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Autore: Claire Piece    28/02/2012    4 recensioni
[storia completamente corretta ed epurata da errori grammaticali e sintattici]
"Ma io non voglio un principe e non voglio che tu lo sia… io voglio L e basta! Trovo che sia molto meglio che avere un principe che continua a chiedermi la mano o a dirmi di amarmi… Io voglio che nulla mi sia detto sempre in modo esplicito... voglio i fraintendimenti… amo proprio l’incapacità nel sapermi prendere, l’incostanza dell’ “a volte sì e a volte no”... voglio l’impulsività, la stranezza, la tentazione celata e costante...
Ecco cosa voglio. Sei tu."

La morte le aleggia costantemente intorno... La Wammy's House, geni, killer e l'amore per una persona irraggiungibile, L.
Una giovane donna stringerà tra sue mani tutto questo.
Ciao ciao a tutti, questa è la mia prima fan fiction.
Mi sono cimentata in un campo non mio, ma era molto che ero ispirata e così ho pensato "o la va o la spacca!" Così mi sono messa di buona volontà e ho iniziato a scrivere, da principio da sola e poi facendomi aiutare (purtroppo non sono un'esperta scrittrice e agli inizi non tutti siamo bravissimi) con la correzione degli errori
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Watari
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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   Prometto che non diventerò mai freddo





                                 Quindi dimmi quando senti il mio cuore fermarsi
                                 Tu sei l’unico che lo sa
                                 Dimmi quando senti il mio silenzio
                                 C’è una possibilità che io non lo sappia
                                 Quindi dimmi quando il mio silenzio sarà finito
                                 Tu sei la ragione per cui io sono chiusa
                                 Dimmi quando mi senti crollare
                                 C’è una possibilità che non si veda
                                                   
                                                            (Traduzione cit. “Possibility” di Lykke Li)





Passò una lunghissima settimana.
Wammy venne nella mia suite e mi comunicò che il giorno seguente ci saremmo trasferiti, mentre ero intenta a cambiare le batterie del mio mp3, negli ultimi giorni aveva deciso di non funzionare abbandonandomi.
Anche lui.
“Belle….” Wammy fece una lunga pausa e sospirò “Ryuzaki, ha deciso di mettere subito in atto uno dei suoi piani. Quindi da domani non alloggeremo più negli alberghi, dovrai fare le valige da subito, senza prendertela con calma.” Poi si allontanò con fare indaffarato e dandomi leggere occhiate preoccupate di sfuggita.
Mi sentii stranita, ma annuii quasi per abitudine e alzando lo sguardo su di lui, vidi che ogni cosa stava perdendo il suo senso.
Tutto iniziò a distorcersi.

Il posto in cui ci trasferimmo era un gigantesco palazzo di sola nostra proprietà, con un’architettura ultramoderna, una costruzione corazzata da vetri scuri e lucidissimi, con un design molto gradito alla cultura nipponica, lì si sarebbero svolte le nuove e approfondite indagini sul caso Kira.
L non badò a spese, inserì ogni forma di tecnologia, esistente e avanzata al mondo, piani e piani di appartamenti e sale di controllo.
A me, come anche per Misa Amane, venne assegnato un alloggio tutto mio ovviamente in una zona molto alta e distante di tutto il complesso. L se ne infischiò della mia paura dell’altezza, aveva adottato con me un comportamento più rigido e insieme premuroso, non avrebbe permesso a nessuno di avvicinarmi soprattutto in quel momento.
L’unica differenza tra me e Misa, era che ora potevo uscire e fare come più mi aggradava, senza più restrizioni e impedimenti, infatti io, a differenza di quell’assassina costantemente braccata da telecamere e da finta scorta, avevo un mio personale accesso nella struttura che mi impediva di avere qualsiasi contatto con quelle persone e sopratutto con Light.
Il mio appartamento non venne munito di dispositivi di controllo e microspie, nessuno sarebbe venuto lì, qualsiasi intruso sarebbe stato bloccato molto prima da degli allarmi, di cui solo io e Wammy conoscevamo i codici per la loro attivazione e disattivazione.
Ero come un fantasma che infestava un castello, mi sarei potuta manifestare in qualsiasi momento, apparendo come un miraggio, come fumo bianco che si dissolve, ma nessun individuo se mi avesse visto, avrebbe potuto asserire con certezza che io esistessi veramente all’interno di quella struttura.
Ero un’anima che vagava in preda al risentimento.
Il risentimento per qualcosa di non risolto, il risentimento per non essere stata in grado di fare nulla di buono, il risentimento per la mia impotenza in quella situazione.
Risentimento nei confronti di L che non aveva cercato di capirmi a fondo.
Kira era quello che lo stava portando sul fondo di acque oscure e ignote.
L, non fu così ossessivo con B, forse perché Beyond Birthday, lo conosceva da prima o perchè aveva il controllo di quella situazione, che non sfiorava minimamente l’alone di mistero che invece aveva questo caso. Il caso di Los Angeles, portò L ad essere rilassato, spavaldo e allo stesso tempo impegnato nella maniera giusta con quella indagine.
Il caso Kira gli stava facendo perdere quella linearità e consueta prudenza, che contraddistingueva L, in una maniera appunto ossessiva.
Iniziai ad abbandonare anch’io qualcosa, ero stufa, stanca, ero giunta al limite della tortura che mi infliggevo, facendomi avvertire un’apprensione costante, mi lasciai andare al flusso delle cose.
Smisi di fidami del mio istinto, delle mie deduzioni, mi rifiutai di leggere i significati dei sogni che continuavo a fare, fino a che, forse per via della mia negazione nel voler interpretare, iniziai pian piano a non averne più, stavo diventando normale.
L, per permettermi di vederlo costantemente e per concedermi la possibilità di capire cosa stesse facendo, mise un televisore nella mia stanza dove venivano trasmesse le immagini della sala di controllo principale. Fece questo anche per non farmi sentire la sua mancanza, almeno quella visiva e uditiva.
Il giorno che venne installato nel mio salone lo schermo, lo accesi immediatamente e notai, proiettato su quella schermata piatta, L che si era fatto letteralmente ammanettare a Light Yagami, con una lunga catena che consentiva almeno i movimenti essenziali.
Subito capii cosa intendesse L quando mi disse che non ci saremmo potuti vedere per molto. Quel legame metallico tra loro, ai miei occhi, era diventato la spada di Damocle sulla testa di L, era il cavo conduttore che lo portava nelle braccia del carnefice.
Io non seppi come affrontare questo aspetto, mi limitai a fingere di non vedere quelle catene, che lo tenevamo unito ad un precario filo del destino.
Fu un’arrendevolezza la mia, in quella situazione, simile a quando si ha qualcuno di molto caro e molto malato, sappiamo che la malattia lo logorerà e che ce lo porterà via alla fine del suo calvario, ma comunque fino alla fine ci illudiamo e crogioliamo nel pensiero che il momento della sua dipartita sia lontano anni luce.
Ma la verità è che non è così.

Con quella particolare visione, conobbi alcuni aspetti di Light Yagami, che non avevo mai scoperto per via del fatto, che io fossi venuta a conoscenza della sua esistenza solo tramite i miei sogni. Potei notare e appurare, come già avevo sospettato, che c’era un cambiamento in lui, nei suoi occhi.
Ora non più malefici, cattivi e taglienti, ma mansueti, puri e puliti.
Non c’era più traccia di quel male che gli aveva carpito il buono che era in lui. I suoi modi erano comunque impeccabili, educato, non si sbilanciava mai in atteggiamenti frivoli, come ci si aspetterebbe da un ragazzo della sua età. Le fondamenta del suo carattere erano di un’integrità solida e comunque insolita, che lo rendeva molto attraente agli sguardi esterni. Light doveva avere un senso della giustizia molto spiccato, per riuscire a condividere così bene con L, quella ostinata investigazione al nuovo Kira, ma sebbene Light fosse così determinato e alla ricerca del giusto, c’era sempre qualcosa in lui che non mi piaceva, come se quello Shinigami che lo aveva posseduto fino a qualche tempo prima gli avesse lasciato addosso una scia oscura.
Light aveva sempre e in ogni caso una luce opaca poco chiara intorno. Vederlo vicino ad L faceva spiccare la loro diversità che non era solo fisica, ma velatamente nascosta.
Sì.
Era sempre in atto un invisibile e costante contrapposizione tra loro.

Light, Misa e quegli agenti, presero consistenza per me, divennero qualcosa di concreto, come se tempo addietro loro fossero stati frutto delle mie fantasie, ora li potevo conoscere, studiare.
Il poco sveglio Matsuda, il serissimo Aizawa, il determinato Souchiro Yagami e il silenzioso orso Mogi. Da quello schermo potevo seguire tutto non essendo lì fisicamente, questo mi divertiva e metteva a disagio allo stesso tempo.
Poi vidi L alzare lo sguardo sulla videocamera che sapeva lo stesse inquadrando, sapeva che io lo stavo guardando, i suoi occhi erano neri, seri e catturati da ciò che fissava, mi sembrò di vedere un’ombra sul suo viso poi riabbassò lo sguardo e tornò a parlare con i suoi collaboratori, portandosi poi alla bocca una tazza di caffè .
Freddo.
Io ero congelata, sentivo tutto un’intero universo di emozioni per Lui, ma ero in un’ibernazione emotiva. In un’altra situazione sarei esplosa in un pianto silenzioso e sofferente, in quel caso, smisi di provare qualcosa che non riuscivo più a sentire e definire, se ne era andato con i sogni e le mie visioni, gli avevo dato una degna sepoltura in non so quale angolo della mia persona.
Non sarebbe riemerso.
Stufa di sentirmi presa da quelle sensazioni simili alla sofferenza, anzi le definirei l’anticamera della sofferenza, optavo sempre per la fuga da quella osservazione e da quella indagine.
Volevo stargli lontana e ci sarei riuscita o per lo meno ci avrei provato.
Dovevo smettere di ascoltare e dovevo solo vedere L.
Questo bastava, punto.


5 ottobre 2004

In quei mesi, avevo preso l’abitudine di andare a passare del tempo in un parco vicino al nostro quartier generale, lo Yoyogi Park.
Adoravo passeggiare in quel posto che mi ricordava a momenti il giardino della Wammy’s House, uscendo da quel piccolo mio microcosmo, mi ritrovavo poi davanti a strutture e monumenti prettamente giapponesi.
Bastava un solo passo per poter varcare il confine tra il mio mondo, che mi aspettava dall’altra parte dell’emisfero alla fine di quella assurda indagine, e quella dimensione a me sconosciuta, estranea e che non volevo accettare.
Se solo fosse bastato quel piccolo passo per tornare dov’ero, lo avrei compiuto senza esitazione. Immersa in questi miei pensieri, la maggior parte delle volte, finivo per perdermi nel verde, uscendo dalle piccole vie e stradine che delineavano un percorso ben definito in quel parco.
Mi ritrovai in un minuscolo bosco, passeggiai rilassata senza avvertire il timore di essermi persa, sapevo che comunque non avrei trovato difficoltà ad orientarmi per ritrovare la strada giusta.
Strinsi con le mani, il collo del mio cappottino in tela e ceruleo, iniziai a sentire una leggera brezza fredda e pungente tipica di quel periodo.
Potevo sentire i miei stivali marroni e bassi, affondare nella terra inumidita e morbida, ricoperta da uno strato ocra dovuto alle foglie morte e ora a terra.
Camminavo curiosa guardandomi intorno, come se qualsiasi cosa attorno a me avesse non so quale misteriosa attrattiva, in un gesto infantile alzai la testa mentre continuavo ad avanzare. Il cielo grigio faceva da fondale, ai rami secchi ed esili come ossa spogliate dalla loro carne che si incrociavano sopra la mia testa.
Poi davanti ai miei occhi, passò velocemente qualcosa di nero, abbassai lo sguardo e sentii uno strano rumore, simile allo sbattere delle ali di un qualche uccello.
Una risata!
Potei distinguere poi una risata, volevo domandare a chiunque fosse, chi fosse?!
Ma le parole mi rimasero in gola, formando un nodo, cercai di non farmi prendere dal panico come mio solito.
Quando distolsi la mia attenzione dall’analisi delle mie reazioni, percepii che quella cosa era sparita e tornai a scrutare in ogni parte, girai su me stessa cercando di capire dove fossi finita. La cosa che mi stupii fu, che quel posto, uno spiazzo di cui conoscevo l’ordine di disposizione precisa degli alberi…. Quell’angolo di bosco lo conoscevo! C’ero già stata!
Ma non in una delle mie tante scampagnate nel parco, ma in un qualche altro momento.
Sì. Ma quando?
Incapace di ricordare o non volendo ricordare, data la mia condizione in quel periodo, lasciai stare e cercai di ritrovare la strada per il percorso pulito, giusto e tornare a casa.
Mentre mi allontanavo, mi voltavo di tanto in tanto guardandomi alle spalle e potei constatare che il tragitto che avevo fatto, era molto lontano dal sentiero regolare che si estendeva per il parco.

Rincasata nel mio appartamento, tolsi gli stivali abbandonandoli in un angolo appena mi chiusi la porta dietro. Lanciai il mio cappotto su un puff disposto al centro del salone, nel farlo per poco non feci cadere un orrendo soprammobile poggiato sul tavolino in cristallo.
Accesi lo schermo per vedere L e andai poi ad armeggiare con la teiera in cucina, per riempirla d’acqua e farmi un tè.
Sentivo freddo avevo bisogno di scaldarmi e riprendere possesso della mia tranquillità dopo lo strano episodio del parco Yoyogi, chiedendomi come era possibile che io fossi una calamità naturale per certi strani fenomeni.
Ero intenta nel fare quelle azioni monotone, ma che allo stesso tempo hanno quella proprietà calmante e familiare che mette di buon umore, quando al mio orecchio arrivò il suono di alcune parole che mi infastidirono.
“ Ti è tornata la voglia di lavorare?” sentii Light riferendosi a L.
Ignorai e continuai con ciò che stavo facendo, ma la mia testa a quanto pare non volle collaborare e portò comunque a galla, tutte le nozioni e informazioni che mi ero sorbita, forzatamente, durante le trasmissioni delle videocamere nella sala di controllo centrale in cui si trovava costantemente L.
Negli ultimi tempi L, fu preso da una strana e improvvisa mancanza a voler lavorare al caso Kira, non c’era più niente di molto interessante, che portasse a una risoluzione logica di quel caso e di questo ne fui felice sperai che quella situazione rimanesse così, che ce ne saremmo andati il prima possibile da quel posto maledetto.
Ma L sembrava non essere soddisfatto per via del fatto che non ci fossero prove per dimostrare, che Light fosse Kira e che Misa fosse il suo complice.
Gli omicidi continuarono ma in una maniera diversa, probabilmente il nuovo Kira giustiziava con parametri leggermente diversi dal primo, questo nuovo modo di agire venne segnalato dal Sovrintendente Yagami e poi approfondita dal resto del gruppo investigativo.
Ma quel giorno fu Light Yagami, a risvegliare lo spirito del detective di L, che si era smorzato a causa dell’irragionevole innocenza di Light e Misa, perché L sapeva con certezza che erano loro i due Kira. Odiai profondamente Light, mentre lo osservavo assunsi un’espressione torva e stavo per irritarmi non poco, strinsi tra le mani la tazza di tè che aveva conservato una temperatura lavica, ma non sentii il dolore e la bruciatura per quanto ero adirata.
Poi attuai il mio meccanismo di difesa, che in quei mesi mi aveva aiutato molto a non farmi sentire qualsiasi tipo di sentimento triste, negativo, di sofferenza ed ora anche di rabbia. Staccai la spina del mio cervello, del mio udito e distolsi la mia attenzione da tutto quello che nelle immagini era un disturbante dettaglio e non fosse L.
Vedevo solo Lui.


25 Ottobre 2004

Quelle indagini sulla società Yotsuba, per L furono quasi uno scherzetto da ragazzi.
Nel giro di qualche settimana si arrivò a capire che Kira era al suo interno e che compiva omicidi a proprio vantaggio e per l’azienda, uccidendo individui che gli facevano concorrenza e di tanto in tanto per camuffare il tutto, ci scappava la morte di un criminale.
Come se potesse bastare questo giochetto per fregare L.
Ancora più divertente fu scoprire che tentarono di indagare sul suo conto per eliminarlo, ingaggiando un altro detective, Eraldo Coil, che altri non era L sotto altre mentite spoglie.
Vennero addirittura spiati nelle loro riunioni segrete, tramite le telecamere messe da una vecchia collaboratrice di L, Wedy (una ladra) e furono perfino ingannati da Aiber un’altro collaboratore di L ( un truffatore) e non si accorsero di nulla.
Credo che questa fu la parte più esilarante e rilassata di quella indagine, che passò da una serietà e misticità fuori da ogni limite umano ad una scontatezza e semplicità, al pari di un piano architettato da un gruppo di ragazzini alle prime armi, questi individui della Yotsuba ogni giorno fornivano prove schiaccianti della loro colpevolezza.
Questo Shinigami aveva dato il suo potere ad un completo idiota.
E pensando questo, sentii che comunque qualcosa non tornava, sono convinta che anche L fosse dello stesso parere.
La diversità del primo e del nuovo Kira erano abissali, tutto questo confermò quello che le miei visioni mi avevano suggerito e che io insinuai nella testa di L.
Ora avevamo una prova, eccola finalmente una maledetta prova.
Il potere omicida si trasmette di persona in persona.
“Sarai contento adesso…” dissi parlando da sola con tono apatico, davanti allo schermo mentre osservavo L, ferma in piedi.
Vidi L, con un’espressione attonita e gli occhi fissi sulle sue mani ricurve sulle sue ginocchia, mentre Misa vestita da infermiera e con le braccia protese in avanti teneva tra le mani il telefono.
Misa registrò un’inquietante conversazione avuta con Kyosuke Higuchi traendolo in inganno, dove lui confessava in maniera fiera e spudorata di essere Kira.
Ma in tutta quella rocambolesca questione architettata da Misa, ci fu qualcosa che non mi sfuggì.
Era palese.
“Non può esserti sfuggita L.” dissi di nuovo al nulla, sembrò che le mie parole fossero rimbalzate contro il televisore e si fossero dissolte nell’etere.
L parlò come se avesse potuto percepirmi “Misa, come hai fatto a convincere Higuchi che sei il secondo Kira?”
Misa disse di avergli detto che lei era in grado di uccidere e che lo avrebbe sposato, ma non era una cosa così chiara e convincente, almeno alle mie orecchie.
Misa era diversa, io la vedevo diversa dopo tutti quei mesi, dove era sparita quell’aura che la circondava, quell’aura che già conoscevo e odorava di morte, se l’era di nuovo portata dietro.
Possibile che avesse davvero ripreso un contatto col suo potere?
Lasciai perdere i miei contorti pensieri e spensi nell’esatto momento in cui iniziarono a parlare di come organizzare un piano di cattura per Higuchi.
Il mio meccanismo di difesa stava diventando sempre più infallibile, vivevo, andavo avanti con un automatismo che sfiorava l’insensibilità, stavo diventando di pietra.


28 ottobre 2004

Non accessi per nulla quel televisore e finestra sulla realtà.
Ero decisa ad ignorare fino alla fine, ma quando arrivò sera, venni chiamata al telefono cellulare da Wammy, risposi speranzosa.
Sperai che fosse già finito tutto, che saremmo potuti fuggire di lì.
Ma non fu così.
“Sì, pronto. Dimmi Watari.”
“Belle, ho una cortesia da chiederti. Tra non molto andremo a catturare Higuchi e Misa Amane rimarrà sola nella sala di controllo.” Wammy mi espose il tutto, quasi scandendo parola per parola e farmi recepire bene cosa dovessi fare.
“Sì, Watari, ma io cosa dovrei fare? Non posso farmi vedere da lei.”
“Basterà che tu la osservi dal tuo schermo in salone, la terremo legata. Ma ci servirebbe qualcuno che la guardi in nostra assenza.” Poi si interruppe e continuò “ E’ pur sempre ancora sospettata.”
“Va bene, farò come volete.” Dissi sospirando arrendevole e contrariata, quella conversazione telefonica non aveva niente a che vedere con quello che eravamo sempre stati io e Wammy.
Fui così costretta a seguire le fasi di quella maledetta caccia.
L, Light e Misa, erano tutti e tre davanti agli schermi della sala comando, ma ci fu un particolare che mi scosse.
Mentre si susseguivano i passaggi e gli spostamenti di Higuchi, quest’ultimo iniziò a parlare con qualcuno nella sua auto, che lui chiamò Rem, parlò di uno scambio di occhi, discorsi molto strani.
Io non potevo vedere, perché l’angolazione delle mie immagini non prendevano lo schermo principale dove L lavorava.
Ero sicurissima fosse il dio della morte, lo shinigami…..gli occhi, forse erano quegli occhi rossi che avevo visto nelle mie prime visioni… e forse anche L finalmente ci stava arrivando sicuramente avrebbe scoperto che uccide con…
Basta!
Scacciai via quei pensieri, non dovevo più impicciarmi, quello che avevo visto era inconsistente, punto dovevo farmene una ragione.
L, man mano che l’operazione di cattura prendeva pieghe inaspettate e pericolose assumeva espressioni, sempre più scure e profondamente decise che rendevano rigido il suo volto, finché finalmente non stabilì che fosse ora di intervenire e fermare quel pazzo.
Io mi limitai poi ad eseguire l’ordine di sorveglianza a Misa e rimasi per tutto il tempo dell’operazione cattura Higuchi, lì seduta sul puff a osservare la ragazza completamente incatenata ad una sedia, che sbuffava e frignava ogni qual volta la situazione la stufasse, mai quanto stufò me nel doverla vedere e sentire.
Complessivamente tutto si risolse velocemente, Higuchi inseguito e poi catturato.
Ma qualcosa stravolse la consequenzialità perfetta del piano di L.
Higuchi venne ucciso non appena arrestato e dopo aver rivelato come uccidesse.

Il quaderno.

Quello che io chiamavo libro nero, era un quaderno della morte, dove se veniva scritto il nome di qualcuno questo sarebbe morto.
<< Ma questo già lo sapevi. >> 
  Sobbalzai sentendomi disorientata qualcosa aveva parlato, mi guardai in torno, ma nel mio salone non c’era nulla.

Quando sentii il mio cuore tornare ad un battito regolare, tornai ad osservare lo schermo apatica.


Si susseguirono giorni molto lenti, tetri e silenziosi, guardavo dalla mio specchio sulla realtà tutto quello su cui L stava ragionando, comprese le regole sull’utilizzo di quell’arma letale.
Le regole di quel quaderno erano…erano semplicemente…Assurde!
Di cui una molto singolare che scagionava Light Yagami e Misa in maniera schiacciante.
Ovvero che, se loro non avessero utilizzato il quaderno e quindi ucciso prima di tredici giorni essi sarebbero morti. In cuor mio sapevo che non era così, loro avevano usato quel quaderno ed erano vivi e probabilmente, in quel momento anche coscienti di aver riavuto quel loro potere.

<< Quella regola non è mai esistita.>>  Venni svegliata di nuovo da quella voce che veniva dalla mia testa, poi riportai velocemente la mia attenzione ad L, ormai libero dal legame di catene che aveva con Light.
L, sembrò appesantito da quella lugubre atmosfera, mi parve di vederlo prendere coscienza di qualcosa, ma mi rifiutavo di concepire che cosa fosse.

<< La Morte.>>  Ancora! Ma che?!
L’ombra di quello shinigami bianco, Rem, come disse di chiamarsi e come lo chiamò Higuchi, sovrastava L, come un peso che da un momento all’altro minacciava di schiacciarlo.
Ricordo ancora che ero intenta a sentire distrattamente, come mio solito, le logiche esposte da L e le domande di tutti gli agenti e notai che Light era sempre alle spalle di L, come un traditore, pronto a pugnalarlo da un momento all’altro.

<< Giuda! >> Sentii la voce bisbigliarmi dentro.
Dovevo distrarmi, iniziaii a scrivere e scarabocchiare qualcosa su dei fogli, senza una reale ragione. Percepii una pessima sensazione, fu questione di secondi. L disse di voler testare la regola dei tredici giorni, facendo così avrebbe potuto incastrare sia Light che Misa Amane, nell’aria c’era incredulità e tensione.
<< Imprudente! Adesso sciocca guarda! Guardalo! >>

Mi voltai inorridita, d’un tratto la mia attenzione, rimasta in un letargo profondo per tutto quel tempo, si accese come un improvviso incendio sciogliendo il sicuro gelo che mi avvolgeva. Mi avvicinai con raccapriccio al televisore.
Lo Shinigami, che solo io potevo vedere senza toccare un quaderno della morte, lo vidi sparire attraversando la parete.
Il resto di quello che scorsi fu come un travolgente crollo di tutto quello che mi circondava. Le luci divennero rosse come sangue.
Wammy non rispondeva ad L dall’altro capo della comunicazione.
Ricordo che la voce di L mentre chiamava Wammy, sembrò assumere sfumature simili allo spavento, ma racchiudevano molto altro poi la sua espressione in volto divenne decisa, tagliente, guardinga e infine vendicativa.
Wammy non rispondeva più!
L’espressione del mio viso divenne di sgomento puro.
Ma quello che accade dopo fu quanto di più, tragico e doloroso io abbia mai potuto vivere in vita mia.
Tremai, tremai come non mai, per un attimo pensai che lo Shinigami stesse prendendo anche me strappandomi direttamente il cuore, perché lo sentii fermarsi.
Ma non era così, io ero ancora viva. Purtroppo.
L sdrucciolò via con la sua poltrona, perse la sua posizione, il cucchiaino scivolò dalle sue mani affusolate e cadde.
Cadeva come Lui.
Tutto davanti ai miei occhi si muoveva a rallentatore, mi sembrò possibile che il momento della sua fine potesse essere ridotto e racchiuso solo in quell’attimo, dove pensai che avrei potuto portare il tempo in dietro e permettere che non accadesse.
<< E invece tu lo hai permesso.>> Quella voce mi stata infilzando il cuore.
Fu il colmo vede Light Yagami, Kira la nemesi di L, riprenderlo prima che piombasse rovinosamente a terra, come se potesse avere una particolare cura di Lui.

<< Falso fino alla fine.>>
Il viso di L era il ritratto della sorpresa, la più brutta che la sua vita gli avesse riservato, morire tra le braccia del suo assassino, il suo sospettato numero uno.
La sorte, alle volte, non sa essere decisamente divertente.
Il mio viso era contratto dalla disperazione silenziosa, la mia bocca era aperta in una – O – ma non emettevo suoni, i miei occhi si stavano bagnando dopo molto tempo.
Presi le estremità piatte dello schermo con forza e angoscia.
Avrei dovuto esserci io al posto di Light Yagami, avrei dovuto esse io l’ultima cosa che L avrebbe visto in quell’ultimo suo misero attimo di vita.
E mentre sul volto di Kira si dipingeva il ritratto della malvagità concentrata in un’unica e sadica espressione, che nessuno tra i presenti notò, in me prese piede il vuoto.

Il buio.

La fine.

Era tutto nel mio petto.
Risuonò nella mia testa una voce, ma non quella che mi rimproverò o inflisse dolore qualche istante prima, era quella di L che mi ribadii quella sua lontana promessa: “Ti prometto che non diventerò mai freddo, Belle.”






 

Salve a tutti, scusate il mio vergognoso ritardo nella pubblicazione.
Ma ho avuto una situazione non molto bella e neanche positiva, che mi ha costretto a non poter pubblicare nei miei soliti tempi.
Meno male che già il capitolo era scritto e quindi l'ho potuto pubblicare oggi ;).
So che il capitolo sarà stato lungo e noioso, ma spero che a qualcuno piacerà.
Mi scuso ancora e ringrazio da subito chi leggerà, chi recensirà e chi inserirà la storia nelle varie sezioni, preferite, seguite e ricordate.

Baci baci dalla Ama82

   
 
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