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Autore: Maricuz_M    03/02/2012    29 recensioni
Ilaria, una semplice ragazza di diciassette anni che, come la maggior parte dei suoi coetanei, usa spesso i social network. Facebook per gli amici, Twitter per sfogarsi.
Negli ultimi giorni estivi “fa conoscenza” con Anonymous. Entrambi sono all’oscuro dell’identità dell’altro.
Il nuovo anno scolastico non si apre nel migliore dei modi per Ilaria, costretta ad avere a che fare con Gabriele, trasferitosi da poco nella sua stessa città.
*Dal capitolo 2:
Per un secondo, incrociando quello sguardo color ghiaccio e quel volto di rara bellezza, mi dimenticai dell’istinto omicida dentro di me.
Non poteva essere vero. Era troppo bello per essere vero. Non poteva esistere un essere mortale così divino. Chi era la madre? Chi il padre? Dovevo assolutamente stringere loro la mano, avevano fatto un lavoro eccellente.
Si schiarì la voce “Posso passare o vuoi contemplarmi per altri dieci minuti?”
Mi pentii di aver sfornato così tanti complimenti tutti in una volta.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 22


Vacanze natalizie. Non ci potevo credere.
Mi sentii libera immediatamente dopo aver fatto il primo passo fuori dall’edificio scolastico. Ormai era passata una settimana da quel giorno –sì, era passato anche Natale-, ma sentivo quella sensazione persino il quel momento, mentre fotografavo mia cugina che dondolava sull’altalena con un sorriso che solo i bambini di quell’età sono in grado di mostrare.
Si chiamava Luisa e aveva da poco sei anni. Andava in prima elementare e quel giorno lei ed i suoi genitori sarebbero stati nostri ospiti a pranzo. Le avevo promesso di andare al parco a giocare e quando saremmo tornate a casa lei ed i miei zii sarebbero andati via, per cui avevo scelto di fare quell’ultimo sforzo da baby-sitter e stringere i denti, ma con la macchina fotografica tra le mani.
Lala, mi spingi di più?” mi chiese, guardandomi con i suoi occhioni, uguali ai miei. Continuava a chiamarmi Lala, sì, come il coso giallo dei Teletubbies, ma infondo non mi dispiaceva.
Sospirai “Luisa, se ti spingo di più poi ti ritrovi sull’albero.”
“Dai!” urlò lamentosa. Alzai gli occhi al cielo e mi misi al collo il mio amato strumento, per poi posizionarmi dietro di lei e fare quello che mi chiedeva. Mentre la spingevo, mi guardavo intorno, giusto per curiosità, e nel marciapiede che separava il parco dalle varie abitazioni, vidi Gabriele camminare. Sentii del calore invadermi e mi spuntò involontariamente un sorriso sulla faccia, facendomi poi male a un dito perché mi ero distratta dalla mia principale occupazione.
“Porca pu.. mh.” Mi trattenni, per la presenza della bambina, scuotendo la mano colpita. Rialzai lo sguardo per controllare se Gabriele se ne fosse andato, ma lo trovai appoggiato ad un albero, bello come sempre, che mi fissava sorridendo.
“Uhm.. Ciao.” Lo salutai, impacciata e ancora dolorante.
“Ciao!” disse allegro, venendo verso di noi. Quando fu vicino, spostò lo sguardo da me per puntarlo su Luisa, che lo guardava adorante.
“E questa bella bambina?” chiese curioso, accovacciandosi davanti a lei e studiandola, facendole abbassare il visino rosso. Bonetti faceva uno strano effetto a qualunque donna della mia famiglia. Prima mia madre, poi me, adesso lei.
“E’ mia cugina.” Risposi.
“Buon sangue non mente..” mormorò pensieroso, poi sorrise di nuovo “Ciao, io sono Gabriele. Tu?”
“Luisa..” disse piano, a disagio.
“Luisa.. E quanti anni hai?”
“Sei..” il ragazzo annuì, poi alzò la testa colpendomi con i suoi occhi chiari.
“Sei qui con lei?” mi domandò. Confermai con un movimento della testa. Ero gelosa di una bambina della prima elementare, fantastico. Lui ghignò sadico, capendo che non era esattamente il modo in cui mi sarei aspettata di passare il pomeriggio, poi si tirò su.
“Posso farti compagnia?” chiese, ancora, ottenendo la stessa risposta “A te va bene se sto qui, Luisa?”
“Si..” rispose, ancora imbarazzata, facendolo sorridere.
“Ha parlato più lei di te.” Osservò, fissandomi “Tutto bene?”
“Certo!”
“Meglio.. Dai, spostati che la spingo io, così scatti le tue amatissime foto.” Così dicendo, prese il mio posto ed iniziò a spingere mia cugina sull’altalena.
“Che facevi da solo?” domandai dopo qualche attimo di silenzio.
Scrollò le spalle “A casa mi annoiavo e sono uscito per farmi un giro.”
“Che vita avventurosa..”
Passammo così una mezz’ora, tra una giostra e l’altra, parlando, scherzando e giocando. Scattai un sacco di foto, sia a mia cugina che a lui, fino a quando non venni chiamata da mia madre che mi diceva di tornare a casa.
“Noi dobbiamo andare.” Dissi veramente dispiaciuta rimettendo il cellulare nella borsa.
“Ho capito.. Beh, a questo punto noi due ci vediamo a casa di Dafne il 31.” Disse tranquillo, infilando le mani in tasca. Lui era calmo, io invece avrei fatto di tutto pur di stare altri dieci minuti con lui. Cavolo, adesso iniziavo a fare anche ragionamenti autolesionisti. La mia cotta stava aumentando a dismisura.
“Già..” sussurrai.
“Luisa, magari un giorno giocheremo ancora insieme, mh?” la prese in braccio “Me lo dai un bacino?” Fissato, pensai sorridendo. Ottenne quel che voleva e soddisfatto la rimise giù “E tu?”
“Io cosa?”
“Me lo dai?” aprii la bocca per rispondere con un “no” secco, ma mia cugina mi precedette.
“Certo che te lo dà, vero Lala?” oh no..
“Certo che me lo dai, vero Lala?” ripeté l’altro, più infantile della bambina, con un sorrisone gongolante stampato sulla faccia. Sbuffai e mi avvicinai velocemente al suo viso, lasciandogli un altrettanto veloce bacio sulla guancia.
“Adesso posso anche morire.” Rise lui, ma distogliendo lo sguardo. Sembrava cercasse di mascherare non solo la sorpresa per il mio gesto, ma anche l’imbarazzo.. No, no Ilaria. Non iniziare ad illuderti, mi dissi. L’avevo già fatto una volta, due mesi prima, non potevo farlo ancora. Sarebbe stato stupido.
“Si.. certo.” Borbottai e presi per mano Luisa che, chissà perché, aveva un’aria stranamente compiaciuta “Ora però andiamo sul serio.”
Ci salutammo, di nuovo, e me ne tornai a casa, pensierosa.
 
Ero rossa. No, bordeaux. No, non lo so.
Mia cugina aveva raccontato praticamente tutto ai suoi ed i miei genitori, o addirittura di più. Aveva iniziato a raccontarci le sue idee su di noi. Sono belli qui, si sposeranno di qua, avranno tanti bambini con cui potrò giocare di là. Consigliai vivamente a mia zia di smettere di farle vedere i film della Disney o di Barbie in cui esiste l’amore perfetto ed il principe azzurro.
Quando uscirono dalla nostra casa, dovetti sorbirmi mia madre.
“Ilaria, com’è che ogni volta che esci ti trovi sempre con Gabriele?” ammiccò.
“Eh, me lo chiedo anche io..” borbottai, sparecchiando la tavola dopo cena.
“Fuma?” chiese invece mio padre.
“No.” risposi, perplessa.
“Si droga? Frequenta un brutto giro? Ha piercing o tatuaggi?” continuò.
Aggrottai la fronte “No, non si droga. No, non frequenta un brutto giro, anche perché è nel mio e no, non ha né piercing né tatuaggi.”
“E’ un tipo apposto?”
“Si, è un tipo apposto, ma perché me lo chiedi?”
“Se ti devi sposare con lui almeno fammi sapere che tipo è!” disse tranquillo, piuttosto sorpreso per la mia domanda. Cioè, era lui ad esser sorpreso?!
“Ma che razza di pensieri state facendo voi due? Smettetela! Non stiamo neanche insieme!” scoppiai, allargando le braccia.
“E’ davvero un bravo ragazzo. Ricordo quando arrivò a casa quel Martedì. Tu stavi male per Lorenzo, e Gabriele appena uscì da scuola venne a suonare il campanello. Quando aprii mi chiese subito dove fossi. Non ebbi il tempo di dirglielo che si era già scaraventato in camera tua.” Sospirò sognante mia madre, facendomi arrossire al ricordo di quel pomeriggio.
“Maleducato.” La buttò lì mio padre, superficialmente interessato.
“Preoccupato, non maleducato. Era preoccupato per lei. Che dolce!”
“Mamma, papà, la smettete? Grazie.” Uscii inacidita dalla cucina per dirigermi in camera, ma nel corridoio mi bloccai. Qualcuno aveva suonato alla porta.
Sbuffando, mi avvicinai all’ingresso ed aprii. Davanti a me un ragazzo, di spalle, con un braccio alzato e la mano sulla nuca, immersa fra i capelli castani. Sentendo il rumore, si voltò.
“Gianmarco.. cosa..” non ebbi il tempo di dire niente di più intelligente. Si lasciò andare il braccio sul fianco, esausto, poi li rialzò entrambi per buttarsi su di me e abbracciarmi, anzi, stritolarmi. Ero completamente immobile, quasi scioccata. Non fraintendetemi, non lo ero per il contatto con l’aria fredda di fine Dicembre e con lui o per averlo visto davanti a casa mia, ma per come si era mostrato. Era in lacrime, stravolto. Gli occhi rossi, il respiro affannato adesso scosso dai singhiozzi.
Non sapevo con certezza cosa gli fosse accaduto, ma potei lontanamente immaginare. Lo strinsi anche io, indietreggiando per farlo entrare in casa, al caldo –sia per me, che per lui- e chiusi la porta.
“Gi-emme..” tentai di chiamarlo, più dolcemente possibile.
“Faccio una cazzata dopo l’altra..” mugugnò lui, quasi incomprensibilmente.
“Ok, bene..” dissi, a disagio “Vieni in camera e me ne parli un po’ meglio.” E non era una domanda, una richiesta o un’offerta. Annuì, ancora sulla mia spalla, poi si separò lentamente, tremando un po’.
“Ilaria, chi è?” mi chiese mia madre dalla cucina.
“Gianmarco, prepara due cioccolate calde, siamo in camera!” urlai, prendendolo per mano e dirigendomi nella mia stanza. Appena entrati lo feci sedere sul letto, chiusi la porta e mi sistemai accanto a lui paziente, ma nello stesso momento preoccupata.
Stetti in silenzio, guardandolo mentre si piegava su se stesso per appoggiare i gomiti sulle proprie ginocchia e stropicciarsi gli occhi. Sentivo il respiro irregolare che cercava di riportare alla normalità, vedevo le mani stringersi a pugno per il nervoso e percepivo il suo malumore.
Gli posai una mano sulla spalla, e feci caso solo in quel momento che aveva ancora il giubbotto.
“Levatelo questo..” mormorai.
Tirò su col naso e si raddrizzò per tirar giù la cerniera, fissando vuoto un punto davanti a lui.
Tornai ad attendere, e dopo un minuto si decise a parlare “L’ho detto ai miei. Non è andata molto bene.”
Mia madre bussò alla porta ed aprì. Le fui subito davanti, presi le due tazze e la liquidai. Non volevo ci fossero interruzioni ed irruzioni. Si stava per svolgere una discussione abbastanza delicata. Mi sedetti e porsi la cioccolata fumante al ragazzo, che l’afferrò sforzandosi di sorridere e ringraziando.
Riprese, fissando la bevanda “Sono sicuro di quello che sono, mi sono accettato, così oggi a pranzo ho confessato. Sai no, è il periodo natalizio, tutti più buoni, tutti spensieratamente in famiglia.. Sì, un cazzo. Pesava.” Scosse la testa, cominciando a cedere ancora, così si fermò approfittandone per bere un sorso. Si passò la lingua sulle labbra e riprese dopo aver preso fiato “Ho aspettato il momento in cui saremmo stati tutti insieme e ho esordito con il classico “vi devo parlare”, per poi girarci intorno per prendere coraggio e dire infine “sono gay”. Fin qui tutto apposto, il peggio è venuto subito dopo..” l’ultima frase la bisbigliò.
“Cosa hanno detto?” chiesi, un po’ esitante.
“E’ questo il problema.” Sorrise, senza allegria “Non hanno detto un bel niente. Sono rimasti zitti, immobili a fissarmi. Almeno mia sorella si è voltata per vedere la reazione dei nostri genitori. Lei era sorpresa, non scioccata. O delusa..”
“Delusa..?” aggrottai la fronte.
“Sì, delusa. Lei non lo era, mio padre sì. Dopo qualche minuto di silenzio si è alzato dal tavolo scuotendo la testa e se n’è andato in camera. Mia madre l’ha seguito.” Deglutì e con gli occhi che tornavano ad inumidirsi, si portò la tazza alla bocca. Gli venne in mente qualcosa da dire, lo notai da un leggero spostamento delle sopracciglia, e dopo aver ingoiato la bevanda ricominciò con voce tremante “Sai, io mi aspettavo un “non ti preoccupare, ti vogliamo bene lo stesso” o “l’importante è che tu sia felice”, come nei film, capisci?” ridacchiò mentre una lacrima scendeva sul suo viso “Mera illusione.”
Non sapevo che cosa dire. Sinceramente non avrei mai immaginato questa reazione o simili. Insomma, un po’ di sconcerto è normale, ma quello era un vero e proprio rifiuto. Il rifiuto di un genitore per il figlio. Continuai a guardarlo, aspettando si sfogasse ancora.
“Se ne è andato. Se ne sono andati. Sono rimasto fermo davanti a mia sorella senza sapere se provare odio per loro o per me stesso. Insomma, sono io quello strano, no?” chiese retoricamente, con rabbia “Perché cazzo lo hanno fatto? Cosa pensano di risolvere, sempre ci sia qualcosa da risolvere, facendo così?” si voltò finalmente verso di me, chiedendomi quasi di spiegargli il perché di tutto quello che gli stava succedendo.
“Cosa hai fatto dopo?” chiesi.
“Ho salutato mia sorella e ho avuto la geniale pensata di non voler tornare mai più in quella casa, e spero veramente di non farlo. L’unico problema è che adesso non so dove cazzo andare.” Sospirai e appoggiai la testa sulla sua spalla. Poco dopo, all’improvviso, si drizzò e cominciò a blaterare, facendomi sussultare, tornare in posizione eretta e spalancare gli occhi.
“E mi sono precipitato qui! Dio, scusami, magari avevi qualcosa di meglio da fare che stare ad ascoltarmi! E’ che mi sei subito venuta in mente tu, eri l’unica a saperlo e visto l’effetto che ha avuto su di te la notizia.. insomma pensavo che mi avresti potuto aiutare almeno per sfogarmi!” si alzò di scatto “Me ne vado, adesso. Ti ho rubato anche troppo tempo. Grazie di tutto e scu-” lo fermai.
“Gianmarco Tilli, dove te ne andresti? Così, per curiosità.” domandai solenne.
Mi guardò, poi vacillò “Ehm.. Non lo so..?” mi chiedeva se lui non lo sapeva? Apposto. Presi le tazze vuote.
“Aspettami qui.” Con un’idea ben precisa in mente andai in cucina e parlai prima con mia madre e, successivamente, con mio padre. Esattamente sette minuti dopo, con sorriso soddisfatto sul volto, tornai dal mio amico.
“Spostati.” Dissi. Lui, dubbioso, si fece da parte, ed io mi inginocchiai. Afferrai il letto sotto al mio, fatto apposta per averne due senza occupare troppo spazio nella camera, e tirai. Ancora sorridendo guardai dal basso Gi-emme, che mi fissava ad occhi sbarrati.
“Ma che..”
“Ringrazia che sei gay, sennò col cazzo che ti facevano dormire qui.”
 


Ed eccoci qui. Ennesimo "colpo di scena" riguardante il nostro Gi-emme! So che vi state ricredendo su di lui. DOVETE farlo. E' un bravo ragazzo, poverino! T_T
Scusatemi ma amo il padre di Ilaria, comunque..
Spero davvero che vi sia piaciuto il capitolo, che sia quantomeno credibile e un po' realistico (spero davvero tanto tanto) e che abbiate apprezzato il momento IlariaxGabriele con la cugina mi-faccio-più-film-mentali-che-Woody-Allen. *_*
Ah, e spero inoltre che voi stiate soffrendo perchè continuano a comportarsi come sempre. BUAHAHAH

Ho scelto di pubblicarlo oggi e non ieri perchè.. perchè ultimamente ho meno tempo per scrivere e, ahimé, poca voglia (perchè quando sto male fisicamente, non ce la faccio) e.. Perchè oggi è il mio compleanno.
No, non era perchè voglio che mi facciate gli auguri, ma perchè.. No, non c'è un motivo. Volevo pubblicare un capitolo il giorno del mio compleanno, fine! xD
Il prossimo non so quando pubblicarlo, detta sinceramente. MASSIMO mercoledì, ma non prometto niente. Potrebbe pure esser prima. :3

Che altro dire? GRAZIE. Come al solito. Mi fate sorridere come un'ebete quando leggo le vostre recensioni o le visualizzazioni che aumentano. Tutto questo è incredibile. Grazie davvero. Graziegraziegraziegraziegrazie!

Volevo dire qualcos altro? Non vi anticipo niente perchè c'è poco da anticipare.. Quindi..
A presto! :D

Maricuz
   
 
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