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Autore: orual    02/02/2012    16 recensioni
Dopo le Cronache della Seconda Guerra... arrivano quelle della vita normale: tra progetti, studi, quotidianità, amori che sbocciano e bambini che nascono, carriere intraprese e ripensate, accompagneremo i nostri eroi nell'era post-Voldemort per scoprire che la routine non richiede meno impegno del pericolo. A voi la lettura!
...Rimasero un po’ in silenzio, poi Charlie si alzò. La notte intorno a loro era fresca e limpidissima.
La tomba di Tonks brillava lieve, illuminata dalle luci fatate dei fiori.
"Magari potrei davvero cercare qualcosa da queste parti. Giù in Galles, negli allevamenti statali...
Per qualche annetto e basta, o i Gallesi Comuni diventano un po’ noiosi.
Potrei veder crescere Teddy, per un po’...
Sì, potrei."
Charlie si incamminò, le mani in tasca, giù verso i cancelli.
"Il tuo... il vostro bambino è davvero uno splendore, Tonks."
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Soooooono viiiivaaaaa..... (Mushu’s copyright)
Sì, sono viva. Sono viva ed ho qui il nuovo capitolo di Dopoguerra. Stupore. Sgomento.
Che devo fare se non scusarmi per il ritardo e sperare che non mi abbiate abbandonata? Che abbiate avuto fede nel Ritorno della Fiction?
Scusatemi davvero tanto. Nel frattempo ho fatto altro. Tra le altre cose, ho anche aggiornato una storia originale in sonno da quasi un anno (se siete curiosi la trovate qui). Ma doveva giungere il momento di Dopoguerra, e così è stato! Sono felicissima anche io!
Ah, so di non aver risposto ad alcune recensioni. Garantito che provvederò, ora che sono tornata!
 
Qualche noticina sul capitolo. Come eoni fa vi avevo anticipato, il capitolo approfondisce ulteriormente la sera dell’Anniversario della Vittoria. Sono scene e linee narrative che non potevo elaborare nel capitolo precedente o sarebbe diventato troppo lungo e sconclusionato. In particolare, indaga sul punto di vista della Tappezzeria per eccellenza, cioè Charlie.
Spero che vi piacerà, che recensirete, e che segni il ritorno a tempi di pubblicazione più umani.
Un bacione e ben ritrovati!
Oru

 
Vivi e morti
 
“Come va, Charlie?
Qui tutto bene, Fleur studia dalla mattina alla sera, al lavoro è tutto ok e mi hanno proposto di rispedirmi all’estero, ma non sono tanto sicuro di accettare. La mia signora Weasley, qui, non ne sarebbe tanto contenta, quindi per adesso continuo con i Castelli della Scozia, che a volte sono più pericolosi della roba che ho visto in Egitto.
Mamma sta abbastanza bene, Percy penso che ti abbia scritto per conto suo, comunque sicuramente ti sarà arrivato il gufo di mamma, e così non sarò più l’unico bravo ragazzo ammogliato in famiglia. Lei sembra molto a posto, non il tipo che diresti adatto a Perce, ma del resto Fleur si è innamorata di me, quindi tutto è possibile.
Ron sta dietro a George e insiste nel dire che vuole occuparsi del negozio. Si sono trasferiti nel vecchio appartamento sopra Tiri Vispi per comodità e lui si assicura che mangi regolarmente, che non beva (ancora gli capita, qualche volta) e lo porta a pranzo alla Tana almeno due volte alla settimana per rassicurare mamma.
Quando Percy andrà via di casa, in ottobre, credo che dovremo pensare ad una soluzione, perchè non mi piace che mamma e papà restino completamente da soli, non ancora, almeno. Mamma si deprime meno se ha qualcuno di cui occuparsi. E’ vero che per allora Ginny non sarà più ad Hogwarts. Non so cosa abbia intenzione di fare.
Comunque, il motivo per cui ti scrivo è che la McGranitt ha invitato tutti ad Hogwarts il 2 maggio, per una specie di cerimonia. Sarà l’anniversario, e non so come la pensi ma credo che dovremmo esserci tutti. Papà mi ha scritto che lui e la mamma hanno deciso di andare. Io e Fleur andremo sicuramente, vengono anche i suoi dalla Francia, e credo che Ron stia cercando di convincere George.
Fammi sapere cosa decidi o scrivi alla Tana!
Spero che i tuoi draghi stiano bene e che la faccenda del fertilizzante non abbia avuto ripercussioni gravi!
Fleur mi raccomanda di dirti che devi farti curare le cicatrici più grosse sulle mani o potresti perdere i mignoli, ma forse è solo isteria perchè avrà presto un esame.
Tutti e due ti salutiamo con affetto
Bill”
 
Era già passato un anno, e lui quasi non se ne era accorto. O meglio, i primi mesi, quelli estivi, trascorsi alla Tana per senso del dovere, erano stati interminabili, ma da quando era tornato a Obranesti, al CRODA (Centro di Ricerca ed Osservazione Draghi e Affini), la gratificante consuetudine del lavoro gli era calata addosso come un manto protettivo.
Charlie ripiegò la lettera, rifocillò il gufo che sembrava stremato, come sempre quelli che gli arrivavano dall’Inghilterra, ed uscì dal laboratorio, diretto alle cucine. Il CRODA era ospitato in una vecchia villa, circondata da un vastissimo terreno prevalentemente di brughiera, con zone boscose qua e là e ben due laghi. La regione di Obranesti, sui Carpazi, era montagnosa e sperduta, per chilometri intorno non c’erano insediamenti babbani, e la Confederazione Internazionale dei Maghi aveva dato l’autorizzazione per ubicarvi il Centro europeo di ricerca sui draghi, considerando l’habitat ideale. La comunità dei ricercatori-allevatori era costituita da una ventina di maghi e streghe di varie nazionalità. Quasi tutti si trattenevano per qualche anno al massimo, per specializzarsi e trasferirsi poi ad esercitare la professione di allevatore in patria. Erano tutti giovani, e quasi tutti scapoli eccezion fatta per i suoi amici più stretti, Milos Màrai ed Emelie Stevens, che si erano conosciuti sul posto, si erano sposati e crescevano i loro due bambini nella vecchia dependance ricavata dalla cascina annessa alla villa. Il direttore del centro, un mago rumeno alto ed imponente di nome Petru Cartarescu, con folti baffi scuri, era l’unico che superasse i quarant’anni tra i presenti. Lui era sposato, con figli già grandi, ed abitava nella città vicina, da dove si Smaterializzava ogni mattina per venire al lavoro. Da quando Hans Uhl se ne era andato, qualche mese prima, per aprire un Centro di ricerca dipendente da quello principale, nella regione dell’Alto Reno, Charlie si era trovato ad essere la persona presente a Obranesti da più tempo, escluso Cartarescu, e questo, in fondo, faceva pensare. Otto anni: era arrivato appena diplomato ed arrabbiato con se stesso ed il mondo. Ed ora? Persino Hans se ne era andato, i più vecchi restavano lui e Milos ed Emelie, che avevano tutta l’intenzione di restare a vita, a quanto pareva... ma erano una famiglia, e forse persino loro ci avrebbero ripensato, quando i figli fossero cresciuti abbastanza da avvertire la solitudine di un posto del genere. Per non parlare del fatto che una cinquantina di draghi di varie razze, la più alta concentrazione d’Europa, scorrazzavano nel raggio di sei chilometri d’attorno. E che, a parte qualche animale, erano l’unica compagnia disponibile.
Nella grande cucina comune c’erano già alcune persone, ed odori di varie tradizioni alimentari si mescolavano nell’aria, in un miscuglio un po’ stonato ma al quale tutti i presenti erano abituati.
-Capo, pensavo di dover venire a tirarti fuori da lì. Hai finito?- lo chiamò Gwen Stuffleson, che rimestava con la bacchetta in una pentola dalla quale si alzava un inconfondibile profumo di goulash. Accanto a lei, Vassilj affettava patate con un Incanto Tagliuzzante la cui formula russa Charlie non aveva mai sentito prima. Gwen e Vassilj erano i colleghi con cui lavorava a più stretto contatto. Era stato nominato capo della squadra che aveva la responsabilità delle covate e delle femmine quattro anni prima, dopo l’ottimo lavoro fatto con le dragonesse portate al Tremaghi senza danni, ed aveva scelto loro due perchè tra le nuove leve gli erano sembrati i migliori.
-Non sono io che ho incasinato tutti i risultati delle analisi, Gwen.
-Però io ho preparato la cena!- trillò lei.
-Dopo siamo invitati giù alla dependance, dai Màrai- comunicò il tranquillo Vassilj, che parlava un inglese pressoché perfetto, privo di qualsiasi difetto di pronuncia se si eccettuava una certa morbidezza nell’inflessione.
Cenarono in fretta, seduti all’estremità del lungo tavolo di legno, tra le spirali di vapori ed odori che si alzavano verso il soffitto a volte di pietra. Tutti parlavano piano, a gruppetti che corrispondevano, in genere, alle équipes di ricerca, scambiandosi osservazioni sui fatti del giorno. Mancava l’intera squadra di Etologia Magica, che da settimane monitorava gli accoppiamenti ed i comportamenti relativi dei dragoni e viveva praticamente accampata nella brughiera spoglia. Inigo Villares, delle Pozioni Sperimentali, entrò quasi completamente ricoperto di sterco di drago, chiese stancamente che qualcuno gli preparasse un sandwich e sparì in direzione dei bagni, lasciando dietro di sé una persistente traccia odorosa.
Charlie ed i suoi due compagni terminarono il pasto (i due colleghi discutevano animatamente di covate), e poi scesero alla dependance nel crepuscolo che si indorava, da Milos ed Emelie, che conversavano sommessi nel vecchio porticato cadente, aspettandoli.
-Buonasera, ragazzi...
-I pargoli sono a letto?
-I due su cui abbiamo qualche autorità sì...- sospirò Emelie, posandosi le mani sul ventre –Questo qua dentro decisamente no. Si è appena svegliato, anzi...
-Accidenti, sarò emozionatissima quando nascerà!- trillò Gwen, che adorava i bambini Màrai (come praticamente tutti, al Centro, visto che erano gli unici cuccioli in circolazione che non aggredissero chi si avvicinava con morsi velenosi) –Sarò la madrina, vero?
 Vassilj arricciò le labbra con aria di superiorità:
-Padrini e madrine non sono ruoli da seminare in modo scriteriato, Stuffleson.
 Emelie sembrò concordare, perchè ridacchiò bonariamente:
-Non credo che tu sia in grado di fare da tutore a nessuno, Gwen, se l’Ungaro Spinato spedisse me e Milos all’altro mondo!
Suo marito sorrise, ma Gwen si accigliò:
-Non dire queste cose, non succederà mai!
-Può succedere eccome, Gwen...- intervenne Charlie, decisamente di cattivo umore.
-Io non conosco nessuno che venga cresciuto dal padrino o dalla madrina...- si difese Gwen –Tutti hanno almeno un nonno, o un parente... comunque ovvio che mi occuperei io dei bambini se vi succedesse qualcosa, ragazzi- si affrettò ad aggiungere.
-Beh, il padrino di Frances è Charlie, e la madrina di Mairie mia sorella, quindi non ricadrebbe tutto su di te- intervenne Milos –E comunque, se è un maschio, il padrino sarà Vassilj, l’abbiamo già deciso, no?
-Vassilj odia i bambini! Sarà di certo una bella femminuccia- commentò Gwen, perfettamente convinta.
-Non odio i bambini. Lo tirerei su con un’educazione impeccabile- commentò tranquillo il giovane, in risposta.
-Povera creatura, me lo immagino. A letto tutte le sere alle sette, pasti regolari, verdure bollite...
-Charlie... va tutto bene?
Gli occhi penetranti di Emelie avevano tenuto d’occhio il suo progressivo incupirsi. Tutto quel parlare di bambini, di potenziali orfanelli e di padrini non faceva che indisporlo. Non c’era modo migliore per riportargli in testa Harry, Teddy, e naturalmente Tonks.
-Facciamo due passi, che ne dici?- propose l’amica, scambiando uno sguardo col marito ed alzandosi dalla sedia a dondolo con qualche difficoltà –Ho le caviglie gonfie alla sera, e camminare un po’ mi fa bene.
Charlie annuì, e si allontanò con lei, passeggiando nell’aria della sera appena rischiarata dalla luna e dagli sbuffi rossastri che provenivano dietro le colline, dove i Dorsorugosi combattevano per gli accoppiamenti. Emelie aveva una sensibilità speciale per le persone a cui teneva, e Charlie preferiva la sua compagnia a quella degli altri, in quel momento. Erano sette anni che, volente o nolente, aveva sempre finito per confidarle ogni cosa e chiederle consiglio.
-Cosa c’è che non va?- chiese infatti quasi subito lei, guardandolo bene in faccia, le mani appoggiate sul ventre ricurvo per la gravidanza.
Charlie alzò le spalle.
-Ho ricevuto una lettera da mio fratello Bill. Ci sarà una festa per l’anniversario della Vittoria ad Hogwarts.
Emelie proveniva da una famiglia babbana inglese, ed anche lei era stata molto in ansia per i suoi genitori durante l’anno del regime di Voldemort. Lei, Charlie e Gwen erano gli unici tre inglesi presenti all’epoca al Centro, e poi c’era Morgan Conlon, che era dell’Ulster. Tutti avevano seguito le vicende con apprensione, ma nessuno era stato coinvolto quanto Charlie, che era stato anche l’unico ad aver subito dei lutti tra i parenti e gli amici.
-Mi sembra una bella cosa. Credo che andrà anche Morgan, sentivo che ne parlava l’altro giorno con Geraldine. Sai, ha una sorellina a scuola, primo anno, credo.
-Non so se andare.
-E perchè?
Charlie restò in silenzio, ed Emelie gli posò una mano sul braccio, delicatamente.
-E’ per via di tuo fratello o... è quella vecchia storia?
-Il suo bambino è rimasto orfano, lo sai?
-Per questo eri così turbato, prima, con gli altri?
Altro silenzio.
Emelie strinse le labbra, con l’aria di aver capito tutto. L’ennesima volta.
-Charlie, tu devi riuscire a superare questa cosa.
-Non so come fare- si arrese il giovane, mettendosi a sedere su una vecchia panchina mezza marcita, che fiancheggiava il vialetto su cui camminavano e togliendosi dagli occhi i flosci capelli rossi.
Emelie sospirò. Charlie era suo amico e collega da sette anni. Avevano frequentato Hogwarts insieme, ma non si erano praticamente mai parlati: lo aveva riconosciuto nel ragazzo avanti a lei di un anno, capitano della squadra di Grifondoro, con una certa sorpresa quando lo aveva incontrato arrivata al Centro. Non sapeva che avesse fatto quella scelta professionale. Con gli anni erano diventati veramente amici, e quando lei e Milos si erano sposati, era stato ovvio che lui fosse il loro testimone, e padrino del loro primo figlio. In tutti quegli anni, Charlie non aveva mai avuto una relazione. Certo, non era poi così strano, in un ambiente isolato e ristretto come quello, non trovare il compagno della propria vita come era successo a lei e Milos, ma gli anni passavano, gli altri venivano e andavano e presumibilmente si facevano una vita, e qualche volta scoppiava anche qualche amore al Centro, tra due ricercatori che spesso finivano per odiarsi a morte, visto che non si poteva dire che l’ambiente risultasse propizio al romanticismo ed alla serenità di spirito, con tutti quei draghi, ed i campioni di sterco da analizzare, e bruciature quasi quotidiane.
Charlie però restava, non si innamorava, non cedeva praticamente mai alle avances che gli arrivavano numerose da incaute addestratrici appena assunte che non lo conoscevano e non sapevano ancora che lui non era disponibile. La povera Marta Fongaro, del gruppetto degli Etologi, aveva una cotta per lui da almeno tre anni, ma non c’era nulla da fare. Gwen, appena arrivata, quattro anni prima, una sera che avevano esagerato con gli Incantesimi d’Umore per calmare un cucciolo di drago troppo restio a farsi visitare per una Bronchite Bollente, gli era quasi saltata addosso, baciandolo in preda all’euforia, e Charlie l’aveva respinta nel più grande imbarazzo. Gwen era un tipo sportivo, e non se l’era presa.
Era stato innamorato per anni di una sua amica della scuola. Era stato convinto che dopo la scuola avrebbero continuato a fare tutto insieme. Lei gli aveva detto chiaro e tondo di no, e quando lui aveva insistito, si era arrabbiata. Avevano litigato. Lui aveva colto al volo la proposta di una borsa di studio per il Centro, in Romania, convinto che al suo ritorno lei avrebbe ceduto. Quando la borsa era finita, lei aveva già passato gli esami per l’ammissione all’Accademia Auror, e chiaramente viveva benissimo senza di lui. E lui aveva accettato la proposta di assunzione definitiva di Cartarescu, e se ne era tornato là. E non si era più mosso.
Era raro che tra loro affrontassero l’argomento “Ninfadora Tonks”, anche se con gli anni Emelie e Milos avevano finito per capire più o meno tutto di quella storia, il grande buco nero della vita di Charlie. Ma lei, Ninfadora, negli ultimi due anni, in successione, si era sposata con un altro, aveva avuto un figlio ed era morta. E Charlie, che dopo tanto tempo, sembrava essersi rassegnato all’idea che l’amica non lo avesse voluto perchè non intendeva avere relazioni stabili, aveva dovuto accettare la realtà che non lo aveva voluto perchè non voleva avere una relazione con lui.
“E’ una mazzata che può abbattere chiunque”, aveva osservato una sera Milos, con aria saggia.
E poi lei era morta, e Charlie si era reso conto di aver sprecato tutti gli anni in cui avrebbe potuto starle accanto, anche solo come amico, lontano da lei per rancore, ed era troppo tardi.
Un bel disastro, sotto ogni fronte. Emelie ultimamente era molto preoccupata per lui. Sul problema contingente della celebrazione, però, aveva le idee chiare.
-Secondo me dovresti andare alla commemorazione. Tanto più che c’è anche tuo fratello. I tuoi vorranno certamente che...
-Anche io voglio andare per Freddie! Ma...- Charlie sospirò –Em, non riesco a perdonarmi per quanto sono stato... stupido con lei.
-Lo vedo che non riesci a perdonarti. Però stai attento a non esagerare, nel considerare tutto il tempo che hai trascorso qui uno spreco.
Charlie sbuffò, ed Emelie si accigliò:
-Per l’amor del Cielo, Charlie, mi sto offendendo! Hai fatto otto anni di ricerca di altissima qualità. Sei la pupilla degli occhi del signor Cartarescu. Hai un curriculum che nel nostro campo è una specie di garanzia per qualsiasi posto tu voglia, dopo tanto tempo a Obranesti! Hai conosciuto noi, abbiamo fatto amicizia, sei il padrino del nostro Frances, hai conosciuto Hans, Marta, e Vassilj e Gwen, naturalmente... e tutti gli altri... e ti vogliamo tutti bene, e siamo contenti di averti con noi.
-Lo so.
-Allora, tutto questo è solo un effetto collaterale? Non sei lucido, Charlie, non lo pensi veramente!
-... è solo che a volte ho... ho paura di averlo fatto solo per scappare da Tonks... o forse per punirla, ed adesso... sembra tutto così inutile.
Emelie sospirò.
-Devi smetterla.
-Lo so.
Rimasero in silenzio per un po’, poi Emelie sbuffò, gli afferrò la mano e se la mise sulla pancia:
-Senti come si muove.
Charlie abbozzò un sorrisetto, sentendo i calci che provenivano da là sotto.
-Sarà un maschio o una femmina?
-Una femmina, secondo me. Ma Milos preferirebbe un maschietto. Comunque non ha molta importanza. Sei uno stupido se pensi che tutto quello che hai fatto fino ad ora non valga nulla. Io e Milos non ci saremmo sposati se non fosse stato per te. Niente Frances, niente Mairie e niente Signor Scalciante, qui dentro.
-Santo cielo, non mi starai facendo il discorsetto incoraggiante, Em?
-Charlie?
-Uh?
-Vai a quella cerimonia, fai i conti con te stesso, punisciti, torna alle origini... fai quello che ti pare, per favore, basta che poi tu ricominci a vivere la tua vita, dannazione!
Charlie la fissò, un po’ interdetto, per poi aiutarla automaticamente quando barcollò un po’ alzandosi, sbilanciata dal peso della gravidanza. Emelie era sempre la stessa.
-Sì, penso che lo farò- disse alla fine, porgendole il braccio mentre si incamminavano di ritorno verso la piccola casetta.
-E c’è un’altra cosa...
Charlie si girò a guardare l’amica, che lo fissava con gli occhi chiari, appena velati da un po’ di tristezza, camminando piano.
-Noi ti vogliamo bene. Sei il mio amico più caro. Però io credo che... che forse dovresti andartene da Obranesti.
 
All’ora di pranzo la Sala Grande di Hogwarts era già completamente occupata dall’allestimento per la festa che sarebbe seguita, ed il pranzo fu servito agli studenti nelle rispettive Sale Comuni. Hermione era piuttosto preoccupata per il surplus di lavoro che questa variazione avrebbe comportato per gli elfi domestici, ma evitò di dirlo, visto che Ginny non era dell’umore migliore. Si era presentata a pranzo in ritardo ed era stata vaga quando le avevano chiesto dove si fosse cacciata. Non era certo una buona giornata per nessuno, quindi Neville ed Hermione non le fecero domande.
Quasi d’accordo, misero qualche pezzo di roastbeef tra due fette di pane e si spostarono fuori dall’affollata e rumorosa Sala Comune, in cerca di un po’ di tranquillità. Neville aveva approfittato della mattinata senza lezioni per studiare disperatamente Aritmanzia, ed aveva un po’ di occhiaie.
-Andiamo a prendere Luna, che ne dite?- chiese alle ragazze, che annuirono.
Insieme, si avviarono per i corridoi, attraversando tutto il settimo piano in direzione della Torre di Corvonero, e fermarono un ragazzino del terzo anno che si stava apprestando ad entrare oltre la porta sormontata dalla sfinge, chiedendogli di riferire a Luna che la aspettavano fuori. Bastarono pochi attimi perchè la familiare sagoma bionda dell’amica sbucasse da lì, con un piatto di zuppa fumante in mano ed un bicchiere pieno di succo di zucca che fluttuava dolcemente davanti a sé.
-Andiamo a mangiare su alla Torre?
La Torre di Astronomia di giorno era strana a vedersi. Era un luogo assolato, perchè nessun albero arrivava a gettare la sua ombra sulla pietra biancastra di sole e sugli spogli pilastrini di pietra che durante le lezioni fungevano da piedistalli per i telescopi e gli astrolabi. I preziosi strumenti di giorno stavano chiusi nelle loro custodie di velluto e custoditi nello studio della professoressa Sinistra, la cui porta affacciava sulle scale a chiocciola un piano sottostante. I quattro sedettero a finire di mangiare appoggiati con la schiena al parapetto nord, poi Hermione fece diligentemente Evanescere le briciole (perchè “In un certo senso, siamo in un’aula”).
-E’ difficile pensare che non saremo qui, l’anno prossimo- commentò Neville, giocherellando col suo tovagliolo. Luna annuì, distratta. Hermione non disse nulla. Pensava che il grande cambiamento era stato quello del settembre precedente, quando era cominciata la sua vita senza Ron ed Harry a fianco ogni giorno. Tutti gli altri cambiamenti le sembravano molto meno determinanti, adesso.
-Neville, quando è il concorso per le Serre?
Neville, le mani che si torcevano nervosamente all’idea, disse con voce che voleva sembrare tranquilla:
-A metà luglio. Sto cercando di non pensarci.
-Ma se studi anche la notte!- sbuffò Ginny.
-Luna, tu cosa farai? Hai già deciso?- chiese Hermione gentilmente.
-Papà ha bisogno di un inviato speciale per certi articoli del Cavillo. Credo che gli darò una mano.
-Come sta tuo padre? Ha scritto?
Il signor Lovegood aveva passato molti mesi in convalescenza al San Mungo, dopo essere stato liberato da Azkaban. Luna, spesso accompagnata da uno di loro, gli aveva fatto visita tutti i fine settimana, fino a quando, verso gennaio, lui aveva potuto stabilirsi nuovamente nella loro casa vicino Ottery St. Catchpole, riedificata dalle macerie dell’esplosione dalla Squadra Risarcimenti Magici del Ministero.
-Sta bene. Ma credo sia meglio che i reportage sugli Snorticoli li faccia io, la sua salute non è più la stessa da quando i Mangiamorte l’hanno torturato.
La frase era agghiacciante, ma come sempre la sincerità di Luna era trasparenza e non prova di insensibilità, così persino Neville non si irrigidì:
-E’ naturale.
-Hagrid dice che sei bravissima con le Creature Magiche, Luna. Potresti fare l’addestratrice- intervenne Ginny.
-Credo che mi piacerebbe di più occuparmi delle creature di cui si sa poco, piuttosto che addestrare quelle di cui sappiamo già tutto. Per questo penso che i reportage per papà saranno divertenti.
-Poi staremo a vedere, eh?- intervenne Neville.
-Proprio così.
Hermione si era già informata sulle modalità di invio dei propri curriculum al Ministero della Magia. A dire il vero, non ci aveva pensato poi molto su. Si doveva vincere un concorso per essere assunti, dopodiché i vari dipartimenti contattavano e proponevano gli incarichi, scegliendo i neoassunti in base al curriculum. Il primo incarico non veniva scelto. Solo una volta divenuti organici ad un dipartimento era possibile fare domanda di trasferimento.
Il Ministero era per i migliori, ed il solo fatto che fosse difficilissimo accedervi solleticava Hermione. Negli anni passati, aveva quasi del tutto abbandonato l’idea di entrare nell’amministrazione del mondo magico a qualsiasi livello, disgustata dalla corruzione e dall’ottusità dell’ambiente, ma con Kingsley ed il nuovo governo le cose erano molto diverse.
-Non so cosa fare dopo Hogwarts- buttò lì Ginny, così bruscamente che Hermione e Neville sobbalzarono. Luna, naturalmente, non fece una piega: aveva tolto tutti i tappi di Burrobirra dalla sua collana preferita e li stava infilando in un ordine diverso.
-Sul serio. Non ne ho idea.
-Potresti venire con me per i reportage- intervenne Luna, placida.
-Grazie Luna, ma... ecco, le Creature Magiche non sono il mio forte.
-Beh, potrebbe essere solo un lavoretto estivo, Ginny- osservò ragionevolmente Neville –Credo che non possiamo aspettarci di fare fin da subito quello che vogliamo, ed in qualche modo bisogna partire.
-Sono d’accordo- disse Hermione. In cuor suo, pensava che la cosa di cui aveva veramente bisogno Ginny per ripartire fosse un chiarimento con Harry ed aprire qualche finestra in più nella sua torre d’avorio. Ma in mancanza di meglio, andare in giro per il mondo con Luna non sembrava una prospettiva così tremenda.
Ginny voltò la testa con un sorrisetto verso i suoi amici:
-Ragazzi, è meglio che non mi allontani troppo da casa. Quando Percy si sposerà, questo ottobre, tornerà a stare a Londra, con Audrey ovviamente, e non credo che mamma e papà siano del tutto pronti ad accettare l’idea che tutti i figli sono volati fuori dal nido, ormai.
-Allora qualcos’altro- soggiunse Neville pensoso –Ehi, e se sentissi Hannah? Sai che è già d’accordo per lavorare ai Tre Manici, quest’estate? Mi raccontava che sua zia cerca anche qualcuno per il servizio ai tavoli.
-Sua zia? Madama Rosmerta è la zia di Hannah?
Neville annuì:
-Da parte di madre. Me lo ha raccontato ieri, le do una mano con Erbologia.
Hannah, dopo l’interruzione degli studi al sesto anno per la morte della madre e il successivo, tremendo anno scolastico, conclusosi con la morte di Susan, che era sempre stata la sua migliore amica, era rimasta talmente indietro da non riuscire a superare gli esami per l’ammissione al settimo anno, il settembre precedente. Tuttavia, il padre ci teneva che finisse ugualmente gli studi, così stava terminando il sesto anno. Era cambiata molto, rispetto ai primi anni di scuola: era raro vederla sorridere, e le sue crisi d’ansia erano molto peggiorate.
-Questo potrebbe andare...- mormorò Ginny, quasi soprappensiero.
-Glielo accenno, allora?
-Perché no?
 
Dopo pranzo, Hermione scese alla capanna di Hagrid, per salutare Ron, che ancora non aveva visto. Era oltre un mese che non si incontravano, e sorrise riconoscendo il vecchio golf brunastro da lontano. Stava seduto nell’orto delle zucche, dando da mangiare a Fierobecco topi morti che pescava da una scatola ai suoi piedi. Dovette frenarsi per non corrergli incontro e saltargli letteralmente addosso, e si limitò a sedersi quieta al suo fianco.
-Ciao.
-Ehi!
Lui le passò subito un braccio attorno alle spalle, chinando la testa per baciarla. Accidenti se le era mancato. Chiuse gli occhi, inspirando profondamente l’odore dei suoi capelli, così familiare. L’anno precedente in tenda li aveva tagliati due o tre volte. Sempre con grande imbarazzo, al contrario di quelli di Harry.
-Allora, a quanto pare mi sono perso la partita di Quidditch del secolo!- esordì lui. Era così tipico di Ron, pensò Hermione con un sorriso. Il Quidditch innanzi tutto.
-L’ennesimo membro della famiglia Weasley che porta Grifondoro alla vittoria- convenne -Devo dire che mi sono appassionata persino io. Harry?
-E’ dentro, che chiacchiera con Hagrid. E’ bello rivederti- fece lui, tutto in un solo fiato. Non era bravo, ancora dopo un anno intero, ad essere esplicito. Le orecchie diventarono adorabilmente rosse, come se nulla fosse cambiato dai tempi della scuola.
-Anche per me.
-Ti è arrivato il pacco che ho mandato?
-Certo. Bathilda era sfiancata, non credo che Leo abbia dato questo gran aiuto. Comunque, non penserai mica che distribuirò quella roba?
Ron fece un sorrisetto:
-E’ l’ultima serie delle Merendine Marinare, Hermione. Sono in anteprima per gli studenti di Hogwarts!
-A due mesi dagli esami, figurarsi. Li ho dati a Demelza perchè si esercitasse per la prova di antidoti.
-Che cosa?
-... ma non ci ha cavato un ragno dal buco.
-Lo credo bene!- insorse Ron –Quella è roba avanzata, magia di alto livello. Non credevo che sarei mai ritornato sul calderone, ma ho dovuto farlo, per dare una mano a George. Non so come abbiano fatto lui e Fred a prendere così poco ai GUFO, ne sa più George di chiunque altro! E comunque, Hermione, che ti è saltato in mente di far analizzare roba brevettata che commerciamo?
-Se la commerciate chiunque può metterla in un provetta e provare a scoprire come è fatta, no?
-Beh, ma non è il caso di incoraggiare questa pratica!
-Oh, smettila, Demelza non sa riconoscere una lingua di rospo da un baccello di Pugnacio. Era solo per esercizio! E comunque, parli come un vero uomo d’affari...- scoppiò a ridere Hermione, baciando Ron sulla punta del naso lentigginoso. Lui smise immediatamente di protestare, attirandosela sulle ginocchia. Lei arrossì:
-Ci vedranno!
Un sospiro.
-Chi l’avrebbe mai detto che avresti resistito un anno intero a scuola senza di me?
-Scemo.
 
Remus Lupin, 10 marzo 1960 - 2 maggio 1998
Ninfadora Tonks, 16 agosto 1973 - 2 maggio 1998
Tonks ragazzina faceva il grugno di porco sulla riva del lago, e lui rideva e rideva. Sembrava ieri. Tonks rovesciava il suo calderone per la quinta volta, a Pozioni, e Piton la puniva mettendola a sbucciare scarabei stercorari, e lei lo faceva e poi rovesciava per sbaglio la bacinella con le interiora degli scarabei. Tonks, vestita di giallo da capo a piedi, anche i capelli gialli, come sempre durante tutte le partite in cui Charlie giocava, per farlo arrabbiare ostentando il fatto che non avrebbe mai tifato per lui.
Tonks che lo spediva a sbattere contro il muro con un Sortilegio Scudo una sera che aveva cercato di baciarla, al settimo anno. I capelli rossi di imbarazzo. Era un po’ arrabbiata.
“Che caspita stai facendo, Charlie? Sei ubriaco?”
E lui, precipitoso, a fingere di stare scherzando, deluso ed imbarazzato.
Meglio smettere di ricordare. Da allora in poi, era stato sempre peggio...
Ed eccola là, la lapide. Vista da vicino. Le date quasi gridate dal marmo. Alla fine, Emelie aveva ragione. Aveva fatto bene a venire.
D’accordo. Scusa, Tonks. Sono stato un idiota.
Per tutto questo tempo.
Colpa mia. Avremmo potuto essere amici. Almeno altri otto anni.
E magari insistendo ti saresti innamorata di me e...
...e magari non saresti stata là a beccarti quella maledizione.
O forse sì.
Non ho fatto in tempo a colpire Dolohov. Nemmeno tu, però.
Eri troppo furente e addolorata per lui.
Non te ne sei accorta.
L’ho ammazzato, però un secondo troppo tardi.
Emelie ha ragione, io devo superare... devo rimettere un po’ a posto la mia vita.
Emelie ti piacerebbe, e anche Milos. E’ un peccato che non vi siate conosciuti.
Tonks, ho proprio rovinato tutto, eh?
Non frenò la lacrima che gli stava solcando la guancia.
Emelie dice che tu vorresti che io viva la mia vita in pace. Mi fiderò, perchè in genere ha ragione.
Cercherò di far meglio.
Forse devo andarmene davvero da Obranesti. Mi sono nascosto laggiù per troppo tempo.
Il dottor Cartarescu parlava di un progetto sperimentale a Bengasi. O potrei raggiungere Hans nell’Alto Reno, mi ha già scritto due volte. O potrei tornare da queste parti e...
-Ehi. Charlie...
-Anche tu qui, eh?
 George veniva dritto alla Riva delle Lapidi. Non se ne stupì nemmeno tanto. Non erano soli: qualche altra ombra rimaneva a far compagnia ai propri morti. Charlie credette persino di distinguere Harry, vagamente illuminato dalle luminescenze dei fiori, sulla riva del lago.
-La festa la trovavo un po’ pesante.
Charlie fissò il fratello sedersi sulla tomba di Fred, proprio lì accanto, le mani a sorreggere il mento. George era cambiato. Anche se non si trattava più di quello dei primi giorni di lutto, quelle tremende settimane alla Tana, era diverso da come lo ricordava. Aveva ripreso ad interessarsi al suo lavoro, persino a fare battute. Ma c’era molto più sarcasmo. E più amarezza, in ogni cosa.
-Come va giù in Romania, Charlie?- gli chiese, senza fargli domande indiscrete sul perchè fosse lì.
-Benone- esitò un attimo –A dire il vero, sto cominciando a pensare di lasciare.
-Davvero? Credevo adorassi quel posto.
-E’ così. Forse però è il momento di cambiare. Ho qualche altra opzione da valutare.
-Da queste parti?
Charlie si strinse nelle spalle. Forse non era ancora pronto.
-Non saprei. Può darsi.
George sbuffò.
-Io a volte vorrei proprio andare via, invece. Ma c’è il negozio, e credo che... Ron vorrebbe che continuassi.
Naturalmente, intendeva dire Fred. Non ci voleva un genio per capirlo, e Charlie afferrò al volo.
-E’ difficile capire cosa vorrebbero da noi i morti, uh?
George lo fissò.
-Tu e Tonks eravate molto amici, a scuola, vero? Me lo ricordo. Come mai vi siete persi un po’ di vista?
-Immagino... immagino sia stata colpa mia- mormorò Charlie, stringendo i pugni.
-La Romania, eh?
-Eh già.
No, certo che no.
-Perché vuoi andartene, George?
-Non sopporto Ronnie che fa la mamma, è ovvio- fece lui leggero, guardandosi con noncuranza il piede –E’ peggio di Harry con Teddy. Manca che si offra di pulirmi il culetto.
Era serio o scherzava? Non era più tanto facile capirlo, con George, ma poi lo sentì ridacchiare.
Rimasero un po’ in silenzio, poi Charlie si alzò. La notte intorno a loro era fresca e limpidissima.
-Io vado a casa. Sono un po’ stanco.
-Credo che me ne andrò anche io.
-Vai a Londra o fai un salto alla Tana?
-A Londra. Ho della roba da sbrigare in negozio.
-Allora ci vediamo, George?
-Sicuro.
Si scambiarono una pacca sulla spalla ed un secondo dopo George si era già avviato ai cancelli per Smaterializzarsi.
La tomba di Tonks brillava lieve.
Magari potrei davvero cercare qualcosa da queste parti. Giù in Galles, negli allevamenti statali...
Per qualche annetto, o i Gallesi Comuni diventano un po’ noiosi.
Potrei veder crescere Teddy, per un po’...
Sì, potrei.
Si incamminò, le mani in tasca, giù verso i cancelli.
Il tuo... il vostro bambino è davvero uno splendore, Tonks.
 
Ron teneva un braccio intorno alle spalle di Hermione, e si godeva la sensazione del suo corpo così vicino, mentre camminavano lentamente nel parco pieno di luci fatate. Lei gli stava raccontando del concorso al Ministero, e lui la ascoltava solo con un orecchio. Quando George passò poco lontano, Hermione si interruppe, sconcertata:
-Va già a casa?
-Temo di sì.
-Perchè “temo”? Forse è stanco.
-Passerà la notte nel laboratorio, come al solito- disapprovò Ron.
-Beh, se può consolarti, l’ho trovato incredibilmente più sereno ed in salute, davvero Ron. Ed oggi di certo non era una buona giornata, con l’anniversario e tutto il resto...
Ron fece un sorrisetto.
-Harry si sta preparando ai test dell’Accademia, in settembre.
-Lo so.
-Tu... ehm, hai pensato dove andrai a stare dopo la scuola, Hermione?
-Dai miei genitori. Saranno contenti di avermi con loro per un periodo un po’ più lungo, sai? E’ da quando avevo undici anni che...
-Già. Beh, saremo abbastanza vicini, ci hai mai pensato? Tutti e due a Londra.
-Ron, possiamo Materializzarci, non credo che abbia molta importanza, no?- sorrise Hermione.
-Sì, certo, ma dico... non so, immagino che passeremo più tempo insieme, rispetto a quest’anno... cioè, lo spero.
Hermione arrossì.
-Lo spero proprio anche io- fece poi, seria.
-E magari, qualche volta... se ti fa... se ti fa piacere... insomma, potresti passare un po’ di tempo a casa mia. Cioè, mia e di George.
Caspita, non pensava che sarebbe stato così difficile. Hermione era più rossa che mai.
-A dire il vero, Ron, io... ehm, non credo che i miei ne sarebbero proprio entusiasti... insomma, non è come dormire... cioè, intendo... essere ospiti... alla Tana, giusto?
-Beh, spero proprio di no- fece Ron baldanzosamente, senza riuscire a reprimere un ghigno.
-E George cosa ne penserebbe?
-Sarà tanto se si accorge che sei in casa.
Hermione lo guardò, inquisitoria:
-Sai benissimo che non è vero- disse, saputa.
-Va bene. Ci prenderebbe in giro alla morte- fece Ron, un po’ incupito.
Hermione rise.
-Vedremo- disse, sibillina e imbarazzata.
-Hai notato che è quasi un anno che non litighiamo? Mai?- aggiunse poi, soprappensiero.
-Probabilmente perchè non ci vediamo mai. E’ difficile litigare per lettera, e quando ci vediamo...
-...quando ci vediamo?
-Beh, diciamo che litigare con te non è nelle mie priorità.
Ron chinò il capo verso di lei e la baciò, respirando beatamente il suo profumo. Aveva tutte le intenzioni di continuare per un’oretta o due, quando lei si divincolò dall’abbraccio e lo trascinò dietro un cespuglio. Per un attimo gli balenò in testa che volesse più intimità, ma poi si rese conto che guardava dall’altra parte del lago, verso le Riva delle Lapidi, che il chiarore dei fiori illuminava chiaramente.
-Ma che...
-Oh, Ron... guarda laggiù!
-Non vedo nulla.
-Guarda meglio! Sono... sono Harry e Ginny!- mormorò lei, in uno squittio soddisfatto.
Ci volle un po’ perchè mettesse a fuoco le loro sagome. Si stavano baciando.
-Beh, caspita!- riuscì a dire, stupefatto.
-Oh, lo sapevo, sono così contenta, lo sapevo che Ginny stava solo prendendo tempo, gliel’ho anche detto un paio di volte, era proprio l’ora e...
Hermione era a dir poco euforica. Continuava a parlare a macchinetta.
-...lei è così adatta a lui, e lui le piace da sempre, ed ora Harry sarà molto, molto più felice e potrò smetterla di preoccuparmi per lui e... oh, Ron!
Quasi lo sbatté a terra quando, al colmo dell’eccitazione, gli gettò le braccia al collo per baciarlo. Lui le passò un braccio dietro la schiena e se la tenne stretta, del tutto soddisfatto della piega che aveva preso la serata. Harry e Ginny di nuovo insieme, si poteva presumere, ed Hermione così bella, e niente rimasto a turbarla, se tutto andava bene tra quei due dall’altra parte del lago. Il negozio andava bene, George... beh, George migliorava, glielo aveva detto anche Hermione...
Un anno era passato, ed ogni giorno era stato un passo avanti.
 
   
 
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