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Autore: medea nc    20/02/2012    6 recensioni
Non avrebbero mai permesso ai loro brutti caratteri di fare anche un solo tentativo per avvicinarsi l'uno all'altra; il destino sapeva bene che solo con un espediente li avrebbe potuti far incontrare; ma una volta vicini ... sarebbe andato bene anche un giorno di pioggia.
Storia 1° classificata al Contest Dramione Immage Contest
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Si svegliarono quasi contemporaneamente.
Questa volta lei se ne stava placida sul suo petto nudo e lui le cingeva i fianchi con le braccia lunghe.
Solo una cosa era rimasta la stessa, che in qualche modo i suoi capelli dovessero finirgli sempre in bocca.
“Granger!” sibilò ancora mezzo assonnato.
Quella mugugnò un po’ prima di aprire gli occhi.
“Alzati dal mio stomaco e toglimi quella coscia infilata tra le mie gambe!”
Hermione sobbalzò appena prima di ritrarsi lasciandolo al freddo.
Forse era meglio farla restare ancora!
Pensò poi, sinceramente seccato con se stesso.
Si alzò controvoglia e dando una sbirciata all’orologio constatò che erano le otto e trenta all’incirca.
“A scanso di equivoci, ti avverto solo che hai mezz’ora di tempo per scendere in orario e fare colazione con i miei!” le sibilò da vera serpe qual’era.
Quella si raddrizzò tesissima e corse in bagno.
Quando ne uscì, Draco se n’era già andato.
Con sua somma gioia, arrivò in perfetto tempismo nella sala.
Narcissa era seduta al tavolo, mentre Lucius sorseggiava un tè sulla poltrona leggendo come aveva fatto il giorno prima il figlio.
In quel momento Hermione costatò quanto quei due si somigliassero.
Gentili e con quella educazione che non era proprio calore, si salutarono e lei prese posto versandosi del latte.
Quando il ragazzo li raggiunse, lo guardò con aria truce.
Senza un motivo apparente, di mattina Draco Malfoy la metteva di malumore.
Come se nelle altre ore facesse eccezione!!!
Lo vide salutare e dare un bacio alla madre.
“Non saluti anche Hermione?” le chiese quella con un fare ancora troppo elegante per sembrare civettuolo.
La ragazza avvampò ma lui se ne uscì con la solita diplomazia alla Malfoy.
“Ci siamo già salutati.”
E se ne andò a sedere al solito posto.
La strategia non glielo permetteva, ma avrebbe voluto ridere di fronte alla faccia adirata della ragazza, si limitò a sorriderle sornione prima di versarsi la sua solita spremuta.
 
Il padre gli passò la Gazzetta del Profeta prima di andarsene al Ministero, ed in quel momento la grifona intuì quanto fosse viziato quel maledetto ragazzo.
“Rimarrete fino a domani mattina?” all’improvviso domandò la strega, certa che avrebbero passato un’altra notte al Manor per ritornare ad Hogwarts il mattino dopo, in tempo per le lezioni.
Forse Draco faceva così di solito, le venne da pensare alla Granger.
Non si espose lasciando decidere al ragazzo che prontamente, sempre con gli occhi incollati sulla Gazzetta disse piatto:
“No, ritorneremo stasera. Vorrei dormire per otto ore di fila!”
Hermione stava per cadere dalla sedia.
Viscido!
Lo chiamò mentalmente mentre le sue iridi accigliate s’incontravano con quelle divertite di lui.
Menomale che Narcissa non indagò e poco dopo li lasciò soli alla villa, impegnata in qualcosa che a Draco e ad Hermione non importò molto.
“Ti ho mai definito serpente a sonagli?” lo rimbeccò.
“Non mi ricordo, me ne hai dette tante!” le rispose piatto.
Poi lo vide mettere da parte il giornale e finire il suo succo.
“Vieni con me Granger, ti faccio vedere una cosa.”
In effetti il giro della casa le mancava.
Camminò dietro di lui, infilandosi nelle stanze e passando per lunghi corridoi.
Il Manor era semplicemente incantevole, specie se visto così, con le tende aperte e la luce che filtrava dai vetri limpidi.
Statue, dipinti, arazzi e tappeti, vasellame pregiato e lusso, tanto lusso.
Passarono per la biblioteca, la porta era aperta. Hermione non aspettò che lui le facesse strada, per la verità Draco l’aveva saltata volutamente.
Quella rimase incantata ad osservare gli scaffali enormi che distavano a pochissimi metri dal soffitto tanto che erano alti.
“Per Morgana!” esclamò.
“Veramente non è qui che volevo portarti!”
Quella lo guardò stralunata; strano, lei ci avrebbe giurato.
“Avrai tutto il tempo per passare le tue giornate qui dentro!” le disse lapidario, senza riferirsi al matrimonio.
“È un altro il posto che voglio farti vedere.”
Poi uscì dalla grande stanza ed Hermione a malincuore dovette seguirlo.
Molto più infondo lo vide aprire un uscio e quando vi si ritrovarono dentro l’oscurità li avvolse.
Rabbrividì improvvisamente e ricordò.
La sala dove Bellatix Lestrange l’aveva torturata pochi mesi prima. La memoria come non mai vivida, addirittura perfino l’odore ferroso del suo sangue quando la marchiò, le parve di risentire senza indugio.
Voleva piangere, le uscì solo un pensiero cattivo.
“La tua trovata è di pessimo gusto, Malfoy!”
Quello sospirò, si aspettava una tale reazione.
Lo vide allontanarsi da lei e percorrere l’ampia sala, era vicino alla lunghe finestre e lo sentì distintamente spalancare le stoffe pesanti delle tende.
Entrambi furono accecati dalla luce del giorno che illuminò ogni angolo.
Ora come ora, a guardarla così non sembrava più la stanza delle sue torture, ma una comune sala dove accogliere gli amici, dove stare in compagnia. Le mura curate, i dipinti sulle pareti, il mobilio in legno pregiatissimo.
“Le paure si affrontano, Granger!”
Le disse convinto, mentre tagliava il pavimento con il suo passo deciso.
Lei rimase semplicemente immobile, aspettando che lui la guidasse, l’aiutasse.
Lui, Draco Lucius Malfoy capace di combattere al suo fianco i propri mollicci.
“M’infastidisce che tu venga qui controvoglia o peggio ancora con la paura per questa casa, la mia casa. “ sottolineò.
Poi le prese entrambe le mani e la spinse verso di sé.
Era molto galante in quel momento, e poteva anche sembrare un principe delle fiabe se non fosse stato per quello sguardo malandrino stampato sulla faccia.
Si portò le braccia di lei sulle sue spalle e cingendole i fianchi, la fece danzare in un valzer improvvisato.
Piroettarono accanto ad una parete.
“Questo è Arcturus Black, il capostipite della famiglia di mia madre.” La informò sorridendo.
“Per Merlino, Draco che stai facendo con quella ragazza?” gli rispose il quadro.
“Le presento la famiglia!” e volteggiarono sorridenti.
“Qui abbiamo Belvina e Herbert! Non ci crederai, ma da questi due discende la famiglia di Lenticchia!”
“Davvero?” chiese curiosa Hermione.
“Draco tesoro, è la tua fidanzata?” domandò la donna nel quadro.
“Ancora non lo so!” rispose sornione il furbastro.
Volteggi.
“Cygnus e Druella!”
“Draco, Per tutte le serpi di Salazar, che ci fai con quella babbana?” lo rimbeccò l’uomo austero nel ritratto. Doveva avere un occhio clinico per loro.
“Nonno i tempi sono cambiati, adesso il loro sangue è più prezioso del nostro!” lo ragguagliò simpaticamente, e se non fosse stato già morto, il nipote rischiava di fargli venire un infarto.
Ancora qualche passo.
“Walburga! La madre di zio Sirius.”
Qui Hermione si fermò per qualche istante ammirando la bellezza della donna.
“La mamma di Sirius.” Blaterò un po’ triste che non ci fosse anche lui.
Draco l’afferrò di nuovo per evitarle momenti spiacevoli e con altri giri passarono per quasi tutta la genealogia dei Black fino a che non toccarono un punto della parete vuoto.
“ … E qui ci stava la tua prediletta Bellatrix che dopo gli strilli dell’altra notte sarà finita nelle segrete o nelle cantine Malfoy, chissà?!”
A quella eventualità Hermione rise di gusto, non avrebbe mai scommesso sulla simpatia del ragazzo.
“E l’albero genealogico della famiglia Malfoy?” gli chiese infine, con un leggero affanno.
“Ah, quelli stanno in un’altra stanza. Magari li vedremo la prossima volta, ci porteremo la musica per allora!”
Le scappò da ridere, prima di salutare tutti i ritratti e rifare il percorso del ritorno.
“Lo so perché l’hai fatto.”
Gli disse quasi sottovoce mentre percorrevano il corridoio.
Era ancora qualche passo dietro di lui. Lo vide fermarsi, irrigidire un po’ le spalle.
“Non ho mai creduto nell’assolutezza delle cose. Anche il bene e il male nelle loro tinte hanno almeno una sfumatura inevitabile.”
Le rispose serio.
 
*
 
“Mi sto innamorando.”
La sua serietà non era mai stata più cristallina.
Ginny la guardò solo confusa. Si potrebbero utilizzare migliaia di aggettivi per spiegare come la sua mente si sentisse in quel momento, ma erano talmente tanto scatenanti tra loro che alla fine disordinata era quello più congeniale.
“Mi verrebbe da piangere per questo … ma è così.”
Disse serafica con una strana calma che non era dettata dalla certezza che avrebbe sposato l’uomo che amava, o che quell’affetto fosse ricambiato, no, lei con Malfoy non aveva mai avuto e non aveva nemmeno adesso alcuna sicurezza; c’era solo una cosa, una costante che la faceva parlare così accomodante, che lei lo amava; che alla fine dei conti il suo bilancio dava una sola cifra, lo amava. Lei amava Draco Malfoy.
Non era passata un’eternità dal ritorno di quel fine settimana e i suoi rapporti col ragazzo erano rimasti stabili, normali se si può definire tale un amore fatto di silenzio, di indifferenza, di assenza.
Da quando era tornata, anche quel periodo breve in cui non lo viveva come lo aveva vissuto al Manor, era stato utile per farle capire la realtà delle cose, per metterla finalmente davanti ad una verità indiscutibile.
Le mancava tutto di lui, e non era solo una questione fisica, non era solo quella; era il solo piacere di tenerlo accanto, sapere che lui c’era, che lui viveva nella sua stessa casa, respiravano la stessa aria.
Le mancava viverlo, vivere proprio lui che doveva essere solo un passaggio fugace e da dimenticare nella sua esistenza.
Le mancavano le colazioni assurde, i giri per la casa, le notti con la paura di Lestrange, perfino le cose che lì per lì aveva trovato più noiose, come i pasti con i suoi o le sfilze di nomi delle famiglie Black e Malfoy; da quando era tornata a scuola non chiedeva altro che vivere al Manor. Assurdo!
“Io ho parlato con Harry e Ron …” la povera Ginny, presa così, in contropiede non sapeva davvero che dire a riguardo.
Arrancò in discorsi che di fronte al quella dichiarazione adesso, non avevano alcun senso.
“ … Sono rimasti sconcertati ed hanno detto che faranno di tutto per aiutarti contro Lucius, anche parlare alle alte cariche del Ministero per far abolire quella legge. Ma se tu mi stai dicendo che … ti va bene così …” ad ogni pausa i suoi toni diminuivano sempre di più.
Hermione le sorrise affabile.
“Penso che questo venerdì vedrò di persona Harry e Ron, però … mi va bene così!”
 
*
 
Non litigò con loro; c’erano discorsi sopra i quali i ragazzi non avrebbero mai intrapreso nessuna guerra con Hermione, e la sua fermezza sulla propria vita privata rientrava tra queste.
Erano preoccupati però, e non per lei, non per la sua sincerità, ma per quanto potesse ferirla Malfoy, lui era quello sul quale non avrebbero scommesso neanche un galeone.
Ma ad una persona innamorata non le si può dir niente; ad una persona innamorata si offrono solo le proprie orecchie per ascoltarla, qualche consiglio mai troppo invadente, ed una spalla, se le cose dovessero andare male.
E loro avrebbero fatto uguale, avrebbero atteso gli eventi sperando di gioire della felicità della loro amica e pregando affinché invece non soffrisse.
Anche questa è amicizia.
Hermione trascorse il Natale con i genitori appena ebbe lasciato la Tana.
Ad entrambi regalò delle cose semplici ma utili e di certo molto più economiche dei regali che Draco aveva preso per i suoi.
Omise volutamente il nome del ragazzo anche se si sbilanciò un po’ di più in questa fantomatica figura che aleggiava intorno a lei, Ron ed Harry esclusi.
I Granger non indagarono, non avrebbero mai immaginato cosa ci fosse sotto a quell’infatuazione adolescenziale, come l’avrebbero chiamata.
Rimase con loro anche il giorno dopo ed avvisò i Malfoy che sarebbe passata al Manor per il fine settimana.
Quando si materializzò nella villa, emise un respiro di piacere.
Era contenta di essere lì.
Narcissa la stava già aspettando.
“Sono arrivati tutti, mancavi solo tu.” Disse affabile.
Ogni volta che s’incontravano si ammorbidiva sempre di più.
L’accompagnò fuori, sotto la neve.
Si diressero al gazebo, e quando entrarono gli occhi si puntarono su di lei, specie quelli di Draco.
“Figliolo, Hermione è qui!” disse pacata la strega.
La ragazza non aspettò che la invitasse, figurarsi se lo avesse fatto!
Si slacciò il cappotto e si andò a sedere accanto a lui, il quale palesò solo uno strano mezzo sorriso.
“Malfoy, ma per Salazar, nemmeno un bacio dai alla tua ragazza?”
Blaise Zabini aveva pensato che era un tipo galante?
Hermione si rimangiò tutto. Si fece paonazza mentre stringeva i pugni sopra le ginocchia.
Anche Narcissa sorrise di quella sparata, ma Draco se ne restò tranquillo, continuando a giocare a scacchi magici con Nott, mentre berciava:
“Zabini, smettila di fare l’idiota, io e Granger non diamo mica spettacolo, vero mia piccola piaga?” girandosi al suo fianco e guardando la ragazza.
Lo odiava quando la metteva in imbarazzo davanti agli altri, specie se c’era anche la madre presente.
Non rispose e se ne rimase buona per tutta la mezza giornata, sperando di evitare le battute di Zabini.
Parlottò per parecchio tempo con Pansy; non l’avrebbe mai detto, e notò l’assenza di May. Dalla Parkinson venne a sapere che lei e Blaise avevano deciso di passare le vacanze separati.
“Stanno un po’ a freddo!” aveva commentato la Parkinson.
Nemmeno Goyle c’era, per cui a Zabini sarebbe toccato reggere il moccolo.
Ma visto che lei e Malfoy non erano proprio una coppia con tutti i crismi, forse il moccolo l’avrebbe retto lei a loro due.
Sperò di no.
Sempre dalla sua compagna di conversazioni aveva saputo che la comitiva era arrivata solo quella mattina e che sarebbe rimasta fino al lunedì successivo, come ogni anno.
“Ogni anno?” domandò.
“Eh, sì! È un rito per noi venire al Malfoy Manor per gli ultimi giorni di vacanza.” Rispose con un sorriso candido Pansy.
 
Per la cena arrivò anche Lucius che salutò parecchio garbatamente la sua futura (forse) nuora.
Per apparire bello davanti agli altri!
Pensò la ragazza.
Dopo il pasto più allegro del solito, si diressero tutti nello studio.
Hermione si era accorta che Lucius era parecchio affabile con gli amici del figlio, con i quali conversava volentieri e si fermava a fare qualche battuta con loro.
Non era mai stato così con i suoi amici e con lei.
Come potevano essere strane le persone a seconda dei punti di vista dai quali si guardavano.
Solo perché li riteneva suoi pari, quei ragazzi non avevano mai subito i suoi brutti modi.
“Ovviamente, come sempre, il giorno di Natale solo i nostri regali sono stati scartati, ma i vostri sono tutti qui, intatti, in attesa che li apriate!” disse Narcissa.
Regali!
La cosa la lasciò alquanto incerta.
“Hermione, io e Lucius non ti abbiamo ancora ringraziato per gli splendidi doni che ci hai fatto insieme a Draco.” Le sorrise.
Per tutta risposta, la ragazza avvampò.
“Beh, io …” era imbarazzata, infondo non c’entrava niente con quelle scelte e voleva evitare che tutti lo capissero.
“Avevi ragione tu sullo scialle con le perle. Mia madre ha apprezzato molto, le perle vanno di moda quest’anno!” intervenne Draco.
Si guardarono negli occhi e lei lo ringraziò per averla salvata in calcio d’angolo.
Anche se aveva visto i regali, di certo non sapeva niente di quello che andasse per quest’anno oppure no.
Con l’uscita del ragazzo almeno dimostrava un certo interesse per i doni dei coniugi.
Sperò che almeno qualcuno se la fosse bevuta quella baggianata.
“Oh sì grazie, cara!” continuò Narcissa.
Cara!
Quella donna era una continua sorpresa.
“Bene. Adesso tocca a voi, manteniamo viva la nostra tradizione!” disse allegra la donna.
Hermione si avvicinò a Malfoy.
“Quale tradizione?” gli sussurrò ad un orecchio.
Il biondo, prendendo un enorme cesta piena di pacchetti le disse tranquillo:
“Si fa un regalo a chi si vuole, lo si mette qui dentro e poi ognuno deve indovinare dal pacco che gli verrà dato, chi glielo ha regalato. Ovviamente questo vuol dire che ci deve essere …”
“ … uno che conosce i regali di tutti!” finì lei.
“Esatto Granger, sempre sveglia!”
Poi cacciando la cesta disse:
“Quest’anno il sapiens della serata sarà Nott!”
Un applauso di incoraggiamento partì dalla platea.
Hermione era imbarazzata, notò il cerchio di ragazzi sopra al tappeto, mentre Narcissa e Lucius se ne stavano tranquilli sulle poltrone.
Il camino faceva un bel rumore.
Alla fine si andò a sedere accanto al fidanzato.
“Malfoy, io non ho comprato nessun regalo.” Gli dichiarò rossa come un peperone.
“Rilassati Granger, non stai davanti alla McGranitt!”
Da una parte doveva rallegrarsene, infondo era certa che ci aveva pensato ancora lui per lei, e ciò le avrebbe evitato l’ennesima figuraccia; dall’altra però rimase parecchio contrariata.
Questo gesto le dimostrava apertamente che lui la tagliava fuori da tutto, che rimediava per lei all’ultimo momento giusto per evitarle il disagio con gli altri, ma preferiva comunque sbrigarsele da solo certe cose piuttosto che chiedere non un suo parere, sarebbe stato un sacrilegio per i suoi finissimi gusti, ma almeno la compagnia quando li andava a comprare.
Se ne restò buona buona, vedendo gli altri giocare.
Il primo regalo lo ricevette Pansy.
Lo toccò, era abbastanza grande come pacco; lo scosse un pochino e poi disse un nome:
“Zabini.”
Theodore e Blaise risero di gusto confermando la scelta.
La Parkinson ci aveva preso.
Ad Hermione suonò strano, avrebbe scommesso che il fidanzato le avesse preso qualcosa.
Quando lo aprì ne uscì un mantello meraviglioso da strega.
“Secondo regalo.” Disse Nott e consegnò il pacco a Narcissa.
“A me? Ma io vi avevo chiesto di non farmi nulla?” disse la donna.
“Naaa. Che sono queste slealtà?” Sentenziò il sapiens.
La donna fece lo stesso gioco di Pansy e poi disse:
“Theodore!”
E quello rise per la seconda volta.
“Come ha fatto, signora?”
“Mi è bastato vedere la tua faccia!” disse divertita.
Uno strano cappello che se Narcissa lo avesse indossato, Hermione l’avrebbe giudicata ammattita, ma la donna parve apprezzare.
“Terzo regalo. Sono incerto se fare il gentiluomo oppure no; ma penso che Hermione mi perdonerà.” Disse senza che la ragazza afferrasse i suoi discorsi.
“Draco.”
Il ragazzo sorrise e prese il pacchetto minuscolo.
“Dentro un piccolo regalo si nasconde sempre qualcosa di prezioso.” Sentenziò Narcissa.
Non lo scosse, non lo tastò più di tanto, ma disse sicuro:
“Parkinson.”
“Wow che occhio!” rispose Nott.
Lo aprì, una coppia di gemelli in oro.
“Grazie Pansy!” le rispose dandole un bacio su una guancia.
“Di nulla, tesoro.” Disse quella tranquilla.
Tesoro!
Sorrise Hermione. Sapeva che Pansy era senza malizia, e che voleva bene al fidanzato di un affetto sincero.
“Ancora un altro. Hermione, a te!” asserì Theodore.
“Per me?” chiese incerta.
“Naturalmente!” le rispose quello.
“Dai, Hermione, indovina, indovina!” la spronò Pansy.
Prese il dono, era un libro ne era certissima.
Non si sarebbe soffermata sui volti dei presenti, voleva studiare l’involucro.
Sfiorò con le dita sottili il materiale in cui era avvolto il libro.
“Carta pregiata fiorentina, sigillo in cera lacca.”
Tutti erano catturati dalla sua conoscenza, dal fatto che sapesse apprezzare il buono, che non era una goffa mediocre.
Poi alzò gli occhi caldi e disse:
“Narcissa.” E si guardarono negli occhi.
Entrambe sorrisero e anche Draco parve apprezzare quel momento; solo Lucius continuava a sorseggiare il suo whisky incendiario con fare distaccato.
Quando vi cacciò fuori il testo, per poco non le veniva da piangere.
“Il Richard III di Shakespeare, una delle edizioni più antiche che ci sono.”
Sentiva le lacrime proprio stare appese alle palpebre.
“Ho sentito dire che è un poeta molto apprezzato nel … tuo mondo.” Disse la donna.
Hermione alzò gli occhi.
“Poeta? Drammaturgo, genio. Il Riccardo III, per Merlino!”
E sfogliò le pagine con un’accortezza impressionante.
“Cavoli, Hermione e quanto ti emozioni per un libro!” disse Pansy.
“Perché tu non sai di chi stiamo parlando!” le rispose sorridendo senza alcuna intenzione di offenderla.
“Nessuno qui lo sa, solo tu!” rispose Lucius con la sua calma piatta.
Il compiacimento di Draco e Narcissa per la scelta di quel dono, scomparve all’improvviso dai loro sguardi.
Hermione guardò l’uomo dritto negli occhi.
“È un peccato, di sicuro il vostro buon gusto apprezzerebbe parecchio un esemplare come Shakespeare, anche se babbano.”
Quello le sorrise divertito dalla risposta e anche Draco per aver tenuto testa all’irriverenza del genitore.
“Altri tre, signori!”
Draco passò un regalo a Theodore che proveniva da Lucius.
Una penna spara inchiostro commestibile che in realtà aveva comprato Draco.
Un altro venne dato allo stesso Lucius.
L’uomo rimase incerto e disse istintivo:
“Draco!” ma il figlio negò con la testa.
“Hermione.” Disse il ragazzo.
Lucius rimase per la seconda volta senza parole.
Scartò il dono e vi trovò un fermaglio in argento con sopra inciso lo stemma dei Malfoy e che sarebbe stato un valido ornamento come chiudi mantello.
“Immagino che Draco ti abbia aiutato nella scelta?” la mise alla prova.
Hermione placidamente rispose:
“Naturalmente!”
Come se la complicità tra lei ed il figlio fosse scontata.
“Ed io purtroppo dovrò indovinare che regalo ho avuto!” sentenziò Blaise.
“É il pegno per l’ultimo. Se già sai chi te l’ha fatto, devi indovinare che cos’è?” lo illuminò Nott.
Zabini guardò Draco e disse:
“Feccia … Cioè … Amico mio, sono certo che in questa scatola piccola e di lusso tu mi abbia regalato uno splendido viaggio!”
Draco gli sorrise divertito.
“I biglietti per i mondiali di Quidditch! Caz … sei un grande!”  e lo abbracciò quasi stritolandolo.
“Ma ci andremo insieme, vero?” gli chiese poi.
“Ovvio.” Lo rassicurò il biondo.
“Io già sono munito, non vedo l’ora che venga la fine dell’anno!” disse entusiasta Nott.
“Maschi!” commentò sarcastica Pansy rivolgendosi ad Hermione.
La ragazza le sorrise appena.
Non che avesse da obiettare infondo e poi le piaceva molto Draco scherzare in quel modo con i suoi amici, stava così bene, era così rilassato da cambiare proprio fisionomia.
 
*
 
Quella notte i ragazzi si misero a giocare per tutto il tempo, lasciando che le ore passassero così.
Era questo il bello delle vacanze natalizie!
Il giorno dopo si sarebbero potuti pure svegliare tardissimo.
Alla fine della serata, i tre erano ancora arzilli, mentre Pansy se ne stava sul divano dormendo profondamente ed Hermione sulla poltrona a fare esattamente la stessa cosa, con il libro aperto che Narcissa le aveva regalato.
Draco provò un po’ di tenerezza vedendola raggomitolata con le pagine sulla tragedia.
Le chiuse il libro deponendolo sul tavolino da tè e la prese in braccio.
Non si curò molto degli sguardi degli amici, anzi, li salutò come al solito senza accompagnarli nelle loro stanze, loro conoscevano bene il Manor.
“Buonanotte merde!” cianciò prima di scomparire con Hermione rannicchiata sul suo petto.
Quando la lasciò scivolare nel letto, le tolse le scarpe sbrigativo e la studiò solo per pochi minuti.
“Datemi un cavallo …. Il mio … regno per … un cavallo.” La sentì mugugnare nel sonno.
Sorrise a quelle parole, non sapeva che provenissero dal Riccardo III ma non gli fu difficile immaginarselo, e avvicinandosi un po’, le soffiò ad un orecchio:
“Domani lo andremo a prendere, ora dormi!”
Stava per alzarsi, quando la ragazza lo afferrò per una manica.
Era in un dolce dormiveglia.
“Malfoy … vai a dormire?”
“Sono le quattro del mattino Granger, e ho sinceramente sonno!”
“Mm … sì giusto, ti faccio spazio!” e senza esserne conscia si scostò su un lato del letto lasciandogli davvero il necessario per dormire accanto a lei.
Non era fatto apposta, se lo avesse fatto apposta, Hermione Granger non lo avrebbe proprio fatto, e lui lo sapeva.
Era il suo inconscio che parlava per lei, infondo non c’era stata notte al Manor che non avessero passato insieme.
Draco rimase parecchio incerto, non voleva approfittare di quella situazione, anche se il suo istinto desiderava dividere il letto con lei.
Lo desidero?
Finì per domandarsi.
Davvero mi piace così tanto dormire con la Granger?
Si scompigliò i capelli con una mano, e dopo un tempo che parve lunghissimo, se ne andò nella sua stanza lasciandola sola.
 
*
 
Quei giorni passarono veloci, tranquilli e divertenti.
Malfoy le mostrò i ritratti della famiglia del padre, come le aveva promesso, senza musica però, né balletti; le fece dare una sbirciatina nella loro antichissima biblioteca, ma parecchio fugace per paura che la Granger ci restasse tutto il week end.
In uno di quei momenti lei si scusò perfino della bugia che aveva rifilato a Lucius sul regalo e Draco la tranquillizzò che era quello che lui si era aspettato che facesse.
 
Uscirono per Diagon Alley.
Era una tipica giornata di dicembre, fredda e umida per via del cielo nebuloso, anche se si erano convinti che non avesse promesso pioggia.
Mangiarono in un pub.
Hermione si fermò per più di mezz’ora al Ghirigoro e fece un saluto veloce a George nel suo negozio Tiri Vispi Weasley.
All’improvviso goccioloni cominciarono a bagnare i tetti delle case e scendere dalle grondaie facendoli desistere dal continuare la passeggiata.
Con l’aiuto della magia, Draco trasformò i suoi guanti in un ombrello verde (giusto per contrastare con quello rosso di lei) e si ripararono in una stradina in attesa che spiovesse.
La ragazza rabbrividì.
“Hai freddo, Granger?”
“Sì, mi succede sempre quando piove!” sorrise un po’ imbarazzata.
Il ragazzo si slacciò la sua lunga sciarpa nera come la pece e gliela sistemò intorno al collo.
“Appena avrà smesso di piovere ne andremo a comprare una un po’ più femminile!”
La rassicurò, quella ancora interdetta disse solo:
“No, non è necessario!”
“Avanti Granger, voglio solo regalarti una sciarpa mica l’anello di fidanzamento?!”
Il solito sornione che si toglieva d’impiccio con le sue sgroppate da ronzino.
“Inoltre non ti ho regalato nulla per Natale!” aggiunse.
“Allora preferirei tenere questa se non ti dispiace!” indicando l’indumento del ragazzo.
Draco la squadrò incerto, poi le sorrise canzonatorio.
“Va bene Granger, come vuoi tu!”
Nascose il naso sotto la lunga stoffa, lana morbidissima con un intenso profumo mascolino; si stava inebriando e per un secondo sentì una leggera emozione pensando a quanto le piacesse qualsiasi cosa provenisse da quel ragazzo.
 
*
 
Quando ritornarono a scuola, le uscite col gruppo dei serpeverde s’intensificarono e in classe erano anche diventati più simpatici con le loro battute.
Pansy aveva preso la sana abitudine di parlottare sempre un po’ con lei almeno una volta al giorno e ad Hermione non dava fastidio.
Nemmeno i gryffindor sembravano così scostanti; considerando che oramai lei si divideva tra le due case, riusciva a tenere saldi i rapporti con vecchie e nuove compagnie.
Grazie anche al carattere aperto di Luna, anche Neville non fu più canzonato e Ginny era più rilassata quando li incontrava. Qualche volta la Parkinson divideva le sue conversazioni anche con loro.
May stava ancora con Blaise e questo fu un bene, perché in questo modo avevano smesso un po’ tutti di dividersi a seconda delle case, ma potevano interagire l’un l’altro molto di più senza darsi problemi, fare un tifo meno accanito durante le partite, ma prenderla molto più sullo scherzo e soprattutto potevano anche condividere i lunghi tavoli durante lo svolgimento dei compiti dopo le lezioni, ma senza esagerare!
Tutto questo sotto gli occhi vigili e più rilassati della preside McGranitt che non ancora ci poteva pensare a quella tregua.
 
Quando era stata a Diagon Alley con Draco e gli altri, aveva sentito conversare il fidanzato con Blaise riguardo ad un paio di guanti nuovi da Quidditch; da qui ebbe l’idea di regalarglieli per ricambiare il preziosissimo regalo che lui le aveva fatto.
Scelse quel modello nuovo e costoso che un esperto come Draco avrebbe di certo apprezzato, ovviamente con la complicità di Pansy e all’insaputa di tutti.
Era passata meno di una settimana dal loro week end e quella era la mattina dell’incontro tra Corvonero e Serpeverde.
Quando lo andò a cercare presso i dormitori, Blaise, intenzionato a far cambiare idea a May sul tifo che avrebbe dovuto fare per lui andando contro la sua casa, le disse che Draco non era lì.
In quel momento ritenne opportuno lasciare all’amico il suo regalo, certa che, una volta recatasi in biblioteca, difficilmente lo avrebbe incontrato prima dell’incontro.
“Tu ci sarai, vero?” chiese Zabini ricevendo il pacchetto.
“Certo!” disse la riccia.
“E non tiferai per Draco, per i Serpeverde?” la guardò cercando una valida alleata.
“Ma neanche per sogno, Blaise Zabini. Io tifo solo per i Grifondoro! In alternativa, nessun altro!”
Quello la osservò allibito mentre May se la rideva.
Quando uscì per ripercorrere i corridoi della scuola, le venne un lampo di genio.
Il solito portico, forse era lì.
Si diede della stupida per non averci ragionato sopra subito.
Strano!
Pensò, anche se fredda, era una bella giornata.
Percorse rapida il colonnato e si ritrovò di fronte alla classica panchina dove si fermava lui, e anche se ancora parecchio distante, s’impalò di fronte a quello che vide.
Astoria Greengrass stava allacciando un braccialetto sottile al suo braccio.
Non era certa, ma notò che lui stava muovendo il labiale mentre a lei sfuggì una lacrima, prima che lui le prendesse il viso tra le mani e le baciasse la fronte.
Non era arrabbiata, di fronte ad una scena così non senti la rabbia; non senti nemmeno tristezza o vero e proprio dolore, c’è solo … vuoto.
Ti manca la terra sotto ai piedi, ed è come rimanere sospesi nell’aria senza appigli.
Inspirò ossigeno come se ad un tratto non ne avesse a disposizione, poi le venne istintivo accovacciarsi ad un muro, e con le ginocchia attaccate al petto … piangere come una bambina.
 
*
 
Le diede l’impressione che Ginny la stesse aspettando apposta, come se avesse saputo ancora prima di lei quello che aveva visto al colonnato.
Non parlarono, era necessario di fronte al suo viso trasfigurato dalle lacrime, arrossato e sconvolto?
Si andò a sedere sul bordo del letto, l’amica fece uguale, senza chiederle niente, con quella discrezione, quella delicatezza, quel tatto che solo un amico vero potrebbe avere, le si avvicinò e l’abbracciò, lasciandola sfogarsi per tutto il tempo di cui aveva bisogno.
L’ultimo pensiero prima di prendere sonno in mezzo al pianto fu:
Ogni volta che ha incontrato me sotto quel portico ha sempre piovuto a dirotto, adesso che c’era lei, il sole li stava baciando.
Ha ragione lui, gli porto sfiga!
 
I risvegli nati dal dolore non sono mai piacevoli. Il suo lo fu ancora meno.
Blaise Zabini l’aveva cercata per tutta Hogwarts fino a che non aveva approfittato della bontà di May.
“Draco, credo non si senta molto bene, per noi ha la febbre altissima, forse per via della pioggia di domenica.
Comunque Blaise vorrebbe non farlo giocare ma lui insiste e non vuole andare nemmeno da Madama Chips.”
Aveva detto tutto talmente d’un fiato che non si era nemmeno accorta dei residui del dolore di Hermione.
Rimase un po’ dubbia quando la riccia le rispose con una certa freddezza:
“E cosa dovrei farci io?”
“Non lo so, forse preparargli qualcosa di potente da far abbassare un po’ la temperatura, tu conosci centinaia di pozioni.” Disse convinta.
Hermione si alzò dal letto e blaterò solo:
“Vieni tra mezz’ora nella’aula di Pozioni, ti darò quello che gli serve!”
“Va bene.” Sentenziò la Corvonero parecchio stralunata.
Era naturale che non riuscisse a dare un senso al malumore della grifondoro.
All’appuntamento si presentò Blaise, al quale consegnò l’intruglio.
“Non garantisco nulla. Può fare scendere la febbre ma comunque sarebbe più opportuno andare in infermeria, o almeno saltare la partita.” Asserì apatica.
“È quello che gli ho detto anch’io ma lui ha una testaccia dura, per questo volevo portarti da lui; sei la fidanzata, avrai i tuoi metodi per convincerlo.” Le rispose ammiccante.
“Non io, prova con la minore delle Greengrass. I suoi metodi sono più persuasivi!”
Quello capì l’antifona e non insistette, ma quando arrivò alla porta, le disse:
“Comunque gli ho consegnato il tuo regalo e credimi sulla parola quando ti dico che lo ha apprezzato molto.”
Poi le fece l’occhiolino e scomparve nei corridoi.
Non aveva intenzione di andare a seguire la partita, ma la curiosità di sapere se alla fine avesse giocato era molto attraente.
Salì sugli spalti dei gryffindor cercando di non farsi notare da nessuno.
Lui ovviamente, stava giocando.
Che non stesse bene era palese, anche un bambino se ne sarebbe accorto, ma era il modo in cui portava avanti la partita che era strano, sembrava visibilmente adirato.
Aveva i suoi guanti però. Questo lo notò subito.
Come cercatore, si destreggiava abilmente sulla scopa nuova di zecca per prendere il boccino d’oro, non si era accorto di lei, ma ogni tanto guardava distrattamente in direzione dei grifondoro.
Poi lo vide tentare di afferrare la sfera, quella saettò in alto, verso le nuvole scure e lui la seguì.
Riuscì a prenderla ma dal basso nessuno se ne accorse, quando stava per scendere però, avvertì scariche di vertigini annebbiargli la vista.
La presa ben salda era ancora sul trofeo e sul manico di scopa per non cadere, ma aveva perso l’equilibrio e gli mancavano le forze per atterrare. Si sentì precipitare.
All’altezza delle tribune, quando ormai mancava poco per schiantarsi al suolo, privo di volontà, si sentì raccogliere come tra le braccia di qualcuno e venire adagiato a terra con una certa delicatezza.
“Granger.” Biascicò prima di perdere completamente i sensi.
Non corse da lui; lasciò che i suoi amici gli stessero intorno.
Ginny l’aveva notata tra la folla.
“Non andrai da lui?”
“E perché dovrei.” Rispose piatta.
Quella si concesse qualche secondo di silenzio mentre la guardava circospetta.
“Forse solo per far smettere il tuo cuore di essere così in ansia?!”
Ginny, la piccola, tenera, forte Ginny, quella che non aveva mai avuto bisogno di imprese eclatanti, quella a cui le bastava fare un gesto di umanità, con la sua umanità, per farsi amare disinteressatamente.
Questo molti l’avevano capito, compreso lei, compreso Harry.
Harry che poteva avere chiunque, anche la bella ed esotica Cho, ed invece aveva scelto una piccola donna, non eroina, non sorprendente, ma solo … umana.
Una di quelle persone che ti dice sempre quello che pensa e che come Luna Lovegood riesce a guardare lontano, più lontano di quanto guarderesti tu.
 
*
 
Non andò in infermeria, o meglio lo portarono lì fino a che non riprese conoscenza, poi, lasciò Madama Chips senza troppe spiegazioni.
Stava meglio rispetto a prima, ma si sentiva accaldato e infreddolito in pochi sprazzi di tempo.
Si andò a coricare e quando ripensò a quello che gli era successo, era certo che lì c’era stato l’aiuto della grifona.
Un braccio lo appoggiò sopra la fronte, il braccialetto che Astoria gli aveva regalato luccicava tiepidamente.
Lo osservò per un po’ e ricordò quello che le aveva detto.
“Mi dispiace che le cose siano andate così!
Ero certo che io e te … Beh?! … ci saremmo sposati!
Adesso c’è lei, e non so come si metteranno le cose.”
Poi una sola domanda e si sentì lacerare.
Tra tutto quello che Astoria avrebbe potuto chiedergli, volle sapere soltanto:
“Ma tu la ami?”
Lì per lì non le aveva risposto; se n’era uscito con un tenero abbraccio ed un bacio sulla fronte; ma adesso, adesso doveva essere sincero con se stesso, adesso doveva fare chiarezza, e a prescindere da quelle assurde imposizioni del padre, aveva bisogno di capire che cosa Draco, non Lucius, Draco Malfoy volesse davvero.
Ti amo Granger?
Ricordò quando Blaise l’aveva bersagliata di neve durante l’ultimo fine settimana al Manor; di come lei giocasse così schifosamente male a scacchi magici; delle chiacchierate con Pansy riguardo a come potesse domare quel cespuglio ribelle che aveva in testa; ai sorrisi teneri con Narcissa; alle frecciate tra lei e Lucius; a Nott che la prendeva in giro perché era la solita sgobbona.
Ripensò a quando gli aveva messo il braccio sotto al suo a Diagon Alley, un gesto involontario, ma che aveva apprezzato molto; e poi gli venne da sorridere quando le aveva detto che non si sarebbe mai fidato ad andare in quelle auto babbane se lei fosse stata alla guida, anche se in quel momento gli aveva puntualizzato che era una guidatrice bravissima e lui l’aveva punzecchiata ricordando quanto facesse pena con il volo.
Ed i ricordi si mischiarono, si confusero nella memoria tra quelli più recenti e quelli che sembravano lontani al punto tale che pensò che Granger infondo era sempre stata nella sua vita … che non riusciva ad immaginarsi completamente da solo, adesso che l’aveva vissuta così da vicino.
Pare proprio di sì!
Sospirò infine tra i suoi pensieri; si sfilò il bracciale di Astoria lasciandolo scivolare sul comodino e prima di addormentarsi finse che stesse al Manor e che di lì a poco lei si sarebbe accoccolata accanto a lui per paura di Lestrange.
 
*
 
“Perché mi hai mandato a dire per Blaise quell’allusione su Astoria?”
Erano fuori dall’aula di Difesa Contro le Arti Oscure.
“Forse perché vi ho visti pomiciare come due quindicenni?”
Era tornata la vecchia, agguerrita grifondoro, senza peli sulla lingua e con gesti di acclamata bontà solo per  chi si comportava rettamente; e lui, ovviamente, non rientrava tra questi.
“Quando?” le chiese sapendo già la risposta.
“Quando ti ha regalato questo!” e prese il suo polso per mostrare il gingillo, ma niente, il braccio non aveva più niente.
Rimase impalata come una rimbambita mentre lui sorrideva col solito ghigno che la mandava fuori dai cardini.
“Ce l’avevi, te lo ha messo lei stessa e tu le hai dato pure il bacino di ringraziamento.” Sputò velenosa, ma quello non sembrava infastidito.
“Gelosa, Granger?”
“Affatto! Detesto solo che non soltanto mi devo sposare con un uomo che non ho scelto, ma che sente anche il bisogno di ridicolizzarmi frequentando altre donne.”
“Io non frequento nessuna.”
Era ancora calmo, lo si vedeva da come se ne stava appoggiato ad un davanzale svogliatamente.
“È la verità. Sono stato con Astoria, e allora? Era la mia promessa sposa, come lo sei tu adesso, e se avessi altre donne, credo che si saprebbe per Hogwarts, le mie avventure hanno sempre fatto parecchio scalpore; metterebbero su un polverone di pettegolezzi, ed invece … non credo proprio che tu abbia sentito qualcosa del genere?!”
Le disse ovvio.
“Forse non con le altre, ma con lei hai un rapporto particolare.” Lo rimbeccò.
“Ce l’avrebbe chiunque  se sapesse che la donna che doveva sposarlo, adesso non può più farlo e nonostante tutto è ancora innamorata di lui!” le rispose arcigno.
“Non lo so quanto l’abbia amata, e non so nemmeno quanto mi piacciano le nozze con te, ma sono sinceramente dispiaciuto quando la vedo soffrire a causa delle cazzate di mio padre!” disse con un tono sopra di un’ottava.
“Evviva! Draco Malfoy ha ritrovato la sua umanità!” esclamò caustica.
Fu cattiva, fu davvero cattiva; lui la fissò con disprezzo, lo stesso di qualche mese prima.
 “È così assurdo che io possa esserlo, Granger?
Che forse la prerogativa dei buoni e lo stemma della Divina Carità siano solo tuoi o di quel cretino di Potter? Spero che tu riveda davvero le tue posizioni, perché anche se avrò sbagliato a consolare una ragazza che per me è stata qualcosa, tu di certo non ti stai dimostrando come l’eroina indiscussa dispensatrice di bene e compassione! E di fronte a questo aspetto che mi hai fatto vedere oggi, posso solo dedurre che nel tempo passato con me non hai capito proprio niente di come sono fatto! … Grazie per il Wingardium Leviosa, ci si vede!”
 
*
 
I giorni che seguirono furono uno strazio.
Passò dalla gelosia, alla compassione, alla frustrazione per quello che le aveva detto, alla malinconia.
Se esisteva una certezza in mezzo al suo malessere, questa era certamente il sentire la sua mancanza.
Non l’aveva mai cercata, adesso la evitava volutamente e non ci sarebbe stato nessun fine settimana a salvarla.
Anche se li vedeva di meno, scoprì da Pansy che Blaise passava alcune notti con May e che Nott era quasi fisso nella sua stanza.
Chiese aiuto ad una serpeverde e quella volta che venne a sapere che Draco sarebbe rimasto solo, andò da lui.
Era sera e avrebbe dovuto rispettare il coprifuoco restandosene nella sua stanza.
Bussò alla sua porta.
“Zabini, lurida feccia, che altro ti serve?”
Poi aprì la porta parecchio scocciato, se la ritrovò davanti e sentì la sorpresa invaderlo.
“Posso entrare?” disse sottovoce.
“Come sei entrata qui, Granger?” le chiese piatto come se non avessero mai smesso di comunicare, come se non ci fosse stata alcuna indifferenza tra di loro per tutti quei giorni.
“Pansy.” Rispose con un filo di voce.
La fece entrare allargando un braccio.
“Che vuoi?”
Odiava quell’interrogativo; è una domanda che ti espone.
Quando tu hai già difficoltà a parlare, a mettere in fila due parole, arriva quel che vuoi? che sembra così indelicato.
Che vuoi? Ma secondo te che può volere una donna che viene nella tua stanza nel cuore della notte, mentre si sente impacciata e con un magone per come l’hai trattata l’ultima volta, e che da quel momento non le hai più rivolto la parola?
Cosa può volere?
Una partita a scacchi? Una sbronza come vecchi compagni di camerata? Giocare a giro giro tondo?
“Mi dispiace per quello che è successo la scorsa settimana. E anche di essere la causa dello stato di Astoria, e del tuo.”
Diplomatica come poche.
Lui sorrise sornione, se una grifondoro sapeva essere scaltra non doveva crogiolarsi troppo quando era entrata spontaneamente nella tana di un serpeverde.
Mise le braccia incrociate sul petto.
“Perché dovresti essere tu la causa dei miei malesseri o di quelli della mia ex? Semmai è mio padre. Tu sei una vittima, come noi!”
Le rispose placido.
No che lei non era una vittima, lei lo amava, cavoli!
Semmai avesse mai potuto pensare di ringraziare Lucius Malfoy nella sua vita, l’avrebbe fatto certamente per quello, per averla voluta accanto al figlio.
Si rimirò i piedi e annuì vigliaccamente.
“E allora scusami solo per le mie basse insinuazioni!”
Poi si girò per andarsene ma quello la trattenne per una manica della divisa.
Si guardarono per un istante.
“Tu poi sei più riuscita a dormire bene da quando abbiamo condiviso il letto al Manor?”
Che domanda era?
Le venne istintivo negare con la testa.
“Neanch’io.”
Poi se la portò sul bordo del materasso e lei blaterò:
“Ho ancora la divisa.”
Ma come se Draco già sapesse di quell’ intoppo, le passò la lunga camicia in seta di un suo pigiama, mentre lui ne aveva indosso solo i pantaloni.
La prese e se la studiò tra le mani, verde scuro, leggerissima e profumata.
Lo vide voltarsi e con le mani sui fianchi disse:
“Dimmi quando posso girarmi!”
Le scappò un sorriso e si svestì veloce.
“Fatto!” sentenziò infine.
Quello si voltò appena fingendo di non guardarla mentre apriva le coperte.
Draco era parecchi centimetri più alto di lei, per cui la sua camicia addosso al suo corpo minuto sembrava un vestitino che le scopriva quasi interamente le gambe.
Non lo diede a vedere, ma questa cosa che lei mettesse roba sua addosso e che, le stesse anche bene, lo eccitava non poco.
Quando entrarono nel letto, le stoffe costose si sfiorarono con le parti dei loro corpi esposti.
La seta dei pantaloni di Draco urtava con le gambe liscissime di lei, mentre il petto morbido e caldo di lui con la morbidezza della sua camiciola inventata.
“Qui non hai un quadro di Lestrange, vero?”
Gli scappò da ridere senza alcuna inibizione, mentre aveva ancora la testa sopra ad un braccio piegato.
“No, Granger, non ce l’ho!”
Poi la sentì avvicinarsi a lui, e senza alcuna remore, addormentarsi sopra una sua spalla.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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