Edoardo, invece? Bè, lui è tutta un'altra storia.
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"-Lory, secondo te ho qualcosa che non va?-
-Intendi fisicamente o a livello mentale?-
-Entrambi i casi-
-Bè che sei una schizofrenica con una seria bipolarità da far curare già lo sai e poi hai qualche punto di cellulite sulle cosce ma niente di grave, tranquilla-
-E nel complesso?-
-Da cestinare. Come mai queste seghe mentali da donna in piena menopausa?-
-Ho voglia d'innamorarmi-
-E cosa c'entra questo con le tue paranoie su come sei? Maurizio Costanzo è calvo, senza collo e russa, eppure ha trovato l'amore-
-Mi stai nascostamente dicendo che rimarrò calva a breve?-
-No, ma sul russare non ci scherzerei-"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo capitolo lo dedico a tutte voi che non vi stancate di seguirmi e di leggere qualsiasi cosa scrivo.

Un grazie immenso come non ve lo potete nemmeno immaginare.

Bacio e buona lettura,

Giulia :)

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Linus: ”Questi sassi sono una valvola per la mia emotività. Quando mi sento teso vengo qui e tiro pietre in quello spazio vuoto.”

Lucy: ”Ciao, stupido di un Charlie Brown!”

Charlie Brown: ”A volte penso di essere anche io una specie di spazio vuoto.”

 

 

 

 

 

 

Ad Edoardo le parole hanno sempre fatto paura.

Spesso lo infastidiscono.

Ne ha sempre usate poche nella sua vita e solo quando era necessario.

Odia soprattutto le parole vuote, quelle parole dette senza un senso, solo per dare aria alla bocca, per attirare l'attenzione o esprimere un proprio pensiero.

Il più delle volte risulta essere una cazzata.

Lui preferisce il silenzio, alle parole, che delle volte rende meglio di discorsi preparati davanti ad uno specchio ed arricchiti con vocaboli importanti e di cui nessuno conosce il significato.

In un respiro, sospiro, pausa, si possano capire più cose di quanto si possa immaginare.

Edoardo ha sempre usato il silenzio per comunicare le parole più importanti della sua vita, che invece, restavano senza voce dentro la sua testa.

Delle volte, sono le parole stesse a non voler uscire dalle sue labbra e rimangono lì, sulla lingua e nel palato, a sostare in attesa del momento giusto o semplicemente, della persona che riuscirà ad ascoltarle.

-Tu sei pazza-

La risata di Ginevra si espande in quell'appartamento spoglio, come una macchia d'olio.

Si infiltra tra quelle pareti di cartongesso e vibra sui vetri delle finestre appannate. Riempie.

È squillante, di gola, quella risata che è impossibile da trattenere e ti fa portare una mano sullo stomaco.

Quella è ancora meglio del silenzio che Edoardo tanto adora.

La risata sfuma e si trasforma in un sorriso di labbra rosse ed occhi lucidi.

-Non sei il primo che me lo dice-

-Lo immaginavo-

Un'altra risata bassa, quella che ti fa mostrare appena i denti ma ti fa sospirare senza fiato.

-Era un complimento?-

-Lo reputi tale?-

-No, ma visto che a dirmelo sei stato tu posso fare un'eccezione-

-Sono così importante?-

-No, le tue parole lo sono-

Edoardo impugna la forchetta sporca che aveva abbandonato nel piatto, e inforca l'ultimo boccone di lasagne ormai fredde. I suoi occhi di nuovo seri, nessun sorriso sulle sue labbra piene.

Da quant'è che sono seduti su quel pavimento coperto di giornali vecchi e sporchi di tinta?

Da quant'è che la sta ascoltando parlare?

-Comunque non stavo scherzando. Ho davvero rincorso Gianni Morandi per le vie di Roma per farmi fare un autografo. A dodici anni era il mio idolo!-

Edoardo annuisce appena; è impossibile trattenere un sorriso.

-Dopo di lui c'è stato Roberto Baggio, Cristina D'Avena, Michael Jackson, Nelson Mandela, Kurt Cobain, Freud e Claudio Baglioni-

-Con quale logica li sceglievi?- Chiede il ragazzo confuso, guardando le sue gambe stese sul pavimento.

-Di solito li vedevo al Tg di mezzogiorno quando pranzavo a casa di mia nonna. Di Freud trovai una foto nel diario di una mia amica e me ne innamorai perdutamente. Il fascino dell'intellettuale, probabilmente-

-Tu sei pazza-

-Sei ripetitivo-

-Sei una folle, ti piace di più?-

-Meglio-

Un'altra risata dolce, che si scioglie come miele sulla lingua, il cui sapore rimane per ore.

Ginevra appoggia la testa al muro e divide il toast che tiene tra le mani, passandone una metà ad Edoardo, seduto sempre al suo fianco.

Si sporca un dito con il formaggio colante e lo lecca, macchiandosi la punta del naso come una bambina.

Il ragazzo sussurra un grazie a bassa voce e ne addenta un'estremità.

Mangiano in silenzio, ma Edoardo desidera quasi che sia colmato con qualche sua parola.

Anche la più vuota.

Il suo pensiero sembra sia stato sentito.

-Te l'ho detto che Leopoldo oggi mi ha chiesto di te? In verità mi ha detto che vorrebbe farti diventare sterile, ma tranquillo, non sa nemmeno cosa significa quella parola. L'ha sentita l'altro giorno nella puntata di Grey's Anatomy e l'ha ripetuta credendo che fosse attinente al suo discorso.-

Edoardo appoggia le braccia sulle ginocchia che ha piegato ed accenna un sorriso ed un'occhiata in direzione della ragazza. Lei sta osservando curiosa un articolo stampato sul giornale vicino alla sua mano.

I suoi capelli, leggermente mossi, le coprono gran parte del viso.

-Mi piace-

-Grey's Anatomy? Non ti facevo il tipo da telefim di quel genere!- Ginevra ha gli occhi sgranati per la sorpresa.

-Parlavo di Leopoldo-

-Stai dicendo sul serio?

Edoardo annuisce leccandosi la punta del pollice.

-Anche se ha minacciato di renderti sterile?-

-Ognuno ha i suoi difetti-

-Si ma lui ne ha milioni!-

-Mi piace- Conferma Edoardo, pulendosi le mani con un tovagliolo di carta portato da Ginevra.

Lei lo sta ancora guardando sospettosa. Ha il busto girato nella sua direzione ed il moro può vedere per la prima volta un piccolo neo sul collo che tiene sempre coperto con sciarpe colorate.

Gli piace quel neo, quel particolare di lei.

-L'ho trovato due anni fa al Gianicolo, ero andata andata a fare una passeggiata con mia cognata Loriana e all'improvviso, un esserino dalle piume colorate mi è volato direttamente in braccio; aveva una zampa ferita e un'ala malandata.

Lasciando perdere il fatto che subito dopo mi abbia chiamata “stronza maniaca”, è da quel giorno che ce l'ho con me. Non ho fatto un bell'affare, me ne rendo conto-

-Al Gianicolo?-

-Già-

-Dov'è?-

Ginevra tossisce l'acqua che sta bevendo dalla sua bottiglietta e si porta una mano al petto, facendo dei lunghi respiri per incanalare ossigeno.

Quando gli parla ha gli occhi arrossati e lacrimanti per lo sforzo di non morire affogata. La sua voce è un debole sussurro.

-Te sei di Roma e non sai dov'è il Gianicolo!?-

Edoardo nega con la testa; la osserva, indifferente della reazione che ha avuto.

Ginevra si alza in piedi prendendo i piatti sporchi tra le braccia, insieme alle posate e alla bottiglia d'acqua non ancora finita, sparendo dalla visuale del ragazzo.

Perché deve sempre scappare così?

Risuonano solo i suoi passi sulle scale di marmo e poi una porta che sbatte violentemente.

Edoardo rimane immobile al suo posto, buttando un'occhiata al di là del vetro sporco della finestra.

Pazza è un eufemismo.

Fa questo pensiero sorridendo apertamente. Come se prima, con lei, non fosse stato autorizzato a farlo, a mostrarsi.

Si è appena alzato in piedi, quando vede comparire sul pavimento l'ombra di Ginevra seguita dalla sua figura dai capelli scompigliati.

Ha indossato un giubbotto azzurro sopra la felpa verde, ma non si è cambiata i pantaloni a quadretti rossi del pigiama, che le fasciano le gambe. Ha un cappello grigio in testa, dello stesso colore della sciarpa che si è legata al collo.

Edoardo la fissa senza accennare un movimento o una parola.

Non ne ha, di parole, nella testa. Quella scena è talmente surreale che si sente smarrito.

Lei gli sorride e incomincia a camminare all'indietro verso il portone chiuso del palazzo.

Lui la segue senza che lei gli abbia detto niente.

Senza che abbia pronunciato una sola parola.

 

 

 

 

Pochi minuti dopo, si trova su un autobus di linea, il numero 40 per Castel Sant'Angelo, seduto su un sedile scomodo in fondo al mezzo.

Edoardo si torce le mani nervoso ed osserva il conducente che parla al cellulare, mentre effettua una curva spericolata.

L'autobus è completamente vuoto, se non fosse per loro due.

Ginevra ha lo sguardo perso fuori dal finestrino, coperto da scritte colorate e numeri di telefono sconosciuti, ed osserva Roma come se la stesse vedendo per la prima volta. Sorride con le guance rosse per gli spifferi d'aria gelata che entrano dalle porte del mezzo.

Ha una mano appoggiata sul vetro freddo, ma lei sembra non farci caso. È come se volesse accarezzare il paesaggio con le dita, come se riuscisse a vedere qualcosa che lui non può nemmeno scorgere assottigliando lo sguardo.

I loro corpi sono scossi dai tremiti causati dal movimento e dalle buche in cui le ruote inceppano.

I vestiti sono a contatto, le gambe si sfiorano leggermente ma lei non sembra far caso a tutto questo.

-Dove stiamo andando?- Chiede Edoardo gettando un'occhiata fuori dai finestrini sigillati e polverosi.

-Al Gianicolo-

-Sono le nove di sera-

-Di sera quel posto è magico-

-Non credo nella magia-

-Cambierai idea-

Edoardo è nervoso. Si gratta il polso, si tocca i capelli, guarda il mondo che l'aspetta fuori dall'autobus.

Ha paura, e questa volta del silenzio.

-Sei uscita con i pantaloni del pigiama?-

Ginevra annuisce con gli occhi rivolti sempre verso il finestrino.

-Perché?-

-Non vedo quale sia il motivo per cui avrei dovuto cambiarmi-

-E se qualcuno ti vedesse?-

-Che si giri pure dall'altra parte-

Non le importa del giudizio degli altri, se ne frega altamente.

Altra piccola caratteristica da aggiungere alla sua persona.

-Non capisco nemmeno perché abbiamo dovuto prendere l'autobus. Io ho lo scooter-

-Ed io la bicicletta. Ma non la uso mai. Adoro usare questo mezzo-

-Io lo odio-

-Roma l'ho scoperta così. Passando ore sugli autobus di linea a memorizzare ogni zona, via, edificio. Arrivavo la sera a casa che puzzavo di fumo e smog, ma ne valeva assolutamente la pena. Per non parlare delle persone che puoi osservare, studiarne i movimenti, i volti. Mi sembrava di essere in un museo-

E' bella la vita come la vede lei. Anche a lui piacerebbe vederla da quella prospettiva, con i suoi occhi, che sembrano quelli di una bambina cresciuta troppo in fretta, e che vuole assaporare il mondo come meglio può.

Ginevra gira il viso verso di lui e con un sorriso di denti bianchi, gli sussurra -Siamo arrivati-

Il mezzo si ferma con una brusca frenata ed un fischio sordo, facendo sobbalzare i loro corpi ancora seduti. Fermata: Ponte Vittorio Emanuele.

Ginevra scavalca il suo sedile e si fionda verso l'uscita senza nemmeno aspettare che le porte si aprano del tutto.

Lui la insegue di nuovo, senza proferire una sillaba.

I suoi silenzi sembrano dolci comandi a cui è un dovere rispondere.

 

 

 

 

 

 

 

-Dimmi, ora, che cos'è questa, se non magia?- Quella frase Ginevra gliela sussurra vicino all'orecchio. Ci sono solo loro, su quel colle da cui si vede tutta Roma illuminata, eppure lei sussurra come se nemmeno le foglie gialle sugli alberi vicino a loro, siano autorizzate a rubare quella rivelazione.

Lei fa qualche passo lontano da lui, su quella terrazza panoramica che, orgogliosamente, mostra le perle preziose di quella città immortale.

Si lascia cullare dal vento ghiacciato, e si perde a contare, con lo sguardo, le luci su quella distesa d'inchiostro nero.

Solo una mano esperta può aver creato quell'opera.

Edoardo imita i suoi passi e si guarda intorno come se Roma gli si fosse rivelata solo in quel momento. Affianca la ragazza che, immobile, osserva ciò che la circonda.

-Questo posto mi rende felice.-

Gli confessa alzando lo sguardo e fissando il cielo sopra di loro.

-Ti piace?- Continua a parlare Ginevra, voltandosi verso di lui per guardarlo negli occhi, che seguono ogni suo gesto.

-Carino- Dice serio, per poi aprirsi in un sorriso.

Sorriso nascosto che viene fuori, come chiamato da una voce silenziosa.

Lei scoppia a ridere, la risata che ormai conosce, che gli è diventata familiare da quante volte l'ha ascoltata mentre lo riempiva.

-Ti voglio far conoscere la bellezza-

-Di cosa?-

-Della vita-

-Non so se ci riuscirai-

-Lasciami tentare-

Ed è con quel sussurro, che Edoardo si sente libero di sorridere ancora, osservando un punto di luce in lontananza in quell'infinito.

 

 

 

 

 

 

Edoardo sale le scale per arrivare al suo appartamento, con una stanchezza nuova sulla pelle.

Quella stanchezza piacevole, dolce, che gli fa ricordare come ha passato la sua serata e la camminata che ha fatto sotto una distesa di luci intoccabili.

Suona per due volte il campanello del portone dell'appartamento davanti al suo e se ne sta in attesa con lo sguardo basso.

Pochi secondi dopo, la porta si apre e la figura di una donna matura fa la sua comparsa.

Lei gli sorride gentile e si fa spazio per farlo entrare senza accennare ad aprire bocca. Forse anche lei è stanca quanto lo è lui.

Entra silenzioso nel salotto, illuminato appena dalla luce del televisore acceso.

Sul divano, in un angolo, può vedere un piccolo esserino rannicchiato sotto una coperta rossa, con la testa appoggiata al bracciolo di pelle.

Ha gli occhi strettamente chiusi ma è sicuro che non stia dormendo. Lo ha sentito arrivare, forse lo ha addirittura aspettato sveglia.

Riporta il suo sguardo su Angelica che lo attende in cucina e lo guarda con le braccia incrociate, appoggiata al frigorifero.

Le parla a voce bassa avvicinandosi -Grazie-

-Lo sai che non ci sono problemi. Sono felice di stare con Chiara ogni tanto-

-Anche a lei piace stare con te- Le confessa, osservando una busta di biscotti al cioccolato e cocco aperta sul tavolo rotondo. Quelli sono i preferiti di Chiara ed anche Angelica lo sa.

-Però io non sono te- Gli occhi chiari di quella donna non gli stanno rimproverando niente. Sono gli occhi tristi di una mamma.

-Edoardo, sei la persona migliore che conosca ed anche Chiara lo sa-

-Oggi abbiamo litigato, le ho detto delle cose..-

-Quando si è arrabbiati si dicono sempre delle cose che non vorremmo dire, spesso si dicono a chi non se le merita, ad uno spettatore capitato davanti al nostro sfogo, che diventa una vittima innocente-

Edoardo chiude gli occhi, stringendo forte le palpebre, per scacciare la scena di lui che urla contro sua sorella come non hai mai fatto. Di quel bicchiere che cade silenzioso sul pavimento.

Di nuovo quel senso di colpa che lo logora, quella paura che tutto sia cambiato.

Che lei non gli sorrida più.

Una mano gli tocca il braccio in una carezza leggera, appena accennata.

-Sei il suo tutto-

Angelica si allontana dopo quella frase, lasciandolo libero di andare in salotto per svegliare sua sorella.

Lui si inginocchia lentamente davanti al viso di Chiara. È troppo rigida, è impossibile che stia dormendo.

Le soffia sopra le palpebre serrate, vendendole vibrare appena.

Si avvicina al suo orecchio, sentendo il profumo del suo shampoo sui capelli, e le parla con il tono più dolce che possiede.

-Non mi merito il tuo perdono, salsiccia. Non mi merito niente da una bambina bellissima e buonissima come te. Mi dovresti ripudiare come fratello, non merito niente da te.

Non ti merito ma ti voglio bene, un bene infinito che è impossibile da misurare. Quel bene che stasera mi ha fatto comprare una crostata al caramello alla pasticceria sotto casa, e prendere in noleggio il dvd della 'Bella e la Bestia'. Quel bene che mi fa pensare che non avrei potuto essere più fortunato di così, avendoti nella mia vita-

Qualche secondo dopo, un corpo piccolo si muove sotto la coperta pesante.

Gli occhi arrossati di sua sorella si aprono e lo studiano facendolo sentire inadatto, sporco di quel senso di colpa che è ancora presente.

Rimane in silenzio, facendogli ascoltare il suo respiro calmo.

-Cosa vuol dire 'ripudiare'?-

-Stasera lo cerchiamo insieme sul dizionario, ti va?-

Il suo annuire lo fa sorridere, di un sorriso felice, riservato solo a quella bambina, che è capace di modellarlo a suo piacimento.

Lei si mette a sedere sul divano e poggia le sue mani sulle spalle forti del fratello.

-Lo so che odi 'La Bella e la Bestia' per cui possiamo anche vedere Robin Hood-

-Sei troppo magnanima, salsiccia-

-Magnache?-

-Tranquilla, cerchiamo anche quello sul dizionario-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ginevra vuole mostrargli le bellezze della vita, ci riuscirà?

Edoardo si lascerà coinvolgere dai suoi sorrisi e dalle sue promesse sussurrate?

Staremo a vedere  :)

Grazie ancora, per tutto!

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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