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Autore: Tecla Sunrise    28/02/2012    6 recensioni
[...]
Lo avevano scoperto per caso.
Avevano scoperto la più grande bugia che ci fosse mai stata tra i Malandrini per una banale combinazione, per un bastardo scherzo del destino.
[...]
Emily era paralizzata: davvero, dopo sei anni, Lucy pensava quelle cose di loro? Di lei?
Gliel’aveva detto il Cappello parlante anni prima e se l’era detto per anni ed anni lei stessa: chi riusciva a far breccia nel suo cuore era destinato a restarci per sempre
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Ci sono Luci ed Ombre in ognuno di noi: emozioni sconosciute, segreti mai svelati, paure mai ammesse...
Ma si può convivere con tali sfaccettature del proprio essere? Si vuole davvero farlo?
O è più semplice nascondere tutto, seppellire le proprie emozioni ed andare avanti con la vita di tutti i giorni?
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POV alternativi di "Se una cosa può andare male, lo farà" che raccontano le due terribili settimane di prigionia dal punto di vista degli amici e dei famigliari di Lucy e Molly.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Audrey, Fred Weasley, Fred Weasley Jr, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Roxanne Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Negatività made in Weasley.'
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Luci ed Ombre

I. Ombre (Emily)



Aveva degli amici raccapriccianti.

Questo non poteva fare a meno di pensare Emily, mentre fissava disgustata le unghie di Naomi affondare nel pollo del venerdí.
Era da quando Lucy si era fatta coinvolgere in quella rissa che Emily vi rimuginava; anche se, tecnicamente, era da quando li aveva conosciuti che quel pensiero l’accompagnava, purtroppo inascoltato.
Ricordava il loro primo incontro come se fosse stato solo il giorno prima: Emily, ai tempi, era un piccolissimo scricciolo con una nuvola di capelli castani e ricci e due occhioni azzurri come il mare, gli stessi che erano stati capaci di ammaliare ben più di uno studente negli anni successivi, ed era terrorizzata all’idea di andare ad Hogwarts.
Aveva appena salutato suo padre e suo fratello, che,ahi lei, l’avrebbe raggiunta solamente l’anno dopo, e stava trotterellando verso il treno; aveva le mani sudate e non riusciva a calmarsi, nonostante le migliaia di rassicurazioni che aveva ricevuto dal padre.
Si ritrovò a sospirare: era sì agitata per via di Hogwarts, ma in realtà era triste per un solo semplice motivo, lo stesso che avvelenava ogni sua azione quotidiana.
Mancava qualcuno.
Mancava sua madre, il suo calore, i suoi abbracci – così delicati e allo stesso tempo protettivi –, il suo sorriso e i suoi occhi, di quell’azzurro ipnotico, lo stesso che sfoggiava la figlia.
Notò una chioma familiare con la coda dell’occhio e si girò, allarmata: purtroppo per lei, aveva visto bene.
Davanti a lei non vi era altri che quello spostato di James Potter; l’aveva conosciuto durante quelle interminabili cene al Ministero dove, dopo la morte della madre, suo padre l’aveva sempre trascinata.
Ricordava quelle ricorrenze come dei veri incubi: non solo era costretta a mettersi orribili e patetici vestitini, ma in più le provocavano dei pruriti insopportabili, tanto che veniva sempre paragonata ad una pianta di Tentacula Velenosa dallo zio Neville per quanto si dimenava.
Schizzò letteralmente fuori dalla portata dello tsunami vivente e tentò di salire sul treno, invano.
Dopo due o tre tentativi a vuoto sentì qualcosa – o qualcuno – sollevare sia lei che il baule e si ritrovò nel corridoio, allibita.
Si voltò a guardare il viso del suo salvatore e per poco non si strozzò: Teddy Lupin le stava di fronte in tutto il suo splendore, sorridendole gentilmente.
Emily sentì di essere sul punto di svenire: aveva sempre avuto una piccola – no, ok, grossa. Bella grossa. Enorme – cotta per il Metamorfomago; anche lui era stato notato dalla piccola Thomas durante le cene ministeriali, ma di certo poteva vantare di aver lasciato un ricordo più piacevole nel cuore dell’undicenne.
“Ciao, Emily” la salutò tranquillamente il diciannovenne, per poi farle l’occhiolino, ammiccante.
Emily riusciva a sentire chiaramente i battiti del suo cuore che si lanciavano a folle corsa verso l’infarto, ed era sicura che anche lui potesse; quello sguardo malandrino e malizioso, che solo anni dopo avrebbe imparato a conoscere così bene, n’era un’avvisaglia palese.
Arrossì come un pomodoro e fece a tempo a balbettare un ciao stentato prima che lui venisse richiamato da una voce – voce che, se in precedenza era stata associata ad un volto amico, in quel momento aveva perso tutta la sua simpatia – fuori dal vagone.
“Scusa Emily, sono desiderato. Divertiti ad Hogwarts, mi raccomando! E non studiare troppo, non fa bene alla salute” rise, ed Emily poté affermare, negli anni a venire, di non essere svenuta per puro miracolo “Oh, e mi aspetto una piccola Grifondoro!” finì, per poi darle un bacio sulla fronte e scappare via.
Se la frase alludente alla sua possibile Casa non l’avesse già traumatizzata, ci pensò quel bacio a finire l’opera: la preoccupazione di non essere una Grifondoro mista a quel saluto avrebbe destabilizzato chiunque.
Ed Emily, semplicemente, capì che sarebbe potuta morire anche in quel momento, poiché la sua vita aveva un senso, finalmente.
Ted Lupin l’aveva baciata.
A stampo.
Sulla fronte.
…Oh.
Le sembrò dannatamente patetico in quel momento, ma le importò per circa mezzo secondo.
Poi ricordò la morbidezza delle sue labbra e si diede della stupida almeno mille volte.
Valeva assolutamente la pena morire.
 

********

 
“Scusa, è libero?”
Emily alzò lo sguardo da Storia di Hogwarts – la versione aggiornata che un’amica del padre le aveva regalato – e annuì, svogliata.
Aveva setacciato tutto il treno prima di trovare uno scompartimento tutto per sé e sarebbe bastato un attimo per vanificare tutti i suoi sforzi.
Lanciò un’occhiata astiosa alla ragazza – che, tutt’intenta com’era a sollevare il baule fino alla reticella, non l’aveva vista – ed tornò alla lettura del suo tomo, sperando troppo speranzosamente di non venir interrotta ancora in futuro.
Illusa.
“Come ti chiami?” trillò la bambina seduta davanti a lei, eccitata.
Emily sbuffò, ma l’altra non diede segno di essersene accorta “Emily Thomas”
La giovane riccia era già tornata al suo libro, pronta a ricevere le solite domande: “Sei la figlia di Dean Thomas? Quel Dean Thomas? Quanto sei fortunata!”
Essere figlia di suo padre a volte poteva essere frustrante; no, anzi, poteva esserlo sempre.
Dean Thomas era uno spostato ai livelli di James Potter, solo con un lavoro e un raggio d’azione più ampio per far danni.
“Che bel nome che è Emily! Era il nome anche di una mia compagna delle elementari, ma lei era molto antipatica con me: ora che ci penso, mi tirava sempre…” cominciò a sproloquiare la bimba, come se fosse stata da sola.
Emily, che aveva sospirato di sollievo quando la bambina non le aveva chiesto nulla della sua famiglia, la guardava, allibita.
Quella moretta davanti a lei stava letteralmente vomitando fiumi – ma no, mari! Oceani – di parole, senza darle alcuna possibilità di intervenire – Godric la scampasse da tal compito – o di zittirla.
“… comunque mi chiamo Mary Naomi, Mary Naomi Sparks – Hewitt, ma puoi chiamarmi Naomi” finì sorridente, sotto chiaro effetto di sostanze dopanti.
Emily avrebbe fatto un patto con il diavolo affinché quelle sostanze si tramutassero in cianuro.
Alzò scetticamente un sopracciglio e, se fosse stata in circostanze normali, avrebbe riso sino alle lacrime di quel ridicolo nome; ma era irritata, stanca, spaventata e annoiata, quindi dovette trattenere un ringhio.
Tuttavia il cognome le suonò familiare e non riuscì fisicamente ad impedirsi di chiederle spiegazioni.
Dannata lei e la sua linguaccia senza freni.
“Sparks – Hewitt? I tuoi sono famosi?” chiese, pentendosene appena vide gli occhi della bimbetta illuminarsi di gioia.
“Sìì!” urlò, soddisfatta, trapanandole un timpano “Facciamo i migliori gelati italiani in Inghilterra!”
Ed Emily allora ebbe un flash: era a Chelsea, nella vecchia casa dei nonni, e c’era appena stato il funerale di sua madre.
Stata vagando per il marciapiede, triste e abbattuta, quando aveva visto la gelateria babbana dove la madre portava sempre lei e Matt.
Aveva sorriso, sollevata, e aveva comprato un gelato multicolore e dolce come la sua mamma.
Uno Sperkwitt, di Sparks – Hewitt & Co! *turutturu!*
Non si poteva non imparare il motto di quei gelati celestiali, lo passavano su tutti i canali babbani; e, benché il grande Dean Thomas fosse l’inventore del televisore magico – il WScreen –, non si era mai convertito ai programmi di RSN.
Sorrise alla piccola Naomi e realizzò solo in quel momento un particolare “Ma allora tu sei babbana di nascita!” esclamò, un po’ sollevata.
Almeno non sarebbe stata l’unica ad essere spaesata.
Il volto di Naomi si oscurò per la prima volta e disse, aggressiva “Non cambia nulla!”
Emily rimase un po’ perplessa da quella reazione ma sorrise, per la prima volta gentilmente “Lo so… io sono Mezzosangue”
Naomi si illuminò di nuovo, solare “Battimi ‘sto cinque, sorella!”
Le si buttò addosso a pesce ed Emily non poté fare a meno di ridere mentre la piccoletta la soffocava.
S’udì un colpetto di tosse imbarazzato ed Emily si rizzò in piedi, facendo cadere Naomi.
“Ahio!” si lamentò la Sparks, continuando a ridere e lasciandosi andare del tutto a terra.
Emily alzò gli occhi al cielo e poi rivolse l’attenzione colui che le aveva interrotte: era altissimo, magrissimo e rosso come un pomodoro.
Si tormentava gli occhiali con una mano e attendeva che Naomi smettesse di ridere, completamente a disagio.
“Sì?” s’azzardò a chiedere Emily, imbarazzata a sua volta.
La Thomas non sapeva proprio relazionarsi con i maschi, le veniva sempre un enorme groppo in gola e le gote s’infiammavano; pensò in quel momento che solo con quello squilibrato di Potter non aveva avuto mai alcun tipo d’imbarazzo e represse un gemito, scoraggiata.
Sarebbe diventata un’asociale.
Una zitella asociale.
Una racchia, zitella, secchiona asociale.
Accidenti.
“C-c’è… c-c’è p-posto qui?” chiese lo stecchino, balbettando.
Emily si limitò ad annuire mentre Naomi, nel frattempo rialzatasi, gli diede una virile pacca sulla spalla “Vieni pure, fratello!”
Il ragazzino represse una smorfia di dolore e si sedette, con dipinto sul volto il palese pentimento della sua domanda.
“Chi sei!?” lo aggredì verbalmente Naomi, esaltata, lasciando finalmente un po’ di respiro ad Emily.
La piccola Thomas riprese il suo tomo, continuando tuttavia ad ascoltare con un orecchio.
“M-mi chiamo Carlos” borbottò, impaurito.
“BELLA!” ruggì Naomi, abbracciandolo “Io sono Mary Naomi Sparks – Hewitt, ma puoi chiamarmi Naomi”
“O-ok” sussurrò Carlos, infossandosi sempre di più nel sedile, come sperando di potervi sprofondare dentro.
“Lei è Emily Thomas!” ululò allora Naomi, distruggendo i timpani dei due poveretti.
Carlos sembrò sul punto di dire qualcosa – in seguito Emily aveva scoperto che avrebbe voluto chiederle di suo padre – ma stette zitto, timoroso.
“Ma parliamo di cose serie” iniziò Naomi, riuscendo a rubarle il suo tomo. Emily s’imbronciò, offesa “In che Casa volete finire? Io ho una paura pazza dello Smistamento, ho sentito che dovremo affrontare un drago!”
Forse l’aveva capito da tono eccitato e per niente timoroso, forse da quel sinistro luccichio degli occhi – luccichio che, disgraziatamente, avrebbe imparato a conoscere molto presto. Troppo presto – o forse solo perché, dopo cinque minuti, l’aveva già bella inquadrata; fatto stava che Emily sapeva benissimo che Naomi avrebbe venduto l’anima pur di poter affrontare un drago.
Ed Emily avrebbe regalato la sua solo per potersi godere lo spettacolo.
“I-io ho senti-tito che c-ci sareb-bbe stata un… una prova d-di ast-tuzia” balbettò faticosamente Carlos, sempre molto in soggezione.
Emily alzò gli occhi al cielo e sbuffò, esasperata.
Bambini.
“Nessuno di voi ha letto ‘Storia di Hogwarts’?” sbuffò scenicamente, facendo alzare gli occhi al cielo a Naomi “Beh, io sì, e lì dice che saremo smistati da un Cappello parlante, che leggerà la nostra mente”
Naomi s’afflosciò, abbattuta “Oh.” Disse solo, strisciando un piede sul pavimento.
“M-menomale!” esclamò Carlos, attirando gli sguardi delle due; quando si rese conto di essere al centro dell’attenzione diventò viola dall’imbarazzo e borbottò parole indistinte, sperando con tutto sé stesso di essere inghiottito dal pavimento.
La maggior parte del viaggio passò molto lentamente, tra gridolini insensati ed improvvisi di Naomi, balbettii di Carlos e sbuffi scocciati di Emily.
Quando ormai l’oscurità era calata e le luci erano state accese, ricevettero una visita.
Una bambina grossa come un armadio, con dei lunghi capelli castani e due occhi azzurri, sebbene più scuri di quelli di Naomi, fece irruzione nello scompartimento, ansimando.
“Scusate, mi stanno inseguendo!” disse, buttandosi contro lo sportello e scoppiando a ridere, eccitata.
Non prestò attenzione a nessuno dei tre, continuando a tenere d’occhio la porta; dopo qualche minuto sospirò, sollevata, e si rialzò, dando un’occhiata generale agli occupanti dello scompartimento.
“Ciao! Sono Mary Naomi Sparks – Hewitt, ma puoi chiamarmi Naomi!” l’aggredì Naomi, saltandole praticamente addosso.
L’altissima bambina sorrise divertita “Mary Naomi?” chiese, scettica.
Naomi annuì gravemente e si alzò in punta di piedi; quando raggiunse la sua spalla si rassegnò a non poter andare oltre e sussurrò, confidenziale “Sospetto che i miei fossero ubriachi quando mi hanno avuto”
La mora scoppiò a ridere senza ritegno, seguita a ruota dalla piccoletta; Emily alzò un sopracciglio, esasperata: avevano trovato l’anima gemella della gelataia.
Lanciò uno sguardo di sottecchi a Carlos e non si stupì quando vide che si era ormai mimetizzato con la tappezzeria dei sedili.
“Io sono Lucy” sorrise la nuova arrivata, tendendo la mano con fare un po’ pomposo “Ma puoi chiamarmi Lucinda Francine Weasley”
Emily dovette trattenere una risatina e vide Carlos imitarla, per un attimo dimentico della sua timidezza; Lucy fece un sorrisone enorme, sedendosi poi proprio accanto ad Emily.
“E tu chi sei?” le chiese, sbattendo le palpebre per un paio di volte; Emily restò affascinata dal tic della bambina: aveva sempre avuto la passione di osservare le persone e di scoprirne i bluff e le reazioni abitudinarie.
Si chiese a cosa potesse essere collegato quel battito di palpebre accelerato: timidezza? Felicità? Curiosità?
Ancora non sapeva che avrebbe scoperto tutto sulla sua migliore amica, tranne la cosa più importante.
“Emily Thomas” disse, porgendole la manina; Lucy la ignorò come se niente fosse e sorrise “Nonno mi parla sempre di tuo padre, allora” disse, soddisfatta del suo collegamento.
Emily realizzò solo in quel momento il cognome dell’armadio fosse Weasley ed impallidì, preoccupata: che fosse come James Potter?
“Mm… wow” sussurrò, tornando al suo libro e provando ad estraniarsi dalla conversazione.
Naomi e Lucy, infatti, completamente ignare della presenza di Carlos, cominciarono a chiacchierare spensieratamente, riferendosi a vicenda le proprie aspettative sullo Smistamento.
Ben presto passarono i Prefetti delle varie Case ad incitarli ad indossare la divisa; a quel punto Lucy, resasi conto di aver completamente abbandonato i suoi amici e di avere il baule in un altro scompartimento, li salutò e scomparve nella marea di studenti che affollavano il corridoio.
Emily e Naomi, per una volta di comune accordo, sbatterono fuori Carlos con la sua divisa e si chiusero dentro per mettersi la loro; quando finalmente furono pronte, fecero rientrare il poveretto – a cui nel frattempo qualcuno aveva rotto gli occhiali – e aspettarono l’arrivo alla stazione di Hogsmeade, trepidanti.
“Dammi qua, Carlos” disse impietosita Emily quando lo vide strizzare gli occhi per l’ennesima volta.
Carlos le porse gli occhiali, rassegnato: tanto non avrebbe potuto romperli di più.
Reparo!” esclamò fieramente la piccola Thomas, sotto gli sguardi affascinati di Naomi e Carlos.
“Gr-grazie” riuscì a balbettare il povero Cortez, senza parole.
Emily, però, non rispose, completamente ipnotizzata dalla trasformazione che gli occhi di Naomi avevano subito: oramai assomigliavano a due piattini da tè e brillavano di luce propria.
“Quella. Era. Una. Magia!” urlò la Sparks, eccitata, facendo girare un paio di studenti che passavano davanti al loro scompartimento.
Emily sospirò, psicologicamente distrutta “Sì. Lo era.”
“WHOAAA!” strepitò Naomi, saltellando “Come hai fatto? Dove hai imparato? Chi ti ha insegnato? È difficile? Fanne un’altra, fanne un’altra!Ti prego! Ti prego, ti prego, ti prego!”
“Oh perdindirindina!” esclamò Emily, alzandosi e avvicinandosi all’uscita “Naomi, datti una calmata!
Naomi si arrestò, ansante e completamente invasata, e sbuffò “Sempre a togliere il divertimento, tu!”
“Ma se neanche mi conosci!” sbottò la Thomas, terrorizzata: gli occhi di Naomi erano spaventosi.
Raccapriccianti.
Naomi spalancò la bocca, indignata “Non è vero! Ti chiami Emily Thomas, sei una Mezzosangue – tra parentesi, bella per te, sorella! – sei secchiona, So-tutto-io e simpatica… cos’altro devo sapere?”
“Ma… ma…” Emily boccheggiò, basita “Io non sonosecchiona!”
Naomi alzò gli occhi al cielo e mise su un’espressione da donna vissuta che in condizioni normali avrebbe fatto piegare la piccola Thomas in due dal ridere; purtroppo, però, quelle non erano per niente condizioni normali.
“Se, come no, ed io non mi chiamo Naomi Sparks” rispose scetticamente, sedendosi accanto a Carlos; quest’ultimo, terrorizzato, si spostò con cautela nel sedile accanto, sperando di non essere tirato in mezzo.
Emily alzò le spalle “In effetti, tu ti chiami Mary Naomi Sparks – Hewitt”
“Dettagli!” esclamò Naomi; la sua voce fu talmente squillante che sia Emily che Carlos sobbalzarono, perdendo cinque anni di vita a testa.
Per fortuna in quel momento un Prefetto aprì lo sportello, interrompendo il battibecco che Naomi sembrava voler potare avanti sino ad averla vinta; Emily, essendosi appoggiata all’entrata, cadde all’indietro come un sacco di patate, finendo sui piedi del Prefetto.
Frank Paciock sorrise, benevolo, aiutando la piccola Thomas a rialzarsi; Emily, nel frattempo arrossita come un peperone, balbettò qualcosa di indistinto e barcollò nel tentativo di staccarsi al più presto dal ragazzo.
Frank Paciock era al sesto anno e si poteva definire in un solo modo: bellissimo.
Aveva due spalle larghe da nuotatore, era alto un metro e novanta e aveva due occhi verdi capaci di far sciogliere qualunque ragazza; ma la cosa che lo rendeva più attraente, tuttavia, era la tranquillità e la cortesia che sfoggiava in ogni occasione, nonostante fosse un Grifondoro.
“Siamo praticamente arrivati, lasciate pure i bauli sul treno, li ritroverete nelle vostre stanze” disse Frank, ammiccando in direzione di Naomi, che sorrideva come un’ebete e aveva gli occhi a cuoricino.
“Frank, hai fatto?” sbuffò una ragazza, comparendo nel campo visivo di Naomi come la peggiore delle megere; la Sparks storse il naso alla vista della confidenza tra i due, contrariata.
“Rilassati, Keith, non vado da nessuna parte” la canzonò Frank, placido.
Tale Keith digrignò i denti, irritata; lanciò un’occhiataccia ai tre primini e Carlos non riuscì a trattenere uno squittio spaventato.
“Primini insulsi” borbottò, guardando l’orologio e sbuffando “Ma perché la Mc ha nominato me Prefetto? Lo sanno tutti che odio i bambini”
Naomi gonfiò le guance e arrossì dalla rabbia; Emily poteva scommettere che sarebbe scoppiata nel giro di poco solo che, a differenza sua, quella Keith le avrebbe fatto il culo a strisce.
“Keith, ti prego! Sii diplomatica!” la riprese Frank, tentando in tutti i modi di nascondere un sorriso divertito.
“Se, se” borbottò Keith, prendendolo per mano “Andiamo, prima raggiungiamo la scuola e prima possiamo darci da fare”
Frank arrossì leggermente sotto lo sguardo ammirato di Carlos – che aveva un’idea ancora piuttosto confusa di cosa potesse voler dire darsi da fare –, quello indignato di Emily – che, invece, per colpa di suo padre, sapeva benissimo cosa volesse dire – e quello infuriato di Naomi, che già tramava vendetta nei confronti di quell’acida stronza la quale, ovviamente, non meritava quel cucciolone di Frank.
La coppia si dileguò con un ultimo sguardo di scuse da parte di Frank.
“Che scostumata” s’indignò Emily, shoccata: non era abituata a quel tipo di disinvoltura dal momento che lei ne era completamente priva.
Finalmente il treno si fermò e i tre, infilatisi nel fiume di studenti, riuscirono faticosamente a raggiungere Hagrid.
“Primo anno! Quelli del primo anno di qua, forza!” diceva il guardiacaccia, sovrastando con il suo vocione tutte le chiacchiere e gli schiamazzi
Emily si guardava intorno, spaesata, e ben presto, sballottata dalla miriade di giovani maghi, cadde a terra.
Sbuffò, inviperita: quella giornata stava andando di male in peggio.
“Ehi, ti serve una mano?”
Emily alzò lo sguardo, stupita che qualcuno le avesse rivolto la parola: stava facendo del suo meglio per sembrare una stronza – riuscendoci benissimo – e l’obiettivo era esattamente quello di essere lasciata in pace.
Osservò circospetta il primino che le stava gentilmente tendendo la mano e l’afferrò, titubante.
“Guarda che non mordo” continuò lui, dandole uno strattone per tirarla su.
Emily fece una risatina isterica e arrossì “Oh, er… no, sì, g-grazie”
Il bassissimo bambino la scrutò con un paio di penetranti occhi verdi e Emily sentì le sue guance avvampare.
Non era decisamente abituata a tutti quei maschi.
“Trevor, eccoti!”
La voce squillante di quell’uragano di Potter fece sobbalzare entrambi e ruppe l’incantesimo che si era creato tra i due.
Emily chiuse gli occhi, esasperata.
Non lui, ti prego, tutti ma non lui.
“Oh, Thomas! Non ti avevo visto! Che ti porta qua?” chiese James, gongolando come un perfetto idiota.
Emily si spiaccicò una mano sulla fronte, disperata “Cosa potrebbe mai portarmi qui, Potter? Fa’ uno sforzo, vedrai che presto tutto ti sarà chiaro”
Trevor rise alla sua battuta ed Emily non poté fare a meno di gonfiare il petto, orgogliosa di sé stessa.
Gli occhi di James s’illuminarono “Ma per Hogwarts, è ovvio!” urlò, distruggendo un timpano alla povera bimba.
“Voglio morire” sussurrò quest’ultima, prima che tutti e tre raggiungessero le barchette.
Emily, suo malgrado, finì nella stessa barca di James, Lucy e di un altro ragazzo che non aveva mai visto, ma che suppose essere l’ennesimo Weasley per via dei capelli rossi.
Si maledì per non aver protestato abbastanza quando le barche presero il largo e i tre dannati cominciarono a sporgersi e a dondolarsi come poppanti.
“Attenti alla piovra gigante!” ululò Hagrid da due barchette davanti a loro ed Emily si sentì morire; fece appena in tempo a scorgere gli sguardi eccitati dei tre prima che si sporgessero tutti da un lato, lasciandole l’ingrato compito di bilanciare la precaria imbarcazione.
“Ragazzi!” urlò, disperata, ma nessuno dei tre le prestò attenzione.
“Dici che riusciamo a vederla?” chiese Lucy, sfiorando il lago con la punta del naso tanto era vicina.
James e Freddie si lanciarono uno sguardo d’intesa che preoccupò parecchio la giovane Thomas e ghignarono, malandrini.
“Io dico…” cominciò James, divertito.
“Che se qualcuno non va da lei non la vedremo mai” finì Freddie, facendo per spingere Lucy.
La ragazza urlò, allarmata, ma prima di finire nel lago afferrò la divisa di Freddie e ringhiò, feroce.
“SE CADO, TU CADI CON ME!” ululò, tirandosi dietro un Freddie urlante.
La barca, subendo il contraccolpo del peso perso, oscillò pericolosamente, facendo venire la nausea a Emily.
James, nel frattempo piegato dal ridere, non diede segno di essere preoccupato per la sorte dei suoi cugini e si passò una mano tra i capelli, esilarato.
“HAGRID!” urlò allora Emily, attirando l’attenzione di tutti i primini “Sono caduti nel lago!”
Lucy e Freddie emersero proprio in quel momento, sputacchiando.
“SEI UN IDIOTA” ruggì Lucy, cominciando a schizzare il cugino e tutti gli studenti vicini.
“Ah! Arf… coff Lucy! D-dai, un piccolo… coff coff… scherzo innocente!”
Hagrid alzò gli occhi al cielo e sbuffò, divertito “Andiamo, andiamo! Piccoli Weasley, state un po’ fermi”
Lucy riuscì a fare un’ultima linguaccia a Freddie prima di essere sollevata dal Mezzogigante ed essere praticamente lanciata nella barchetta, che ormai sembrava una montagna russa.
“Ahio!” sbottò, irritata; due secondi dopo la raggiunse anche Freddie, gemendo di dolore quando venne a contatto con il legno della barca.
“Prendete, oppure c’avrete freddo” disse il professore, comprendoni entrambi con il suo enorme pastrano; appena la sua barchetta ritornò in testa sia Lucy che Freddie cominciarono a ravanare ne cappotto, in cerca di qualcosa.
“Ehi, guarda questo” disse Freddie, mostrando una specie di papera di gomma.
Lucy non lo degnò di uno sguardo, ancora inviperita dalla caduta, mentre James e Emily si sporsero, curiosi.
Emily s’illuminò, tronfia “So io cos’è! È un gommone!”
James, Freddie e Lucy la guardarono, straniti.
“Cosa?” chiese quest’ultima, dando voce ai pensieri dei suoi cugini.
Emily si strinse le spalle “Ma sì, un gommone… se schiacciate il tasto che c’è e siete i proprietari della papera quella si trasforma in un gommone, per una rapida fuga alla babbana”
“E tu come fai a saperlo?” chiese a sua volta Freddie, sbalordito; nel frattempo James aveva tentato di schiacciare il pulsantino ma Lucy, fulminea, gliel’aveva strappata di mano.
“Abbiamo già fatto abbastanza casino, Jimmy… conserviamola per un’altra occasione”
I tre si guardarono e si sorrisero, complici; Emily si sentì improvvisamente sola, nonostante non volesse essere loro amica.
In quel momento le barche attraccarono ed Emily fu impossibilitata a rimuginare ancora su quei pensieri malinconici, distratta dalla maestosità del castello.
Nel giro di pochi minuti avevano raggiunto l’entrata della Sala Grande ed erano stati accolti da Neville, che aveva sorriso rassicurante ad ognuno di loro.
“Bene… ci siamo tutti? Ok, andiamo!”
Quelle furono le ultime parole che udì Emily prima che tutta la sua vita giungesse ad un bivio: in qualunque Casa fosse finita quella sera, sarebbe stata la sua per sette lunghi anni e l’avrebbe accolta.
Sospirò, inciampando, ma riuscì comunque a non cadere; si accorse di essere stata raggiunta da una Naomi euforica e tremate e sorrise internamente: aveva paura che avrebbe passato altro tempo con quello scricciolo scatenato.
Emily si ricordava ancora la canzoncina che il Cappello aveva recitato quell’anno e l’adorava, nonostante fosse una delle più fiacche.
 
Su tutti questi anni
Una cosa sola ho da dire:
la storia va avanti
ma si ripete sino a sfinire.
Quattro Case dividono
Una scuola e una casa per molto:
Serpeverde, Corvonero,
Tassorosso e Grifondoro.
I primi per acume e ambizione
Brillano con infinito fulgore;
dimora di furbi e calcolatori
nella quale vige rispetto a priori.
Intelligenza e sapienza premiate sono
In Corvonero, dove tutti vivono
Con lustro,  prontezza e ardori
Sfoggiando inarrivabili doni
Tra i Tassi si può trovare
Solo gente pura e leale;
i buoni, i dolci, i gentili
Tosca voleva tutti vicini
E infine la mitica Grifondoro
culla di coraggiosi e di tutti coloro
che sfidano il fato tra mille pericoli,
Eh, sì, son cuor di leoni e spiriti liberi;
Ma ahimè, l’ingrato compito ho
E tutti quanti smistarvi dovrò.
Un piccolo monito vi torni in mente:
la divisione non è permanente.
 
Anzi, a ripensarci a distanza di anni, quella era stata una delle peggiori in assoluto.
Il primo nome che la piccola Thomas ricordava di aver riconosciuto era stato quello di Carlos che, dopo molti balbettii ed esitazioni, venne smistato in una sorridente Corvonero.
“Robert Fox” fu un altro che nome che attirò la sua attenzione e se avesse saputo perché non si sarebbe fatta problemi a lanciargli un Avada Kedavra.
Vide il biondino sedersi sullo sgabello ed essere smistato in Serpeverde pochi secondi dopo; storse il naso, contrariata: non l’avrebbe mai ammesso, ma aveva una paura folle di finire anche lei in quella Casa.
“Jared Jordan” disse Neville, sorridendo gentilmente.
Dalla folla di primini uscì titubante un bambino di colore che Naomi avrebbe definito in seguito alto un metro e tanta voglia di crescere.
Si sedette emozionato sullo sgabello e il Cappello, dopo due minuti di considerazioni, lo spedì tra i  Grifoni, che esplosero in un’ovazione per il loro primo nuovo studente.
“James Potter” continuò a chiamare Neville, con un sorriso saputo sulle labbra.
L’uragano Potter saltellò sino allo sgabello, salutando parenti a destra e a manca; dopo neanche un minuto i Grifondoro poterono annoverare anche lui nelle loro file.
“Mary Naomi Sparks – Hewitt”
Emily sentì la sua mano venir stretta in una morsa e concesse alla piccola Naomi un sorriso incoraggiante, prima che quella corresse dritta contro lo sgabello.
“GRIFONDORO!” urlò il cappello e Naomi sorrise, illuminando tutta l’area circostante; si grattò un orecchio ed Emily si ripromise di scoprire cosa significasse quel tic.
“Emily Thomas”
Emily sentì i battiti del suo cuore partire a razzo ed arrossì, tentando in tutti i modi di raggiungere lo sgabello senza inciampare; per qualche miracolo divino ce la fece e quando il Cappello le coprì la visuale non poté fare a meno di rilassarsi.
Ahhhh!
Emily sobbalzò: si aspettava la voce del Cappello, ma non riuscì ad evitare di spaventarsi.
B-buonasera, Signor Cappello.
Chi abbiamo qui? Thomas, Thomas… ricordo tuo padre. Un tipo divertente, se devo dire la mia.
Oh, beh… sì, lui… fa ridere tanta gente.
Ahhh! Che cosa non vedo in te! Voglia di emergere, di far valere la propria opinione… mmm, però c’è anche uno spiccato senso della giustizia e della lealtà: non è facile entrare nel tuo cuore, ma chi riesce difficilmente ne esce.
Emily arrossì e si limitò ad attendere il giudizio, sperando di non dover scrivere niente di imbarazzante o deludente a suo padre.
Ma dove ti colloco? L’intelligenza che possiedi è molto grande, così come la tua ambizione e la tua lealtà: Corvonero, Serpeverde o Grifondoro?
Escludo a priori Tassorosso per il semplice motivo che non sei né gentile né buona: sei un po’ una stronzetta, in effetti.
Cosa?!
Emily era sconcertata: mai – MAI – si sarebbe aspettata un simile linguaggio dal Cappello.
I tempi cambiano ed io mi adeguo, Emily… allora, torniamo a noi: direi no anche a Serpeverde, sei negata a mentire.
Hey!
Mmmm… Corvonero o Grifondoro? Che scelta difficile… tu e la Granger siete due veri ossi duri.
Emily strabuzzò gli occhi: l’aveva davvero appena paragonata alla più grande eroina del Mondo Magico?
Non ti esaltare, zucchero: siete entrambe molto pedanti e saccenti, tutto qui… allora, stavo dicendo…
Emily non sapeva se doversi considerare offesa o lusingata, così stette zitta.
In fondo… sì, per non parlare delle regole che non vedi l’ora di infrangere…
Non è vero!
Emily, non offendere la mia intelligenza: io ti leggo nel pensiero e il tuo subconscio non vede l’ora di smettere quest’aria da studentessa diligente, quindi sì… direi…
“GRIFONDORO!”
Ed Emily, mentre si avvicinava a quello che sarebbe stato il suo tavolo per i successivi sette anni, sentì che non se ne sarebbe pentita, nonostante non fosse dipeso dalla sua volontà.
Le era bastato guardare gli occhi illuminati di Naomi e lo sguardo buffo e arrogate di James, osservare il tic di Lucy e la gentilezza di Trevor e ridere dell’altezza di Jared e dei capelli di Roxanne e Freddie per capire che, finalmente, aveva trovato a chi e a che cosa appartenere.
Ma quando, durante la lite – l’ennesima – di Naomi e Freddie, vide gli occhi azzurri di Lucy, si sentì morire: avrebbe fatto qualunque cosa per la sua migliore amica, avrebbe affrontato draghi, verifiche, anche la morte, se necessario, perché la conosceva, perché le voleva un bene dell’anima e perché l’aveva sempre adorata.
Avrebbe fatto di tutto per lei per un solo semplice motivo: si fidava ciecamente.
Peccato che la sua migliore amica le avesse nascosto la sua parte più importante senza fare una piega, vivendo sei anni di menzogne e ferendola come mai prima.
 

*******

 
Lo avevano scoperto per caso.
Avevano scoperto la più grande bugia che ci fosse mai stata tra i Malandrini per una banale combinazione, per un bastardo scherzo del destino.
Il risveglio di Lucy era stato traumatico per ognuno di loro: vedere la loro amica piangere disperatamente tra le braccia di Molly li aveva scossi e sconcertati.
Lucy non piangeva, Lucy non si mostrava debole, Lucy non era debole: Emily ricordava di averla vista piangere solo in occasione della morte della sua nonna materna; le uniche altre lacrime che la Weasley si era lasciata scappare davanti a loro erano state di gioia, di dolore fisico o di divertimento, ma mai di tristezza o di disperazione.
Ciò che li aveva sconvolti ancora di più, però, era stato vedere la reazione di Hugo: aveva cominciato a piangere anche lui e poi, dopo aver lanciato uno sguardo di puro e genuino odio a Fox, era corso via e nessuno l’aveva visto per l’intera settimana.
Si supponeva si fosse rintanato nella Stanza delle Necessità visto che nessuno riusciva più ad usarla.
Emily, Naomi, JJ e Trevor avevano tentato in tutti i modi di coinvolgere Freddie, Roxanne e James nelle loro supposizioni, ma i tre si erano rivelati freddi, scostanti e diffidenti; così avevano formulato ipotesi, congetture che non stavano né in cielo, né in terra, ma ancora erano lontani anni luce dalla soluzione.
Ma a mali estremi, estremi rimedi, e tutti sanno che, per il bene comune, è necessario che nessun Malandrino possa mai arrivare ad usare i suoi mezzi per porre rimedi estremi.
Così avevano fatto… ecco, come dire, scivolare nel succo di zucca mattutino dei cugini tre gocce di Veritaserum preso dalle scorte personali di Emily stessa e li avevano braccati sino a rinchiuderli nella camera dei ragazzi.
“Allora, che diavolo sta succedendo a Lucy?” partì in quarta Naomi, mettendo le mani ai lati della sedia sulla quale Freddie era legato, così come i suoi cugini: non potevano correre il rischio di sprecare quell’occasione.
Freddie si sforzò tanto che divenne tutto rosso, ma alla fine dovette cedere alla pozione “è… è profondamente scossa”
“Perché?” s’intromise JJ, facendo la stessa operazione su Roxanne; quella ringhiò, incazzata come una iena “Non provocarmi, JJ! Appena mi libererò ve la farò pagare talmente cara che…”
“Perché?” disse a sua volta Emily, interrompendo le minacce di Roxanne.
La rossa boccheggiò, tentando disperatamente di trovare una via d’uscita “Per ciò che vede” disse allora, sul punto di piangere dalla rabbia.
“Cosa vede?” sussurrò Trevor, zittendo ogni protesta: tale era la preoccupazione intrisa in quelle parole che tutti trattennero il respiro.
Quello era il tono che volevano usare tutti, ma nessuno aveva voglia di farsi vedere così fragile; quello era il tono di chi ama, di chi si preoccupa, di chi ha la paura – il terrore – che possa succedere qualcosa di brutto a colui al quale si vuole bene; quello era il tono di Trevor, e bastarono quelle due parole per far scoppiare tutto.
Quella bolla di rabbia, gelosia e sospetto che era calata sui Malandrini esplose, lasciando spazio solo al profondo smarrimento e alla grande preoccupazione che ognuno di loro stava provando.
“Non… non lo sappiamo, non ce lo vuole dire” disse James, parlando per la prima volta.
“Ma…” iniziò Emily, titubante “Com’è che le vede queste cose? In sogno?”
Fece in tempo a vedere le lacrime di Roxanne fare capolino dai suoi occhi prima che la ragazza urlasse, frustrata “No! No, non è… gius-… to!”
Tutti e tre si stavano sforzando tantissimo ma il primo a cedere fu Freddie, che sospirò, stanco “Molto brava, Emily. Ancora una volta hai fatto la domanda che ha c’entrato il punto! Dieci punti a Grifondoro”
Emily era allibita, così come JJ e Naomi: Freddie non si era mai rivolto con così tanta cattiveria a nessuno, men che meno a loro.
“Lucy vede il futuro e ci dev’essere una visione che l’ha sconvolta”
Emily sentì le sue gambe tremare improvvisamente, mentre la gravità della questione la investiva come una macchina da corsa.
Sentì vagamente le risate scettiche di Naomi e vide di sfuggita lo sguardo ferito di JJ ma non poté fare a meno dello sguardo imperturbabile che Trevor aveva assunto: era la sua classica tattica di difesa, mostrarsi indifferente per non far capire il suo reale coinvolgimento; probabilmente pensava di essersi già lasciato andare abbastanza con la domanda di prima.
Emily, tuttavia, non riuscì a stare concentrata su di lui per più di un minuto: le immagini di Lucy, flash di vita passata, la invadevano, facendole girare la testa.
“E’… è per questo che sviene?” chiese ad un certo punto JJ, snebbiando la mente di Emily, che si fece attenta.
E, quando vide James annuire, le si spezzò il cuore: tutte le volte che l’aveva vista svenire, pensando che fosse solo pressione bassa, tutte le volte che Lucy aveva minimizzato la cosa, mentendo senza colpo ferire, tutti i segreti, i sotterfugi e le bugie che avevano messo in atto…
“PERCHE’?” urlò, senza rendersi conto di stare piangendo “PERCHE’ NON CE L’HA MAI DETTO?!”
Roxanne scosse la testa, a sua volta in lacrime, e fu James a rispondere “Credo… avesse paura di una vostra reazione”
Emily sbuffò, sarcastica.
Sentiva una strana sensazione dentro di lei, doveva essere rabbia mista a delusione con l’aggiunta di un pizzico di orgoglio… qualunque cosa fosse, stava per scoppiare.
Si sentiva cattiva, voleva essere cattiva, voleva ferire come lei era stata ferita, deludere e irridere come Lucy – Lucy! La sua Lucy! La sua migliore amica – aveva fatto, calpestando il suo cuore e i suoi sentimenti.
“Ovviamente” sputò, feroce “Se Lucy Weasley non fa la regina del melodramma, non può vivere”
“Emily!” esclamò Roxanne, scandalizzata.
Emily non si stupì di notare che, a differenza della rossa, Naomi aveva annuito impercettibilmente.
“Di cosa avrebbe dovuto aver paura, eh?” continuò, sempre più decisa a sfogarsi sino in fondo “Che la additassimo come mostro?! EH?! Quando mai uno di noi sarebbe capace di fare una cosa simile?!”
Roxanne chiuse gli occhi, disperata, mentre Freddie e James la guardavano, incazzati neri.
“Perché voi lo sapevate?” chiese allora, centrando ancora una volta il punto della questione.
Trevor, nel frattempo, si era seduto su un letto e fissava il vuoto; per una volta Emily non lo cercò con lo sguardo: era una cosa troppo importante.
“Siamo i suoi cugini” ribatté pronto Freddie e la sua voce fu come una doccia gelata per JJ, Naomi ed Emily.
“Cugini…” sussurrò Naomi, con la bocca spalancata dall’indignazione.
“E ALLORA COSA SARESTE? AMICI DI PRIMA CLASSE?” urlò ancora Emily, incapace di trattenersi; anni di piccoli gesti, di taciti accordi e occhiate d’intesa avevano insinuato il seme della gelosia nei Malandrini non appartenenti alla famiglia Weasley.
“SIAMO LA SUA FAMIGLIA!” gridò Freddie, guardandola duramente “E in una famiglia ci si sostiene nelle scelte reciproche! E se Lucy ha scelto di non dirvelo sicuramente ci dev’essere stato un motivo, non credete? Forse siete davvero amici secondari, anzi, lo siete e basta: proprio adesso che Lucy ha bisogno di voi, le voltate le spalle, considerandola una stronza che non vi ha dato fiducia. Beh, non la meritavate!”
Emily era paralizzata: davvero, dopo sei anni, Lucy pensava quelle cose di loro? Di lei?
Gliel’aveva detto il Cappello parlante anni prima e se l’era detto per anni ed anni lei stessa: chi riusciva a far breccia nel suo cuore era destinato a restarci per sempre.
Lucy, come tutti i Malandrini, aveva un posto d’onore: non sarebbe bastato neanche sapere che si fosse rivelata un’assassina.
Per lei ci sarebbe sempre stato un posto nel suo cuore, qualunque cosa fosse potuta accadere.
L’aveva detto e ripetuto a tutte quante e Lucy sembrava aver capito: perché allora non le aveva detto il suo segreto? Aveva veramente paura che potesse dirlo in giro o, peggio, che l’allontanasse?
Si sentiva stanca, Emily.
Tutta la sua voglia di far del male era scomparsa, lasciando al suo posto un vuoto incolmabile, fino a quel momento pieno di bugie e di cose non dette.
Sentì a mala pena Naomi e JJ scagliarsi su Freddie per ribattere alle sue accuse, vide per caso Trevor osservarla, circospetto, e non sentì per nulla l’impatto con il pavimento.
E poi, il buio.
 

*******

 
Si era svegliata con un mal di testa allucinante e una gran voglia di menare le mani, ma si era trattenuta.
Doveva riuscire a chiarire con Lucy.
E adesso che ce l’aveva davanti non sapeva più che cosa dire: la rabbia la stava sopraffacendo di nuovo; non era una cosa a cui era abituata, tutta quella furia.
Emily aveva dei picchi di stronzaggine, ma non si arrabbiava mai veramente, allo stesso modo in cui Lucy non piangeva quasi mai.
“Dovremmo affrontare l’argomento, prima o poi” disse allora Trevor, puntando i suoi magnetici occhi verdi su Lucy.
La Weasley era chiaramente spaesata e stava tentando in tutti i modi di capire cosa si fosse persa, ma Emily non provò alcuna pietà: era troppo arrabbiata.
Emily sbuffò e scagliare un Muffliato sopra le loro teste: non era proprio il caso che qualcuno li ascoltasse.
“Di che diavolo parli, Trey? Perché ho la sensazione di essermi persa un paio di passaggi?” chiese Lucy, battendo due volte più velocemente le palpebre.
Emily provò una fitta al cuore non appena riconobbe il tic: ci aveva messo due anni per capire che era dovuto al nervosismo, incredula che Lucy fosse potuta essere nervosa quando si era presentata loro.
Trevor restò impassibile “Noi sappiamo tutto, Lucy”
“Tutto cosa?” chiese, tremante, cercando aiuto negli sguardi dei suoi amici: Emily e JJ la guardarono accusatori, mentre James e Rox colpevoli.
“Che vedi il futuro. Ecco cosa, Lucy” disse Trevor con la sua classica voce profonda.
Il mondo si fermò e Emily capì che era arrivato il momento della verità: finalmente avrebbe scoperto per quale motivo a sua migliore amica le aveva mentito per sei anni senza farsi alcun problema.
“Come cazzo hai potuto pensare di non dircelo?” esclamò JJ, ferito.
“Godric, se ancora ci penso mi prudono le mani!” lo seguì a ruota Emily, completamente fuori di sé: era furibonda, respirava pesantemente e la bacchetta nella sua borsa sparava scintille rosse.
Emily fece per parlare ancora quando Lucy s’alzò di scatto e corse via; fece per seguirla, ma la mano di Trevor la fermò.
“Lasciale tempo” sussurrò, deluso quasi quanto lei.
Emily si risedette, amareggiata, e tentò di mandare giù qualcosa, senza risultato.
 

*******

 
“Dove cazzo è finita? Perché non è venuta a dormire in camera? Dobbiamo andare a cercarla!”
Roxanne era fuori di sé ed Emily, benché tentasse di darsi un contegno, era sulla sua stessa lunghezza d’onda.
“Datti una calmata, Rox!” esclamò Naomi, preoccupata anche lei ma decisa a non farlo vedere.
“CALMATA? TU NON HAI VISTO COME L’HANNO TRATTATA IERI SERA! TI AVVERTO, EMILY, SE SI E’ BUTTATA DALLA TORRE DI ASTRONOMIA, TI UCCIDO!”
“Andiamo a cercarla invece di recriminare” sbottò Emily, consapevole di quanto la rossa avesse ragione.
Setacciarono tutta Hogwarts per tutta la mattina – per fortuna era sabato – ma di Lucy non c’era alcuna traccia e, come lei, anche Molly era sparita.
L’avevano scoperto per caso, incrociando Nott, Darren e la Zabini al terzo piano.
“Voi sapete dove potrebbero essere andate?” chiese Naomi ad Hilda ed Andrew, mentre Sam era impegnato a tentare di chiamarla sul Maphone.
“Beh… ieri Molly mi aveva detto di avere un appuntamento con Fox e quando Lucy l’ha saputo è schizzata via come se dalla sua velocità dipendesse la salvezza del mondo”
Emily vide Roxanne pietrificarsi e, come lei, Nott ebbe la stessa reazione.
“Fox? Ha-hai detto Fox?” riuscì a chiedere Roxanne, disperata.
Hilda annuì “Scusatemi, me lo sono ricordato solo ora”
Rox fece un paio di respiri profondi per trattenere le lacrime e emise un verso di gutturale disperazione, prima di lanciarsi a folle velocità verso lo studio di Neville.
Emily e Naomi, così come i tre Serpeverdi, la seguirono, allibiti, finchè lei non si fermò.
“Ci serve Hugo, a tutti i costi” borbottò.
Si voltò verso Emily, che annuì, prima di correre verso la stanza delle Necessità.
Qualunque cosa fosse successa, se c’era bisogno di Hugo e di Neville era seria.
Troppo seria.
 


N/A
Tadaaan! Ecco il primo Pov: l’ho scritto in terza persona per via dei ricordi, che non sapevo come altro rendere.
C’è un piccolo missing moment e la scoperta del potere di Lucy: ho paura di essere stata troppo pesante, ma la verità è che Emily, di fondo, è una persona molto insicura e sapere che Lucy non la considera degna del suo segreto la distrugge, tanto che sviene per via di tutte le emozioni contrastanti. Forse è poco verosimile, ma io credo che ad Emily – persona veramente molto emotiva – non faticherebbe a succedere.
Spero abbiate apprezzato!
Besossss
Tecla
 
p.s. non l’ho riletto, abbiate pietà! <3

  
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