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Autore: SmokingRum    21/02/2012    2 recensioni
Un nuovo dottore, una nuova compagna da un passato ignoto. Cosa accade quando due creature fin troppo simili si incontrano?
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - Altro, TARDIS
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The meeting

 
 
 

Miranda continuava a tenere gli occhi chiusi. Aveva capito di non essere più nello stesso luogo di prima: l’odore d’aria fresca era svanito e il vento era cessato. Sotto le mani non sentiva più il pizzicorio dell’ erba ma un materiale freddo e metallico, con dei buchi. Dedusse che era una grata. Quindi si trovava in un luogo chiuso con una grata come pavimento. Perfetto! pensò che potesse essere il momento giusto per aprire gli occhi ma non appena si dette coraggio sentì il suono di passi avvicinarsi a lei. Li richiuse prontamente.

Seguì una risata divertita. I passi le furono a pochi centimetri poi si fermarono.
-Allora, li apriamo o no questi occhi? –disse una voce maschile a pochi centimetri dal suo viso.
Miranda fece segno di no con la testa.
-Non ti mangio mica!
-Non posso esserne sicura.
-Dai, apri gli occhi! Ti ho salvato la vita, devi essermi riconoscente!
-Nessuno ti ha chiesto niente!
-Invece si! Tu me lo hai chiesto. Oddio, lo hai chiesto in generale, ma il segnale è arrivato forte e chiaro al Tardis.
-Tardis?
-Sì, Tardis. Dovresti aprire gli occhi e dare un occhiata! Vedrai, ti piacerà!
Miranda sospirò. Piano piano aprì gli occhi. Davanti a sé vide una poltrona logora con sopra una giacca. Alla sua destra una grata di metallo e delle scale che portavano a un presunto piano inferiore. Girò lo sguardo verso sinistra e vide altre scale e una porta. Le mura, che erano a cupola (forse meglio dire ad iglù) avevano un colore arancio e come delle borchie le ricoprivano.
-Ti piace? Io l’adoro!
Miranda si girò verso l’uomo. Era… era… come diavolo era? La ragazza piegò la testa da una parte. Non riusciva a definirlo: era bello? Brutto sicuramente no, ma non riusciva a dargli un aggettivo. Affascinante! Ecco, già andava meglio! Era alto e magro, non molto muscoloso. Indossava una giacca che gli stava troppo larga e dei pantaloni che gli stavano troppo lunghi. Ma la cosa che più la turbava era il farfallino. “Perché diavolo indossa un farfallino?!” si chiese. Aveva un viso interessante: il naso era ben proporzionato, con una gobba forse un po’ troppo proromepente, ma che nel contesto non dava fastidio. Le sopracciglia erano folte e le labbra sottili. I capelli erano lunghi fino a metà collo. Ma erano gli occhi che le lasciarono una strana impressione: erano color verde, un verde  normalissimo ma… ma erano diversi da quelli degli altri. Avrà avuto vent’anni, non di più, eppure quegli occhi racchiudevano la conoscenza di un anziano centenario… Erano occhi che avevano visto… che avevano visto il tempo…
-Dimmelo, sei rimasta incantata, vero?- disse lui.
-Scusami?
-Presumo di essere bellissimo!
-Ehm… si, sei… sei carino.
-Solo carino? dannazione!
-Scusami, ma non sai se essere bello o meno?
-No, non mi sono ancora guardato allo specchio.
-Cosa?
-Senti, ho i capelli rossi?
-Eh?
-Sono rosso o no?
-No… sono, sono neri.
Si alzò in piedi di scatto e si passò una mano fra i capelli.
-maledizione, perché non riesco ad essere rosso?! Un bel rosso come… come i tuoi!
Si avvicinò a Miranda e le prese una ciocca di capelli.
-Ma che belli! Sono davvero bellissimi!
Miranda si allontanò dall uomo e si mise in piedi anche lei. Dietro all’ uomo vide una strana struttura, come un grosso tubo con all’ interno delle strutture in plastica o in vetro che si muovevano su e giù. Tutt’ intorno al tubo mille manopole e pulsanti e vari schermi.
-Che…. che cosa è? –chiese indicando la struttura.
-Quello… quello è il cuore del Tardis.
Miranda si avvicinò verso il cuore e esaminò tutti i pulsanti.
-Come ti chiami?- chiese l’ uomo.
-Miranda…
-Miranda?! Ma hai un nome assurdo! Non ci sono più tante persone che si chiamano Miranda!
-Succede… -convenne Miranda.
-Da dove vieni?
-Non… non mi ricordo.
-Come scusa?
-Non mi ricordo granchè oltre al mio nome…
-Amnesia? interessante… Mi piacerebbe esaminarti dopo.
-Tieni giù le mani, carino. Quindi, tu chi sei?
Lui sorrise, come se non aspettasse altro che quella domanda.
-Io sono il dottore.
-Ah… dottore chi?
-Solo il dottore.
-Non puoi essere solo il dottore, ce lo avrai un nome.
-Posso invece.
-Ah, be certo…
Miranda continuò a guardare le manopole e i tasti. Era come spinta da un’ attrazione indefinibile per quelle luci e per le loro funzioni che le erano ignote…
-Sei bellissimo… -sussurrò lei.
-Davvero? Grazie! E io che pensavo di essere solo carino!
-Dicevo questo coso!
-Non è un coso! Semmai una cosa! Il tardis è femmina.
Miranda rimase in silenzio e lo guardò con una strana espressione.
-Che c’è? –chiese lui.
-Questo co… questa cosa… -si corresse – ha un sesso?
-Si.
-Ah… certo.
“Questo qua è matto… completamente matto”. Dopo aver pensato questo si feci coraggio e carezzò una delle manopole.
Dolore. Sentì male alla testa, poi aprì gli occhi. Davanti a lei il nulla… eppure sapevo di non essermi mossa.Strizzai gli occhi… non era il nulla: era l’interno del Tardis! Vedevo circuiti, raggi, scintille. Il meccanismi di quella macchina.
Staccai la mano dalla manopola e i meccanismi sparirono dai miei occhi, vidi di nuovo la superficie dorata e i bottoni.
Sentivo il mio respiro farsi sempre più affannato. Che mi era successo? Girai la testa verso l’uomo di prima e vidi che mi guardava con gli occhi spalancati.
-Affascinante… -disse alla fine.
-Che cosa? –chiesi.
-Hai visto l’interno del Tardis…
-Come diavola fai a …
Lui non mi diede ascolto e mi mise le mani sulle tempie. Chiuse gli occhi e, anche se mi sembrò assurdo, mi sentivo come se qualcosa mi stesse frugando dentro la testa. Era una sensazione sgradevole e desideravo che terminasse il prima possibile.
-Ho quasi finito, stai traquilla. –sussurrò lui.
“Oddio, mi ha letta nel pensiero.”
-Non proprio, diciamo che avverto le tue emozioni.
“Ah, certo!”
-Fai meno la spiritosa, non sono io quello che riesce a vedere dentro il tardis.
“Mi sta facendo arrabbiare”
-Trattieni i bollenti spiriti.
-LA SMETTI?! –strillai io.
Lui aprì gli occhi e mi guardò sorpreso.
-Scusa! –disse –Non preoccuparti, ho finito.
-Bene… e dimmi cosa avresti scoperto?
-Nulla di nulla. Tutti i tuoi pensieri sono completamenti oscurati. Come se ci fosse un muro, qualcosa che mi impedisce di capire cosa hai fatto prima. Tutto ciò che ho scoperto è che riesci a leggere. Ma non so se vale solamente per gli oggetti o anche per le persone…
Continuò a fissarmi a lungo.
-Se vuoi posso provare con te… -tentai io, che ero più curiosa di lui di sapere cosa diavolo mi era successo.
-No, io non sono una persona.
-Ah. Certo. E… e che cosa saresti?
-Meglio non dirtelo ora. –detto questo sparì in una delle stanze che c’erano nel … Tardis. Dio, che nome assurdo.
-E quindi… ora dove staremmo andando? –chiesi io.
-Esattamente non lo so… La tua richiesta di aiuto ha completamente distorto i sensori del Tardis che è stato trascinato dove ti trovavi…
-E poi mi hai rapita.
-Salvato la vita, prego.-mi urlò da lontano - Non mi pare che il tizio che ti stava alle calcagna ti volesse chiedere l’ora.
Io non dissi nulla e continuai a guardare nella direzione dove era sparito.
-Comunque, dove stiamo andando?
-Italia.
-Italia, certo. Da qui a un momento.
-Certo. Più precisamente a Vinci, vicino a Firenze. Nel… 1500, più o meno. –Tornò con due completi diversi da quelli prima indossati e mi guardò interrogativo.
-Che vuoi? –chiesi.
-Quale? Questo qui è un po’ stile decimo, quello che ho addosso è ovviamente undicesimo e questo… chissà potrebbe essere il nuovo dottore! Anche se dire addio al mio papillon sarà terribile.
Guardai i due completi.
-Non mi piacciono le cravatte. –dissi infine indicando quello che era stato definito il decimo –e nemmeno le giacche lunghe da detective.
-E’ deciso allora, mi metto questo nuovo.- Sparì di nuovo in una delle stanze, lasciandomi lì da sola. Era il momento giusto per svignarsela. Corsi verso la porta la aprii e poi… caddi. Oh, sì. Caddi nel vuoto. Non potevo crederci. Tutto quello che riuscii a fare fu urlare.
Mi sentii prendere per un braccio. I miei occhi spalancati dal terrore non riuscivano a credere a ciò che avevano davanti: lo spazio. Il buio circondato di stelle, i pianeti in lontananza… mari di luci che danzavano in quell’ infinita oscurità. Ed era la cosa più bella che io avessi mai visto. Ma stavo comunque a penzoloni nello spazio!
Continuai a urlare, sempre più spaventata.
-Calmati, calmati! –mi urlò lui –adesso ti tiro su.
Qualche secondo dopo mi ritrovai di nuovo dentro il Tardis, fra le braccia di quel tipo.
-Shh, shh… va tutto bene. –mi sussurrò lui.
-Perché?! Perché siamo nello spazio?! Perché riuscivo a respirare?! Oh, mio Dio! Cos’è, una specie di nave spaziale?! E te cosa saresti, un alieno?!
-Ci sei andata piuttosto vicina, sai?
Scattai in piedi, sempre più terrorizzata. Dove diamine ero?!
-Tu sei un alieno?!
-Sì. Cioè no. In realtà sono un signore del tempo.
-Un cosa?
-Ah, è lungo da spiegare e non mi va! –rimase in silenzio spalancando gli occhi –Non mi va! Incredibile! In genere amo narrare delle mie eroiche gesta! Sono davvero nuovo!
-Dannazione! –urlai fuori di me –Siamo nello spazio! Nel dannatissimo spazio! Noi… stiamo praticamente volando! E tu sei così tranquillo?!
-Certo che sono tranquillo, lo faccio ogni giorno!
-Cosa sei?!
Lui non mi rispose. Si alzò in piedi anche lui e mi si avvicinò, guardandomi dritta negli occhi. Ed io, in quegli occhi che avevano almeno mille anni, che avevano visto ogni cosa questo universo potesse offrire… ci annegai.
-Io sono un signore del tempo, ho millecentoventisei anni, ho visitato miliardi di pianeti e visto miliardi di ere diverse. Sono qui perché tu mi hai chiamato, perché tu hai chiesto aiuto ed io intendo dartelo! Io ti prometto, Miranda, che ti farò riacquistare la memoria e liberare i tuoi pensieri. Poi scoprirò come hai fatto a vedere dentro il Tardis e nel frattempo viaggeremo e ti farò vedere delle cose meravigliose, spaventose, eccitanti e nuove. –finì di parlare e mi prese la mano.
Il Tardis sembrò atterrare: fece uno strano rumore profondo e tremò leggermente.
-Allora. –disse lui –Ci vieni con me? Vuoi vederlo il passato?
-Sì… -sussurrai –Voglio vederlo.
-E mi credi quando ti dico che sono qui per aiutarti?

-Sì. Ti credo. –ed ero onesta, quando quella volta gli dissi che gli credevo. In quel momento pensai che avrei potuto donargli la mia vita, e non preoccuparmene. Lui mi guardò profondamente e mi sorrise. Sempre tenendomi per mano mi guidò verso la porta del Tardis. La aprì ma io non vidi ciò che c’era fuori. Nei miei occhi si rifletteva solamente il sorriso… del Dottore, che mi rassicurava. Mi avrebbe rassicurata anche se ci fossimo trovati all’inferno.

  
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