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Autore: angelady    03/02/2012    2 recensioni
Sul treno diretto a Tokio, una ragazza dai lunghi capelli biondi guardava pensierosa dal finestrino... Il ritorno di Nana Osaki dopo la lunga assenza di sei anni, affronterą i fantasmi del suo passato.
Genere: Romantico, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki, Nobuo Terashima, Ren Honjo, Shinichi Okazaki
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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Yasu era nel suo ufficio, assorto tra le pratiche di qualche cliente esigente. Il cellulare era di fianco a lui, appoggiato sulla scrivania, ma non osava guardarlo.
Nobu l’aveva chiamato prima che arrivasse in ufficio, lo aveva pregato di venire alla cena insieme a lui e ad Hachi, e inizialmente aveva accettato, ma quando gli era stato fatto il nome di Ren, rispose che si era appena ricordato che quella sera aveva un impegno.
Strano come le situazioni possono cambiare le persone, e per quanti sforzi facciano non riescono a rimediare, Yasu, per quante volte tentasse non riusciva a guardare Ren negli occhi, non riusciva a parlargli. Se fosse andato alla cena l’avrebbe visto triste e assente come sempre, quando stavano tutti insieme, e inesorabilmente avrebbero finito di parlare di Nana.
Il cellulare squillava senza tregua, Yasu smise di leggere le pratiche che teneva fra le mani, e con sguardo assente guardò lo schermo che si illuminava. Reira. Abbassò lo sguardo tristemente, chiudendo gli occhi e massaggiandosi con le dita le palpebre, mentre ripensava all’ultima conversazione avuta con lei. Non poteva ignorarla, era la madre di suo figlio, anche se il coraggio per rispondere mancava e il sudore gli bagnava la fronte. Si allentò il nodo della cravatta e rispose al cellulare.
Yasu rimaneva in silenzio, ascoltando i respiri affannosi della donna, forse stava piangendo e per non farsi sentire tratteneva le lacrime, poi un sussurro quasi udibile lo persuase a parlare.
-Reira?-
-Vo…volevo sentirti…-
-Stai lavorando?-
-No-
-Che succede? Stai bene?-
-Yasu…ho bisogno di te! Io sto male così…-
-Ne abbiamo già parlato tante volte. Sappiamo entrambi che è meglio così per tutti e due-
-Non è vero! L’hai deciso tu, io non ho avuto voce in capitolo…ti sei limitato a tagliarmi fuori dalla tua vita…-
-Non sei fuori dalla mia vita. Abbiamo un figlio insieme…tu…non mi sei indifferente-
-Perché mi tieni lontana da te allora? Perché Yasu…-
Aveva cominciato a piangere senza smettere un attimo. Era un dolore acuto, allucinante e disarmante davanti all’indifferenza. Yasu rimaneva inerme; le sue mani sembravamo annullarsi, e quella che teneva stretto il telefono era come burro. La fronte continuava a sudare, e il nodo della cravatta pareva più stretto, ora che anche lui sentiva un magone fermo in gola; la allentò ancora un po’, ma quella sensazione di soffocamento non se ne andava.
-Reira…smetti di piangere ti prego-
-Io…io non…non ci riesco-
-Cosa dovrei fare secondo te? Trasferirmi a Londra e abbandonare tutto? Vivere una vita imposta…ho anch’io dei sogni, delle aspirazioni…e…-
-La verità è che non vuoi stare con me! Allora dillo una volta per tutte! Dillo così posso smettere di sperare che qualcuno mi ami!-
-Reira…-
Il suo nome riecheggiò nell’anticamera del cervello, per poi morire sulle sue labbra, ma lei non aveva udito il richiamo, non aveva voluto sentire oltre, Yasu riagganciò la chiamata e poi notò il messaggio di Nobu che gli rammendava sempre l’invito a cena. Non si era ancora arreso. Tirò un lungo sospiro e lo chiamò.
-Yasu?-
-Nobu. Stasera vengo, dillo pure agli altri-
Così dicendo riagganciò e con un fazzoletto si asciugò il sudore dalla fronte, poi riprese i fogli su cui stava lavorando prima e continuò a leggerli.


“Sono sempre stato pronto a sacrificarmi per il bene delle persone a cui tengo, tante volte rinunciando alla mia vita. Ora che potrei vivere, mi manca la scusa per farlo. Mi manchi tu, Nana”

Sdraiata sul letto matrimoniale della camera dell’ex chitarrista dei TRAPNEST, Nana leggeva scrupolosa gli inserti di lavoro, cerchiando con un pennarello rosso quelli che potevano essere presi in considerazione. Sull’anulare della mano sinistra l’anello col diamante che le aveva donato Ren brillava ancora come la prima volta che lo aveva messo al dito. Pensierosa cerchiava tutti i posti da cameriera, commessa e venditrice ambulante, masticando svogliatamente ogni tanto l’estremità del pennarello, mentre giocava a incrociare le gambe e ogni tanto si spostava qualche ciocca bionda che le cadeva davanti al viso. Ren la osservava silenzioso dalla soglia della porta.
-Hai trovato qualcosa?-
-Forse-
Si avvicinò a lei con il passo felpato come quello di un gatto, per poi mettersi di fianco a lei, con una mano sotto il mento e il gomito appoggiato sul cuscino, Nana alzò lo sguardo e lo guardò interrogativa.
-Anche tu dovresti cercarti un lavoro-
-Mah…Take mi ha già fatto fare un colloquio, se tutto va bene inizio fra qualche giorno-
-Potresti comunque cercare…nel caso in cui non ti prendano!-
-Ah…Nana Nana…-
Si appoggiò completamento al cuscino, mentre le accarezzava la pelle liscia della spalla; la stessa pelle che portava il suo tatuaggio. Un brivido le percorse il collo, e tenne a stento un gemito, Ren sorrise malizioso.
-Smettila! So a cosa vuoi arrivare…ma non si può sempre pensare al sesso. Certo che non sei cambiato per niente! Sei il solito porco!-
-Porco?-
Ren emise una gioiosa risata. Era da anni che non rideva, e ora farlo sembrava rinascere. Non c’è cosa più bella che ridere con la donna che si ama.
-E dai, adesso non esagerare…e poi…dobbiamo recuperare il tempo perso, non credi?-
-Ora ho da fare, il tempo perso lo possiamo recuperare un’altra volta-
-Sei incredibile…-
-Sono solo occupata a fare altro. Se non trovo un lavoro dovrò andare presto ad abitare sotto i ponti!-
-Mah…puoi sempre venire qui con me…-
Lo fulminò con lo sguardo, ricordando tutte le volte che aveva detestato il fatto di dipendere da Ren. Non si sarebbe mai ripetuto, non sarebbe tornato tutto come allora.
Era ferma sulle sue decisioni e non avrebbe ribattuto lo sguardo di sfida di Ren. Ritornò a leggere gli annunci senza dare peso al fatto che Ren la stava ancora guardando contrariato. Stava rincorrendo gli stessi passi, e sicuramente avrebbe fatto gli stessi errori, ma era sempre quello che aveva voluto; vivere con lei, avere una famiglia…la guardava disinvolta e superba nei suoi atteggiamenti, come se la cosa non la sfiorasse nemmeno, questo lo irritava parecchio. Strinse i denti per scacciare quel senso di fastidio che si era istaurato dentro di lui.
-Dove stai ora?-
-Ho affittato una stanza qui vicino-
-Umh…Nana?-
-Che c’è?-
-Facciamo un giro?-
Un giro? Lo guardò sorpresa, e per un attimo dovette realizzare la domanda perché sembrava troppo inverosimile. Sorrise debolmente, la proposta le piaceva, e nel frattempo avrebbe potuto cercare un lavoro.
Ren si alzò dal letto e aprì l’anta del suo armadio per tirarne fuori una camicia bianca; la appoggiò sul letto delicatamente, come se stesse maneggiando una reliquia rara, poi si tolse i pantaloni e li adagiò anch’essi accanto alla camicia. Nana lo guardava perplessa, scorgeva le labbra di Ren sogghignare mentre si toglieva la maglietta e infine i boxer.
-Ma che diavolo stai facendo?-
-Mi spoglio, no?-
Rimase ancora per un attimo scossa, non capiva le intenzioni dell’uomo, quando la sagoma di Ren incominciò ad ondeggiare verso il bagno le fu chiaro il suo obiettivo.
-Era il caso di fare tutte queste scene?-
-Era divertente vederti lì a chiederti cosa stessi facendo-
Si lasciò scivolare la porta alle spalle, che non si chiuse.
-Oh si che ridere…sto ancora piegata in due dalle risate! Sei proprio scemo a volte. Ma non dovevamo fare un giro? Prima mi chiedi di fare una cosa, e poi d’un tratto te ne vai a fare la doccia?-
-Stasera c’è la cena con gli altri. Dovevo mettermi un po’ in sesto. Sai che Nobu non sta più con Yury? E invece…se sapessi di Yasu…a dire la verità lui mi evita, d'altronde le cose cambiano quando si ha una grande sofferenza…ma Nana, mi ascolti?-
Si girò di scatto sentendo la mano della ragazza che gli sfiorava la schiena, salendo sulla spalla e raggiungendo la clavicola, Ren respirava affannosamente.
Le labbra di Nana gli sfioravano il collo, lo baciavano, per poi raggiungere il suo orecchio, Ren stringeva la maglia ormai bagnata di Nana, sentiva la sua pelle irrigidita dal flusso dell’acqua, senza aspettare oltre gliela tolse.
-Chiedimi ancora se sei l’unico…-
Glielo sussurrò nell’orecchio, mentre le mani scendevano sulle natiche e accarezzavano la sua pelle, Ren chiuse gli occhi lasciandosi andare al piacere che stava crescendo sempre più intenso, ad ogni carezza, ad ogni bacio, ad ogni respiro…
-Lo sono…-
-…Sempre…-
La prese per la vita e la girò bruscamente di spalle, Nana teneva le mani aperte, i palmi appoggiati saldamente alla parete della doccia. Chinò all’ingiù la testa, mentre le mani del suo amante le percorrevano la schiena, le accarezzava il ventre, spingendola a chinarsi, mentre con una mano le accarezzava l’interno coscia, aprì leggermente le gambe, rispondendo a un istinto naturale, Ren le tolse gli slip e non aspettò più; la fece sua prepotentemente, ammaliato dal desiderio di volerla.
-…Dimmi che vuoi di più…-
-Ren…-
Il fiato le mancava in gola, mentre Ren spingeva ardentemente dentro di lei, facendola ondeggiare in avanti, quasi a farle male. Era strano come aveva preso piega questa passione, o semplicemente era sempre la stessa. Erano sempre gli stessi.
-Dimmelo Nana…-
Glielo imponeva follemente, mentre si ostinava ad azzardare spinte più audaci, più forti…
-Ren!...-
-…Dimmelo…dimmelo…-
-Di più…voglio di più…-
Avvicinò il viso al suo, ansimando e sospirando affannosamente. I battiti del suo cuore si stavano regolarizzando, mentre anche la sua forza cedeva. La girò di fronte a lui, guardandola negli occhi, mentre la prendeva ancora con impeto, Nana appoggiò la testa sulla sua spalla. Le sue unghie rosse lo ferivano spingendoli verso l’apice del piacere…


“Per un istante, ma solo per un istante, vorrei aprire la porta di casa e trovare Nana ad aspettarmi, indaffarata ai fornelli a preparare zuppe troppo salate. Ma questa non è la nostra casa, è quella di Takumi…”


Appena rimise piede in casa la piccola Saztuki corse ad abbracciare la madre, Hachi ricambiò affettuosamente l’abbraccio, per poi mostrarle un regalo che aveva preso nel tempo in cui era stata fuori con Nobu. Prese la scatola che conteneva una deliziosa bambola con un delizioso vestito rosa, aveva il viso illuminato e gioioso. Buttò le braccia al collo della madre, per la seconda volta.
-Che bella grazie mamma! Ora la mia bambola avrà un’amica con cui giocare!-
-Qualche volta però farai giocare anche la mamma, vero?-
-No, tu sei grande per giocare con le bambole, e poi la puoi rompere!-
-Ma non è vero…-
-Si che è vero. Papà lo dice sempre…-
-Davvero?-
-Si certo…dice che tu sei una casinista che fa pasticci quando tocchi qualcosa-
-Papà parla troppo…-
Le rispose beffarda, e un poco seccata.
-Ah mamma…papà è di la in salotto-
Hachi si fermò di scatto guardando la bambina che tirava fuori dall’involucro la bambola, pensierosa, si diresse verso il salotto. Era ancora arrabbiata con Takumi, e a desso che ci pensava…Saztuki non era dai nonni? E Takumi che voleva ancora? Si fece coraggio e gli andò incontro.
Lo trovò addormentato sul divano, con il giornale sul petto, accanto a lui il posacenere era pieno di mozziconi di sigarette, nell’aria si era istaurato l’odore acre del fumo, si innervosì ancora di più, Takumi sapeva che non doveva fumare quando era insieme alla bambina.
Prese bruscamente il giornale e lo gettò per terra, ma non bastava a svegliarlo, così picchiò la gamba contro il tavolino, ma si fece solo male e non lo svegliò comunque. Si rassegnò e lo scosse leggermente, qualche timore lo aveva ancora nei suoi confronti, perciò cercò di non esagerare. Takumi si rapprese lentamente; aprendo gli occhi e notando Hachi che lo stava ancora scuotendo, la guardava come se volesse compatirla.
-La smetti? Sono sveglio…e comunque potevi chiamarmi-
-Devi andartene ora. Grazie per essere andato a prendere la bambina dai nonni, ma ora puoi tranquillamente tornare ai tuoi importanti impegni di lavoro-
-Non usare quel tono…-
-Uso il tono che mi pare, e ora ti pregherei di andartene!-
-Questa è ancora casa mia, e poi sono troppo stanco per guidare…inoltre ho fame-
Si alzò dal divano, prese dal pacchetto una sigaretta e si diresse verso la finestra, poi si rigirò leggermente verso Hachi, mostrandole che ormai fuori era buio.
Era come aver perso di nuovo la convinzione di potergli tenere testa, la verità era che non ne sarebbe mai stata capace, ma non perchè lei fosse meno forte, il problema era che nonostante tutto, una parte di lei non voleva lasciarlo andare.
-Beh comunque io stasera devo uscire…quindi la cena te la prepari da solo-
Sorrise beffardo, si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, accendendo la sigaretta. Voleva schernirla, forse metterla a disagio. Sapeva che non le era indifferente, e voleva giocare tutte le carte possibili per riaverla. Si avvicinò a lei, mettendole un braccio intorno alle spalle.
-E dove vai?-
-A cena con i miei amici…ci sarà anche Ren!-
-E per caso ci sarà anche…Nobu?-
-Si certo, è lui che ha organizzato la cena di gruppo…-
Lo sguardo ti Takumi si irrigidì. Cercare di riconquistare sua moglie non doveva avere come clausura la vicinanza di Nobu.
-Te la fai con lui?-
-…Non ti rispondo nemmeno! E poi cosa ti importa?-
La prese per le spalle, si stava arrabbiando veramente. Guardarlo ora faceva paura.
-Cosa mi importa? Mi importa perché tu mi appartieni…sei mia moglie! L’idea di te e di quel bamboccio insieme mi infastidisce!-
-Lasciami…-
-Non ti permettere di farmi questo!-
-Smettila…non è successo niente con Nobu…-
Lo abbracciò, per poi baciarlo, sorpresa di quello che stava facendo, Takumi trasformò la sua stretta in un abbraccio diverso, più sensuale, sorpreso più di Hachi. Forse era solo un abitudine, oppure la nostalgia del suo corpo, ma sapeva che era l’unico modo per calmarlo.

Da quando aveva avuto la brillante idea di una cena con tutti gli altri, l’umore di Nobu era cambiato visibilmente, in meglio. Per l’occasione si era comprato un paio di scarpe nuove, e aveva tagliato di poco i capelli; dentro di se cercava la sicurezza che non aveva da tanto, una presunzione che forse, sarebbe potuto accadere qualcosa con Haciko.
Come era prevedibile, era il primo ad essere arrivato al ristorante; una deliziosa taverna dove cucinavano su richiesta anche cibo messicano. Da un momento all’altro si aspettava che qualcuno gli mandasse un messaggio per disdire l’invito; Yasu forse gli avrebbe detto che era troppo occupato col lavoro e Ren che non se la sentiva, finchè nel bel mezzo di quei pensieri un messaggio arrivò davvero. Deglutì amaramente, assaporando con freddezza il momento il cui avrebbe assestato la delusione di un ripensamento da parte di qualcuno, invece Yasu lo informava che avrebbe solo ritardato di qualche minuto perché era fermo nel traffico. Nobu si risollevò il morale, si mise comodo sulla sedia e prese la lista dei vini, aspettando con impazienza l’arrivo del gruppo.
Quella sera era arrivata inaspettata e si preannunciava capricciosa. Ren si stava nervosamente allacciando i bottoni della camicia, mentre Nana si spazzolava assorta nei suoi pensieri i lunghi capelli biondi.
-Mi terrai il muso ancora per molto?-
Ren non rispose, si limitò a girarsi verso di lei, guardandola con freddezza. Non sopportava l’idea di doversi confrontare con lei per una stupida discussione.
Tutto era iniziato poche ore prima, dopo che avevano finito di fare l’amore. Ren le aveva di nuovo domandato se avrebbe partecipato alla cena che Nobu aveva organizzato, e come la volta precedente la sua risposta era stata negativa.
-Ren? Quando fai così non ti sopporto…se non mi va, non mi va!-
-Perché?-
-Perché no, non me la sento di incontrare tutti…così…per rovinare la cena-
-Finiscila, la verità è che hai paura di quello che potrebbero dire, o fare appena ti vedono. Sei una vigliacca se ragioni in questo modo!-
Si diresse verso di lui e con rabbia lo schiaffeggiò, facendolo vacillare, Ren si aggrappò all’anta dell’armadio, incredulo.
-Sei impazzita? A momenti cadevo…-
Davanti a lui c’era una donna spaventata e triste, teneva ancora la mano alzata e lo osservava sulla guancia che gli aveva colpito. Avrebbe potuto fargli davvero male, se fosse caduto in malomodo. Si avvicinò a lui, posando quella stessa mano sul suo viso, Ren la guardava un po’ seccato, ma gli sarebbe passata subito.
-Scusami…-
-Fai sempre così. Mi ferisci e io ti perdono sempre…-
Quelle parole non la fecero sentire meglio, piuttosto la innervosirono di più. E tutto era cominciato per una stupida cena. No, era iniziato tutto sei anni prima, quando dopo due anni si erano rivisti, la verità era che non lo aveva mai perdonato per averla lasciata da sola.
-Anche tu mi hai ferito!-
-Io non sono sparito per sei anni! Non me ne sono andato lasciando tutti e facendo credere di essere morto…Non hai…non hai nemmeno la minima idea di quello che ho passato per te…-
Nana lo guardava e non capiva quello che stava dicendo. Lui era sempre stato felice con suo lavoro, la sua band, o era solo l’impressione che si era fatta? Quante cose non aveva visto in quegli anni, e quante non sapeva? Si fece piccola piccola dentro di se, mentre allontanava la mano dal viso di Ren.
-Cosa c’è che non conosco?-
-Tante…troppe cose-
-Quali cose?-
-Se vieni alla cena le saprai…-
-No!-
-Allora buona notte…-
Si sbattè la porta alle spalle, ignorando il fatto che ora lei stava piangendo. Forse non l’aveva perdonata come credeva.
Mentre montava in macchina il ricordo delle parole che le aveva detto gli martellava nella testa; tutto era l’insieme di una serie di momenti indimenticabili, impossibili da rimuovere. Non era mai stato un uomo forte , e questo lo faceva soffrire.
In tutto quel tempo non aveva mai rivelato quello che le era successo, o dove era stata, che ne era della sua vita? Si guardava in giro spaesata, l’idea era quella di ritornare nella sua camera, nel suo hotel, ma era difficile abbandonare quell’appartamento. Si avvicinò allo specchio dell’armadio, guardandosi in viso non riusciva a riconoscere quella donna che era stata in passato. Non voleva perdere di nuovo Ren, non sarebbe più riuscita a vivere, non questa volta. Si mise la giacca e si precipitò giù per le scale, per raggiungere il suo hotel.
Una volta arrivata prese dal suo armadio dei vestiti eleganti; un vestito scollato e corto e le scarpe con il tacco che non le rendevano giustizia al suo solito look, sistemò in una borsa alcuni oggetti e il portafogli, poi si decise ad uscire. Era da tanto che non metteva quelle scarpe, si era dimenticata che facevano così male ai piedi, e quel vestito era uno dei tanti che aveva indossato una sera in un locale dove cantare, si sentiva come se non fosse mai partita per ritornare in Giappone. Mentre stava per uscire il cellulare squillò improvvisamente, si era dimenticata di averne uno, lo guardò stupita e per un istante cercò di realizzare. Lesse velocemente il messaggio, poi rimise il cellulare nella borsetta e con aria risoluta si avviò al ristorante.
Un messaggio per ricordare il passato; quei sei anni lontano da tutti, a rincorrere la felicità che cercava, le note di una vecchia canzone; la suoneria del suo cellulare, la sensazione che anche se era lontana quei sei anni erano dietro di lei, e la seguivano.
“Non credevo che lo avresti fatto…” Rileggeva il messaggio con astio, come a volerlo cancellare con il pensiero, la rabbia cresceva dentro di lei. Ren era a pochi minuti da lei, d’improvviso la voglia di abbracciarlo.
“Non ti mollo così facilmente Lucy, sei legata a Agorad…” non poteva guardarlo, quel messaggio le faceva salire il sangue al cervello, non voleva ritornare sui suoi passi, ora, anche volendo, non poteva più tornare indietro.
Quando Ren arrivò al tavolo erano già seduti tutti; Yasu aveva i suoi soliti occhiali da sole, ma capì lo stesso che nel vederlo si commosse, Nobu si alzò e andò a salutarlo, mentre Hachi rimase a guardarlo dolcemente, sorridendogli.
-Ciao!-
-Come al solito sei in ritardo Ren-
-Ero indeciso su cosa mettere…ma vedo che avete già mangiato!-
Yasu gli sorrise beffardo, indicando dei piatti vuoti e i bicchieri pieni.
-E si, quando si arriva tardi…ormai abbiamo finito, puoi ritornare a casa-
Nobu si intromise subito, spiegando che in quei piatti c’erano degli antiasti, che gli erano stati serviti prima, e che non avevano ancora ordinato, Ren gli mise una mano sulle spalle e sorridendo lo rassicurò che aveva capito il sarcasmo di Yasu, poi si accomodò al suo posto, porgendo un pacchetto a Yasu. Luomo lo guardò incuriosito.
-Un regalo per tuo figlio. Quando ho sentito Reira mi ha detto che era appena ripartita…circa un mese fa…poi ho avuto un sacco di cose da fare e a dire la verità me ne sono dimenticato…-
-Ah…grazie, gielo darò il mese prossimo quando ritorneranno-
-Come questo mese non vengono?-
Yasu lo fissò dispiaciuto e Ren capì.
-Ah…mi sono dimenticato anche questo mese…che stupido che sono-
-Ma no, in realtà aveva anticipato la visita, perchè doveva lavorare-
-Allora Ren, come va? Hai trovato lavoro?-
Hachi era intervenuta allegramente, mentre sorseggiava del vino dal suo bicchiere.
-Beh non so, mi devono chiamare, ma penso che mi prendano-
-Sono contenta per te-
-Grazie Hachi…sei sempre così carina con me…-
-Lei è sempre carina con tutti!-
Azzardò Nobu, sentendosi un po’ escluso.
Quando Nana entrò nel ristorante e li vide, decise di non presentarsi. Non era pronta per affrontare i suoi amici. Si nascondeva dietro una grande pianta e li osservava tristemente, sarebbe stato così semplice corrergli incontro e comportarsi come se niente fosse accaduto, ma non poteva accadere, perché lei per loro era morta. Vide da lontano Hchi e sul suo viso si illuminò un sorriso. Avrebbe voluto avanzare, ma le gambe non si muovevano, la paura era più forte della sua volontà, aveva ragione Ren, era solo una vigliacca, se non riusciva ad affrontare il suo passato. Fece un passo indietro, sul tentativo di andarsene, poi incontrò lo sguardo di Ren che la guardava senza muovere un muscolo, con indifferenza. Disse qualcosa, ma non riuscì a capire, si girò e se ne andò, mentre il cellulare squillava ancora; un altro messaggio era in attesa di essere letto.
Una donna davanti allo specchio guarda il rossetto rosso che le sbava le labbra appena strofinate da un fazzoletto… le gambe nude intorno ai fianchi di un uomo dai capelli scuri che le abbassa la spallina del vestito, scoprendole la spalla, mentre con l’altra mano le sfiora la coscia…Poi la scena di una donna coi capelli bagnati appena tinti, mentre tiene fra le mani un foglio accartocciato… lacrime che cadono e singhiozzi che non possono essere repressi…un ragazzo che guarda una donna che si esibisce in un locale…Nana rimise nella borsa il cellulare.
E poi il ricordo di una stanza verde che puzzava di alcol, un uomo che stringe la mano a una ragazza bionda e la bacia…voleva morire in quel momento…il nome di Ren, il grido disperato e lo schiaffo che la fece cadere a terra, ferendola alla fronte…si guardò attorno intimorita, mentre nella sua mente il nome Lucy la richiamava insistentemente.



“Dal passato riemergono quei ricordi che ti fanno sentire l’amaro in bocca, ma ora che ti guardo, per la prima volta, vorrei confidarti tutti i miei segreti, e poi ritornare ad amarci, per non sentire mai la tua mancanza, perché ora non posso più vivere senza di te”
  
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