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Autore: Eliada    03/09/2006    2 recensioni
“-Che cos’è Hogwarts e chi accidenti è Albume Sipente?- -Già e chi sarebbe anche quella… com’è che si chiama?! Minerva McGranito? Che bei nomi!- -Albus Silente!!- tuonò Piton -E Minerva McGranitt…-completò con minor enfasi. -Okay, okay signor Spiton!- cercò di giustificarsi Elisabetta, ma con scarso successo. -Ci rinuncio…- borbottò Piton.” Come vi sembra "l'inizio" di questa ff? Vi ispira?Beh...se è così cosa aspettate!Leggetela...e se vi capita...lasciate una piccola recensionuccina!!!
Genere: Generale, Commedia, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Draco Malfoy, Harry Potter, I Malandrini, James Potter, Lucius Malfoy, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9

 

Dalle stelle alle stalle

 

-Che fortuna sfacciata che ha Sara…- soffiò Enrique.

-Già! Oltre a visitare uno stato straniero e un bel pezzo in là non devo sorbirsi quei due là…- rincarò Giada.

“Quei due là” erano Sirius e James. Nonostante ciò che è più facile credere, ovvero che Sirius potesse essere arrabbiato con Piton, Felpato ce l’aveva maggiormente con Ramoso. A Severus non rivolgeva che oblique e malevole occhiate, ma niente di più.

Ogni tanto però la discussione si riaccendeva e allora Harry cercava il luogo più remoto della casa per non dover assistere al diverbio. In quei giorni era di pessimo umore e tendente a fare l’eremita.

Inoltre altre stranezze si verificavano da quando Sara era in Giappone: ogni sabato Kanata (riemerso ormai da parecchio tempo) svaniva misteriosamente per non tornare fino a sera, e via scuse palesemente false. Francesca e Manuel erano stranamente taciturni e stavano spesso da soli, rintanati al piano superiore.

Solo Enrique sembrava lo stesso di sempre, allegro e spensierato nonostante la bufera tutt’intorno.

Vittoria inoltre stava parecchio male, spesso era costretta a letto ma non riusciva a chiudere occhio preda del caldo. Aveva vomitato anche un paio di volte, ma tutto si era risolto per il meglio.

Praticamente un campo di guerra.

Quel giorno Draco pareva stranamente distaccato. Sedeva all’ombra di un albero, sonnecchiando, quando arrivarono Ramona, Elisabetta, Giada, Ryan ed Enrique.

-Novità dell’ultim’ora?- chiese, gli occhi ancora chiusi.

-Dacci una mano a farli ragionare! Ti prego!!- piagnucolarono in coro i ragazzi.

-E perché chiedete a me? Moderni Montecchi e Capuleti…-

Quelle due parole bastarono a far scattare una molla nel cervello di Elisabetta.

-Draco sei un mito di Malfoy! Grande…-

-Ecco che anche oggi ho fatto la mia involontaria buona azione… spiega il piano. –

*

Colpa di un banale stratagemma (-Sirius, c’è Remus che ti aspetta in sala…-), Felpato, Ramoso e Piton si trovarono da soli in sala.

-Che scherzo di cattivo gusto è mai questo?-

Dall’unica porta che consentiva l’ingresso e l’uscita entrarono Elisabetta ed Harry, mentre gli amici restavano a guardia dell’entrata, sbarrando il passaggio. I due ragazzi che avanzavano avevano una strana luce di determinazione negli occhi.

-Allora? Cos’è questa storia?- ripeté Sirius.

-La storia è che adesso noi dettiamo le regole e voi, anzi tu, ubbidisci. – rispose secca Elisabetta mostrando un’ampolla contenente un liquido color del sangue. Sirius alzò le spalle, ignorando cosa essa fosse, probabilmente aranciata pensò; James fiutò il pericolo e spiò le mosse di Severus, il quale per poco non ebbe un malore…

-Cosa… cosa significa tutto ciò?- chiese con voce strozzata.

-Significa che se voi non trovate un qualche accordo per rendere la convivenza pacifica, noi ci ammazziamo. – rispose candidamente Harry, cingendo le spalle della ragazza al suo fianco.

-Severus… cos’è quella roba?- chiese preoccupato James, guardando con orrore ora l’ampolla, ora Piton.

-Vermiculus Venenum, un semplice ma efficace antiparassitario. Mortale se ingerito da un uomo in alte dosi. – recitò Piton, come se stesse spulciando da un volume di Pozioni.

-Fantastico. E tu tieni di questa roba in casa tua?- ribatté sarcastico Sirius.

-Adesso è vietato tenere un dannatissimo antiparassitario in casa?-

-Basta!!- gridò Elisabetta. –Basta. Farete la pace, qui, in questa stanza, dovessi tenervi in ostaggio un mese!- ruggì.

-Ehi, ragazzina, non minacciarmi, non ci provare. Dimentichi che io sono l’unico ad essere mai fuggito da Azkaban, l’infame prigione… E, francamente, non credo che ti suicideresti a quindici anni. – ribatté Sirius alzando le spalle.

-Lei forse no, ma io sì. – Harry mosse un passo in avanti. –Ho compiuto la profezia, e non ho più ragion d’essere al mondo se il mio padrino è solamente un piccolo bulletto e mio padre il suo braccio destro. Fammi ricredere, Felpato, o mi congiungerò a mia madre. –

Sirius, con lo sguardo di un lupo braccato, volse sguardi di profonda ira a Elisabetta e a Piton.

-Che devo fare?- chiese infine, emettendo un lungo sospiro.

-Innanzi tutto, chiedi scusa a mio padre per tutto quello che gli hai fatto passare negli anni di Hogwarts, in particolare per quel piccolo incidente durante una notte di luna piena…-

-Mai!- ruggì Sirius.

Elisabetta alzò l’ampolla, facendo oscillare il liquido vermiglio. –Scegli, Felpato, o il tuo orgoglio o la nostra vita. – incalzò Harry.

Sospirando sconfitto, Sirius iniziò il suo discorso. –Perdonami Mocciosus…- sonora schiarita di gola di Elisabetta. -…uff… Severus… se ti ho rotto le b***e durante i sette anni di Hogwarts e, soprattutto, per lo scherzo del lupo mannaro. Non volevo farti del male, solo spaventarti per convincerti a girarci a largo, ma la situazione mi… ehm… sfuggì di mano. È tutto?- con estrema riluttanza e parecchie pause Sirius riuscì a mettere insieme un discorso sensato.

-Adesso bisogna vedere se sei stato convincente. Che ne dici Severus?-

-Non nego che sarei tentato di farti ripetere tutto da capo per altre cento volte…- sfolgorata di Felpato. -…ma siccome sono assai cambiato, accetto le tue scuse e sono anzi contento che tu me le abbia porte. Ora, ragazzi, perché non mi date quell’ampolla?- scandì lentamente Piton armandosi di tutta la sua diplomazia.

Elisabetta si portò il contenitore sin davanti agli occhi, quasi fosse stupita di trovarsi con quell’oggetto in mano. –Davvero vuoi dell’aranciata?-

*

-Non ci posso credere!! Davvero avete finto che l’aranciata fosse veleno?- Sara era allibita dall’audacia dimostrata dalla sua amica e il suo ragazzo. –E poi che è successo? Come l’hanno presa gli altri?-

-Nel modo più impensato. Subito Sirius ha dato in escandescenze, James ha abbracciato Harry e Severus mi ha promesso botte da orbi…- Elisabetta fece spallucce.

-Beh? Che c’è di strano?-

-Aspetta. Poi Sirius ha iniziato a dire cose assurde, o forse no, tipo “E così questa strega sarebbe tua figlia! Belle cose le insegni, l’arte del doppio gioco e affini!”. Non mi sono mai sentita così lusingata in vita mia… Poi ha cacciato un gran respiro e ha detto “Ci sono davvero caduto come un fesso!”. Allora papà ha detto che lui aveva il sospetto che il nostro fosse tutto un bluff e così hanno iniziato a discutere sul perché e percome, che era palese che fosse una messinscena dalla tranquillità dei nostri amici, e allora Sirius ha offerto una pizza a lui, Remus e James, per “…avere una buona scusa per continuare a parlare. La tua versione non mi convince…”. E questo è quanto.

-Incredibile! Nient’altro?-

-Beh, papà ha dato il permesso a Sirius di chiamarlo Mocciosus, ma solo quando sono in privato, allora lui ha detto che gli serviva proprio una pizza con acciughe, capperi e olive e una gran birra. –

-Bisognava prendere la telecamera…-

-Credo che Ramona abbia scattato qualche foto col cellulare di nascosto… speriamo, così vedi anche tu!-

L’atmosfera nella sala d’attesa del piccolo ospedale magico di Modena era serena, o quasi. Vittoria aveva annunciato la “rottura delle acque” poco dopo il mezzogiorno del 5 di agosto, perciò tutti i presenti in casa in quel momento si era affrettati a raggiungere l’ospedale più vicino.

La sala d’attesa era piccola ma accogliente: vi si accedeva direttamente dall’entrata, una piccola porta malmessa e fatiscente per i babbani, ma grande, squadrata, spaziosa e di facile apertura per i maghi. Una giovane Medistrega, probabilmente appena entrata in servizio, era di turno alla guardiola; le bastò un’occhiata per capire il motivo della visita di quel gruppo numeroso. Frugò sul ripiano della sua scrivania su cui campeggiava la targhetta in ottone con il suo nome e un immenso registro; quello che cercava era una specie di altoparlante, col quale comunicò ad un reparto interno l’arrivo di una partoriente.

In un batter d’occhio arrivarono due alti infermieri muscolosi, che evocarono un lettino e invitarono Vittoria a sdraiarvisi; non rispose, intenta com’era nell’eseguire gli esercizi di respirazione che le aveva consigliato Samantha, ma eseguì. Dopodiché era scomparsa, fagocitata da una grande porta di metallo.

Vittoria non aveva dato a Severus motivi di preoccupazione ma, com’è logico pensare, il futuro padre era teso e nervoso; camminava su e giù per la piccola sala d’attesa già da un po’, mentre James e Remus lo rassicuravano e intrattenevano. Sirius invece intratteneva la giovane Medistrega dai capelli biondi.

I ragazzi, seduti su larghe e comode sedie argentate, chiacchieravano oppure si guardavano intorno: tutta la stanza dava l’impressione di asettico, prima del loro arrivo per lo meno.

Dopo un’attesa che pareva interminabile, specialmente per Piton, si udì un distinto rumore di passi al di là della porta; poco dopo infatti apparve un infermiere dall’aria gentile.

-Chi è il padre tra voi tre?- chiese indicando Severus, Remus e James. Gli ultimi due risero sotto ai baffi, mentre il loro amico si faceva avanti.

-Buone notizie! È un maschio ed è in perfette condizioni di salute. Se vuole può andare a trovare sua moglie, vedrà il bambino più tardi.

Piton fece un cenno e andò accompagnato dall’infermiere, mentre Remus e James tornavano a sedersi.

-Beh, Ramoso, siamo rimasti in due. Bisogna che ci diamo una mossa, James potevo tollerarlo, ma farmi battere da Mocciosus…- Sirius fece finta di rabbrividire. I Malandrini risero di cuore, insieme con Samantha.

I presenti attesero qualche minuto; anche la giovane Medistrega pareva leggermente eccitata.

Infine Piton riemerse con in braccio un bel bimbo paffuto che si dimenava allegramente tra le sue braccia.

-Che bello! Fre, abbiamo un fratellino, non sei contenta? Guarda quant’è carino!!-

-Tutto paffutino carino cicciottino!!-

-Bellissimo! Adorabile!-

-Odio i bambini…-

-Okay, adesso basta, lasciatelo respirare!- la giovane Medistrega si fece avanti e prese il bambino dalle braccia di Sara. –Lo terremo qui in ospedale per un paio di giorni e poi lo avrete tutto per voi, d’accordo?-

I ragazzi e i Malandrini si separarono dunque da Piton, che aveva deciso di restare ancora qualche tempo al fianco di Vittoria, e fecero ritorno a casa.

*

Cinque giorni dopo, di prima, ma molto prima, mattina…

-Dai ragazzi, forza, prendete con voi il necessario, costume, vestito elegante, shorts, ciabatte, asciugamano, dollari, panini…-

-Sì, papà, abbiamo tutto, solo sgancia i dollari…- Ramona guardò supplicante il padre, che mise mano al portafoglio. –Quello non te lo dimentichi mai, eh?- i presenti risero. Quella settimana era il turno di Giordano da passare nella casa multiproprietà e, a quanto pareva, avrebbe passato quel San Lorenzo da solo in una immensa casa. Eh già, perché la figlia e gli amici se la sarebbero andata a spassare in una qualche località marittima della Sicilia, in una festa organizzata dalla scuola.

Perché festeggiare? Semplicemente perché la scuola restava aperta per un altro anno. Già, l’esperimento di fusione tra elemento magico e babbano sembrava riuscito.

-Beh, allora arrivederci…-

Una semplice Passaporta (ormai si erano abituati) e, alle sette e trenta del mattino, furono in Sicilia, in mezzo a una decina di compagni.

Scoprirono, con sorpresa, che quasi tre quarti dei ragazzi non erano presenti, tra i quali Emma. Ritrovarono Desirée, Elijah, Ilir e, con minor gioia, anche Rosa. Ebbero circa mezz’ora o qualcosa di più per fare colazione a piccoli gruppi mentre attendevano che tutti, ma proprio tutti, fossero arrivati, poi si radunarono in spiaggia dove Silente, in tenuta da mare (pantaloni al ginocchio e camicia), improvvisò un discorso.

-Cari ragazzi e colleghi, spero abbiate passato delle buone vacanze in giro per il mondo. Io, se vi interessa, sono rimasto a casa a meditare sui voti del prossimo anno… Dunque, come ben sapete abbiamo organizzato questa piccola festicciola perché noi professori sadici siamo ben felici di avervi al seguito un altro anno, giusto per levarci la soddisfazione di appiopparvi qualche altro bel votaccio o vedervi fare collages di parole durante le interrogazioni; ebbene: non so quanto siate felici per la notizia in sé, ma so che siete entusiasti di trovarvi qui, dico bene o dico giusto?- un coro di affermazioni positive si levò dal piccolo gruppo di ragazzi. –Molto bene, me ne compiaccio. Allora, prima di darvi il permesso di sgusciare via, vorrei mettervi al corrente di alcuni piccoli particolari. I Presidi di alcune tra le più prestigiose Scuole di Magia mondiali, e dico mondiali, si sono riuniti alla nostra scuola di Bologna per valutare il nostro progetto; hanno esaminato l’edificio, le vostre pagelle, fatto il terzo grado ad alcuni miei colleghi, esaminato il resoconto del programma svolto da ogni classe durante l’anno eccetera… Vi dirò che quasi la metà dei “colleghi” odiava il solo pronunciare il nome del nostro istituto e l’altra il termine “babbano”, perciò potete farvi un’idea del clima che si respirava. Se oggi siamo qui a festeggiare dovete ringraziare tre vostri compagni, ovvero il signor Enrique e le signorine Elisa ed Elisabetta. Dovrebbero essere tutti presenti se non erro… Vi dispiace ragazzi venire qui un momento?-

Enrique ed Elisabetta si guardarono abbozzando un sorriso; avevano tutti i nervi tesi e gli occhi di tutti puntati addosso. La loro compagna Elisa era sul metro e sessanta con lunghi capelli neri mossi, occhi scuri e leggermente a mandorla e un’aria tremendamente simpatica.

I tre moschettieri dovettero mettere assieme un paio di verbi e qualche complemento per mettere in piedi un discorso coerente, visto che quel grand’uomo di Silente si era scordato i loro temi alla scuola di magia. Poi, dopo l’immane vergogna (qualche professore si era anche commosso, ad esempio la Tassi che piangeva copiosamente sulla spalla della Parmigiani) poterono mettere in stand-by il cervello e… giocare a beach volley! Passarono la mattinata a giocare a pallavolo o a calcio sulla sabbia e, verso le undici, ebbero il permesso di fare un bel bagno in mare.

-Forza ragazzi! Via i vestiti e buttarsi!!-

Certo non ci fu bisogno di pregarli. E intanto, i grandi…

-Ragazzi! Ma lo sapete che è una vita che non vado al mare? Eh, che dici Ramoso?-

-Beh… se Lunastorta è d’accordo… si potrebbe anche fare…-

-Io? Beh… no, cioè… solo se Severus vuole…-

-Ehi, perché adesso tirate sempre in ballo me? Però… se Lunastorta proprio mi supplica…-

-I-io? No, io mai…-

-Va beh, ho capito. Voi due andate e Lupin ed io facciamo due palleggi a calcio…-

-Perbacco! Mocciosus sa giocare a calcio? Perché non l’hai detto prima? Ragazzi, recuperiamo un pallone, facciamo un due contro due. –

-E io?-

-Tu, Vittoria, puoi fare l’arbitro. Ma non essere troppo parziale! Altrimenti ne cerchiamo un altro. –

Troppo presto fu l’ora di pranzo. Si misero tutti in cerchio a sgranocchiare chi un panino, chi un pezzo di pizza, mentre Silente snocciolava le sue barzellette. Poi, finito il pranzo al sacco, quasi tutti si stesero al sole, carezzati da una lieve brezza.

Il mare era calmo, cristallino, con lievi sfumature verdi; il fondale era basso per i primi metri, poi scendeva rapidamente fino a che il fondo non era più visibile e non lo si riusciva più a toccare nemmeno con le punte dei piedi. Qualche gabbiano volava qua e là, abbastanza vicino alla riva, in cerca di qualche piccolo pesce argentato. Potevano permetterselo senza essere disturbati, perché la spiaggia era deserta a parte la scarna scolaresca.

Quel pomeriggio fu solo di divertimento.

Verso le otto iniziò l’allestimento di un grande falò, che venne acceso solo quando il buio fu completo. Furono improvvisate danze, canti e, immancabili, vennero raccontate storie di paura; furono fatti diversi e divertenti giochi con effetti speciali, scherzi ai professori e lunghissime partite a carte.

Verso le undici DJ Sirius si mise all’opera, sparando dischi su dischi di musica dance, pop e hip-hop. Giada si autoproclamò animatrice, trascinando Sara (rientrata per l’ennesima volta) e Ryan con sé.

Ramona ed Enrique si erano allontanati dal frastuono, passeggiando mano nella mano sul lungomare. Non dissero nulla fino a quando non furono abbastanza lontani, quando la musica era solo un roco bisbiglio.

-Che c’è? Un gatto ti ha mangiato la lingua?-chiese Ramona fermandosi.

-Stavo cercando le parole giuste, ma non sono riuscito a trovarle. –

-Le parole giuste per cosa?-

-Per… non lo so. Andiamo a farci un bagno?-

-Adesso?-

-Sì, ora, immediatamente. Il bagno di mezzanotte, quando abbiamo tutto il mare solo per noi. –

-Ma non ho il costume…-

-Lo si fa nudi, di solito…-

-Acc… è vero. Prima tu!-

-D’accordo. Tu però voltati, potrei arrossire…-

Ramona si voltò e percorse qualche metro. Dietro di lei, il frusciare dei vestiti, rumore troppo invitante… si voltò per una frazione di secondo, mentre Enrique si stava disfacendo dei boxer. Non vide molto, ma il solo essersi voltata le modellò la faccia fino a formare un sorriso, quasi un ghigno.

-Forza, ora tocca a te!- la informò Enrique.

-D’accordo, però tu vattene. –

-Okay mia graffiante miciona…-

Enrique si portò a qualche metro di distanza, mentre Ramona lottava disperatamente con la sua maglia troppo larga. Anche lui sbirciò, proprio mentre la ragazza si stava slacciando il reggiseno…

Quando la sua compagna fu libera dall’impiccio dei vistiti, Enrique prese un bella rincorsa e si buttò in acqua, contento come una Pasqua.

Giocarono qualche minuto in mezzo all’acqua salata, cercando di affogarsi reciprocamente, poi, a mezzanotte in punto, si scambiarono un lunghissimo e caldo bacio. Entrambi si scordarono dell’acqua fredda che lambiva la loro pelle, anzi sembrò loro di trovarsi nel luogo più caldo del mondo.

“A terra”, intanto, l’allegro chiacchiericcio tra Elisabetta ed Harry si spense quando Draco chiese al ragazzo un momento per scambiare due parole.

-Possibile che tutti abbiano bisogno di lui? Cosa devo fare per stare un’ora in santa pace col mio ragazzo?- si chiese a voce alta la ragazza, rivolgendosi inconsciamente a Draco, il quale fece spallucce con aria veramente dispiaciuta.

-Potter…- iniziò il biondo quando si furono allontanati a sufficienza. -… Harry, ho bisogno del tuo aiuto…-

-Dev’essere qualcosa di grosso se mi chiami per nome!-

-Sì, lo è. –

-Bene…- acconsentì Harry, facendosi serio. -… dimmi tutto. –

-Sono innamorato, credo. –

-Innamorato? E di chi, se posso permettermi?-

-Di… di…- ma il suo sguardo lo tradì, perché condusse Harry dritto fino a Giada.

-Oh… In cosa posso esserti utile?-

I due combinarono un rudimentale piano operativo, poi Draco ringraziò l’amico.

-Grazie, Harry. Sei la prima persona che mi aiuta dopo Severus. –

-E tu sei il primo Malfoy simpatico che conosco. Buona fortuna. –

Draco si avviò verso l’improvvisata pista da ballo; Giada sentì il proprio cuore allargarsi a ogni suo passo, ma venne brutalmente delusa quando il ragazzo la oltrepassò. Il biondo infatti si stava dirigendo verso un’Elisabetta sdraiata sulla sabbia in attesa di Harry.

-Balleresti con un Malfoy? Un Malfoy che vuole ripagarti per averti rapito Potter?-

Elisabetta lo guardò dubbioso, non sapeva dove voleva andare a parare, ma poi le venne un’idea e acconsentì sorridendogli.

-Io ballerei con Draco. –

-E sia.

Quando Draco bisbigliò qualcosa a Elisabetta, Giada s’incuriosì; quando Elisabetta gli sorrise, si sentì avvampare; quando Draco aiutò la sua amica ad alzarsi porgendole la mano credette di impazzire e infine, quando li vide ballare, si sentì morire.

-Non hai paura di far ingelosire Potter?- chiese Draco.

-No, anzi. Così magari passerebbe un po’ più tempo con me. –

-Ah ah! Giochi sporco…-

-Dove sta scritto che non posso? È dall’inizio delle vacanze che mi ignora. –

-Strano che tu sia capitata in Grifondoro. A pelle mi sembri degna di Serpeverde…-

-A volta me lo chiedo anch’io. Ma non rimpiango nulla, sarei morta tra le Serpi: molti sono antipatici. Desirée no, però…-

-Ehi, potrei offendermi…-

-E perché? Se tutti i Serpeverde fossero stati come te, avrei supplicato il Cappello Parlante per farmi assegnare lì!-

-Intendi dire se tutti fossero belli, simpatici e affascinanti?-

-Modestia a parte, eh? Oh, ma guarda, Harry sta arrivando! Perché non vai a ballare con Giada, mentre io gli spiego l’accaduto?- e fu così che Draco si ritrovò a ballare con Giada, dopo che la sua precedente partner di ballo lo aveva trascinato fin da lei.

Giada era ancora troppo scottata anche solo per guardarlo negli occhi; tremava quasi dalla gran rabbia.

-Ehi, ma che hai? Stai tremando… hai freddo?-

-No, no… sto bene. –

-E allora? È una festa, siamo qui per divertirci. Dai, shakera i fianchi!-

Giada quasi rise in faccia al biondo quando questi iniziò a dimenarsi come un matto senza andare a tempo con la canzone.

-No… no! Stai sbagliando tutto!! Guarda, si balla così: destro avanti, poi il sinistro, e…-

Draco, rapito, si lasciava trasportare dall’entusiasmo della sua giovane partner, anche se a stento riusciva a seguirla, anzi, in verità l’unica cosa che gli interessava erano…

-Ehi? Ehi, Draco, sei in questo mondo? Che stai guardando?-

-Uhm? Niente, volevo capire una cosa…-

-E ci sei riuscito?-

-Uhm… sì. Sì, credo di sì. –

Giada gli sorrise. –Uno di questi giorni me lo dirai?-

-Forse… ma sì, un giorno forse…-

Eh, sì. Fu una serata strana… qualche studente dall’occhio di lince notò che il gelido professor Severus Piton camminava lentamente per la spiaggia con in braccio un neonato e Vittoria Chiodo al suo fianco. Poterono notare anche una scatenata Sara ballare con due ragazzi contemporaneamente, o una malinconica Elisabetta ritrovare il sorriso grazie a chissà quale battuta di una sempre pimpante Elisa. Infine, un sorridente Harry Potter che giocava attorno al falò con un grosso cane nero. Eppure, nascosta agli occhi di tutti, Francesca piangeva…

*

Il giorno dopo, i ragazzi si ritrovarono nei rispettivi letti.

-Ehi, servizio completo, eh?-

-Già, Silente è proprio un grande! Ancora una Passaporta e giuro che scoppiavo!-

 -Ma Francesca dov’è?-

-Già, dov’è? Non era in camera con nessuno di noi…-

-Sta a vedere che Silente l’ha lasciata là… Se è così giuro che gli tiro il collo…-

-E non è tutto! Manca anche Manuel…-

Il gruppo non completo si affrettò a scendere; di sotto, Remus e James stavano preparando la colazione per tutti, mentre Sirius leggeva il giornale.

-Dove sono mamma e papà?- chiese loro Elisabetta concitata.

-Di là, in sala. È da un po’ che sono lì, è successo qualcosa?-

-Proprio quello che vorremmo scoprire…-

La ragazza si diresse a passo di carica verso la porta chiusa della sala, quasi volesse sfondarla a mo’ di ariete; bussò e senza attendere la risposta entrò, seguita dagli amici.

-Dov’è mia sorella?- chiese a brutto grugno.

Severus e Vittoria si guardarono preoccupati.

-Ehm… eh eh… In America…- rispose Piton passandosi una mano sul collo.

-C-come? Cioè, mi volete dire che… MIA SORELLA STA ALL’ALTRA CAPO DEL GLOBO?? E voi sapete già tutto?!-

-Sì, ma lascia che ti spieghi…- Vittoria si alzò, avvicinandosi alla figlia adottiva in modo che non scappasse.

-Trova dei buoni argomenti allora. -

-Bene. Dunque, i genitori di Manuel hanno definitivamente divorziato e il vostro amico è stato affidato alla madre, che già da tempo covava il desiderio di volare oltreoceano ed è stata irremovibile: lui l’avrebbe seguita. Di conseguenza, siccome Francesca era… ehm… la sua… fidanzata… ha deciso di seguirlo. – riassunse Piton

-Lei, ha deciso… Ma che razza di genitori siete?- ribatté Elisabetta.

-C-come?-

-E che ca**o, l’avete lasciata andare così, e via! Adesso posso anche chiedervi di dare fuoco alla casa e voi me lo permetterete!- sbottò la ragazza.

-No, aspetta, tu non capisci…- iniziò Vittoria.

-Cosa, uhm? Cosa non capisco? Che al primo capriccio l’avete lasciata andare? Che non rivedrò più la mia fott**a sorella per il resto della mia vita?-

-Ma che vai dicendo? Certo che la rivedrai!-

-Sicuro,sti ca**i… Lei si è dimenticata di me! La odio. –

La discussione terminò lì, quando Elisabetta corse su per le scale e si rinchiuse nella stanza che condivideva con Ramona.

Si buttò di peso sul letto e prese a pugni il cuscino, singhiozzando. Si sentiva, più d’ogni altra cosa, tradita, e offesa. Tradita e offesa dalla sorella che aveva deciso di andarsene via, senza neanche dirglielo di persona. Tradita anche da Manuel, che gliel’aveva portata via.

-Elisabetta…- chiamò piano Remus, la persona più indicata per quel genere di situazioni. -…dai, esci, ti ho portato la colazione…-

-Non me ne frega, non ho fame. Vattene, non costringermi a prendermela con te. –

-Potrò sopportarlo. Vuoi dirmi almeno cos’è successo?-

-Come, non lo sai già? Piton non te l’ha già detto? Credevo di essere l’ultima ad averlo scoperto, visto che sono la diretta interessata…-

-Permettimi di entrare e dimmi tutto. Altrimenti, ti ascolterò anche da qui. –

Remus attese un po’, mentre la ragazza rifletteva. Poi, udì il rumore delle molle del letto e di passi strascicati; la porta si dischiuse…

-Se proprio hai intenzione di rompermi l’anima, almeno non rendere partecipe tutta la casa dei nostri discorsi… entra. –

Remus sorrise a Elisabetta  e sgusciò all’interno della stanza.

-Ehi, lo sai che hai posta?- le chiese, contemplando una busta bianca appoggiata sulla scrivania.

-C’è posta per me? E chi può mai essere? Un suicida forse…-

Ma in cuor suo la ragazza già conosceva l’identità del mittente: sua sorella.

Immaginava che in quella busta ci fossero racchiusi i segreti del suo allontanamento, i nomi dei colpevoli del suo malumore, e allora ebbe paura, paura di leggervi il proprio.

Con mani tremanti aprì la busta, estrasse il foglio e lo spiegò, poiché era piagato in quattro.

-Cara Elisabetta…- iniziò a leggere, ma Remus la fermò.

-Non occorre leggere ad alta voce…- le disse.

La ragazza lo guardò un momento, poi si sedette sul letto e mise a fuoco la calligrafia di Francesca, così familiare che avrebbe potuto riconoscerla tra mille scritti.

 

Cara Elisabetta,

se adesso stai leggendo queste righe probabilmente sono già negli Stati Uniti.

Dopo due settimane di tribolazioni sono finalmente riuscita a capire che il mio posto è qui, vicino a Manuel. Non rammaricarti della lontananza, conserverò sempre un bel ricordo di te e dei nostri amici, di Severus e di Vittoria, ma questa vita non fa più per me. Prima o poi ci saremmo dovute separare, e in parte era già accaduto quando abbiamo iniziato a guardarci intorno e a sceglierci le nostre amicizie. Io ho solamente affrettato i tempi, consapevole di aver reso il distacco più difficile per entrambe.

Sii felice con Harry e goditi i genitori che hai sempre sognato, sono sicura che ci rivedremo presto.

Con affetto,

Francesca

Ps.: ti ho lasciato una cosa molto importante nascosta nell’armadio. Quando vedrai capirai. Fanne buon uso.  

 

Certo che le vacanze sono passate in un lampo…mi sembrava ieri che ero partita, ed oggi sono già a casa!!! Beh, basta perdermi in sproloqui inutili!!! Vi è piaciuto questo chap?! Fatemi sapere mi racc!!!

 

X Diavolettadark, NemoTheNameless e Alyssa4: Lily non è tornata in vita perché praticamente si è suicidata per salvare la vita ad Harry…mentre Sirius e James no…ora è chiaro?

 

Diavolettadark: sì, James ha ancora gli anni di quando è morto…

 

Bacioni a tutti e 3!!!

  
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