Capitolo
Ventiquattro
u
Pov Elena
Altri due giorni erano trascorsi e
nulla sembrava cambiare. Tutti continuavano a ripetermi che il dolore sarebbe
passato con il tempo, che avrei portato Damon sempre con me e che il suo
ricordo un giorno mi avrebbe anche fatto sorridere e, invece, nulla cambiava.
I minuti passavano e diventavano ore,
le ore giorni e i giorni settimane, ma il ricordo di Damon continuava a farmi
troppo male, continuava a farmi versare copiose e salate lacrime che io non
riuscivo più a controllare.
Non facevo altro che ripensare a lui,
a noi, al nostro amore e più passava il tempo più mi domandavo come potessi
essere stata tanto sciocca da non aver capito prima cosa mi legasse a lui. Solo
adesso mi rendevo conto che forse alcuni legami nascono prima che c’è ne
accorgiamo, forse ci si attrae senza saperlo davvero. Così quello che sembra
nato per caso diventa la cosa più importante, la ragione di un lungo percorso
ed era questo che era successo a noi, a me e a lui.
“Elena possiamo?” mi chiese Stefan
bussando alla porta della camera di Damon.
Annuii impercettibilmente consapevole
che mi avrebbero sentito lo stesso e un attimo dopo lui insieme a Caroline
entrarono nella stanza.
Come sempre mi trovarono sdraiata a
letto a fissare il soffitto e in poco attimi si avvicinarono sedendosi nei due
rispettivi margini del letto.
“Che succede?” chiesi senza nemmeno
guardarli, ma consapevole che dovevano dirmi qualcosa.
“L’abbiamo trovata” mi rispose
Stefan.
“Chi?” domandai non capendo.
“Katherine” mi spiegò Caroline.
A quel punto distolsi lo sguardo dal
soffitto e presi a guardare Stefan.
“Che intenzioni hai?”
“Lo sai benissimo”.
“Che sei venuto a fare qui, allora?”
domandai non capendo perché venisse da me a raccontarmi la cosa.
“Voglio sapere…” provò a dire, ma lo
interruppi.
“Sai benissimo come la penso e no,
non ho cambiato idea. Anche se vai lì e la uccidi non riavrò…non riavremo
Damon” dissi riprendendo a guardare il soffitto.
Vidi i suoi occhi farsi lucidi e ne
compresi subito il motivo. Potevo leggere nel suo sguardo lo specchio del mio:
dolore e sofferenza, quel dolore e quella sofferenza capace di distruggerti
anima e corpo, di dilaniarti dentro fino a farti diventare una marionetta nelle
mani della vita.
Riuscivo a capire cosa lo spingesse a
desiderare la vendetta, ma allo stesso tempo quella conversazione non mi
interessava per nulla. Qualunque cosa succedesse nella mia vita o nel mondo in
generale non avrebbe cambiato niente e certo non avrebbe scaturito in me nessun
tipo di interesse.
“Katherine è in Georgia, capisci? Non
molto lontana da qui” prese a dire Caroline.
“Una mia vecchia conoscenza mi ha
avvisato di averla vista camminare tranquillamente per le strade di Atlanta.
Capisci? Tranquillamente. Ci ha distrutto l’esistenza e noi non dovremmo fare
finta di nulla?” continuò Stefan.
“Non so cosa vuoi da me, Stefan.
Insomma perché sei qui? Cosa vuoi che ti dica? Che ti dia la mia benedizione?”
dissi portandomi in posizione seduta sul letto e alzando leggermente la voce.
“Elena io…noi…” provò a dire.
“Te lo dico io perché sei qui. Sei
qui perché dentro di te sai che non ha senso ucciderla perché la sua morte non
cambierà nulla, la sua morte non sistemerà le cose e tu lo sai, sei qui perché
speri di convincere me che sia la cosa giusta quando il primo che deve
convincersi sei tu. Katherine ci ha già rovinato abbastanza la vita, non voglio
più sentir parlare di lei. Vuoi ucciderla? Bene, vai e uccidila, ma non venire
da me a chiedermi il permesso. Per me lei è già morta” gli urlai alzandomi dal
letto e afferrando un felpa prima di correre fuori dalla camera.
Scesi le scale di corsa e dopo aver
afferrato le chiavi della macchina uscii fuori mettendomi alla guida senza una
meta precisa. Non sapevo dove andare, sapevo solo che volevo allontanarmi da lì
dentro, da quella casa che ultimamente mi andava stretta, da quella casa che mi
ricordava troppi momenti felici.
Senza nemmeno accorgermene mi ritrovai
davanti al cimitero, davanti a quel posto in cui prima o poi saremmo andati
tutti, quel posto grigio dove non importa chi tu sia, quanto guadagni o che
titolo hai, non importa se tu sia vecchio, ricco o povero, importa solo quanto
sei stato capace di dare, quel luogo in cui si è ospiti naturalmente che lo
vogliamo o meno.
Posteggiai di tutta fretta e scesi
dalla macchina dirigendomi a passo spedito verso quel punto esatto in cui
andavo molto spesso negli ultimi due anni, verso la lapide dove erano stati sepolti
Grayson e Miranda Gilbert, quelle due persone che per me sarebbero stati per
sempre i miei veri genitori, coloro che mi avevano cresciuto e dato tutto
l’amore del mondo.
Mi sedetti a terra appoggiando le
spalle ad una vecchia statua proprio accanto alle lapidi e lì ferma come
pietrificata presi a guardare tutte le pietre tombali presenti rendendomi conto
solo in quel momento che in nessuno di esse ci avrei trovato Damon.
Non che mi servisse una tomba su cui
piangerlo, ma sapere che non c’era più nulla che mi legava a lui, neppure uno
stupido e insignificante pezzo di
marmo mi faceva stare male.
Andare al cimitero e vedere la lapide
dei miei genitori mi permetteva di sentirli in qualche modo vicini, mentre con
Damon questo non era possibile e più passavano i giorni, le settimane più
sembrava come se tutto mi allontanasse da lui, sembrava come se lui, il nostro
amore fosse stato solo tutto frutto della mia immaginazione.
Toccai il mio petto dove faceva bella
mostra di sé oltre al ciondolo con la verbena che mi aveva regalato Stefan
anche e soprattutto la collanina alla quale avevo inserito l’anello di Damon.
Lo strinsi nella mia mano più forte che potei, unico oggetto che, ormai, mi
ricordava che lui era esistito e che io l’avevo perso.
Restai lì ferma e immobile fino
quando iniziò a fare buio, dopodiché mi decisi a tornare in macchina. Diedi
un’occhiata al cellulare che avevo lasciato sul cruscotto e mi resi conto che
c’erano un sacco di chiamate da parte di Stefan e Caroline.
Non avevo nessuna voglia di parlare
con loro, a dire il vero non avevo voglia di parlare con nessuno. Decisi così
di mandargli un semplice messaggio per fargli sapere che stavo bene, almeno
questo glielo dovevo.
Aprii la rubrica messaggi e iniziai a
scrivere:
Sto bene, state tranquilli. Sono andata un po’ al cimitero a
trovare i miei. Non aspettatemi, stasera sento il bisogno di andare a dormire a
casa mia. Ci vediamo domani. Un bacio...Elena.
Inviai lo stesso messaggio sia a Stefan che a Caroline
e poi misi in moto con destinazione casa Gilbert.
Raggiunsi la mia meta in poco tempo e in fretta
posteggiai e scesi dalla macchina entrando dentro con le chiavi che portavo
sempre con me anche adesso che non vivevo più lì.
Quando aprii la porta di casa mi resi conto che non
c’era nessuno, c’era pace e tranquillità, segno che sia Jenna che Jeremy non
fossero in casa. Senza pensarci due volte mi diressi in cucina a prendere un
po’ di succo e quando raggiunsi il frigo mi resi conto che c’era un post-it
scritto di proprio pugno da Jenna:
Jeremy sono uscita con Rick. Resto a dormire da lui, mi
raccomando. Ti ho lasciato qualcosa in frigo, devi solo pensare a riscaldarlo.
A domani...
Sorrisi al pensiero di sapere Jenna insieme a Rick,
finalmente aveva trovato la persona giusta, una persona che la amasse e che la
rispettasse, una persona disposta a dare anche la sua vita per lei.
Presi il mio succo e mi diressi in camera, ma prima
diedi un’occhiata nella camera di Jeremy trovandola vuota e così dopo essere
entrata nella mia ed essermi seduta sul letto composi il suo numero e lo
chiamai.
Al quarto squillo rispose.
“Sorellina che succede?” mi chiese preoccupato senza
nemmeno dire pronto.
Capivo i motivi che lo spingevano a comportarsi in
quel modo. Nell’ultimo mese non mi ero mai fatta sentire e anche quando era lui
a venirmi a trovare cercavo sempre di evitare ogni tipo di contatto prolungato.
Jeremy mi conosceva bene e sapeva che i miei “sto
bene” erano solo bugie e non volevo che leggesse nei miei occhi tutta la mia
sofferenza.
“Nulla tranquillo. Volevo solo sapere dove sei” gli
domandai cercando di rassicurarlo.
“Da Bonnie. Stasera mi fermo da lei”.
“Ah ok” riuscii solamente a dire conscia dentro di me
che era una vera fortuna.
Avrei avuto casa tutta per me e avrei potuto piangere
tutte le mie lacrime senza avere il timore di far soffrire chi mi sentiva.
“Perché me lo chiedi?”
“Curiosità. Avevo solo voglia di sentirti, non posso?”
chiesi.
“Certo che puoi. Mi è solo sembrato strano”.
“Non deve”.
“Elena stai bene? Sei strana stasera. Vengo da te, vuoi?”
“No Jeremy, non serve davvero. Volevo solo sentire la
tua voce, nulla di più. Ci vediamo domani, ok?” gli dissi sperando di
convincerlo.
“Ok tesoro come vuoi. Mi raccomando”.
“Mi raccomando io a te” provai a scherzare maliziosa
sperando così di rendere credibile il fatto che stessi bene.
“Te la saluto, ok?”
“Si certo, divertitevi”.
Non gli diedi nemmeno il tempo di rispondere che
chiusi la telefonata spegnendo il cellulare e appoggiandolo al comodino. Non
volevo sentire nessuno, volevo finalmente godermi una serata di solitudine a
tutti gli effetti, una solitudine che quando vivi con due vampiri non puoi mai
avere perché ogni minimo gesto, rumore o sospiro sai che viene percepito da
loro.
Mi alzai dal letto e aprii la finestra in un gesto del
tutto involontario. Lo facevo sempre in passato, soprattutto quando sapevo che
Stefan sarebbe passato per farmi visita e non voleva che Jenna scoprisse le sue
visite notturne.
Dopodiché mi diressi in bagno gettandomi sotto la
doccia. Avevo bisogno di rilassarmi un po’. Restai lì per momenti interminabili
e quando mi sentii soddisfatta decisi di uscire.
Mi asciugai i capelli in modo frettoloso, poi mi
infilai un paio di pantaloncini da pigiama e una felpa di Damon. Da quando lui
non c’era più non potevo dormire se non indossavo qualcosa di suo. Non sapevo
spiegarmene il motivo, forse era tutto fattore psicologico, ma era così e non
potevo farci nulla. Avere qualcosa di suo addosso era come sentire lui vicino a
me e Dio solo sapeva quanto bisogno io ne avessi.
Avrei pagato qualunque cosa per riavere indietro un
unico ieri insieme a lui, ma sapevo che non era possibile. Nonostante avessi
scoperto un mondo fatto di esseri sovrannaturali e di magia sapevo che non si
poteva tornare indietro, ma soprattutto sapevo che non si potevano resuscitare
i morti.
Mi diedi una guardata allo specchio notando le
profonde occhiaie che solcavano i miei occhi e senza dilungarmi troppo tornai
in camera. Guardarmi allo specchio era l’ultima cosa che mi serviva in quel
momento.
Mi sdraiai sul letto a pancia in giù dando le spalle
alla finestra e alla scrivania e presi il mio peluche preferito stringendolo a
me e in quel momento non potei fare a meno di pensare a tutte le volte in cui
Damon si era intrufolato in camera mia e sdraiandosi sul letto aveva
giocherellato con quel peluche conscio che la cosa mi avrebbe infastidito.
In un impeto di nostalgia strinsi il peluche ancora
più forte quasi a stritolarlo e una lacrima solitaria prese a scendere dai miei
occhi.
“Se continui così finirai per farlo a pezzi” disse
all’improvviso una voce dietro di me.
“È già a pezzi” risposi io conscia del fatto che
possedevo quel peluche da quando ero molto piccola e, ormai, l’avevo ridotto
quasi a brandelli.
Sentii da dietro un sospiro prolungato e una risata sommessa
e solo in quel momento ripresi lucidità di me stessa e cercai di analizzare
cosa fosse successo.
Quella voce, la voce che aveva appena parlato non era
una normale voce, era quella voce che avrei riconosciuto ovunque, quella voce che riconoscevo sempre
con emozione, che fossi sveglia o addormentata, quella voce che avrei
riconosciuto persino da morta, quella voce per cui ero disposta a camminare nel
fuoco, oppure, senza esagerare, a sguazzare per una vita intera sotto un’interminabile
pioggia fredda, quella voce per cui avrei pure donato la mia vita.
Non appena realizzai tutto questo mi
alzai velocemente dal letto e mi voltai di scatto per vedere chi ci fosse, ma
dietro di me c’era solo il vuoto, un terribile e insopportabile vuoto.
La mia immaginazione mi aveva giocato
un brutto scherzo. Stavo davvero diventando pazza perché era impossibile che io
avessi potuto sentire davvero la voce di Damon, la voce dell’uomo che amavo più
di ogni altra cosa al mondo.
“Damon” riuscii solamente a
sussurrare mentre le lacrime presero a bagnarmi le guance.
Mi voltai di nuovo dando le spalle
alla finestra e non appena lo feci vidi l’ultima cosa che avrei mai immaginato
di vedere.
A pochissimi millimetri dal mio viso
c’è ne era un altro che non avrei mai più pensato di poter vedere, non di nuovo
almeno, non dopo quello che era successo.
“Mi ha chiamato?” disse l’uomo
davanti a me sorridendomi come solo lui sapeva fare.
Avevo appena sussurrato il suo nome e
adesso lui mi chiedeva se lo avessi chiamato? Doveva essere tutto un sogno,
oppure la mia immaginazione mi stava davvero giocando un bruttissimo scherzo.
“Damon” ripetei nuovamente
guardandolo attentamente.
Non poteva non essere lui. Era il suo
corpo, il suo viso, i suoi capelli, i suoi occhi, ecco proprio gli occhi non
potevano farmi cadere in inganno, erano i suoi. Due pozze di cielo che
splendevano solo per me e poi il sorriso, quel sorriso dannatamente sfacciato
che solo lui sapeva fare.
Lo vidi avvicinarsi ancora di più e
quando fu ad una spanna dal mio viso posizionò le sue mani sul mio viso e fu
allora che sentii anche il suo inconfondibile odore. Era lui, non poteva essere
altrimenti.
Aprii la bocca per provare a dire
qualcosa, ma non ne uscii una sola sillaba e lui ne approfitto per fare
qualcosa che i suoi occhi stavano bramando di fare dal primo momento in cui
l’avevo visto pochi attimi prima.
Prima ancora che io potessi rendermi
conto di cosa stava succedendo sentii le sue labbra premere sulle miei e mi
bastò questo per avere la conferma che attendevo. Era Damon, solo lui era in
grado di baciarmi in questo modo.
Mi avvicinai a lui stringendolo a me
in modo spasmodico, come se avessi paura che potesse sfuggirmi dalle mani e
ricambiai il suo bacio con tutto l’amore che avevo dentro.
Non era una bacio casto, non lo era
per nulla, anzi tutto il contrario. Era un bacio che sapeva di separazione e
dolore, di angoscia e sofferenza, di bisogno e possesso, di amore e desiderio.
Non sapevo come fosse possibile,
forse era solo frutto di un sogno, ma sogno o realtà non mi importava, avevo
Damon tra le braccia e volevo godermi il momento indipendentemente se fosse
vero o meno.
Si staccò da me dopo minuti
interminabili, ma io lo costrinsi ad avvicinarsi di nuovo per un altro bacio e
quando alla fine si impose di staccarsi mi guardò con i suoi occhi cerulei e mi
fissò come se anche lui avesse paura che svanissi da un momento all’altro.
“Ti amo Elena” mi disse solamente
prima di catturare le mie labbra in un nuovo bacio.
Lo strinsi più forte a me godendo del
momento, godendo di quel “ti amo” troppo spesso sognato in quel lungo mese e
quando lo vidi prendermi in braccio e adagiarmi sul letto mi sentii come non mi
sentivo da troppo tempo, mi sentii come non credevo di potermi sentire di
nuovo.
Su quel letto ci amammo per la prima
volta visto che in passato non era mai successo di farlo in camera mia e mi
sembrò come se quella fosse stata la prima volta in assoluto.
Quando lo sentii entrare dentro di me
tutto sembrò svanire, il dolore, le sofferenze, le angosce di quei giorni,
tutto era sparito per fare spazio a qualcosa di più grande qualcosa che portava
un solo nome: Amore, ma non un amore qualsiasi, ma quello con la A maiuscola,
quello che non ti fa dormire la notte e non ti fa essere razionale, quello per
cui daresti anche la tua vita.
Quando entrambi raggiungemmo l’apice
ci sdraiammo sfiniti l’uno accanto all’altra con la mia testa sul suo petto.
“Mi sveglierò da tutto questo e farà
male” dissi più a me stessa che a lui.
“Sei già sveglia amore mio” furono le
sue uniche parole.
La dolcezza disarmante con la quale
aveva pronunciato quell’ “amore mio” mi lasciarono senza fiato.
“Mi hai lasciata da sola” dissi.
“Lo so, ma non succederà più. Da
adesso in poi saremo sempre io e te, per sempre”.
“Non mentire Damon, quando mi
sveglierò tutto questo svanirà”.
Non appena pronunciai quelle parole
vidi lui scostarmi dal suo petto facendo scontrare i nostri occhi. Prese il mio
volto tra le mani e mi fissò intensamente.
“Elena guardami, non stai sognando,
non è un sogno. Io sono qui e ci sarò sempre”.
“Tu non puoi essere qui, tu sei
morto”.
“No, no che non lo sono. È stata
tutta una finzione. Katherine ha inscenato tutto” mi disse e al sentire quelle
parole mi rizzai a letto sconvolta.
“Cosa?” chiesi sconvolta non
riuscendo a capire bene la situazione “io ho visto il tuo anello, le tue
ceneri” prosegui.
“Non erano le mie ceneri. Katherine
ha ucciso un vampiro e vi ha fatto trovare le sue ceneri per farvi credere che
fossi io, quanto all’anello beh quello è mio davvero, anzi, se me lo
restituisci te ne sarei grato. Sai non è così bello dover restare chiuso in
casa e poter uscire solo la notte” mi disse assumendo un tono beffardo quando
aveva parlato dell’anello.
Istintivamente portai una mano sul
mio collo stringendo nel pugno l’anello di Damon, ma allo stesso tempo guardavo
lui.
“Non è possibile. Perché? Perché
tutto questo?” domandai sconvolta.
“Katherine era a conoscenza di due
modi per curare un morso di licantropo. Uno, il più sicuro ed efficace, era il
sangue di Klaus, ma c’è lo siamo giocati visto che l’abbiamo ucciso, il secondo
era un antidoto di cui aveva sentito parlare ad Emily in passato, ma che non
era sicura potesse funzionare. Così ha deciso di farvi credere che fossi morto
in modo tale che voi foste già preparati all’evenienza se l’antidoto non avesse
funzionato” iniziò a spiegarmi lui.
“Continua” lo esortai.
“Non voleva che io o Stefan morissimo
e quando si è resa conto che il suo stupido piano gli è sfuggito di mano voleva
tornare indietro, ma era troppo tardi. Sapeva che l’avrei trovata anche in capo
al mondo e l’avrei uccisa. Così ha trovato il licantropo ed è successo quel che
è successo. Quando si è resa conto di quello che ha fatto, però, ha deciso di
tornare indietro sui suoi passi e così consapevole che poteva esserci una cura
per salvarmi mi ha portato via con lei per cercare l’antidoto”.
“Perché non ne ha parlato con noi
allora?”
“Perché non era sicura che avrebbe
funzionato e Katherine a modo suo ama davvero Stefan. Non sarebbe riuscita a
sopportare lo sguardo ferito e arrabbiato di lui se avesse fallito, così ha
pensato bene di inscenare la mia morte. Se tutto fosse andato come sperato
sarei tornato da voi, se così non fosse stato tutti avreste pensato che la
cattiva e sadica Katherine mi aveva messo fuori gioco”.
“Ma Stefan avrebbe potuto cercarla,
avrebbe potuto ucciderla. Voleva farlo” spiegai a lui.
“Ne era cosciente lei, ma ha puntato
su di te. Era sicura che non lo avresti permesso, che avresti convinto Stefan
che uccidere lei non vi avrebbe restituito me, era certa che lo avresti
convinto a non fare niente visto che finalmente vi eravate liberati di lei” mi
spiegò guardandomi intensamente negli occhi.
Fu solo in quel momento che realizzai
davvero che quello davanti a me non era un sogno, ma era davvero il mio Damon e
che stava benissimo.
Non lo feci più parlare perché mi
gettai tra le sue braccia riempiendolo di baci e lui non sembrò disnegare per
nulla.
Dopo un paio di minuti mi staccai per
guardarlo negli occhi e fu allora che lui prese di nuovo a parlare.
“Non vuoi sentire il resto della
storia?” mi domandò sorridendomi.
“Solo se prima mi prometti che non te
ne andrai mai più e che staremo insieme sempre”.
“Te lo prometto Elena. Insieme per
sempre” mi disse guardandomi serio.
Mi avvicinai e lo baciai a fior di
labbra.
“Ti amo” gli dissi dopo un altro
bacio “e adesso continua” conclusi.
“Mi ha portato in Georgia, ad Atlanta
ed è stato lì che mi ha curato”.
“Quindi è lei che ti ha salvato?”
domandai.
“No, sei stata tu”.
“Non prendermi in giro scemo”.
“No, dico sul serio. Sei stata tu a
salvarmi”.
“Che diavolo stai dicendo?”
“Emily nel lontano 1864 raccontò a
Katherine che il sangue delle dopplanger ha poteri speciali e che può essere
uno speciale antidoto per diversi problemi che colpiscono le creature
sovrannaturali. Ovviamente lei non ha dato molto peso alla cosa, ma più avanti
negli anni ha fatto delle ricerche e ha scoperto che il sangue della dopplanger
umana ha davvero dei poteri. Comunque alla fine mi ha portato in una vecchia
villa disabitata e lì ha fatto delle ricerche scoprendo che per salvarmi
serviva il sangue di un vampiro e quello di un licantropo, ma il vero antidito
era legare questi due gruppi sanguigni con il sangue della dopplanger. È come
se il tuo sangue unendosi a quello di vampiro e di licantropo crei un miscuglio
in grado di curare il morso di licantropo” mi spiegò cercando di essere il più
chiaro possibile.
“Mi stai dicendo che è stato il mio
sangue a salvarti?”
“Conosci qualche altra dopplanger ancora
umana in circolazione?” mi domandò beffardo.
“Ma io non ho dato il mio sangue a
nessuno” gli spiegai.
“Lo so. È stata Katherine a prenderlo
senza che tu te ne accorgessi. Un pomeriggio ha aspettato che Stefan e Caroline
non fossero in casa per intrufolarsi nella mia camera mentre tu dormivi. Ti ha
ammaliata con un sogno e ha preso la quantità necessaria di sangue, poi è
sparita e ovviamente tu non ricordi nulla”.
“No, assolutamente nulla”.
“È così che doveva essere”.
“Ha usato il suo sangue di vampira?”
“Si certo, mentre per quello di
licantropo ha preso quello di Cam, il lupo che mi ha morso. Gliene aveva preso
un po’ mentre lui era ancora in vita perché a detta di lei sarebbe potuto
sempre essere utile”.
“Ma perché allora ci hai messo così
tanto a tornare?”
“Katherine ha impiegato due settimane
per capire come dovesse funzionare l’antidito e quest’ultimo non era rapido
come lo sarebbe stato il sangue di Klaus. Ci voleva del tempo perché facesse
effetto e soprattutto una sola dose non era sufficiente. Ci ho messo molto a
riprendermi, altrimenti sarei tornato molto prima”.
“Quando avete capito che funzionava
potevate avvisare”.
“No, non potevamo. Dovevamo essere
sicuri”.
“Damon…” provai a dire, ma lui mi
interruppe.
“Voglio che tu sappia che io non
sapevo nulla di tutto questo. Ho iniziato a capire come stavano le cose dopo
che Katherine ha iniziato a farmi bere l’antidito e solo alla fine, quando
stavo già bene, mi ha spiegato tutto. Non le avrei mai permesso di avvicinarsi
a te altrimenti, men che meno di prenderti del sangue”.
“Beh allora sia lodata Katherine che
non te l’ha detto. Protettivo come sei avresti preferito morire piuttosto che
prendermi del sangue. Tu sei impossibile” lo rimproverai.
“Io sono solo innamorato” mi disse e
al sentire quelle parole non riuscii a non sorridere.
Mi avvicinai e lo baciai a fior di
labbra e quando ci staccammo lo vidi sorridere.
“Sei piuttosto pallida amore” mi
disse e solo a sentir pronunciare la parola amore
un sorriso spontaneo mi si dipinse sul volto.
Capii subito che la sua era una
battuta poiché il suo sorriso sornione la diceva lunga.
“Ah si?” domandai reggendogli il
gioco.
“Si, sei pallida. Hai finito il
rossetto o hai sofferto per la mia assenza?” mi chiese e mi resi subito conto
che non poteva che essere il mio Damon quello di fronte a me.
Non sapevo cosa pensare, come
comportarmi, ma una cosa era certa. Qualunque cosa fosse successa in quel mese
non mi interessava, nulla, ormai, aveva più importanza, l’unica cosa che
contava era che in qualche modo e per qualche scherzo del destino Damon era
vivo ed era tornato da me.
“Ti amo Damon, più di quanto tu possa
immaginare” gli soffiai ad un palmo dalle sue labbra.
“Mai quanto ti amo io” mi rispose lui
baciandomi con assoluta e inconfutabile passione.
“Sei rimasto sempre il solito
presuntuoso” lo ammonii quando ci staccammo.
“Ovvio, ma tu mi ami anche per
questo” fu la sua unica risposta prima di avvicinarsi a me facendomi sdraiare
di nuovo sul letto posizionandosi sopra di me.
Eravamo insieme di nuovo e stavolta
sapevo che sarebbe stato per sempre.
Solo io, lui e il nostro amore.
SPAZIO AUTRICE:
Come promesso eccomi qui di nuovo. Come
avete certamente capito questo era l’ultimo capitolo di questa storia, ma
ovviamente prima di mettere davvero la parola fine ci sarà l’epilogo.
Visto che il prossimo sarà proprio la
chiusura definitiva della storia ho deciso di non lasciarvi nessuno spoiler.
L’epilogo sarà una sorpresa, quindi
niente anticipazioni. Metterò qualche puntino sulle “i” e vedremo come sono
andati avanti i miei Delena. Quindi aspettate l’epilogo, che posterò tra
qualche giorno.
Volevo ringraziare tutti coloro che
leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in
quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti
coloro che recensiscono.
Un bacione e grazie ancora.