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Autore: Hiraedd    28/01/2012    4 recensioni
A volte capita che il Capitano Grifondoro si ritrovi tra le mani uno strano enigma chiamato Dorcas Meadowes, che in sei anni gli ha rivolto la parola tre volte al massimo, tutte nel giro dell’ultima settimana.
Può anche capitare che un Serpeverde solitario e innocuo inciampi in una maschera che non nasconde solo un volto, ma un mondo intero. Perchè Benjamin odia Caradoc Dearborn, sia chiaro, e quegli occhi dorati non gli fanno alcun effetto. Forse.
Oppure può succedere che il Caposcuola sia innamorato da anni della sorellina del proprio migliore amico, che ha perso la testa per un Auror di stanza in Polonia, e abbia una fottuta paura che Edgar lo scopra e lo torturi perché no, quelli che fa verso Amelia sono tutto fuorché casti pensieri d’amicizia.
Per fortuna, però, che c’è Hestia Jones, deputato diario segreto degli studenti del settimo anno, che tutto osserva nonostante, a conti fatti, non distolga nemmeno per un secondo lo sguardo dal suo adorato fidanzato, il Prefetto Sturgis Podmore.
*
Siamo ad Hogwarts, è l’autunno 1969 e la guerra è già più vicina di quanto non sembri.
*
Altri personaggi: Gideon Prewett, Kingsley Shacklebolt, Sturgis Podmore, Amelia e Edgar Bones.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Benjy Fenwick, Caradoc Dearborn, Dorcas Meadowes, Fabian Prewett, Hestia Jones
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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NOTA DI REVISIONE: Anche questo capitolo è stato betato da highwaytohell_, gentilissima nel prendersi il disturbo di correggere le mie castronerie, che ringrazio tantissimo!
 
 


Capitolo 02

 



 
Dorcas alzò gli occhi su Benjy, lì davanti, chino a leggere sul suo libro di pozioni.
 
In realtà, nessuno dei due sapeva esattamente come fosse successo, come due come loro avessero potuto diventare amici.
 
In realtà, nessuno dei due poteva dire di essere amico dell’altro, o che l’altro fosse suo amico.
 
Era una strana amicizia, la loro.
 
Era iniziata in un’invernale mattinata di domenica, in biblioteca: si erano seduti lo stesso giorno allo stesso tavolo, facendo gli stessi compiti.
 
Lei Corvonero, lui Serpeverde. Erano entrambi al terzo anno.
 
Si erano ignorati per tutto il tempo, lei troppo presa tra quelle parole scritte in una bella grafia obliqua e sinuosa, lui tra quelle lettere in cui la pancia della a era più lunga del trattino e la r assomigliava così tanto ad una n al contrario.
 
Per tutto il tempo non avevano quasi alzato gli occhi, quelli verdi di lei persi tra gli svolazzi della penna, quelli blu di lui socchiusi per mantenere la concentrazione.
 
All’ora di pranzo, lei aveva tirato fuori una mela dalla borsa colma di libri e lui aveva scartato un tovagliolo con, all’interno, un muffin al cioccolato. E avevano continuato ad ignorarsi, continuando a badare ai propri compiti.
 
Erano rimasti così, con davanti un libro aperto, per il resto del pomeriggio, ignari o forse indifferenti allo scorrere del tempo, al lento cammino del sole che, dopo essere arrivato al suo zenit, ridiscendeva il cielo per andarsene un'altra volta.
 
Poi, quando la sera era arrivata con la puntualità di Mrs. Purr ai piedi di un guaio, lei si era alzata, aveva riposto le sue cose nella borsa e si era voltata per andarsene. Solo allora lui aveva alzato i suoi occhi su di lei e l’aveva guardata andare via come si guarda andare via un sogno incomprensibile alle prime luci del mattino.
 
In seguito, era successo ad entrambi di dirigersi allo stesso tavolo, magari in momenti diversi, e, seduti in quella sala, ripensare a quella domenica in cui, complici l’uno del silenzio dell’altra, si erano tenuti compagnia.
 
Qualche volta c’erano entrambi, seduti a quel tavolo, qualche volta ce n’era uno solo, qualche volta non c’era nessuno dei due. Non parlavano mai, ma avevano imparato ormai a convivere in quel metro quadrato ingombro di libri e di inchiostro, a respirare la stessa aria per ore e ore.
 
Benjy Fenwick, in effetti, non era esattamente la persona più loquace di Hogwarts. Il suo essere introverso per natura, pacato di carattere e in generale molto silenzioso lo aveva aiutato a confondersi tra quella marea di studenti che vagava per la scuola. Il suo essere Serpeverde, poi, aveva allontanato le attenzioni indesiderate degli allievi delle altre case facendo si che gli unici contatti veri e propri del ragazzo avvenissero all’interno della Sala Comune, e senza mai troppa confidenza con i suoi interlocutori. Si mostrava gentile, ma era fermo e distante nei commenti, e le persone non sapevano mai quanto potersi spingere oltre, con lui. Così, dopo un po’, avevano smesso di provare a capire quel ragazzo timido e schivo che non mostrava di voler in alcun modo la compagnia di nessuno.
 
Si erano rivolti la parola per la prima volta quando, nel bel mezzo della biblioteca, infrangendo il silenzio, un libro di Benjy era caduto a terra come a voler svegliare il mondo da quell’immobilità inaccettabile. Di riflesso, era stata Dorcas a chinarsi per raccoglierlo, e quando glielo aveva reso con mano ferma si era sentita rispondere un “grazie” appena sussurrato.
 
Lei, con un sorriso asciutto e sincero, aveva risposto un semplice “prego” dall’aria piuttosto dimessa.
 
È incredibile come non si riesca, durante la propria vita, a indicare i punti di svolta se non molto tempo dopo averli vissuti. In quel momento, una conversazione durata due parole segnò il punto di svolta di quell’amicizia dall’aria così strana.
 
La domenica successiva, allo stesso tavolo, Dorcas Meadowes aveva tirato fuori, per pranzo, due mele verdi e Benjy Fenwick, in risposta, aveva scartato un tovagliolo contenente due muffin.
 
Era l’aprile del loro terzo anno, quando avevano diviso un pranzo e alcune parole appena accennate, domande di cortesia alle quali avevano fatto seguito talvolta sorrisi talvolta sospiri.
 
Nei successivi giorni, poi diventati mesi, e ormai anni, il loro rapporto era cambiato rimanendo però quasi esattamente lo stesso. Era questo, di tutto quello che avevano in quella scuola, che piaceva tanto ai due ragazzi: stavano vicini anche senza parlare perché, si sa, le cose migliori si gustano in silenzio; si scambiavano i libri, se Dorcas portava Erbologia Benjy portava Pozioni, evitandosi l’un l’altro atroci mal di spalle e torcicollo insensati.
 
Al passaggio di stormi di ragazzine ridacchianti Benjy replicava con un sospiro, quando incrociavano qualche ragazzo intento a svolgere magie al di sopra della propria portata per farsi bello agli occhi di qualcuna Dorcas scuoteva appena il capo.
 
Passavano gran parte del tempo in silenzio, ma alla fine Benjy sapeva esattamente la storia di Dorcas, della sua famiglia Babbana, della madre che se n’era andata disgustata all’idea di avere un mostro come figlia e del padre scrittore che la ragazza tanto adorava. Sapeva che Dorcas non faceva  ricadere su sua madre le colpe derivanti dall’aver abbandonato una figlia “speciale”, sapeva che aveva imparato a soffrire in silenzio e che, qualche volta, ancora ripensava senza rancore a quella donna.
 
E Dorcas, Dorcas sapeva esattamente la storia della famiglia purosangue di Fenwick, conosceva i tratti regolari e antichi che si ripresentavano in ogni nuova generazione e conosceva anche quelle idee un po’ particolari che stavano iniziando a prendere piede tra la classe più alta del mondo della magia, quelle idee che la vedevano come un abominio da eliminare o, alla meglio, evitare come la peste. E sapeva che Benjy non le condivideva affatto.
 
Per cui, con una storia un po’ strana alle spalle, quest’amicizia si era fatta strada tra i corridoi di Hogwarts aumentando le voci, tra quei pochi individui che avevano notato Dorcas Meadowes o Benjy Fenwick, secondo cui i due ragazzi fossero ormai una coppia consolidata. Nessuno dei due si prese mai la briga di smentirla, sapendo fin troppo bene quanto il suono dimesso della loro voce fosse ben poco udibile tra i toni starnazzanti dei pettegoli e delle comari della scuola.
 
Due anni e mezzo dopo quel pasto condiviso in biblioteca, quindi, Dorcas Meadowes alzò gli occhi su Benjy Fenwick, chino a leggere sul suo libro di pozioni.
 

*
 

 
<< E poi alla fine ho deciso che forse è meglio spostare gli allenamenti della squadra il martedì all’una e mezza invece che alle due così non… >>
 
<< Non puoi spostare gli allenamenti all’una e mezza, Dearborn, le lezioni finiscono all’una! >> si lamentò una voce esasperata in risposta alla prima, saccente.
 
<< Ritieniti fortunato, Stur, che io non li abbia fissati per l’una e un quarto, ti lascio addirittura il tempo di pranzare con un panino se… >>
 
<< Oh come sei magnanimo, signor Capitano, davvero non credo di meritarlo! >>.
 
<< Podmore, Dearborn, tacete un po’, questa è una biblioteca, non la vostra Sala Comune >> li rimbrottò la bibliotecaria, un’arcigna donna dalla vocetta querula.
 
<< E poi li ho prolungati fino alle sei e mezza perché a quanto pare…>> continuò indisturbato il primo << Il capitano Serpeverde è in infermeria a causa di un’indigestione, hanno preso l’idiota nelle cucine ad abbuffarsi di marshmallow e… >>
 
<< Dall’una e mezza alle sei e mezza in sella alla scopa? >> esclamò sempre più esagitato il Prefetto Corvonero.
 
<< Certo, non possiamo fare di più perché poi domani sera ho appuntamento con Mandy di Tassorosso, perciò prima mi devo preparare >>.
 
I due presero ad aggirarsi per la biblioteca dedicando a malapena uno sguardo agli studenti attorno intenti a studiare. Scartarono con decisione il reparto “Storia antica dei Goblin” e dedicarono una smorfia buffa a “L’erbologia del medio ed estremo oriente”. Alla fine si fermarono vicino a quello “pozioni A-N”, continuando a parlottare tra loro anche se più a bassa voce.
 
<< Prendi quello…>> sussurrò Caradoc Dearborn rivolto all’amico << E quello lì, anche quello potrebbe essere utile e mi pare… si, anche lì c’è qualcosa che ci potrà aiutare, mi pare di averlo già sfogliato. No, quello no, è troppo prolisso e di parte per poter essere affidabile e… >>
 
<< Di parte? >> chiese Podmore storcendo le labbra << Come si può essere di parte in un libro di Pozioni? >>.
 
<< Dettagli >> scosse la testa in risposta l’amico.
 
Il Prefetto Corvonero scosse la testa con fare esasperato, prendendo tra le mani tutti i libri che l’amico si degnava d’indicargli, senza tra l’altro muovere un muscolo per aiutarlo.
 
<< Senti un po’, com’è la storia di questa Mandy? >> gli chiese dopo qualche attimo di silenzio, curioso come solo Podmore sapeva essere.
 
<< Oh, beh, io ero lì, lei era lì… >> mormorò Dearborn sventolando una mano con occhi socchiusi per la concentrazione.
 
<< Insomma, eravate lì >> concluse per lui il Prefetto.
 
L’amico sorrise felice che Sturgis avesse capito, e gli tirò una manata sulla spalla che per poco non gli fece rivoltare l’intero scaffale di libri.
 
<< Ne sono certo, lei è quella giusta! >> esclamò alla fine Caradoc Dearborn con un sorriso da orecchio ad orecchio.
 
Fu allora che, non per la prima volta da che si conoscevano, Sturgis Podmore alzò gli occhi al cielo e si mise a pregare.
 

*


 
Succedeva più o meno ogni due settimane:
quando Caradoc Dearborn si innamorava Sturgis annotava nome, casa e data di nascita della fortunella tenendo così una lista completa di quelle giuste.
La lista contava, ormai, più di quaranta giovini donzelle che, per un motivo o per l’altro, non è che fossero diventate quelle sbagliate, ma non si sa perché o per come non erano più quelle giuste.
 
Che poi, conoscendo Caradoc, le ragazze si innamoravano del fisico atletico e del famoso “ciuffo alla Dearborn” quanto dei grandi occhi ambrati e innocenti come quelli di un bambino. E per quanto in giro per Hogwarts volasse la voce che Dearborn fosse un bastardo vanesio a cui non fregava nulla delle ragazze cui rivolgeva le sue attenzioni, la realtà era ben diversa, e Sturgis la conosceva fin troppo bene.
 
Succedeva più o meno ogni due settimane:
quando Caradoc Dearborn si innamorava non ce n’era più per nessuno, e sicuramente non ce n’era più per Sturgis Podmore.
 

*


Benjy alzò gli occhi dal proprio tomo per poter osservare serenamente il profilo nitido di Dorcas.
 
-hai per caso…-
 
-Meadowes, che piacere incrociarti qui- esclamò una voce poco lontana da loro, proveniente dal reparto di Pozioni –ti cerco da due o tre giorni, ma non mi è capitato di vederti in giro-.
 
Benjy aveva avuto modo di incrociare Sturgis Podmore e Caradoc Dearborn per quasi sei anni, ad Hogwarts. Il primo, poté notare con facilità, era seppellito sotto ad una montagna di libri di varie forme e dimensioni riguardanti pozioni che ancora loro non avevano studiato, essendo un anno indietro, il secondo seguiva invece l’amico.
 
Vide Dorcas rivolgere al Prefetto Corvonero uno sguardo che molti avrebbero giudicato distaccato. Anzi, tutti. Lui, invece, che conosceva bene l’amica e sapeva da una semplice occhiata tirare le somme sull’umore della ragazza, vide dipinti in quello sguardo una discreta dose di curiosità e di interessamento, misti al sordo dolore che ormai pareva accompagnare Dorcas Meadowes in ogni suo passo.
 
<< Posso sapere cosa…? >>.
 
La voce roca ma sicura della ragazza venne interrotta da un chiacchiericcio decisamente fuori luogo all’ingresso della biblioteca.
 
<< Gid, cosa…? >>.
<< Non è terribile come pensavo… >>
<< …Credevo fosse più buia… >>
<< …Si, e guarda l’assistente bibliotecaria, King, non ci avevi detto che era così carina! >>
<< Volete stare un po’ zitti? >>.
 
Due voci identiche inframmezzate di quando in quando da una più profonda e posata si fecero largo nella stanza. L’assistente bibliotecaria in questione, Barbra Terency, arrossì come un pomodoro con un sorriso compiaciuto a decorarle le labbra, mentre uno dei due gemelli, Gideon Prewett, le riservava uno sguardo esaltato.
 
<< E voi tre che ci fate qui? >> chiese Dearborn arricciando il naso in modo buffo << Non avevate gli allenamenti? Ci avete fregato il campo, razza di… >>
 
<< Che peccato, davvero una tragedia >> lo interruppe Podmore alzando gli occhi al cielo << Non potersi allenare anche oggi pomeriggio, avendolo già fatto stamattina, è proprio un terribile… >>.
 
<< Podmore, voli da schifo e sei pure antipatico, mi dici per quale assurdo motivo dovrei tenerti nella squadra? >> lo rimbeccò Dearborn.
 
<< Perché senza di me negli ultimi quattro anno i Tassorosso ti avrebbero mangiato in testa, signor capitano >> gli rispose a tono l’amico.
 
<< Abbiamo finito l’allenamento prima e ci eravamo chiesti dove foste finiti >> rispose allora Kingsley alla precedente domanda di Caradoc << Avevo pensato foste venuti in biblioteca per la ricerca di Lumacorno sugli influssi della luna nelle pozioni e… >>
 
<< E così ci ha trascinato qui per la prima volta in vita nostra >> terminò per lui uno dei due fratelli Prewett.
 
Benjy vide Dorcas trattenere un sorriso. Anche lì, nessuno se ne era accorto. Solo lui, e solo perché la conosceva meglio di quanto lei stessa non supponesse.
 
Vide l’amica alzarsi, chiudere con delicatezza un libro di Erbologia alto almeno dieci centimetri prestando particolare attenzione ai vari esemplari di pianta che la ragazza aveva l’abitudine di pressare tra le sue pagine, per poi riporlo nella borsa con molta accuratezza.
 
<< Sturgis, stavi dicendo? >> chiese ancora la Corvonero mettendo la borsa a tracolla e richiamando su di se un’attenzione che avrebbe preferito lasciare ad altri.
 
I ragazzi si interruppero per lanciarle occhiate chi diffidenti –Dearborn- chi curiose –i gemelli- chi palesemente preoccupate –Kingsley Shacklebolt-.
 
<< Dorcas, come stai? >> le chiese quest’ultimo, rivolgendole lo stesso sguardo un po’ impensierito e un po’ curioso che si rivolge ad un animale selvatico che si incrocia nel bosco. Come a volerle arrivare più vicino, senza però spaventarla.
 
Benjy vide un’ombra passare negli occhi dell’amica. Si accorse, con la stessa velocità con cui si accorgeva di tutto, che quell’improvviso incupirsi era stato notato anche dagli altri. Si trattenne dall’alzare lo sguardo al cielo, pensando al particolare modo di affrontare il dolore che aveva l’amica: se non ne parlavi, nulla di tutto quello che era accaduto compariva nel suo sguardo. L’accenno di dolore si vedeva solo quando, qualcuno, si disturbava a portarlo a galla. Quello che si chiedeva, Benjy Fenwick, era quanto la ragazza potesse resistere senza scoppiare. Quanto questo dolore la stesse logorando dall’interno.
 
<< Meglio, grazie >>.
 
Dal tono, il Serpeverde capì che la risposta era stata istantanea. Dorcas si era assuefatta talmente tanto, ormai, alla solitudine, da non voler nemmeno dare un’occhiata fuori da quel guscio protettivo che si era costruita attorno.
 
<< Prima che arrivaste voi buzzurri ad interrompermi, comunque >> riprese Sturgis gesticolando ampiamente in direzione dei suoi amici, ossia i buzzurri in questione << Stavo parlando a Dorcas di una cosa importante. Ho letto in bacheca che sei interessata al Club dei Duellanti e… >>.
 
Il ragazzo si interruppe quando Benjy Fenwick diede in un lungo sospiro. Dorcas non fece nemmeno cenno di averlo notato e, quando il Serpeverde si alzò dalla sedia per riporre le proprie cose, non gli rivolse lo sguardo.
 
-devo andare, è tardi e sta per scattare il coprifuoco. È stato un piacere incontrarvi- si congedò educatamente Benjy con un cenno del capo prima di uscire.
 
Alle sue spalle, tra il gruppo di ragazzi, Caradoc Dearborn e i due gemelli storsero appena il naso in una smorfia.
 
<< Serpeverde! >> mormorò uno dei due.
 
Dorcas rivolse a quello che aveva parlato un lungo sguardo inquisitore, di quelli che non rivolgeva quasi mai, attento e leggermente infastidito, un po’ altezzoso.
 
<< Si, Serpeverde >> mormorò alla fine la ragazza senza particolari enfasi, rivolgendosi poi a Sturgis << Dicevi? >>.
 
<< Per il Club, giusto! Dicevo che quest’anno abbiamo deciso di suddividere il Club in tre gruppi, i principianti, i capaci e gli esperti, così da inoltrarci un po’ di più nelle tecniche. Ora, tu non hai mai fatto parte del Club ma a sentire Vitious si direbbe che… >>.
 
<< Me la cavo, negli incantesimi >> assentì la ragazza senza un minimo di presunzione. Era semplicemente un dato di fatto, la constatazione di qualcosa che non poteva che essere così.
 
Sturgis le rivolse un lungo sguardo.
 
<< Lui mi ha consigliato di includerti negli esperti, in realtà >> disse alla fine, esitando un attimo << Tuttavia non saprei come… >>
 
<< Dimmi quand’è lo smistamento nei tre gruppi, Podmore >> concluse Dorcas al suo posto, con un’espressione tirata in viso. Se da una parte il fatto che le persone non avessero abbastanza confidenza con lei da poterle parlare con famigliarità le andava bene e, anzi, le forniva un vantaggio, dall’altra le faceva perdere un mucchio di tempo.
 
<< Mercoledì prossimo alle tre, nella sala degli insegnanti >>.
 
Dorcas annuì, come sovrappensiero, poi chiuse la borsa con uno scatto e si diresse alla porta con un cenno di saluto.
 
<< Meadowes >> la interruppe la voce del caposcuola Shacklebolt, inducendola a voltarsi.
 
<< Si? >>.
 
Guardandolo, si accorse di una nota profonda e triste in fondo a quegli occhi scuri e rassicuranti. Vicino a lui, la figura slanciata di uno dei due gemelli –Dorcas era sicura fosse Fabian- incrociò le braccia all’altezza del petto.
 
<< La vendetta è un piatto avvelenato >> mormorò alla fine il ragazzo più grande, stupendo tutti i presenti.
 
La ragazza scosse le spalle e le raddrizzò, quasi avesse un peso eccessivo addosso e non volesse mostrarlo.
 
<< Meglio >> mormorò guardandolo negli occhi e poi voltandosi, per nascondere uno sguardo vitreo a quel gruppo di persone che nulla aveva da spartire con lei << Magari tutto finirà più in fretta >>.
 




NOTE:

purtroppo la mia chiavetta internet è diventata allergica al mio computer, quindi non ho più spesso la connessione disponibile. Mi scuso quindi di tutto il tempo che vi faccio aspettare tra un aggiornamento e l'altro sia di questa che dell'altra mia storia, L'amore ai tempi del caos =)
Spero che il capitolo vi piaccia,
buona lettura
Hir


   
 
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