Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Callie_Stephanides    21/01/2012    8 recensioni
Quando si incontrano per la prima volta, in occasione della finale della Coppa del Mondo di Quidditch, Draco Malfoy e Hermione Granger devono ancora compiere quindici anni.
E' un rapido sguardo, il loro; la curiosità di un momento.
Qualche settimana più tardi, tuttavia, quando l'unico figlio di Lucius Malfoy arriva a Hogwarts con la legazione di Durmstrang per il Torneo Tremaghi, il Destino stringe il nodo di cui saranno gli estremi.
Puoi innamorarti della ragazza che ha rubato il cuore dello Czar di Durmstrang?
Se è tanto forte da sciogliere la prigione di ghiaccio in cui ti sei nascosto, forse sì.
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Sirius Black, Viktor Krum | Coppie: Draco/Hermione, Vicktor/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Dum spiro, spero'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Se credi che la violenza sia un istinto di pancia e di cuore, stai mentendo: menti a te stesso, prima ancora che agli altri; menti perché ti manca il coraggio di sentirti una bestia – o di essere una bestia fino in fondo.
Quanto più ti avvicini all’età adulta, tanto più odi e mastichi dolore, ma t’inchiodi all’altare del Dio Controllo e a certezze di carta.

Non ho ceduto. È già una vittoria.

Invece no: hai mandato a dormire la fiera, ma convivi con lei. Le dai il tuo cuore da mangiare e spalle da coprire. Vivi in apnea e conti gli invisibili anelli della catena che chiami ‘razionalità’.
E poi capita anche che salta: si scioglie l’anello, sogghigna la bestia.
La bestia sei tu.

È una bestia Draco, con la bacchetta in mano e gli occhi ridotti a due fessure torbide. È una bestia Florian, sospeso tra due nature e due sentimenti.

“Io sono un Malfoy.”
Più che orgoglio, è un asserto che gronda paura, perché quando chiedi a una bandiera di raccontare chi sei, hai già perso. È una debolezza ridicola, quella di nascondersi dietro il nome del padre, e se Draco non fosse già oltre la soglia del risentimento, lo colpirebbe soprattutto per quel motivo – e saprebbe di avere ragione.
Florian gli sputa in faccia un grumo di saliva mista a sangue. È caldissima e cancella l’odore di lei, il profumo di un bacio, l’incanto di una distrazione necessaria.
Elettro,” sibila Malfoy, accarezzando ogni sillaba con la perversa soddisfazione del sadico. È più vicino a Voldemort di quanto possa immaginare; prossimo al confine che nemmeno suo padre ha mai sfiorato.
Il corpo di Florian si contrae e sussulta come le livide cosce di rana dell’illusione galvanica. La mascella si serra con violenza e chiude nella sua morsa implacabile la lingua. Sangue e saliva nebulizzano lo spettrale crepuscolo di spruzzi rosati. Draco sorride e saluta il buio accogliente che inghiotte ogni sua emozione.
“Sì, sono un Malfoy,” ripete compiaciuto.
Le dita di Von Kessel si stringono attorno al suo avambraccio. Incarcerus: la formula gli rimbomba in testa appena prima che alla tenaglia della presa si sostituisca un invincibile laccio. Non ha pensato al talento di Von Kessel per gli incantesimi muti. Non ha pensato e basta, perché distruggere è tutto quel che cerca.
“Hai passato il segno,” sussurra Florian – e lo sguardo non sa di rabbia, né di rancore, perché non c’è più nulla di umano nella sua espressione. Draco ha perso la presa dalla bacchetta e si dibatte, inerme, ai suoi piedi. Potrebbe ancora liberarsi con un contro-incantesimo elementare, ma non è bravo a mantenere la concentrazione come a perdere la testa. È poco più di un bambino e chiede per sé alibi che non è disposto a concedere.
Florian, tuttavia, non gliene offrirà: lo domina, ora, occhi bianchi e lunghe zanne, quasi fosse l’uomo nero dei suoi incubi infantili. È ombra e buio e l’ansito rauco di una rabbia giovane. Di un dolore assoluto.
“Hai sbagliato, Draco.”
Malfoy tenta di raggiungere la bacchetta, che la luce sempre più rada fonde alla neve e alla notte.
“Cosa accadrebbe, se lo dicessi?”
Draco deglutisce con difficoltà. Sono cresciuti alla stessa scuola, loro due: legge nelle intenzioni di Florian e inorridisce.
“Non puoi usare la Cruciatus. Se ne accorgerebbero tutti e…”
Florian gli regala un sorriso spettrale, mentre s’inginocchia al suo fianco. L’alito caldo raggiunge appena la sua pelle; una carezza che puzza di sangue.
“Non sono così stupido, Draco.”
Mastica il suo nome come merda. Sulle labbra rotte, bolle di plasma pulsano come altrettanti cuori.
“In quanti modi si può uccidere?”

È follia? È rancore? Delle mille maschere di Von Kessel, quale ha sfidato?

“Partendo dalla lettera A…” sibila Florian, “incontriamo il fuoco nero, l’implacabile Arde…”

Diffindo.

È il mugolio di un gattino, poi il ruggito trionfale del leone: Draco recupera la bacchetta e arretra di una decina di passi. L’Ardemonio scioglie la neve, morde il suolo e riempie l’aria di un mefitico, catramoso lezzo. Un battito di ciglia, e la notte avrebbe profumato d’arrosto: un nobile piatto chiamato ‘Malfoy’.

“Tu hai tentato di uccidermi!”
Florian si stringe nelle spalle. “L’avresti fatto anche tu.”
Non c’è calore nei suoi toni, né colore nei suoi occhi.

La magica lanterna dell’amicizia si è spenta, per lasciare loro lo scheletro fragile di un’illusione da bambini. Non è stato l’affetto a unirli, ma la paura; erano fragili e quella vulnerabilità li ha resi fratelli. Erano spaventati e si sono rifugiati l’uno nell’altro.
Ora, però, l’altro è uno specchio da polverizzare, perché così sarà emendata ogni debolezza.
È il veleno di Voldemort, che circola libero e infetta ogni senso: sono troppo giovani per rendersene conto; troppo giovani per capire che un po’ d’amore non basta a salvare una vita, ma rallenta comunque l’agonia.

Draco contrae le dita attorno alla bacchetta. Il biancospino è un ossimoro che gli somiglia, perché alla delicatezza dell’infiorescenza oppone un cuneo che strazia la carne: così Malfoy, un principe pallido, che la collera spoglia d’ogni nobiltà; delicato e femminile nei tratti, forse, ma crudele quando è il momento di mordere.
Lo vuole, Draco?
Sì: vuole carne e sangue.
La carne di Florian.
Il sangue di un’amicizia che gli ha spremuto il cuore.

Cru…”

La maledizione è un sibilo flebile, che il vento disperde. Un’ombra minacciosa lo raggiunge alle spalle e gli torce il braccio fin quasi a spezzarglielo.
“Che cosa pensi di fare, piccolo idiota?”

Florian abbandona la bacchetta e arretra. Barty fa saettare il magico occhio del guercio Malocchio dall’uno all’altro; le labbra strette in una smorfia carica di disgusto. “Carne per cerberi,” ruggisce. “Ecco cosa siete! Il Signore Oscuro merita un esercito di eroi, non di bambinetti presuntuosi!”
Draco tenta di sottrarsi alla morsa, ma Barty gli assesta una gomitata tra le costole che gli mozza il respiro e gli fiacca le ginocchia.
“Tale e quale a tuo padre, Malfoy, ma senza l’intelligenza di capire quando chinare il capo!”
Draco boccheggia. La bacchetta di Crouch è un chiodo tra le scapole.
“Vediamo se non mi riesce di educarti…”
È un sibilo rauco, intriso di feroce compiacimento.
“Sai? È dai tempi di un certo processo che nutro il desiderio di mostrare a un Malfoy la mia gratitudine per il servizio reso alla causa…”
Draco chiude gli occhi. Il rugginoso latrato di Barty è quello di un cane pazzo; la formula di trasfigurazione, un debole fuoco fatuo.
“Non osare mai più, capito, Malfoy? Non deviare dal tracciato, bambino… Non sfidare…”
La terra gli sfugge, poi gli arriva addosso: un cozzo spietato, che gli strappa un sospiro vulnerato. Ride, Barty, e lo fa rimbalzare quasi fosse una palla, tra neve e pietrisco.
Florian non muove un muscolo.
Florian pagherà anche questo.

***

Qualcuno dice che nei Krum c’è sangue di lupo, perché la ferocia di un predatore solitario e paziente, resistente e ostinato, è filtrata nell’ambizione di un clan di Czar, guerrieri e conquistatori.
Viktor è uno Czar, un guerriero, un conquistatore. E un ragazzo innamorato.
Trattiene il fiato. L’acqua del lago è un amnio gelido che paralizza il pensiero. I suoi muscoli si tendono in un ultimo, disperato spasmo, mentre la luce pallida dell’inverno, poco a poco, fende il torbido diaframma e lo rassicura.
I polmoni si riempiono di ossigeno. La pelle ringrazia.
“Tu non sei umano,” ride Isaac Adamič, e gli lancia una ruvida coperta di lana.
Hogwarts è un’ombra nera, avvolta dalla bruma del primo pomeriggio.
“Non è ancora abbastanza,” replica a fatica, perché è piuttosto vero il contrario: è umano, troppo umano. Gli battono i denti. Gli trema il cuore.
Lei ha detto di sì.
“E per chi? Non penserai davvero di doverti preoccupare di…”
Gli basta un’occhiata per ridurlo al silenzio; un’occhiata per ricordargli che Viktor Krum non è il migliore perché ha la bocca larga ed entusiasmi facili.
Non teme Potter, né Diggory. Quanto alla campionessa di un collegio di ricamatrici, si chiede quale perversione del Caso l’abbia candidata. Eppure…
Si stringe nelle cocche della coperta e fiuta l’inverno.
L’antenato lupo ringhia e questa sensazione non gli piace: il vento sa di morte, non di zucchero. Si chiede se sia l’unico a essersene accorto.
“Hai sentito l’ultima?”
Viktor si strofina con energia le spalle e scuote il capo. I pettegolezzi non gli interessano quanto il dominio della forza e degli elementi. Il Torneo Tremaghi è una guerra che combatte nel nome dei Krum, prima ancora che di Durmstrang.
“No, studiavo,” replica asciutto.
“Malfoy e Von Kessel se le sono date di santa ragione. Se non fosse intervenuto quel vecchio matto che insegna Difesa contro le Arti Oscure, finiva male.”
“Malfoy e Von Kessel?”
“Strano anche solo pensarlo, vero?”
Peggio: sinistro, pensa Viktor, ma evita di dar voce a emozioni che non saprebbe chiamare.
“Malocchio ha trasformato Malfoy in un furetto. Una scena da…”
“E perché avrebbero discusso?”
Isaac si stringe nelle spalle. “Non l’ha capito nessuno, anche se…”
“Anche se?”
È un sorriso osceno, che prelude a un’osservazione prevedibile almeno quanto carica di una sua pericolosa plausibilità.
Ragazze? Non so come la pensi tu, ma io non ne ho mai viste così tante.”
Viktor abbassa lo sguardo.
Una ragazza: ce n’è solo una che abbia catturato il suo sguardo; la stessa, tuttavia, su cui ha visto posarsi gli occhi mercuriali di Draco – e no, non solo una volta. Non per caso.
Stringe i denti e si sforza di contenere il tremito innaturale delle membra. Isaac penserà al freddo, perché non immagina il gelo e il buio che quelle parole gli hanno fatto scivolare dentro.
È un riflesso di quel suo strano istinto? È un senso chiamato orrore?
“Mi chiedo perché il Preside li abbia portati con noi. Sono due ragazzini e i ragazzini…”
“… Devono stare al loro posto,” sibila tetro.
Adamič si stringe nelle spalle e lo anticipa sul ponte dell’arca.

I suoi occhi cercano ancora Hogwarts, regina di pietra tra fantasmi lattiginosi e cumuli di neve: ne accarezza le guglie e i pinnacoli, le trifore come orbite cieche.
Accarezza Hermione a distanza, e chiede a libri e pergamene di proteggerla finché non le offrirà il braccio.
Finché non le domanderà il cuore.

“Immagino che così sarà. Malfoy era livido e non solo perché Von Kessel gli ha fatto un occhio nero.”
Io non sono Florian, pensa. Non mi accontenterei di tanto poco.
“Vado a vestirmi,” mormora. “E dovresti farlo anche tu. Non so chi tu abbia invitato, ma le donne hanno il pessimo vizio di prendere tutto molto sul serio.”

***

Quando cade la neve, il tempo si ferma; bioccoli ovattati ingolfano la clessidra della Storia e il rumore del mondo si attenua sino a svanire.
La neve che cade è un pensiero di morte, un bianco telo che divora i colori come la maschera di cera che piangi in un’agonia di fiori.
Buck Bello sbadiglia, si gratta la solita pulce prepotente e trotterella oltre lo spartano ricovero che il Destino gli ha destinato perché fosse libero – umiliato, ma libero. Cane, ma vivo.
È un’alba bianca, che dei ricordi migliori trattiene un’eco flebile. Com’era la Yule dei suoi giorni d’oro?
Lontana da casa. Lontana da un sangue puro almeno quanto maledetto.
È un punto nero nel candore immacolato dell’inverno. È un’orbita bruciata nell’orgogliosa pianta dei Black.
Almeno sono vivo, pensa. Regulus non ne ha avuto né modo né tempo.
Raspa il suolo gelato, spruzzando pietrisco e neve. Indispettito, un passero schiamazza da un ramo scheletrito; ha invaso il suo territorio e la Natura non è generosa come si crede: la solitudine di un grosso cane nero non commuove chi combatte ogni giorno per qualche briciola vetrificata dal gelo.
È Natale, felice Natale! urla una voce sepolta sul fondo di una memoria che cannibalizza se stessa, alla ricerca di risposte inesistenti.
Perché ci è successo questo?
La Yule che amava non contemplava Regulus, ma James; un fratello scelto in luogo di uno donato dal sangue. Un fratello mai salvato, come condannato è stato l’altro.
Non gli ha voluto abbastanza bene.
È arrivato tardi a domandare perdono.
A che serve, poi?
È Natale, felice Natale!
Sono le memorie di una Londra babbana, trapunta di stelle artificiali, glassata di cristalli e neve di plastica.
La vecchia detestava la bellezza gioiosa del rosso e dell’oro.
Sirius vi ritrovava i colori della libertà e della scelta.

Il gelo toglie aderenza alle sue zampe, eppure corre, Sirius – Buck Bello – verso il quieto silenzio di una scuola addormentata.
Tra i denti stringe un dono per Harry; nel cuore rode il tarlo di una consapevolezza tardiva: a Regulus ha mai donato qualcosa?
Forse solo la convinzione d’essere invisibile.

Ero un fantasma ancor prima di morire, fratello.

Lo so, ma nemmeno questa è vita, piccolo…

Il vento inghiotte il suo latrato e gli restituisce un’eco che somiglia a un singhiozzo.

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Callie_Stephanides