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Autore: RobTwili    22/01/2012    11 recensioni
Mac e Zac.
Mac, innamorata di uno dei suoi migliori amici da quando, il primo giorno d'asilo, quel bambino con gli occhi blu, si è avvicinato a lei.
Zac, piccolo genio della matematica, che di donne non ne capisce.
Lei segretamente innamorata di lui.
Lui pubblicamente innamorato di Natalie Portman.
E se, una fatina bionda, spingesse Cupido a lanciare la freccia?
Spin-off di 'The revenge of the nerd'.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nerds do it better'
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zmac
Questa storia è uno spin-off di ‘The revenge of the nerd’. Questi avvenimenti  sono collocati tra il capitolo 17 e il capitolo 18. Ricordo che questa storia si concentra sulla coppia di amici Zac e Mac.
 
 




«Mac? Che cosa ci fai qui?». Socchiuse la porta dietro di lui, guardandomi sorpreso.
«Io… ecco…» sospirai, cominciando a torturarmi le dita delle mani.
Era imbarazzante e infantile dire che ero corsa da lui perché mi mancava?
Si appoggiò allo stipite della porta, incrociando le braccia al petto.
C’era un sorriso beffardo sul suo volto.
I suoi occhi, di quell’azzurro così intenso, mi scrutavano divertiti.
«Allora?» chiese, sistemandosi poi gli occhiali, in attesa di una mia risposta.
Spostai lo sguardo imbarazzata, fissandolo sul cespuglio di rose bianche che c’era poco distante da noi. Da piccola adoravo nascondermici dietro nelle nostre partite a nascondino; rimanevo per ore ad annusare il profumo delle rose.
«Così» mentii, facendo spallucce. Speravo che non scoprisse la bugia che avevo appena detto.
«Va tutto bene?». Si avvicinò di un passo, prendendo il mio mento tra le sue dita e costringendomi ad alzare lo sguardo.
«Sì» finsi di nuovo, sfuggendo ai suoi occhi.
Non riuscivo a raccontare bugie, ancora meno quando quei suoi grandi occhi azzurri mi scrutavano.
«Menti» sbottò, prendendomi per mano e costringendomi a entrare in casa.
«Zac» piagnucolai, cercando di opporre resistenza.
Sapevo che era inutile.
Era molto più alto e molto più forte di me.
Sentii lo scatto della porta di casa dietro di me e sospirai, socchiudendo gli occhi.
Il profumo di vaniglia, lo stesso che c’era da quando ero piccola, mi inebriò, rilassandomi appena.
«Che cosa succede?» tornò a domandare, stringendo la sua presa sulla mia mano.
Sentii le guance infiammarsi per l’imbarazzo di quella domanda.
«Io… ero passata di qua per salutarti, ok?» borbottai, sapendo che non sarei riuscita a resistere poi molto alle pressioni di Zac.
Nessuna battutina di scherno, nessun commento stupido.
Nel suo volto si aprì un sorriso mentre mi abbracciava.
Stupita da quel gesto inaspettato, rimasi immobile per qualche secondo, prima di riuscire a capire che il suono martellante che sentivo era il battito del cuore di Zac.
«Quanto è romantica la mia nanetta?» sogghignò, scompigliandomi i capelli.
Nanetta?
«Ehi» sbottai offesa, facendo forza con le mani sul suo petto perché la smettesse di abbracciarmi, «chiamami nanetta un’altra volta e poi non potrai più farlo» minacciai, incrociando le braccia sotto al seno, offesa.
«Ma sei una nanetta, in confronto a me» sghignazzò, avvicinandosi di un passo.
Indietreggiai, istintivamente. Non volevo che la sua vicinanza mi impedisse di ragionare.
«Solo perché sei alto quasi un metro e novanta e io sono venti centimetri in meno di te non devi permetterti di offendermi». Tornai a dire, fingendomi offesa.
«Cosa?» ridacchiò, incapace di trattenersi. «Mac, ma cosa stai dicendo? Io credo che al massimo tu sia alta un metro e sessantacinque, non lo sfiori nemmeno con le dita il metro e settanta». Fu costretto ad appoggiarsi al divano di fianco a lui per il troppo ridere.
«Stupido» sbottai, prima di dargli le spalle. Aprii la porta di casa e in pochi passi uscii.
Che cosa avevo pensato?
Non ricordavo chi era Zac?
Quello sempre pronto a offendermi con frecciatine stupide?
Perché ero andata proprio da lui?
Oh, sì, perché la sera prima ci eravamo baciati.
«Dove stai andando?». Sentii la sua voce vicina a me. Talmente vicina che il suo fiato caldo mi solleticò il collo, regalandomi un leggero brivido.
Lo ignorai, esattamente come feci con Zac.
Peccato che non volesse lasciarmi andare.
Mi sentii mancare la terra da sotto i piedi e qualcosa mi strinse i fianchi.
«Adesso rientriamo» soffiò al mio orecchio, mordendomi poi il collo in modo scherzoso.
«Lasciami subito, stupido» mi lamentai, cercando di spostare le sue mani dai miei fianchi.
Inutile. Mentre mi dimenavo Zac aveva già chiuso la porta di casa con un calcio.
«Ora, piccola peste, calmati» ghignò, abbracciandomi senza però farmi appoggiare i piedi sul pavimento.
Sospirai, lasciando cadere le braccia.
Se credeva che mi arrendessi per così poco si sbagliava.
Quando allentò la presa sulla mia vita, piegando le gambe per riportarmi a terra, pizzicai un suo braccio con tutta la forza che avevo.
«Mac» strillò, lasciando la presa sui miei fianchi e scostandomi, «perché diavolo devi fare queste cose? Sembri una bambina. Stavo scherzando, volevo essere romantico!» sbottò, massaggiandosi il segno rosso che gli avevo lasciato sul braccio.
«Romantico? Lascia che ti spieghi una cosa, Zac: non sei romantico se chiami la tua… ragazza ‘nanetta’. Non lo sei nemmeno un po’, ok? Magari lo sei stato quando mi hai sussurrato che saremmo tornati in casa, ma non di certo quando mi hai chiamato in quel modo stupido. Si presuppone che il ragazzo faccia complimenti, ti faccia sentire importante, unica e bellissima. Ma non so nemmeno perché sto dicendo queste cose, visto che sono senza senso». Mi sistemai con un gesto seccato la maglia che si era alzata; poi, senza dire nulla, aprii di nuovo la porta per uscire.
La mia mano si intrappolò in qualcosa di caldo e grande, che mi impedì di compiere un nuovo passo.
Sentii Zac attirarmi verso di lui, tanto che sbattei contro il suo petto mugolando infastidita.
Qualcosa di caldo circondò il mio viso, costringendomi a chiudere gli occhi.
Riuscivo a distinguere tutte le dita di Zac, il suo palmo, la punta del suo indice destro che mi accarezzava la tempia.
Schiusi le labbra istintivamente, quando il fiato caldo di Zac si infranse sulla mia bocca.
Annullò la distanza, regalandomi un bacio dolce e lento.
Lasciai le nostre labbra libere di giocare, mentre portavo le mie mani tra i suoi capelli.
Le sue mani abbandonarono il mio viso, scendendo sulle spalle, sfiorandomi la schiena. Si posarono sui miei fianchi, stringendoli appena.
Mi sentii sollevare da terra e non riuscii a trattenermi: lasciai che le mie labbra si tendessero in un sorriso.
«Che c’è? Non è romantico nemmeno questo?» borbottò, lasciandomi andare dolcemente.
Non risposi, nascosi solamente il viso contro il suo petto, ridendo felice.
Forse in fondo in fondo, anche Zachary Bolton possedeva un po’ di romanticismo.
«Mi dispiace Mac, è scomodo baciarti, voglio dire» sussurrò impacciato, indicando prima le mie labbra e poi le sue, per farmi notare la differenza di altezza.
«Dai, scemo» dissi, vergognosa, sedendomi sul divano e guardandolo perché facesse lo stesso. «Dobbiamo aiutare Francis e Ash». Ecco il secondo motivo per cui mi trovavo lì.
Zac aggrottò la fronte, confuso.
«Non capisco» mormorò, puntellando il gomito sullo schienale del divano e appoggiando la tempia sul palmo della mano.
Un raggio di sole lo colpì in viso, regalandomi una sfumatura dei suoi occhi blu che non avevo mai visto.
«Ash piace a Francis, ma lei non l’ha mai confessato. Ora, io so per certo, anche se non me l’ha mai detto, che anche a lei piace Francis. Ho parlato con tutti e due, questa sera guardiamo un film da me. Solo noi quattro. Dobbiamo inventarci qualcosa, capisci? Voglio che Francis e Ash diventino una coppia». Abbassai il tono della voce, come se qualcuno potesse sentirmi.
«Perché non John e Hannah?» chiese, confuso.
«Perché saremmo in troppi, e non voglio. Deve essere una cosa… intima, insomma, non voglio che si sentano gli occhi puntati addosso. Francis deve essere tranquillo. Come facciamo?». Ero preoccupata, non sapevo come farli avvicinare.
«Potremmo guardare un film horror. Qualcosa che fa veramente paura ad Ash, così si avvicina a Francis per farsi consolare» propose Zac, sorridendo.
«Sei un genio» esclamai, inginocchiandomi sul divano per abbracciarlo. «Lo sapevo». Appoggiai la fronte sul suo collo, inspirando il suo profumo.
«Mi fai il solletico» ridacchiò, appoggiando la sua mano sul mio mento, per allontanarmi da lui.
«Dobbiamo costringerli a rimanere seduti vicini, ok? Noi ci prendiamo un divano e loro dovranno per forza sedersi sull’altro. Ah sì» ricordai improvvisamente, «dobbiamo togliere tutti i cuscini ad Ash, altrimenti usa quelli per nascondersi». Mi sembrava non ci fosse altro. «Tutto chiaro?» domandai, senza nascondere un sorriso soddisfatto.
Se il nostro piano avesse funzionato, Francis e Ash sarebbero diventati al più presto una coppia.
Ero convinta che servisse solo una spinta. L’attrazione tra di loro era troppa per non essere notata.
«Sembra un piano malvagio, Mac» mormorò Zac, giocherellando con una ciocca dei miei capelli.
«Lo è. Ma nessuno deve capirlo. Comportati normalmente, fai lo scemo come sempre, ok?» gli intimai, guadagnandomi una sua occhiataccia.
«Lo scemo, eh? È così che mi vedi?» si lamentò, smettendo di torturare i miei capelli e avvicinandosi a me con il viso.
«Non mi fai paura, Zac. Ti conosco dall’asilo e non hai mai fatto del male a nessuno». Sapevo che non mi avrebbe di certo ferito.
«Non voglio farti del male, voglio farti soffrire, è diverso» puntualizzò, con un ghigno sadico.
«Zac» sospirai, preparandomi a spiegare di nuovo quel concetto.
Non riuscii a cominciare nulla però, perché le mani di Zac si portarono sui miei fianchi facendomi il solletico.
Cominciai a ridere, contorcendomi tra le sue braccia.
«Te l’avevo detto. Voglio solo farti soffrire, nanetta» rise, non smettendo di torturarmi.
«Zac» ansimai, tra una risata e l’altra, sperando che smettesse di torturarmi.
«Non sento niente, mi dispiace. Sto allenando le mie dita. Si chiama ginnastica» disse, diabolico, aumentando la velocità con cui mi stava facendo il solletico.
«Zac, non… respiro» tossii, ormai a corto di fiato.
Le sue dita smisero di torturarmi, stringendosi poi suoi miei fianchi per farmi sedere lentamente sul divano.
«Va meglio?» chiese, scostandomi una ciocca di capelli dal viso.
«Sì». Respirai a fondo, cercando di far tornare il battito del mio cuore alla normalità.
Non era facile concentrarsi su quello però, con il petto di Zac appoggiato alla mia schiena.
«Io… io devo andare. Ci vediamo questa sera?» bofonchiai, alzandomi goffamente dal divano.
«Certo, arrivo da te un po’ prima?» propose, accompagnandomi verso la porta.
«Ok, come vuoi». Un sorriso si formò involontario sulle mie labbra, facendo sorridere anche Zac.
«A dopo, allora». Prese il mio viso tra le sue mani prima di piegare le gambe per darmi un bacio.
«Ciao» soffiai sulle sue labbra, felice.
 
Chiusi la porta, mordendomi il labbro per non strillare a causa della felicità.
Corsi velocemente in soggiorno, saltellando davanti a Zac.
«Siamo stati bravissimi» esultai, non smettendo di muovermi.
«Mac, calmati» ghignò, rimanendo disteso sul divano.
Quella frase, il suo voler rimanere da me ancora per qualche minuto… mi aveva stupito.
«Hai ragione, ma sono così felice» strillai, incapace di trattenermi.
Speravo solo che Francis e Ash fossero già partiti, altrimenti sicuramente mi avrebbero sentita.
«Mac, parla piano» sogghignò, sistemandosi il cuscino che aveva sotto alla testa.
«Secondo me si baceranno, ne sono quasi sicura. Erano così belli quando se ne sono andati. Li hai visti Zac? Hai visto quanto erano belli?» chiesi, sedendomi sul divano e costringendolo ad appiattirsi contro lo schienale morbido.
«Sì, Mac, li ho visti. C’ero anche io, sai?» scherzò, divertito dalla mia felicità.
«Sono così felice per loro, se lo meritano». Cominciai a giocherellare con il bordo della maglia di Zac, senza smettere di sorridere.
Francis si meritava Ashley. Anche lei si meritava il mio amico.
«Potrei essere geloso, sai?» mormorò divertito, facendomi ridere.
Appoggiai la fronte sulla sua spalla, rimanendo seduta.
«Geloso di Francis? Lui è un mio amico, Zac» spiegai, appoggiando il capo sul suo petto e distendendomi di fianco a lui.
«Anche io ero un tuo amico» puntualizzò, abbassando lo sguardo per scrutare la mia reazione.
Non riuscii a rispondere, abbassai il viso, sperando che non si accorgesse del rossore delle mie guance.
«Mac?» domandò, dopo alcuni secondi di silenzio.
Sentivo ancora le guance in fiamme e non avevo il coraggio di alzare il viso.
Ero sicura che mi avrebbe preso in giro, schernendomi perché mi piaceva da sempre.
Sospirò, prima di portare le mani sui miei fianchi per farmi scivolare sopra di lui.
Sussultai sorpresa quando sentii il suo corpo caldo sotto al mio.
«Che stai facendo?» borbottai, guardandolo confusa.
«Perché non hai detto nulla?». Si sistemò il cuscino sotto alla nuca, per potermi guardare meglio.
«Io… ecco… perché…» iniziai a dire, concentrandomi sulla lampada accesa, di fianco alla TV.
«Aspetta, non dirmi che è perché ti piacevo» esordì all’improvviso, cogliendomi di sorpresa.
Non credevo che Zac sarebbe stato in grado di capirlo da solo.
La mia esitazione fu una conferma per lui.
«Lo sapevo! Parlo il donnico! L’ho sempre detto» si vantò, stringendo involontariamente i miei fianchi.
«Zac, non serve che ti monti tanto la testa» farfugliai imbarazzata, cercando di scivolare giù dal suo corpo.
«Non mi scappi» sibilò, fintamente arrabbiato.
«Non farmi il solletico, non ci provare» lo ammonii, alzando un indice contro il suo viso.
«Altrimenti?» mi provocò, allargando quel ghigno a dismisura.
Ci pensai. Doveva pur esserci un modo per ricattarlo.
Ci doveva essere qualcosa che…
«Zac» urlai, quando le sue mani cominciarono a torturarmi senza sosta.
Mi dimenai, cercando di scappare.
Quando finalmente riuscii ad alzarmi dal divano, Zac mi attirò verso di lui, facendomi sedere sulle sue ginocchia, per continuare la sua tortura.
«Non respiro» mi lamentai, ormai completamente senza forza.
Zac si fermò, sistemandomi i capelli dietro la schiena e dandomi un bacio sulla guancia.
Almeno ci provò, perché voltai il viso di scatto, facendo incontrare le nostre labbra.
Sussultai al contatto con la sua bocca, e mi abbandonai  contro di lui sentendomi fremere.
Strofinò la punta del suo naso contro al mio, sussurrando poi «questo è un bacio eschimese, lo sapevi?».
Il suo fiato caldo che entrava dalle mie labbra schiuse per solleticare la mia lingua, i suoi occhi così azzurri vicini ai miei, quella fossetta sulla guancia sinistra… prima ancora di pensarci cominciai a baciarlo.
Senza staccare le nostre labbra, Zac mi fece spostare sul divano, fino a quando non mi sedetti sulle sue ginocchia.
Le mie mani corsero tra le sue ciocche corvine, giocandoci.
Le sue dita sfioravano le mie gambe, salendo lentamente per poi scendere.
Baciare Zac mi stava facendo perdere la cognizione del tempo.
All’improvviso, qualcuno suonò il campanello di casa.
«Chi è?» sussultai, smettendo di baciare Zac.
Oddio, e se fosse stata mamma?
Cosa le avrei raccontato?
Zac era spettinato e le sue labbra erano gonfie.
Non volevo nemmeno immaginare come ero conciata.
«Tua madre?» sussurrò Zac, sgranando gli occhi per il terrore.
«Non… non lo so». Cercai di alzarmi, cadendo dopo che con il piede avevo urtato il tavolino.
«Mac… mi uccide». Zac si portò le mani tra i capelli, scompigliandoli ancora di più.
«Stai qui, vado io. Se senti che è mia mamma assumi la faccia più normale che puoi». Cercai di sistemarmi la maglia che si era alzata e, dopo essermi raccolta i capelli in una coda perché non si vedesse che si erano arruffati, camminai lentamente verso la porta.
Speravo con tutto il cuore che non fosse mamma.
Un venditore di enciclopedie alle undici di sera era troppo improbabile?
Abbassai la maniglia con gli occhi chiusi, tenendo lo sguardo basso per non vedere l’espressione di chi c’era alla porta.
Converse blu.
«Mac, tutto bene?» mormorò la voce di Francis. 
Francis.

Che cosa ci faceva a casa mia? «Che cosa ci fai qui?» sbottai, guardandolo confusa, sollevata e irritata.
Ero felice che non fosse mamma, ma… aveva interrotto un momento romantico. 
«Stai bene? Sembri sconvolta» ripeté, appoggiandomi una mano sulla spalla. 
«Muoviti, entra». Presi una manica della sua felpa, strattonandolo perché entrasse in casa. 
«Mi vuoi dire che cosa c’è che non va?». Non risposi, camminai solamente verso il soggiorno.

Sentivo la presenza di Francis dietro di me. Un’ulteriore prova della sua presenza fu vedere il volto di Zac rilassarsi. 
«Francis Seth Hudson, ti odio» gridò Zac, appoggiando la nuca allo schienale del divano con un sospiro. 
«Oh. Voi… voi stavate». Continuava ad alternare gli sguardi tra me e Zac, senza aggiungere altro.

Io non riuscivo a rispondere; un po’ perché mi vergognavo e un po’ perché ero quasi sicura di essere ancora senza voce. 
«Sì, Francis. Stavamo pomiciando» sbottò Zac, facendomi ridere.

Non aveva di certo utilizzato strane metafore. Diretto, come sempre. 
«Scusatemi» sussurrò Francis, evidentemente imbarazzato, «non volevo interrompervi».

Sembrava davvero mortificato e mi fece tenerezza. Dovevo per forza spiegargli la situazione: «Non è perché ci hai interrotto, è perché non sapevamo chi potesse essere». Mi sedetti di fianco a Zac, sul divano. 
«Adesso, potresti gentilmente spiegarmi che diavolo sei venuto a fare a casa della mia ragazza a mezzanotte e mezza passata?» domandò Zac incrociando le braccia al petto, subito dopo essersi sistemato la maglia.

«Io… Ashley… noi…» cominciò a balbettare Francis, senza spiegare nulla. 
«Eh?» chiese Zac, sistemandosi gli occhiali sul naso con un gesto involontario. 
«Ci siamo baciati». Francis non si trattenne e dopo quella confessione cominciò a ridere.

Baciati?
«Cosa?» strillai, alzandomi in piedi e correndo verso di lui. «Francis, ripetilo». Appoggiai le mie mani sulle sue spalle, scuotendolo appena. Volevo accertarmi che fosse la verità ma che soprattutto fosse vero. 
«Ci siamo baciati. Cioè, l’ho baciata prima io, poi me ne sono andato e lei mi ha ricorso e ci siamo baciati. Un bacio vero. Non proprio vero vero, insomma…». Gesticolava, tanto. Segno evidente di quanto quella cosa l’avesse agitato. Non sapeva se guardare me o Zac, così alternava gli sguardi. 
«Con la lingua o no?» domandò pratico Zac, guadagnandosi una mia occhiataccia. «Che c’è? Ho chiesto» si difese, facendo spallucce. 

Stava diventando un po’ troppo volgare, oltre al fatto che si atteggiava troppo da saputello.
«No. Ma… non era come a Stanford» spiegò Francis. 

Forse questa volta nessuno dei due si era pentito.
Magari il mio desiderio di vederli come coppia si sarebbe avverato.
«Oh, Francis! Sono così felice per voi» urlai gioiosa, abbracciandolo di slancio. 
«Ma… ma non abbiamo detto niente, perché è arrivato Eric, ed è subito entrata in casa». Aspettò che sciogliessi l’abbraccio prima di spiegarmi come erano andate le cose.

Eric?
Il fratello di Ash? 
«Eric vi ha visti?» domandai, sorpresa. 
«Sì… per quello abbiamo smesso di baciarci…». Si schiarì la voce, guardando Zac. Seguii il suo sguardo e lo trovai con la bocca aperta, come un pesce lesso. 
«Eric ti ha visto e sei ancora vivo?» tornai poi a chiedere, concentrandomi su Francis. 
«Se non sono morto e non sto comunicato tramite la mia proiezione astrale, direi che sono ancora vivo. Ma credo sia solo perché Ashley l’ha costretto a rientrare» scherzò. 

Era felice, si poteva vedere anche dal bellissimo sorriso che non nascondeva.
«Ti ha riconosciuto?» domandò Zac, alzandosi dal divano. 
«No, non credo». Sembrava abbastanza sicuro, ma c’era qualcosa che non aveva detto, potevo capirlo dal suo sguardo che non voleva incontrare il mio. Quando Francis faceva così non era completamente sincero. 
«Che figata! Adesso quando lo saprà suo padre ti troverai senza una gamba» ghignò Zac, strofinandosi le mani, soddisfatto. 
«Zac…» lo ammonii, tirandogli uno schiaffo sullo stomaco. Non era il momento di scherzare; ero un po’ preoccupata per Francis. 
«Che c’è? Lo sanno tutti che il padre di Ash è protettivo e geloso. Adesso che Eric sa che qualcuno ha baciato la sua sorellina, Francis deve guardarsi le spalle. Non potrà stare tranquillo nemmeno quando dorme» sottolineò Zac, circondandomi le spalle con un braccio. 
«Grazie Zac… mi hai davvero rassicurato» mormorò ironicamente Francis, sedendosi sul divano. 
Quella battuta di Zac aveva messo di malumore Francis.

«Non dire così Francis» sussurrai, sedendomi di fianco a lui. Si era appena baciato con Ashley, non poteva essere triste.
«E cosa dovrei dire? Non sono di certo come Alex, io. Anche se dovessi davvero piacere ad Ashley, suo padre non mi accetterebbe mai» sbuffò, passandosi una mano tra i capelli. 
«Non deve mica decidere suo padre, no? Deve decidere Ashley» sbottò Zac. 

Quella sua frase, così vera, mi fece sorridere.
Zac aveva pienamente ragione e io stessa la pensavo come lui, ma avevo conosciuto i genitori di Ash e sapevo che suo padre era protettivo con lei.
Qualcosa però mi faceva credere che non fosse totalmente contrario a Francis.
Era un ragazzo intelligente, con la testa sulle spalle, che sapeva quello che voleva, a differenza di Alex, interessato solo al football.
«Tu non capisci… per te è facile, la mamma di Mac ti conosce e sono sicura che quando lo saprà sarà felicissima. Ma, lui…» continuò Francis, appoggiando i gomiti alle ginocchia. Mi faceva tenerezza. 
«Felicissima di cosa, ragazzi?». Sussultammo tutti e tre non appena la voce di mia mamma parlò alle nostre spalle. 

Da dove era arrivata?
Perché nessuno l’aveva sentita chiudere la porta di casa?
E soprattutto… quanto era riuscita a sentire del nostro discorso?
«Ops» sussurrò Francis, guardando me e Zac. «Io… io andrei a casa, adesso… ci vediamo domani»  balbettò pieno di vergogna, incamminandosi verso la porta. 

Gentile da parte sua.
Lasciava che fossimo io e Zac a confessare la nostra storia, cominciata da un giorno, tra l’altro.
«Credo che andrò a casa anche io…» farfugliò Zac, infilandosi la felpa per andare via. 
No, non mi avrebbe lasciata da sola.

Avremmo affrontato quell’argomento assieme. «No, Zac… rimani». Appoggiai una mano sul suo braccio, trattenendolo. 
«Tesoro, che succede?» chiese perplessa mamma guardandoci entrambi.

Dovevo dirglielo. Dovevamo dirglielo.
Presi un respiro profondo, prima di iniziare a parlare.
«Mamma… io e Zac…» cominciai, incapace di continuare.
Era molto peggio di quello che mi ero sempre immaginata.
Un po’ perché temevo una sua reazione esagerata e un po’ perché era la prima volta e non sapevo bene quali parole utilizzare.
«Io e Mac stiamo assieme» tagliò corto Zac, stupendomi.
«Come, prego?» chiese mamma stupita.
Non era arrabbiata, semplicemente… sorpresa.
«Io e Mac stiamo assieme» ripeté Zac, cercando la mia mano per stringerla.
Aumentai la presa, infondendogli un po’ di coraggio.
«Oh ragazzi» esclamò mamma, avvicinandosi a noi e abbracciandoci felice. «Sono così contenta! Zac, ti conosco da quando portavi il pannolino e so che sei un bravo ragazzo. Tratta bene la mia bambina». Interruppe l’abbraccio, per accarezzarmi una guancia.
Potevo sentire le mie gote bruciare per l’agitazione.
Però aveva reagito bene, almeno non si era arrabbiata.
«Io… sì, spero di sì» mormorò Zac, sistemandosi gli occhiali e spostandosi con un gesto meccanico i capelli dalla fronte.
«Vuoi una fetta di torta? Volete una fetta di torta per festeggiare?» chiese mamma, tutta eccitata per la notizia.

«No, credo sia meglio tornare a casa. È tardi» si scusò Zac, mortificato.
«Oh, sì. Certo. Allora vi saluto, io vado a riposare, visto che domani mattina devo svegliarmi presto». Ci sorrise, prima di cominciare a salire le scale, salutandoci.
«Be’, l’ha presa meglio del previsto» bofonchiai, ancora scossa.
«Sì, la torta» ghignò Zac, mentre gli pizzicavo un fianco.
Non doveva offendere mia mamma!
«Ehi! È stata gentile, non fare in modo che se ne penta».
Ero ancora incredula.
In ventiquattro ore mi ritrovavo con un ragazzo e una mamma che lo approvava.
«D’accordo, allora è meglio se torno a casa». Si avvicinò a me, abbracciandomi.
Le sue braccia mi strinsero talmente forte che mi mancò il respiro per qualche secondo.
«Zac» tossii, sperando che la smettesse.
Con una strana smorfia circondò il mio viso con le sue mani e si abbassò per darmi un bacio.
«Buonanotte, nanetta» soffiò sulle mie labbra, uscendo subito dopo.
Non l’avevo nemmeno salutato.
Si era chiuso la porta di casa mia alle spalle, lasciandomi intontita per quel bacio.

 
 
 
 
 
 
Salve ragazze!
Ecco un altro capitolo di questo spin-off. È il penultimo: ce ne sarà solo un altro e poi l’epilogo.
Credo che la storia non vi abbia pienamente soddisfatto e ammetto che mi dispiace, in ogni caso il prossimo capitolo tratterà una parte solo di Zac e Mac che nella storia principale non è nemmeno accennata.
Come sempre vi ringrazio per aver letto, aggiunto la storia ai preferiti, seguiti e da ricordare e me agli autori preferiti!
alla prossima settimana!


   
 
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