Alla fedele Lisachan, affezionata lettrice della prima ora, posso perdonare ogni cosa, anche il mancato apprezzamento del fascino di Rupert Giles; confido inoltre che quando avrà la mia età, le sue opinioni sul conto di bibliotecari maturi ma ancora piacenti saranno notevolmente diverse.
Sono particolarmente contenta che Mircalla , che scrive una così convincente Drusilla, abbia colto nelle mie parole quell’impressione di innocenza che il personaggio non ha mai tradito, nonostante tutto.
In quanto alla malinconia che Harianne ha visto nei miei distici, si deve forse più a un momento difficile della mia vita che a un’interpretazione deliberata del personaggio: ma poiché a pensarci bene è un sentimento che si addice all’Osservatore ormai fuori dai giochi, la coincidenza è benvenuta e il commento particolarmente gradito.
È ora la volta delle classiche terzine a rima incatenata: perdonate se mi sono lasciata prendere un po’ la mano, ma evidentemente sono stata contagiata dalla verbosità del soggetto!
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IL PRIMO
Io sono il Primo, il male primigenio
che tutto può ma non possiede niente,
nemmeno un corpo attorno a questo genio
come ce l’ha la vostra sciocca gente.
Io sono il male antico e senza volto,
signore degli inganni e gran fetente,
nefasto consigliere dello stolto
che alle lusinghe cede dell’orgoglio
ed al mio tristo avviso presta ascolto.
Io vado e vengo ovunque come voglio,
indosso d’un defunto l’apparenza
finché non si stropiccia, poi mi spoglio
e cambio il look secondo convenienza.
Da ciò che più temete nel profondo,
io prendo spunto con malvagia scienza
per piani di conquista di ‘sto mondo
così complessi, arditi ed avveduti
che qualche volta io stesso mi confondo.
Non posso certo dir che siano astuti
gli sgherri miei, benché determinati:
quelli son ciechi, questi sono muti
a parte quel ringhiar come invasati
(e poi son brutti peggio dell’Inferno
che a malincuore assai me li ha prestati).
Resta, tra tutti quanti, il subalterno
a me più caro il prete col coltello,
malgrado il suo cianciar, che sembra eterno
di come sia peccato questo e quello,
con citazion di santi e di profeti
come pretesto usate del macello.
Ma vincerò perché son fiacchi e vieti
i mezzi che s’oppongon al mio volere.
Tra falci, spade, pali ed amuleti
l’assortimento par d’un rigattiere,
meglio che l’adeguato armamentario
a contrastar le mie feroci schiere.
Della vittoria s’apre lo scenario
nello scontro finale ormai vicino
e dell’annientamento sanguinario
di questo battaglione femminino
di ragazzine, illusi e rinnegati:
fallissi qui, sarei proprio un cretino.
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