Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: controcorrente    24/01/2012    4 recensioni
"Una volta ho letto la favola della Canna e della Quercia, madame. La Quercia si faceva beffe della Canna accusandola di debolezza, perché quest'ultima non possedeva la stessa corteccia ruvida, né il tronco imponente. Quando però una forte tempesta si abbatté su di loro, la Quercia, dopo aver fatto resistenza alla forza del vento, fu abbattuta mentre la Canna, per quanto violente fossero le raffiche, si piegava senza mai spezzarsi. Mi è sempre piaciuta quella storia e sapete perché? Perché anche la pianta più debole all'apparenza, può resistere alle difficoltà più insopportabili, se mantiene la flessibilità. Per questo motivo, non credo che siate una persona priva di temperamento. Non conosco molto di voi ma so che avete un buon carattere e se siete riuscita a mantenerlo in questo modo malgrado tutto, allora dovete sicuramente avere una qualche forza che vi ha permesso di conservarvi in questo modo." Questa è una nuova storia nella quale trovere una protagonista un po'insolita ma che secondo me merita attenzione. Auguro a chi volesse darci un'occhiata, buona lettura.
STORIA CONCLUSA
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Generale Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Madri, famiglie e vicende varie'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cari lettori e lettrici, sono in periodo di esami e, essendomi laureata a dicembre devo recuperare i corsi iniziati a ottobre. Vorrei quindi scusarmi per ogni eventuale ritardo perché non è mia intenzione.

TUTTO CAMBIA PERCHE’RESTI UGUALE

Uno spuff! accompagnò il movimento di Marie, mentre si sedeva sulle scale, forzando l’armatura che sorreggeva le stoffe della gonna. Quanto stava succedendo era assurdo e fuori da ogni logica. Erin aveva appena finito di raccontare di come lei e il conte Girodelle erano riusciti a salvare Madame e non sapeva di cosa stupirsi, se dell’improvvisa collaborazione di quei due o del pericolo corso dalla donna –Non posso crederci- mormorò alla fine, svuotata da ogni altro pensiero –ero nei giardini e non mi sono accorta di niente…come è possibile?-

-Non è colpa vostra- rispose Girodelle con i suoi modi pacati –nessuno vi aveva fatto caso…solo Mademoiselle O’Neil se ne era accorta. E’merito suo se siamo intervenuti in tempo.-

Erin aggrottò la fronte. Non sopportava le maniere affettate di quel tizio…nemmeno quando servivano a metterla in buona luce. Le ricordavano troppo i vecchi clienti, anche se doveva ammettere, con un certo sgomento, che quel tipo, in caso di bisogno era all’altezza della sua preparazione militare.  In quel momento, per esempio, mentre stava esponendo la situazione della dama che Marie venerava tanto, era indecisa se andarsene oppure prenderlo a schiaffi, soltanto per fargli perdere quella faccia da bravo bambino che sfoderava in ogni momento. Per sua fortuna, era impegnata a controllare la salute della nobile, altrimenti non avrebbe saputo controllarsi. -Per vostra fortuna, non avete riscontrato nulla di grave…tranne un bello spavento. E voi- fece, rivolgendosi al militare- piantatela di adularmi in questo modo. Non lo sopporto.-

Marie fissò perplessa l’amica ma ciò che la sorprese maggiormente fu l’espressione irritata del soldato. –Credo- fece Victor, ricomponendosi leggermente- che sia opportuno, date le circostanze, mettere subito in chiaro le nostre divergenze. E’ chiaro che non vi piaccio e non posso più ignorare la cosa. Seguitemi ora…parleremo in luogo appartato, lontano da orecchie indiscrete.E’dannoso essere in disaccordo, visti i pericoli che ci circondano, e non voglio rischiare la mia vita in modo così inutile-

-Lo penso anche io- fu il commento dell’altra- se proprio vuoi sapere cosa penso di te e per quale motivo la tua sola presenza mi irrita così tanto, non vedo perché tu debba ignorarlo. Portami dove ti pare, tanto la cosa non ti piacerà per niente.-

Lasciò Madame alla novizia poi, senza degnare nessuno di uno sguardo, si incamminò verso la parte più fitta della boscaglia. In pochi attimi sparirono dalla loro vista. Man mano che avanzava, il rumore dell’orchestra si faceva sempre più lontano, sostituito dai colpi quasi ritmici dei suoi passi. Quella situazione le ricordò inizialmente la sua infanzia, quando suo zio, nei momenti in cui era particolarmente ubriaco, la inseguiva per la campagna, armato di cinghia. Subito scosse la testa, imponendosi di non perdere di vista quella persona. Non era tempo di perdersi dietro ad inutili ricordi. –Mi sembra che siamo già abbastanza lontani- osservò, fissando il lieve bagliore che le luci gettavano sulle cortecce degli alberi.

-Avete paura?- domandò il militare, fermandosi e tornando indietro sui suoi passi.

Erin fissò le piante, infastidita da quei modi. –IO NON HO PAURA!- esclamò furente, più forte di quanto avrebbe voluto.

-Ah no?- fece scettico il nobile.

L’altra se ne stette zitta. Aveva ragione ma non glielo avrebbe mai detto. Si rifiutava di pensare una cosa simile. Non voleva che quella sgradevole sensazione d’impotenza e di rabbia tornasse a galla, riducendo il suo raziocinio. –Non ho paura di uno come voi…-iniziò a dire, con voce più controllata, prima che le parole le morissero in gola. L’ombra di Victor incombeva su di lei, facendola sentire quasi piccola e debole. Era grande e scura, al punto da ricordarle gli anfratti in cui si nascondeva, quando i cugini la prendevano a sassate, così, giusto per la semplice noia. Istintivamente arretrò e quella mossa fu più che sufficiente per permettere all’altro di colpirla.

-A me- fece questi, avvicinandosi ulteriormente e chinandosi abbastanza da fissarla dritta negli occhi- sembra invece il contrario. Voi avete una maledetta paura, benché io vi abbia dimostrato che non sono un delinquente.-

Anche allora Erin non fiatò. –Quindi – proseguì il soldato- sono giunto alla conclusione che la tua sia tutta una scusa per nascondermi qualcos’altro.-

Calò un ‘improvviso silenzio, rotto solamente da quel vento gelido, tipico di un mese invernale. La donna si mordicchiò nervosamente il labbro. Le parole di quel tale non le piacevano per nulla, forse perché scavavano nella sua anima peggio dei clienti che avevano tratto piacere dal suo corpo martoriato. Non voleva rispondere, di questo ne era assolutamente convinta. Aveva chiuso i suoi scheletri nell’armadio, nel momento in cui aveva deciso di seguire Madame. Non poteva dimenticare…ma almeno, poteva forse esserle concesso di smettere di pensare a quel periodo vergognoso della sua vita?

-E sarebbe?- fece la sua lingua, prima ancora che il cervello si rendesse conto che la voce aveva agito senza il suo permesso.

Un ghigno si dipinse sul viso del militare. –Che c’è qualcosa che ti frena e non fa parte del presente. E’qualcosa nel tuo passato che sta qui- disse indicandosi la testa- e qui- passando infine sul petto. Per l’ennesima volta la donna arretrò. Girodelle non l’aveva nemmeno toccata eppure non riusciva a togliersi di dosso la sensazione quasi fisica di quelle parole. Una paura irrazionale prese nuovamente possesso di lei, insieme al ricordo dei discorsi di Geremia che la invitavano a confidarsi, a spiegargli i suoi timori. La fai facile, cocco si diceva, pensando al capocomico nessuna della compagnia era una puttana…che cavolo ne sai di come mi debba sentire?

Poteva fidarsi? Poteva dirgli la ragione per cui lo detestava tanto? Poteva aprire quel maledetto vaso di Pandora?

Il terrore prese possesso del suo corpo.

Era davvero in grado di mettere in chiaro tutto? E, qualora vi fosse riuscita,  quella persona  sarebbe stata capace di accettarla? Di non trattarla come un’appestata? E lei, sarebbe riuscita a mandar giù l’ennesimo boccone amaro della sua vita maledetta?

No, non poteva farcela.

Le gambe si mossero da sole, senza che lei se ne rendesse conto.

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 


Marguerite si guardò intorno, fissando il giardino. Il ricordo di quanto avvenuto poco prima era ancora lì, impresso nel suo cervello. Solo il corpo rimaneva inerte, lasciando che le immagini viaggiassero nella testa come proiettili impazziti. La conversazione con la sorella del collega di suo marito, le insinuazioni che le aveva rivolto, la fuga nel giardino e la sua…aggressione.

Fissò le sagome esanimi nel giardino. Erano avvolti dalla semioscurità, tanto da passare quasi inosservati. Istintivamente si alzò e, ignorando le occhiate perplesse della novizia e di quell’uomo alto e massiccio che era lì con loro, si avvicinò ai cadaveri. Sotto gli sguardi dei presenti, mosse la mano verso le forme di quei corpi freddi e, con mosse lente e misurate, li studiò, facendosi aiutare dal tatto. –Queste persone non sono membri della servitù di Gilbert- osservò- mi sembrano piuttosto dei sicari assoldati. Non capisco però la ragione di tutto questo.-

-Ne siete certa, Madame De Jarjayes?- domandò la novizia.

Marguerite annuì con maggiore decisione, rispetto a pochi minuti prima. –Le mani di queste persone sono coperte da calli solo in punti ben precisi e sono tipici di chi maneggia spesso le armi. Mio marito e mia figlia li avevano…per questo…-iniziò a dire.

-De Jarjayes?- la interruppe improvvisamente una voce.

Entrambe le donne si voltarono, incontrando l’espressione stralunata del gigante.  –Sì- fece Marie, con sicurezza- conoscete questo nome per caso?-

 

 


Era certa di averlo distanziato. Non lo vedeva da nessuna parte, né tantomeno sentiva il rumore dei suoi passi. ..eppure, malgrado quella quiete, non riusciva a rilassare i muscoli. Era una sensazione fastidiosa che con il tempo si era fatta sempre più intensa. Percorreva la boscaglia che, nel buio della notte, sembrava più fitta e densa del solito.

Improvvisamente si fermò, per riprendere un po’di fiato e valutare le sue mosse.

L’aria attorno a lei era gelida e immobile ma non vi faceva caso. Troppa era l’irritazione per concedersi qualche pensiero in proposito. Quel tale la provocava, qualunque cosa facesse. Più passava il tempo, più cresceva in lei il desiderio di andarsene…ed era solo il dubbio di non lasciare Marie al sicuro a frenarla, sebbene ciò comportasse un continuo travaso di bile. Non lo sopportava, non gli piaceva per niente. Troppo perfetto, troppo lontano da lei. Doveva allontanarlo da sé, per salvare quella parvenza di normalità che si era ostinata a conservare, malgrado tutto.

Fece per rimettersi in cammino, quando una mano calda la afferrò, tirandola verso di lei.

-Pensavi di essermi sfuggita?- disse la voce bassa di Victor.

Erin ebbe un sussulto. Si voltò di scatto, incontrando il viso del militare.

-Non è carino andarsene quando un discorso è a metà. Non va bene. Tutto questo comunque è per me una risposta più che sufficiente, per definire il vostro comportamento verso di me.- fece, avvicinandosi a lei e prendendola per le spalle.

Erin si immobilizzò, irrigidendo i tratti del viso.

Ugualmente, si appoggiò al suo orgoglio. Non avrebbe permesso a nessuno di vederla debole. Mai.

-Ah- fece, inarcando un sopracciglio- che altro volete dire? Vi ricordo che vi ho aiutato con quegli sgherri…non avete bisogno di continuare ad analizzare i miei modi.- Non voleva che quello proseguisse nei suoi discorsi. Non voleva che scartavetrasse la sua mente alla ricerca di qualcosa, solo per soddisfare il suo ego. Non glielo avrebbe permesso. Non ad un uomo…soprattutto nobile. Non ad un rappresentante di quella feccia umana. Fece per liberarsi ma la presa di Girodelle non si allentò.

–Che altro volete?- domandò, fissandolo torva.

L’espressione di quel soldato rimase calma e composta. –Conoscervi- fece- mi sembra ovvio.-

 

 

 

Nel giardino poco distante dal palazzo, era caduto un profondo silenzio. Marie fissava il gigante di fronte a lei con la stessa espressione che aveva avuto quando venne a conoscenza di quella diavoleria volante dei fratelli Montgolfier che aleggiava sui giardini di Versailles. ..ovvero stupore e scetticismo.

-Sì- rispose incerta- la conoscete?-

Alain si massaggiò il mento, con fare quasi pensieroso. Passò poi lo sguardo sul palazzo che si trovava alle sue spalle, prima di scrollare la testa, come divertito da qualche pensiero. –Lei, no di certo- rispose, indicando la dama - però sua figlia assolutamente sì.-

 

 

 

 

 

Erin rise amaramente.

–Conoscermi?- fece, indurendo improvvisamente il tono, più di quanto avesse mai fatto- Tu vuoi conoscermi?-

L’altro non rispose ma la donna non faticò a notare l’aspettativa che trapelava da ogni suo singolo gesto. Speranza che non era minimamente intenzionata a concedere. E questo lo capì pure il militare ma, ugualmente, tacque. Erin si avvicinò con passo felino verso di lui, approfittando del silenzio,ma subito fu chiaro al soldato che c’era qualcosa che non tornava. I movimenti di lei si erano fatti stranamente sinuosi e fluidi, cosa che non gli era mai capitato di vedere, da che l’aveva incontrata la prima volta…forse perché la sua osservazione si era sempre fermata all’abbigliamento, simile a colei che aveva alimentato molte delle sue illusioni.

Gli occhi di giada della donna erano attraversati da una strana fiamma che, man mano che si avvicinava, diventava sempre più nervosa e inquietante. Mai come in quel momento, il confronto tra Oscar e la persona che stava di fronte a lui appariva quanto mai contrastante.

Victor deglutì nervoso. Non sapeva spiegarsi la ragione, eppure si sentiva a disagio, come quando si era trovato a dover affrontare la folla assiepatasi fuori dal palazzo dove erano riuniti gli Stati Generali. L’espressione felina e beffarda di quel viso triangolare gliene dette  ulteriore conferma.

-E sia- fece, iniziando a sbottonarsi la camicia- ti farò vedere cosa sono.-

Girodelle strabuzzò gli occhi, sentendo distintamente il cuore fare un tonfo sordo nella sua cassa toracica, nel momento in cui Erin O’Neal iniziò piano piano a spogliarsi. E poco importava del freddo di quella sera, o del fatto che, poco più in là vi fosse il palazzo di colui che li ospitava.

Lei se ne infischiava, come aveva sempre fatto…e lui?

Semplicemente non sapeva cosa pensare.

 

 

 

 

Marguerite si voltò di scatto, fissando quel ragazzone alto e ben piazzato. –Siete certo, signore?- domandò- Sapete dove posso trovare la mia bambina?-

Alain la guardò.

-Siete la madre del comandante Oscar?- chiese a sua volta, perplesso.

Madame annuì.

-In persona- riferì grave –Ora però vorrei sapere come conoscete la mia bambina e, soprattutto, voglio sapere che fine ha fatto.-

Il gigante aprì la bocca, come se volesse dire qualcosa, prima di richiuderla di scatto e distogliere lo sguardo da lei. –Mi dispiace, Madame- fece, con aria dispiaciuta- ma temo di non potervi rispondere. La Francia non è ancora cambiata al punto da darmi le dovute sicurezze per i miei amici. Quanto alla persona che cercate, ho combattuto sotto il suo comando per molti mesi…ed ero lì, quel maledetto 14 luglio…Mi dispiace molto ma…-

-Ho visto le loro tombe, Monsieur.- fu il commento lapidario della dama.

 

 

La musica della festa inondava le orecchie dei presenti. Gilbert si muoveva tranquillo tra gli invitati, dispensando saluti e chiacchiere di circostanza. Sul viso campeggiava un’espressione seria e composta, tradita solo dallo strano scintillio degli occhi. Una luce colma di ambizioni e decisione, che gli era valsa il rispetto delle truppe e quella dei parigini. Guardava con placida sicurezza i personaggi che si trovavano nella sala, tutti riuniti per valutare la sua influenza e quanto potesse effettivamente contare nel nuovo panorama che si stava delineando.

Moltissimo, a giudicare da quegli sguardi ossequiosi.

Un pensiero che costituiva la premessa di una grandezza futura.

Improvvisamente, l’occhio cadde su una sagoma che gli era capitato di vedere solo poche volte, a causa della sua appartenenza all’aristocrazia non ammessa a Versailles.

Un sorriso serafico si dipinse su quel viso altero.

Non poteva sbagliarsi. Philippe d’Orleans, cugino del re e membro dell’Assemblea, si trovava lì.

E così sei venuto nella mia tana, Borbone.Sono proprio curioso di vedere quale sarà la tua mossa. pensò, prima d’incamminarsi a passo sicuro verso di lui.

-E’un vero piacere avervi qui, cittadino- esordì, da perfetto padrone di casa.

Philippe gli rivolse un sorriso canino. –Sono io a dovervi essere grato, comandante La Fayette- rispose- questa festa è magnifica, tanto da non far rimpiangere affatto le feste della vecchia e feudale Versailles.-

L’espressione di Gilbert si gelò, prima di rilassarsi nuovamente. Trovava seccante dover accogliere le stoccate da cicisbeo del cugino del re ma, come sempre, rimase zitto. Philippe d’Orleans era uno degli uomini più ricchi di Francia ed era chiaro a chiunque che, di tutti i Borbone rimasti nel Paese, fosse il solo dotato di un’ambizione degna di nota, l’unico con una mente machiavellica capace di approfittare di quel clima politico. Da quando la Bastiglia era caduta, lui era il solo della grande aristocrazia ad essere rimasto sul suolo francese, insieme ad alcuni ex-capi dell’esercito. Aveva sentito dire, inoltre, che qualcuno aveva visto il Generale De Jarjayes nel suo palazzo ma nessuna di quelle voci aveva avuto una reale conferma.

Questo mistero costituiva un ulteriore elemento per attirare l’attenzione…soprattutto visti i precedenti di quell’uomo. A quel pensiero, la bocca dell’uomo si strinse in una linea. Vecchi miti o meno, la figura del Generale non costituiva un problema degno di nota. Era sicuramente un valido strumento nelle mani di quel Borbone ma non era così stupido da credere che vi avesse una qualche funzione effettiva…non quanto il generale De Bouillé. Gli occhi scuri perlustrarono allora la stanza, ma non videro la sagoma tondeggiante di quell’uomo. Aveva visto sua sorella aggirarsi per la sala, dispensando sorrisi e chiacchiere melliflue. Più volte gli avevano detto di quella donna, soprattutto della sua bellezza sfolgorante…e, a giudicare dall’aspetto, Gilbert non poteva che dare atto che fossero chiacchiere vere.

-Immagino che fosse un bel posto…questa Versailles- commentò, mentre faceva ondeggiare il vino contenuto nel bicchiere- purtroppo ero impegnato a servire il mio Paese e non ho potuto godere della sua vista.-

Philippe si bloccò, incassando l’implicita accusa che l’altro gli rivolgeva. –Non era niente di particolare- liquidò, dopo una pausa un po’più lunga del solito- solo sfarzo e corruzione che hanno portato la Francia nella disperata condizione in cui ora ci troviamo.-

-Lo immagino- disse l’altro, distratto- ma converrete con me che occorre cambiare questo stato di cose. Serve un’azione esemplare, che possa dimostrare all’opinione dei francesi quanto voi, cittadino, siate deciso a portare avanti il vento di questa nuova era. Io ho la rivoluzione americana dalla mia…ma voi? Non bastano le belle parole, né i ricchi doni che vengono puntualmente elargiti per sostenere questo difficile e precario equilibrio. Questi non sono nobili.-

Gli occhi di falco di Philippe non lasciavano il suo viso, alla ricerca di un qualche indizio che mostrasse l’ombra di una qualche incertezza. Un vero peccato che Gilbert fosse piuttosto bravo nel giocare a carte.

-A cosa alludete?- domandò, mentre la testa viaggiava verso varie possibilità.

La musica del minuetto proseguiva, insieme alle danze. Un suono dolce e quasi capriccioso, che ricordava i balli passati.

-Ogni epoca richiede i suoi sacrifici- iniziò mellifluo Gilbert, prima di allontanarsi- qualche testa che salti fuori dai ranghi… per offrire il collo. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi*.-

Philippe lo guardò mentre metteva distanza da lui. Quel nobiluncolo da strapazzo era dotato di un’inaspettata sottigliezza politica. –Sagge parole, Comandante- mormorò, fissando il vino nero- Tutto cambia per rimanere uguale…mi dispiace per voi, perché non potrete beneficiarne.-

Allora, il capitolo è assai breve ma era necessario che fosse così. Mi sono ispirata al Gattopardo per le battute finali, di cui ho preso delle citazioni. Vorrei ringraziarvi per avermi letto fino a questo momento. Siete stati molto gentili. Madame prova a chiedere risposte ad Alain ma ottiene solo picche. Erin e Girodelle hanno un nuovo ennesimo e violento scontro e, per concludere, abbiamo un bel dialogo tra La Fayette e Philippe d’Orleans. Vi avviso subito. Non sempre le cose sono quello che sembrano e attenzione a La Fayette!

A presto!

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: controcorrente