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Autore: Entreri    20/02/2012    8 recensioni
Spesso, prima che albeggiasse, giocavano a carte in silenzio gettando svogliatamente scale e coppie sul tavolo, come se fossero ricordi insignificanti delle loro vite passate che potevano permettersi di dimenticare. La verità, tuttavia, era che Ahmad non credeva fosse giusto dimenticare alcunché e che Lucius, sebbene lo desiderasse, ne era, in fondo, incapace; così gli innumerevoli anni che li separavano dalle loro nascite stagnavano nell'aria insieme al profumo costoso delle donne che avevano costituito il loro pasto.
Cinque e una notte nelle lunghe non vite di Lucius e Ahmad per scoprire se anche i vampiri provano sentimenti.
Prima classificata e vincitrice del Premio Giuria nel Concorso " Anche i vampiri hanno sentimenti... o no?" indetto da BlackIceCrystal sul forum di EFP.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo.

 

Londra 16 novembre 2014

Lucius aprì gli occhi e un volto sfocato prese forma dinnanzi a lui; non era quello di cui aveva sognato durante il suo lungo sonno: niente orecchie minuscole fra boccoli scuri e nessuna alabastrina perfezione di lineamenti, solo piccoli occhi neri su un viso olivastro distinto da un naso marcato. Nonostante tutto non poté fare a meno di trovare quell’apparizione adeguata, accogliendola con uno stanco sorriso.

«Ahmad.»

Il suono gutturale lasciò le sue labbra in un sussurro non privo di dolcezza e Lucius se ne stupì, poiché non vi era nulla di dolce in Ahmad mentre, chino su di lui, gli premeva contro il cuore un paletto di frassino, gli occhi pieni di gelida, irrevocabile condanna.

Sotto quello sguardo collerico, la gola riarsa dalla polvere, Lucius parlò di nuovo pronunciando a fatica parole dal sapore di cenere.

«Quindi era un no.»

Tentò di sorridere di nuovo e, anche se le labbra gli si spaccarono nel tentativo, Ahmad rivide dinnanzi a sé il fantasma di mille ghigni beffardi e di un unico sorriso sincero. Spinse leggermente il paletto nella carne disseccata di Lucius e avvicinò il proprio viso al suo.

«C’è qualche ragione per cui dovrebbe essere altrimenti?»

Lucius fu sul punto di rispondere “perché io ti piaccio”, desiderando che la tensione di Ahmad si sciogliesse in un sorriso ironico, nell’ennesima constatazione divertita della sua presunzione; tuttavia sospettò che Ahmad, lento all’ira ma perseverante nella collera, non si sarebbe prestato ad una riconciliante evocazione di quel loro antico adagio.

La paura non donava a Lucius, al fascino misterioso dei suoi occhi scuri, e Ahmad si compiacque di essere riuscito ad evocarla, sebbene mista a qualcosa che lo disturbava e che sapeva non poter essere rimorso.

«Non gli ho detto dove trovarti. Non gli ho detto della maledizione.»

Spinse il paletto un poco più a fondo.

«Devi perdonarmi. Devi!»

«Devo?!»

In tutti i secoli che avevano trascorso insieme Lucius non l’aveva mai sentito gridare, mai a pieni polmoni, mai con il volto deformato da una rabbia tanto evidente e, con un moto di rancorosa frustrazione, capì che Messalla aveva ragione: Ahmad non lo avrebbe perdonato, l’aveva perso così come aveva perso Valeria quella notte di tanti secoli prima in cui l’aveva strappata alla sua famiglia; li aveva persi e non li avrebbe più riavuti indietro.

Tacque e desiderò la morte.

Ahmad sollevò il paletto e glielo conficcò con violenza nella gola, trapassandola da parte a parte, fino a fracassare la punta di legno contro il fondo del sarcofago.

Lucius annaspò, un grido inarticolato soffocato tra le sue corde vocali lacerate, e Ahmad si ritrasse pur senza distogliere lo sguardo. Non c’era nessun motivo per risparmiarlo, tranne, forse, il sospetto che la morte fosse una punizione insufficiente.

«Sei morto, Lucius.»

Lasciò andare il paletto e Lucius con esso.

«Per me, sei morto.»

La frase parve stagnare nella stanza per un istante prima che Ahmad si allontanasse, andandosene senza voltarsi indietro, e Lucius tentò di negarla, di costringere il proprio corpo privo di sangue a muoversi, la propria voce a raggiungere Ahmad lungo le scale, ma era debole, troppo debole per fare altro che scivolare nuovamente in un profondo, amareggiato, torpore.


 



Confesso di non sapere bene cosa dire, anche se ho l'impressione che essendo le note all'ultimo capitolo dovrei dire qualcosa. Innanzitutto vi ringrazio di essere arrivati sino a qui, in particolar modo gli spiriti gentili che hanno recensito puntualmente. Spero che la conclusione non vi abbia delusi e la storia nella sua unità vi sia piaciuta.
Sono stata stuzzicata da alcuni a scrivere ancora qualcosa su questi personaggi, magari raccontando quanto sono stata costretta a tagliare: non dico di essermi convinta ma è un possibiltà che non escludo a priori. Anche perchè il finale è in qualche modo aperto.

Alla prossima e un bacio, ora torno al discorso per la discussione della tesi che mi sta facendo venire le crisi d'ansia.

   
 
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