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Autore: robsten23    28/01/2012    12 recensioni
Elena è finalmente salva e insieme a lei tutti i suoi amici e la sua città. Klaus è stato sconfitto e adesso tutti possono godersi momenti di serenità e tranquillità, ma siamo sicuri che la pace sia tornata davvero e che Elena non corra più nessun pericolo? E poi ci sono altri problemi da affrontare per lei, problemi di cuore.
Tratto dal prologo:
“Quando hai il cuore diviso tra due persone non sai nemmeno tu chi ami davvero e ti ritrovi ad un bivio.
Acqua o fuoco, terra o cielo, razionalità o irrazionalità, destra o sinistra, finito o infinito?
Stefan o Damon?
Il buono e onesto o il cattivo e ribelle?
Per chi batte davvero il cuore di Elena Gilbert?”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Ventiquattro

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Pov Elena

 

Altri due giorni erano trascorsi e nulla sembrava cambiare. Tutti continuavano a ripetermi che il dolore sarebbe passato con il tempo, che avrei portato Damon sempre con me e che il suo ricordo un giorno mi avrebbe anche fatto sorridere e, invece, nulla cambiava.

I minuti passavano e diventavano ore, le ore giorni e i giorni settimane, ma il ricordo di Damon continuava a farmi troppo male, continuava a farmi versare copiose e salate lacrime che io non riuscivo più a controllare.

Non facevo altro che ripensare a lui, a noi, al nostro amore e più passava il tempo più mi domandavo come potessi essere stata tanto sciocca da non aver capito prima cosa mi legasse a lui. Solo adesso mi rendevo conto che forse alcuni legami nascono prima che c’è ne accorgiamo, forse ci si attrae senza saperlo davvero. Così quello che sembra nato per caso diventa la cosa più importante, la ragione di un lungo percorso ed era questo che era successo a noi, a me e a lui.

“Elena possiamo?” mi chiese Stefan bussando alla porta della camera di Damon.

Annuii impercettibilmente consapevole che mi avrebbero sentito lo stesso e un attimo dopo lui insieme a Caroline entrarono nella stanza.

Come sempre mi trovarono sdraiata a letto a fissare il soffitto e in poco attimi si avvicinarono sedendosi nei due rispettivi margini del letto.

“Che succede?” chiesi senza nemmeno guardarli, ma consapevole che dovevano dirmi qualcosa.

“L’abbiamo trovata” mi rispose Stefan.

“Chi?” domandai non capendo.

“Katherine” mi spiegò Caroline.

A quel punto distolsi lo sguardo dal soffitto e presi a guardare Stefan.

“Che intenzioni hai?”

“Lo sai benissimo”.

“Che sei venuto a fare qui, allora?” domandai non capendo perché venisse da me a raccontarmi la cosa.

“Voglio sapere…” provò a dire, ma lo interruppi.

“Sai benissimo come la penso e no, non ho cambiato idea. Anche se vai lì e la uccidi non riavrò…non riavremo Damon” dissi riprendendo a guardare il soffitto.

Vidi i suoi occhi farsi lucidi e ne compresi subito il motivo. Potevo leggere nel suo sguardo lo specchio del mio: dolore e sofferenza, quel dolore e quella sofferenza capace di distruggerti anima e corpo, di dilaniarti dentro fino a farti diventare una marionetta nelle mani della vita.

Riuscivo a capire cosa lo spingesse a desiderare la vendetta, ma allo stesso tempo quella conversazione non mi interessava per nulla. Qualunque cosa succedesse nella mia vita o nel mondo in generale non avrebbe cambiato niente e certo non avrebbe scaturito in me nessun tipo di interesse.

“Katherine è in Georgia, capisci? Non molto lontana da qui” prese a dire Caroline.

“Una mia vecchia conoscenza mi ha avvisato di averla vista camminare tranquillamente per le strade di Atlanta. Capisci? Tranquillamente. Ci ha distrutto l’esistenza e noi non dovremmo fare finta di nulla?” continuò Stefan.

“Non so cosa vuoi da me, Stefan. Insomma perché sei qui? Cosa vuoi che ti dica? Che ti dia la mia benedizione?” dissi portandomi in posizione seduta sul letto e alzando leggermente la voce.

“Elena io…noi…” provò a dire.

“Te lo dico io perché sei qui. Sei qui perché dentro di te sai che non ha senso ucciderla perché la sua morte non cambierà nulla, la sua morte non sistemerà le cose e tu lo sai, sei qui perché speri di convincere me che sia la cosa giusta quando il primo che deve convincersi sei tu. Katherine ci ha già rovinato abbastanza la vita, non voglio più sentir parlare di lei. Vuoi ucciderla? Bene, vai e uccidila, ma non venire da me a chiedermi il permesso. Per me lei è già morta” gli urlai alzandomi dal letto e afferrando un felpa prima di correre fuori dalla camera.

Scesi le scale di corsa e dopo aver afferrato le chiavi della macchina uscii fuori mettendomi alla guida senza una meta precisa. Non sapevo dove andare, sapevo solo che volevo allontanarmi da lì dentro, da quella casa che ultimamente mi andava stretta, da quella casa che mi ricordava troppi momenti felici.

Senza nemmeno accorgermene mi ritrovai davanti al cimitero, davanti a quel posto in cui prima o poi saremmo andati tutti, quel posto grigio dove non importa chi tu sia, quanto guadagni o che titolo hai, non importa se tu sia vecchio, ricco o povero, importa solo quanto sei stato capace di dare, quel luogo in cui si è ospiti naturalmente che lo vogliamo o meno.

Posteggiai di tutta fretta e scesi dalla macchina dirigendomi a passo spedito verso quel punto esatto in cui andavo molto spesso negli ultimi due anni, verso la lapide dove erano stati sepolti Grayson e Miranda Gilbert, quelle due persone che per me sarebbero stati per sempre i miei veri genitori, coloro che mi avevano cresciuto e dato tutto l’amore del mondo.

Mi sedetti a terra appoggiando le spalle ad una vecchia statua proprio accanto alle lapidi e lì ferma come pietrificata presi a guardare tutte le pietre tombali presenti rendendomi conto solo in quel momento che in nessuno di esse ci avrei trovato Damon.

Non che mi servisse una tomba su cui piangerlo, ma sapere che non c’era più nulla che mi legava a lui, neppure uno stupido e insignificante pezzo di

marmo mi faceva stare male.

Andare al cimitero e vedere la lapide dei miei genitori mi permetteva di sentirli in qualche modo vicini, mentre con Damon questo non era possibile e più passavano i giorni, le settimane più sembrava come se tutto mi allontanasse da lui, sembrava come se lui, il nostro amore fosse stato solo tutto frutto della mia immaginazione.

Toccai il mio petto dove faceva bella mostra di sé oltre al ciondolo con la verbena che mi aveva regalato Stefan anche e soprattutto la collanina alla quale avevo inserito l’anello di Damon. Lo strinsi nella mia mano più forte che potei, unico oggetto che, ormai, mi ricordava che lui era esistito e che io l’avevo perso.

Restai lì ferma e immobile fino quando iniziò a fare buio, dopodiché mi decisi a tornare in macchina. Diedi un’occhiata al cellulare che avevo lasciato sul cruscotto e mi resi conto che c’erano un sacco di chiamate da parte di Stefan e Caroline.

Non avevo nessuna voglia di parlare con loro, a dire il vero non avevo voglia di parlare con nessuno. Decisi così di mandargli un semplice messaggio per fargli sapere che stavo bene, almeno questo glielo dovevo.

Aprii la rubrica messaggi e iniziai a scrivere:

Sto bene, state tranquilli. Sono andata un po’ al cimitero a trovare i miei. Non aspettatemi, stasera sento il bisogno di andare a dormire a casa mia. Ci vediamo domani. Un bacio...Elena.

Inviai lo stesso messaggio sia a Stefan che a Caroline e poi misi in moto con destinazione casa Gilbert.

Raggiunsi la mia meta in poco tempo e in fretta posteggiai e scesi dalla macchina entrando dentro con le chiavi che portavo sempre con me anche adesso che non vivevo più lì.

Quando aprii la porta di casa mi resi conto che non c’era nessuno, c’era pace e tranquillità, segno che sia Jenna che Jeremy non fossero in casa. Senza pensarci due volte mi diressi in cucina a prendere un po’ di succo e quando raggiunsi il frigo mi resi conto che c’era un post-it scritto di proprio pugno da Jenna:

Jeremy sono uscita con Rick. Resto a dormire da lui, mi raccomando. Ti ho lasciato qualcosa in frigo, devi solo pensare a riscaldarlo. A domani...

Sorrisi al pensiero di sapere Jenna insieme a Rick, finalmente aveva trovato la persona giusta, una persona che la amasse e che la rispettasse, una persona disposta a dare anche la sua vita per lei.

Presi il mio succo e mi diressi in camera, ma prima diedi un’occhiata nella camera di Jeremy trovandola vuota e così dopo essere entrata nella mia ed essermi seduta sul letto composi il suo numero e lo chiamai.

Al quarto squillo rispose.

“Sorellina che succede?” mi chiese preoccupato senza nemmeno dire pronto.

Capivo i motivi che lo spingevano a comportarsi in quel modo. Nell’ultimo mese non mi ero mai fatta sentire e anche quando era lui a venirmi a trovare cercavo sempre di evitare ogni tipo di contatto prolungato.

Jeremy mi conosceva bene e sapeva che i miei “sto bene” erano solo bugie e non volevo che leggesse nei miei occhi tutta la mia sofferenza.

“Nulla tranquillo. Volevo solo sapere dove sei” gli domandai cercando di rassicurarlo.

“Da Bonnie. Stasera mi fermo da lei”.

“Ah ok” riuscii solamente a dire conscia dentro di me che era una vera fortuna.

Avrei avuto casa tutta per me e avrei potuto piangere tutte le mie lacrime senza avere il timore di far soffrire chi mi sentiva.

“Perché me lo chiedi?”

“Curiosità. Avevo solo voglia di sentirti, non posso?” chiesi.

“Certo che puoi. Mi è solo sembrato strano”.

“Non deve”.

“Elena stai bene? Sei strana stasera. Vengo da te, vuoi?”

“No Jeremy, non serve davvero. Volevo solo sentire la tua voce, nulla di più. Ci vediamo domani, ok?” gli dissi sperando di convincerlo.

“Ok tesoro come vuoi. Mi raccomando”.

“Mi raccomando io a te” provai a scherzare maliziosa sperando così di rendere credibile il fatto che stessi bene.

“Te la saluto, ok?”

“Si certo, divertitevi”.

Non gli diedi nemmeno il tempo di rispondere che chiusi la telefonata spegnendo il cellulare e appoggiandolo al comodino. Non volevo sentire nessuno, volevo finalmente godermi una serata di solitudine a tutti gli effetti, una solitudine che quando vivi con due vampiri non puoi mai avere perché ogni minimo gesto, rumore o sospiro sai che viene percepito da loro.

Mi alzai dal letto e aprii la finestra in un gesto del tutto involontario. Lo facevo sempre in passato, soprattutto quando sapevo che Stefan sarebbe passato per farmi visita e non voleva che Jenna scoprisse le sue visite notturne.

Dopodiché mi diressi in bagno gettandomi sotto la doccia. Avevo bisogno di rilassarmi un po’. Restai lì per momenti interminabili e quando mi sentii soddisfatta decisi di uscire.

Mi asciugai i capelli in modo frettoloso, poi mi infilai un paio di pantaloncini da pigiama e una felpa di Damon. Da quando lui non c’era più non potevo dormire se non indossavo qualcosa di suo. Non sapevo spiegarmene il motivo, forse era tutto fattore psicologico, ma era così e non potevo farci nulla. Avere qualcosa di suo addosso era come sentire lui vicino a me e Dio solo sapeva quanto bisogno io ne avessi.

Avrei pagato qualunque cosa per riavere indietro un unico ieri insieme a lui, ma sapevo che non era possibile. Nonostante avessi scoperto un mondo fatto di esseri sovrannaturali e di magia sapevo che non si poteva tornare indietro, ma soprattutto sapevo che non si potevano resuscitare i morti.

Mi diedi una guardata allo specchio notando le profonde occhiaie che solcavano i miei occhi e senza dilungarmi troppo tornai in camera. Guardarmi allo specchio era l’ultima cosa che mi serviva in quel momento.

Mi sdraiai sul letto a pancia in giù dando le spalle alla finestra e alla scrivania e presi il mio peluche preferito stringendolo a me e in quel momento non potei fare a meno di pensare a tutte le volte in cui Damon si era intrufolato in camera mia e sdraiandosi sul letto aveva giocherellato con quel peluche conscio che la cosa mi avrebbe infastidito.

In un impeto di nostalgia strinsi il peluche ancora più forte quasi a stritolarlo e una lacrima solitaria prese a scendere dai miei occhi.

“Se continui così finirai per farlo a pezzi” disse all’improvviso una voce dietro di me.

“È già a pezzi” risposi io conscia del fatto che possedevo quel peluche da quando ero molto piccola e, ormai, l’avevo ridotto quasi a brandelli.

Sentii da dietro un sospiro prolungato e una risata sommessa e solo in quel momento ripresi lucidità di me stessa e cercai di analizzare cosa fosse successo.

Quella voce, la voce che aveva appena parlato non era una normale voce, era quella voce che avrei riconosciuto ovunque, quella voce che riconoscevo sempre con emozione, che fossi sveglia o addormentata, quella voce che avrei riconosciuto persino da morta, quella voce per cui ero disposta a camminare nel fuoco, oppure, senza esagerare, a sguazzare per una vita intera sotto un’interminabile pioggia fredda, quella voce per cui avrei pure donato la mia vita.

Non appena realizzai tutto questo mi alzai velocemente dal letto e mi voltai di scatto per vedere chi ci fosse, ma dietro di me c’era solo il vuoto, un terribile e insopportabile vuoto.

La mia immaginazione mi aveva giocato un brutto scherzo. Stavo davvero diventando pazza perché era impossibile che io avessi potuto sentire davvero la voce di Damon, la voce dell’uomo che amavo più di ogni altra cosa al mondo.

“Damon” riuscii solamente a sussurrare mentre le lacrime presero a bagnarmi le guance.

Mi voltai di nuovo dando le spalle alla finestra e non appena lo feci vidi l’ultima cosa che avrei mai immaginato di vedere.

A pochissimi millimetri dal mio viso c’è ne era un altro che non avrei mai più pensato di poter vedere, non di nuovo almeno, non dopo quello che era successo.

“Mi ha chiamato?” disse l’uomo davanti a me sorridendomi come solo lui sapeva fare.

Avevo appena sussurrato il suo nome e adesso lui mi chiedeva se lo avessi chiamato? Doveva essere tutto un sogno, oppure la mia immaginazione mi stava davvero giocando un bruttissimo scherzo.

“Damon” ripetei nuovamente guardandolo attentamente.

Non poteva non essere lui. Era il suo corpo, il suo viso, i suoi capelli, i suoi occhi, ecco proprio gli occhi non potevano farmi cadere in inganno, erano i suoi. Due pozze di cielo che splendevano solo per me e poi il sorriso, quel sorriso dannatamente sfacciato che solo lui sapeva fare.

Lo vidi avvicinarsi ancora di più e quando fu ad una spanna dal mio viso posizionò le sue mani sul mio viso e fu allora che sentii anche il suo inconfondibile odore. Era lui, non poteva essere altrimenti.

Aprii la bocca per provare a dire qualcosa, ma non ne uscii una sola sillaba e lui ne approfitto per fare qualcosa che i suoi occhi stavano bramando di fare dal primo momento in cui l’avevo visto pochi attimi prima.

Prima ancora che io potessi rendermi conto di cosa stava succedendo sentii le sue labbra premere sulle miei e mi bastò questo per avere la conferma che attendevo. Era Damon, solo lui era in grado di baciarmi in questo modo.

Mi avvicinai a lui stringendolo a me in modo spasmodico, come se avessi paura che potesse sfuggirmi dalle mani e ricambiai il suo bacio con tutto l’amore che avevo dentro.

Non era una bacio casto, non lo era per nulla, anzi tutto il contrario. Era un bacio che sapeva di separazione e dolore, di angoscia e sofferenza, di bisogno e possesso, di amore e desiderio.

Non sapevo come fosse possibile, forse era solo frutto di un sogno, ma sogno o realtà non mi importava, avevo Damon tra le braccia e volevo godermi il momento indipendentemente se fosse vero o meno.

Si staccò da me dopo minuti interminabili, ma io lo costrinsi ad avvicinarsi di nuovo per un altro bacio e quando alla fine si impose di staccarsi mi guardò con i suoi occhi cerulei e mi fissò come se anche lui avesse paura che svanissi da un momento all’altro.

“Ti amo Elena” mi disse solamente prima di catturare le mie labbra in un nuovo bacio.

Lo strinsi più forte a me godendo del momento, godendo di quel “ti amo” troppo spesso sognato in quel lungo mese e quando lo vidi prendermi in braccio e adagiarmi sul letto mi sentii come non mi sentivo da troppo tempo, mi sentii come non credevo di potermi sentire di nuovo.

Su quel letto ci amammo per la prima volta visto che in passato non era mai successo di farlo in camera mia e mi sembrò come se quella fosse stata la prima volta in assoluto.

Quando lo sentii entrare dentro di me tutto sembrò svanire, il dolore, le sofferenze, le angosce di quei giorni, tutto era sparito per fare spazio a qualcosa di più grande qualcosa che portava un solo nome: Amore, ma non un amore qualsiasi, ma quello con la A maiuscola, quello che non ti fa dormire la notte e non ti fa essere razionale, quello per cui daresti anche la tua vita.

Quando entrambi raggiungemmo l’apice ci sdraiammo sfiniti l’uno accanto all’altra con la mia testa sul suo petto.

“Mi sveglierò da tutto questo e farà male” dissi più a me stessa che a lui.

“Sei già sveglia amore mio” furono le sue uniche parole.

La dolcezza disarmante con la quale aveva pronunciato quell’ “amore mio” mi lasciarono senza fiato.

“Mi hai lasciata da sola” dissi.

“Lo so, ma non succederà più. Da adesso in poi saremo sempre io e te, per sempre”.

“Non mentire Damon, quando mi sveglierò tutto questo svanirà”.

Non appena pronunciai quelle parole vidi lui scostarmi dal suo petto facendo scontrare i nostri occhi. Prese il mio volto tra le mani e mi fissò intensamente.

“Elena guardami, non stai sognando, non è un sogno. Io sono qui e ci sarò sempre”.

“Tu non puoi essere qui, tu sei morto”.

“No, no che non lo sono. È stata tutta una finzione. Katherine ha inscenato tutto” mi disse e al sentire quelle parole mi rizzai a letto sconvolta.

“Cosa?” chiesi sconvolta non riuscendo a capire bene la situazione “io ho visto il tuo anello, le tue ceneri” prosegui.

“Non erano le mie ceneri. Katherine ha ucciso un vampiro e vi ha fatto trovare le sue ceneri per farvi credere che fossi io, quanto all’anello beh quello è mio davvero, anzi, se me lo restituisci te ne sarei grato. Sai non è così bello dover restare chiuso in casa e poter uscire solo la notte” mi disse assumendo un tono beffardo quando aveva parlato dell’anello.

Istintivamente portai una mano sul mio collo stringendo nel pugno l’anello di Damon, ma allo stesso tempo guardavo lui.

“Non è possibile. Perché? Perché tutto questo?” domandai sconvolta.

“Katherine era a conoscenza di due modi per curare un morso di licantropo. Uno, il più sicuro ed efficace, era il sangue di Klaus, ma c’è lo siamo giocati visto che l’abbiamo ucciso, il secondo era un antidoto di cui aveva sentito parlare ad Emily in passato, ma che non era sicura potesse funzionare. Così ha deciso di farvi credere che fossi morto in modo tale che voi foste già preparati all’evenienza se l’antidoto non avesse funzionato” iniziò a spiegarmi lui.

“Continua” lo esortai.

“Non voleva che io o Stefan morissimo e quando si è resa conto che il suo stupido piano gli è sfuggito di mano voleva tornare indietro, ma era troppo tardi. Sapeva che l’avrei trovata anche in capo al mondo e l’avrei uccisa. Così ha trovato il licantropo ed è successo quel che è successo. Quando si è resa conto di quello che ha fatto, però, ha deciso di tornare indietro sui suoi passi e così consapevole che poteva esserci una cura per salvarmi mi ha portato via con lei per cercare l’antidoto”.

“Perché non ne ha parlato con noi allora?”

“Perché non era sicura che avrebbe funzionato e Katherine a modo suo ama davvero Stefan. Non sarebbe riuscita a sopportare lo sguardo ferito e arrabbiato di lui se avesse fallito, così ha pensato bene di inscenare la mia morte. Se tutto fosse andato come sperato sarei tornato da voi, se così non fosse stato tutti avreste pensato che la cattiva e sadica Katherine mi aveva messo fuori gioco”.

“Ma Stefan avrebbe potuto cercarla, avrebbe potuto ucciderla. Voleva farlo” spiegai a lui.

“Ne era cosciente lei, ma ha puntato su di te. Era sicura che non lo avresti permesso, che avresti convinto Stefan che uccidere lei non vi avrebbe restituito me, era certa che lo avresti convinto a non fare niente visto che finalmente vi eravate liberati di lei” mi spiegò guardandomi intensamente negli occhi.

Fu solo in quel momento che realizzai davvero che quello davanti a me non era un sogno, ma era davvero il mio Damon e che stava benissimo.

Non lo feci più parlare perché mi gettai tra le sue braccia riempiendolo di baci e lui non sembrò disnegare per nulla.

Dopo un paio di minuti mi staccai per guardarlo negli occhi e fu allora che lui prese di nuovo a parlare.

“Non vuoi sentire il resto della storia?” mi domandò sorridendomi.

“Solo se prima mi prometti che non te ne andrai mai più e che staremo insieme sempre”.

“Te lo prometto Elena. Insieme per sempre” mi disse guardandomi serio.

Mi avvicinai e lo baciai a fior di labbra.

“Ti amo” gli dissi dopo un altro bacio “e adesso continua” conclusi.

“Mi ha portato in Georgia, ad Atlanta ed è stato lì che mi ha curato”.

“Quindi è lei che ti ha salvato?” domandai.

“No, sei stata tu”.

“Non prendermi in giro scemo”.

“No, dico sul serio. Sei stata tu a salvarmi”.

“Che diavolo stai dicendo?”

“Emily nel lontano 1864 raccontò a Katherine che il sangue delle dopplanger ha poteri speciali e che può essere uno speciale antidoto per diversi problemi che colpiscono le creature sovrannaturali. Ovviamente lei non ha dato molto peso alla cosa, ma più avanti negli anni ha fatto delle ricerche e ha scoperto che il sangue della dopplanger umana ha davvero dei poteri. Comunque alla fine mi ha portato in una vecchia villa disabitata e lì ha fatto delle ricerche scoprendo che per salvarmi serviva il sangue di un vampiro e quello di un licantropo, ma il vero antidito era legare questi due gruppi sanguigni con il sangue della dopplanger. È come se il tuo sangue unendosi a quello di vampiro e di licantropo crei un miscuglio in grado di curare il morso di licantropo” mi spiegò cercando di essere il più chiaro possibile.

“Mi stai dicendo che è stato il mio sangue a salvarti?”

“Conosci qualche altra dopplanger ancora umana in circolazione?” mi domandò beffardo.

“Ma io non ho dato il mio sangue a nessuno” gli spiegai.

“Lo so. È stata Katherine a prenderlo senza che tu te ne accorgessi. Un pomeriggio ha aspettato che Stefan e Caroline non fossero in casa per intrufolarsi nella mia camera mentre tu dormivi. Ti ha ammaliata con un sogno e ha preso la quantità necessaria di sangue, poi è sparita e ovviamente tu non ricordi nulla”.

“No, assolutamente nulla”.

“È così che doveva essere”.

“Ha usato il suo sangue di vampira?”

“Si certo, mentre per quello di licantropo ha preso quello di Cam, il lupo che mi ha morso. Gliene aveva preso un po’ mentre lui era ancora in vita perché a detta di lei sarebbe potuto sempre essere utile”.

“Ma perché allora ci hai messo così tanto a tornare?”

“Katherine ha impiegato due settimane per capire come dovesse funzionare l’antidito e quest’ultimo non era rapido come lo sarebbe stato il sangue di Klaus. Ci voleva del tempo perché facesse effetto e soprattutto una sola dose non era sufficiente. Ci ho messo molto a riprendermi, altrimenti sarei tornato molto prima”.

“Quando avete capito che funzionava potevate avvisare”.

“No, non potevamo. Dovevamo essere sicuri”.

“Damon…” provai a dire, ma lui mi interruppe.

“Voglio che tu sappia che io non sapevo nulla di tutto questo. Ho iniziato a capire come stavano le cose dopo che Katherine ha iniziato a farmi bere l’antidito e solo alla fine, quando stavo già bene, mi ha spiegato tutto. Non le avrei mai permesso di avvicinarsi a te altrimenti, men che meno di prenderti del sangue”.

“Beh allora sia lodata Katherine che non te l’ha detto. Protettivo come sei avresti preferito morire piuttosto che prendermi del sangue. Tu sei impossibile” lo rimproverai.

“Io sono solo innamorato” mi disse e al sentire quelle parole non riuscii a non sorridere.

Mi avvicinai e lo baciai a fior di labbra e quando ci staccammo lo vidi sorridere.

“Sei piuttosto pallida amore” mi disse e solo a sentir pronunciare la parola amore un sorriso spontaneo mi si dipinse sul volto.

Capii subito che la sua era una battuta poiché il suo sorriso sornione la diceva lunga.

“Ah si?” domandai reggendogli il gioco.

“Si, sei pallida. Hai finito il rossetto o hai sofferto per la mia assenza?” mi chiese e mi resi subito conto che non poteva che essere il mio Damon quello di fronte a me.

Non sapevo cosa pensare, come comportarmi, ma una cosa era certa. Qualunque cosa fosse successa in quel mese non mi interessava, nulla, ormai, aveva più importanza, l’unica cosa che contava era che in qualche modo e per qualche scherzo del destino Damon era vivo ed era tornato da me.

“Ti amo Damon, più di quanto tu possa immaginare” gli soffiai ad un palmo dalle sue labbra.

“Mai quanto ti amo io” mi rispose lui baciandomi con assoluta e inconfutabile passione.

“Sei rimasto sempre il solito presuntuoso” lo ammonii quando ci staccammo.

“Ovvio, ma tu mi ami anche per questo” fu la sua unica risposta prima di avvicinarsi a me facendomi sdraiare di nuovo sul letto posizionandosi sopra di me.

Eravamo insieme di nuovo e stavolta sapevo che sarebbe stato per sempre.

Solo io, lui e il nostro amore.

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Come promesso eccomi qui di nuovo. Come avete certamente capito questo era l’ultimo capitolo di questa storia, ma ovviamente prima di mettere davvero la parola fine ci sarà l’epilogo.

Visto che il prossimo sarà proprio la chiusura definitiva della storia ho deciso di non lasciarvi nessuno spoiler.

L’epilogo sarà una sorpresa, quindi niente anticipazioni. Metterò qualche puntino sulle “i” e vedremo come sono andati avanti i miei Delena. Quindi aspettate l’epilogo, che posterò tra qualche giorno.

 

 

Volevo ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite, nelle seguite e in quelle da ricordare. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi e anche tutti coloro che recensiscono.

Un bacione e grazie ancora.

 

 

  
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