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Autore: IoNarrante    04/03/2012    2 recensioni
OS arrivata prima al contest Albus Severus Potter's Contest indetto da Fight.
Una sorta di Missing Moment di un'ipotetica long che ha protagonisti Albus e Scorpius, e un nemico che è molto vicino ai Malfoy.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Albus Severus Potter/Scorpius Malfoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'A crazy little magic'
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Nick:
IoNarrante
Titolo: Un destino scritto nel sangue
Pacchetto: Tana
Genere: Azione, Romantico
Frase utilizzata: "Potrai anche fuggire, scappare dall'altra parte del mondo, o persino ucciderci se lo desideri, ma noi resteremo sempre e comunque la tua famiglia, non dimenticarlo."
Avvertimenti: nessuno


Un destino scritto nel sangue

Betata da nes_sie
OS partecipante al contest Albus Severus Potter's Contest

Albus non era mai stato in quella parte dell’enorme villa dei Malfoy, anzi, in tutta la sua giovane vita, gli unici sotterranei che aveva visto erano quelli del castello di Hogwarts, dove c’erano i dormitori della sua Casa. Se avesse immaginato che quella notte, dopo essere uscito di nascosto dalla Scuola ed essersi diretto a Nord attraverso la brughiera, sarebbe finito a percorrere un lungo corridoio male illuminato e umido fin quasi ad avere le gambe indolenzite, forse avrebbe dato retta a quello che Violet gli aveva detto.
Stai attento, Al. Credo che questi uomini progettino qualcosa più grande di quello che immagini tu.
Già, forse la sua migliore amica non aveva avuto tutti i torti avvertendolo e Albus si diede mentalmente dell’ingenuo per aver anche solo creduto di poter affrontare tutta quella situazione da solo. Violet Amanda Parkinson gli voleva bene, nonostante stentasse a esprimere emozioni umane, salvo il rispetto e l’adorazione quasi morbosa per i suoi libri di testo. Quella stessa notte, però, quando si era coricato esausto dopo la lunga giornata da Prefetto, aveva avuto, come un sogno rivelatore, un’illuminazione improvvisa o, come la chiamavano i babbani, un’epifania. Tutti i tasselli che aveva faticato ad accumulare nella sua testa, dapprima confusi e ingarbugliati, si erano stesi davanti ai suoi occhi chiusi, inermi, pronti ad essere ricomposti nel verso giusto.
E così, allo scoccare della mezzanotte, quasi come se Albus fosse il protagonista di una di quelle fiabe che gli raccontava suo padre da bambino, si era destato di soprassalto nel grande letto a baldacchino, rischiando di svegliare anche Scorpius che dormiva placido accanto a lui, e finalmente aveva capito. Non poteva che essere Quello l’oggetto tanto desiderato dallo strano individuo che Al aveva visto nella baracca abbandonata sulla riva Est del Lago Nero.
Sì, doveva ammetterlo, non era la prima volta che sgattaiolava fuori da Hogwarts, ma grazie a tutti i passaggi segreti che gli aveva insegnato suo fratello James, ormai il coprifuoco era una pura formalità per i Potter. Quella notte la ricordava bene, si era allontanato insieme a Sy per andare a sincerarsi delle condizioni di Earl, un pulcino di Augurey[1] cui badava per conto di Hagrid e di cui si serviva per ampliare le sue conoscenze come Ornitologo Magico, ma non appena avevano superato la capanna del guardiacaccia, un’ombra aveva distratto l’attenzione di Albus. Il resto era venuto da sé, attraverso le sue insistenze e i borbottii di risposta di Scorpius, che non ne voleva sapere di seguire il sospettato.
Jebediah Phelms, un nome che Al non avrebbe facilmente dimenticato.
Dal giorno in cui lo aveva sorpreso a rovistare nell’ufficio della Preside Minerva McGranitt, Albus non lo aveva più perso d’occhio. Checché gli altri dicessero che lui era un ragazzino ingenuo, dolce, sensibile, un perfetto migliore amico, non erano mai venuti a contatto con la vera natura del secondogenito dei Potter.
Sherlo Pomps[2] gli avrebbe lustrato le scarpe, come soleva dire suo nonno Arthur.
Una mano fredda e ossuta continuava a spingerlo nel sudicio corridoio e Albus avvertì distintamente quel pungente odore di fognatura caratteristico del magonò infiltratosi come aiutante di Mastro Gazza. Era insopportabile, quasi nauseabondo, ma i conati passarono quando raggiunsero una massiccia porta di legno con le inferriate. Jebediah spinse Al all’interno di una stanza umida e muffa, poi gli richiuse la porta alle spalle, lasciandolo al buio e senza la sua bacchetta.
«Dove mi trovo?» chiese, livido di rabbia nonostante sapesse già la risposta.
Il magonò si avvicinò alle sbarre e soffiò una zaffata di alito pestilenziale addosso ad Albus che indietreggiò. «Si può dire che sei a casa tua, piccolo ficcanaso» sghignazzò prima di andarsene e lasciarlo solo con i suoi pensieri.
La luce della fiaccola si allontanò, diventando un piccolo puntino tremolante nell’oscurità che avvolgeva il giovane Potter. Quella parte della Villa non gli era mai stata mostrata. Lui e Scorpius avevano tentato in tutti i modi di accedervi da bambini, ma Astoria e Narcissa erano state irremovibili. Le segrete erano state chiuse accuratamente a chiave e dimenticate, ma mai Albus avrebbe pensato di visitarle da prigioniero.
Rimase a fissare il buio del corridoio attraverso la feritoia, stringendo forte le mani attorno alle sbarre fino a far diventare le nocche bianche, poi si lasciò andare sul pavimento, scivolando di schiena sul legno della porta. Rannicchiò le ginocchia al petto e intrecciò le dita nei capelli, scompigliandoli più del dovuto. Perché non aveva pensato prima di agire? Era sempre stato un tipo impulsivo, d’accordo, era una caratteristica ereditata dal ramo Weasley della famiglia, ma non era di certo stupido.
Ti sei lasciato abbindolare, fratellino. Le parole di James risuonavano nella sua testa, rimbalzando sulle pareti del cranio ed era come se suo fratello maggiore fosse lì con lui a ricordargli i suoi fallimenti.
È tutta colpa dei Malfoy, è sempre stata colpa loro.
Doveva farlo stare zitto, immediatamente, prima che la voce di James lo portasse sull’orlo della pazzia. Tutti odiavano quella famiglia e da quando la Seconda Guerra Magica si era conclusa con la sconfitta di Voldemort, quel sentimento si era intensificato. Nonostante Draco avesse collaborato con il Ministero, così come Lucius, c’era ancora troppo da dimenticare perché le cose si risolvessero con una semplice stretta di mano. Albus lo sapeva. Gli era bastato assistere al giorno dello smistamento, quando Scorpius si era seduto sullo sgabello per dare una veloce occhiata agli sguardi di disprezzo che gli altri studenti gli rivolgevano. Ricordava quel giorno come se fosse ieri, ancora gli si stringeva il cuore ripensando all’espressione fiera che ostentava Sy, nonostante sapesse di essere odiato da tutta la scuola.
Forse era stato proprio in quell’istante che si era innamorato di lui, anche se gli ci erano voluti anni per convincersene.
Arrossì quasi senza pensarci e si diede subito dello sciocco, perché quello non era né il momento né il luogo per pensare a certe cose, a certi ricordi di un certo ballo per la Vigilia di Natale. Non avrebbe mai creduto che dietro quel volto sempre serio e quell’aria solitaria si nascondesse qualcuno capace di fare tanto e di dare forse ancora di più. Avrebbe dovuto ringraziare Lily per questo, senza di lei Albus non avrebbe mai aperto gli occhi.
Alzò lo sguardo dal pavimento sudicio su cui era seduto e scoprì che si era già abituato al buio. Sfiorò con le dita la parete e rabbrividì quando la percepì viscida e muffosa. Chissà da quanto tempo quella specie di cantina era deserta e lui aveva avuto l’onore di inaugurarla. Era umido lì dentro e il freddo pian piano penetrava attraverso il maglione targato Weasley che nonna Molly gli aveva spedito per Natale. Albus si strinse forte contro la lana che gli pizzicava le braccia, mentre cominciò a passeggiare all’interno della stanza, sperando di trovare qualsiasi cosa gli permettesse di fuggire da lì.
Il suo pensiero, però, tornò quasi subito a Hogwarts, in un grande letto a baldacchino in cui soleva rintanarsi nelle notti più fredde. Chissà se Scorpius si era accorto della sua assenza. Pregò con tutto il cuore di no, perché era più che sicuro che lo avrebbe cercato in lungo e in largo, setacciando il castello palmo a palmo. Si fece forza e cominciò a cercare una sporgenza, un mattone allentato, qualsiasi cosa gli suggerisse che esisteva la possibilità di una via di fuga. Iniziò con l’allentare i cardini della porta, ma erano troppo arrugginiti per poter farci forza. Fece scivolare le dita sulla parete sudicia, trattenendosi dall’urlare come una femminuccia, ma i mattoni scuri e porosi sembravano essere saldamente ancorati l’uno all’altro, così un senso di sconfitta cominciò ad accucciarsi attorno al cuore di Albus, pronto a opprimerlo. Quando aveva cominciato a indagare attorno a Jebediah Phelms non si era minimamente posto il problema che forse, al contrario di tutti i racconti eroici con cui era cresciuto, non c’era sempre un lieto fine. Magari quella storia era destinata a finire nel peggiore dei modi e Albus riuscì a pensare solamente al bene di Sy.
Lui non avrebbe dovuto essere lì, assolutamente.
Al non sapeva ancora fino a che punto fossero coinvolti i Malfoy in quella losca storia, ma il suo cuore gli diceva di star sicuro che Scorpius non ne sapeva niente. Aveva imparato a conoscerlo in questi anni, a indovinare le sue passioni e le sue paure, non avrebbe mai potuto essere coinvolto. Inoltre, aveva visto chi c’era veramente dietro a tutto quello.
Non avrebbe mai dimenticato quegli occhi.
Un rumore di passi lo distrasse dai suoi pensieri ingarbugliati così puntò lo sguardo sul buio soffitto chiedendosi a chi appartenesse quella camminata frettolosa. C’era fermento al piano di sopra e Al si sentiva inquieto, era come se avesse una stranissima sensazione addosso, fin sotto la pelle, e l’ultima volta che gli era capitato James era finito al San Mungo con quattro costole rotte. Si torturò il lembo del maglione di lana dura che nonna Molly gli aveva regalato, sentendolo pizzicare sul collo, poi si mordicchiò istintivamente le labbra.
Spero che Violet trovi il mio biglietto – pensò d’improvviso, ricordando quel piccolo foglio di pergamena che aveva accuratamente ripiegato e fatto passare sotto la porta della stanza. Ci aveva pensato all’ultimo momento, dopo aver indossato il mantello e la sciarpa, ed era stato come una forza che lo aveva trattenuto. Forse il suo buon senso, ereditato da mamma Ginny, lo avrebbe aiutato in futuro, ma le probabilità che Violet si svegliasse nel cuore della notte e trovasse quel pezzetto di pergamena erano più che nulle. L’unico che si sarebbe potuto accorgere della sua assenza aveva un nome e un cognome, anche piuttosto scomodo.
No, non doveva pensarci. L’idea che Scorpius potesse correre disperato nella brughiera alla ricerca del suo migliore amico – amante – perché non gli aveva lasciato nessuna notizia di sé, gli lasciava un senso d’ansia addosso, soprattutto perché non era sicuro di quanto fosse implicata la sua famiglia in tutta quella storia. Il cuore di Albus gli diceva di fidarsi, ma la ragione ricordava perfettamente i racconti di suo padre Harry e di quello che aveva passato quando aveva la sua stessa età.
La calma è la virtù dei forti, si ripeté mentalmente, continuando a cercare qualsiasi particolare gli indicasse una via d’uscita. D’un tratto uno spiffero d’aria fredda lo fece rabbrividire e Al si voltò quel tanto da individuare una nicchia ben nascosta nell’oscurità di quella stanza. Pochi passi lo distanziavano da un mattone più allentato rispetto agli altri e il cuore del giovane Potter sussultò di sorpresa quando provò a muoverlo.
Forse non era tutto perduto, magari c’era ancora una speranza, qualcosa che lui stesso avrebbe potuto fare. In gioco c’era molto, anche se aveva solo il sospetto di quale fosse l’oggetto che Jebediah Phelms aveva trafugato dal castello quella stessa notte in cui aveva deciso di seguirlo. Tutti gli indizi raccolti non gli avevano fornito una risposta soddisfacente, così gli era unicamente rimasto il pedinamento come mezzo per sopperire i suoi sospetti.
Purtroppo gli si era ritorto tutto contro.
Albus fece forza con entrambe le mani per togliere quella pietra, ma nonostante fosse più lenta delle altre, il muschio e l’umidità fecero attrito e non gli permisero di estrarla al primo tentativo. Udì i passi sopra di lui farsi più lontani e poi comparire alla fine del corridoio lungo il quale l’avevano condotto fino a quella stanza buia.
Stavano arrivando.
C’era troppo poco tempo per pensare, così si decise ad agire. Gli avevano tolto la bacchetta e Al avrebbe dovuto contare unicamente sulle sue sole forze, così affondò le unghie nell’umida muffa e tirò. Il mattone avanzò di qualche centimetro e Albus si sentì potente quasi come un Ungaro Spinato. Non perse tempo nemmeno a voltarsi, quando il chiavistello girò nella toppa e un rumore di catene gli fece gelare il sangue nelle vene. Doveva fuggire, allontanarsi il più presto possibile da lì, avvertire Scorpius, anzi, impedire che gli saltasse alla mente di venirlo a cercare dai suoi genitori. Tirò ancora, con tutte le sue forze, ma sembrava che dopo il primo movimento, il lastrone di pietra aveva deciso di rimanere incollato alla parete.
Per Merlino, staccati! – pensò con tutte le sue forze, ma l’umidità di cui era ricoperto il mattone gli fece perdere la presa sulla pietra e scivolare all’indietro.
«Avevi detto che Potter era pericoloso quanto un cucciolo bagnato, Jebediah» tuonò una voce che fece gelare il sangue di Albus nelle sue stesse vene.
Si rialzò di scatto, con le spalle al muro, troppo spaventato per poter reagire con raziocinio. Sapeva perfettamente chi avesse pronunciato quelle parole, aveva udito quella stessa voce sulla riva del Lago Nero, qualche notte prima, e aveva avuto gli incubi per settimane.
Era il mago dagli occhi gialli.
«S-Sì, signore, tremava di paura il poveretto» pigolò il magonò che a confronto dell’imponente figura dell’altro uomo sembrava quasi un Elfo domestico.
Albus rabbrividì quando quegli stessi occhi che lo terrorizzavano si posarono su di lui e un ghigno apparve su quel volto. Mosse qualche passo e la luce della torcia che portava Jebediah gli illuminò meglio quel viso serpentesco e quei lunghi capelli argentei. Il ticchettio del bastone da passeggio che impattava sul pavimento di pietra dura divenne quasi una cantilena che ipnotizzò Albus.
Era rimasto immobile quasi senza accorgersene, totalmente assorto in quello sguardo e congelato dalla temperatura rigida di quella stanza. Non sapeva cosa dire né cosa fare. Aveva avuto l’occasione di scappare, ma le sue preoccupazioni lo avevano fatto attardare ed ora si trovava faccia a faccia con chi lo aveva rapito.
«Allora, sei tu il figlio del famoso Harry Potter, eh?» gli domandò ghignando e allungando una mano ossuta per spostargli i capelli dalla fronte.
Albus di scatto indietreggiò e finalmente si svegliò da quel torpore che lo aveva irrigidito. Il mago sussultò a quello scatto, poi però gli sorrise. «Il sangue non mente».
«Son Albus Severus Potter!» ringhiò arrabbiato. «Ora dovresti dirmi il tuo, di nome» gli chiese furbo, solamente perché moriva dalla voglia di sapere con chi aveva a che fare.
Occhi Gialli si allisciò il bianco pizzetto con le lunghe dita affusolate, poi fece finta di pensare. «Ottima mossa, signor Potter, ma credo che dovrai attendere l’arrivo dell’Ospite d’Onore perché io possa rivelarmi. Per ora voglio presentarti una persona, ma credo che tu la conosca già» e, detto ciò, si scostò facendo ondeggiare il lungo mantello cremisi e mostrando la figura di una donna che Al ricordava bene.
«S-Signora As-Astoria…» balbettò incredulo, vedendola apparire sulla soglia e sfilare fiera ed elegante come solo una Malfoy poteva fare. I suoi occhi castani erano vitrei, quasi spenti e il passo cadenzato fu indice per Albus di una maledizione senza perdono.
«ciao alla signora Malfoy» sghignazzò Occhi Gialli, accarezzando la testa del suo bastone da passeggio, a forma di basilisco.
«Sì! Dille ciao!» ripeté sibilando il magonò.
Il mago lo fulminò con lo sguardo e lui tornò nel suo angolino a reggere la torcia, senza più alzare la testa infossata tra le spalle. Astoria continuava a fissare Albus senza nessuna espressione sul viso, quel bel volto giovane in cui lui si divertiva a trovare le somiglianze con Scorpius. Quante volte lo aveva ripreso, notevolmente imbarazzato da quei paragoni, ma ugualmente bello.
Gli mancava, e tanto.
Se fosse stato lì al suo fianco, era sicuro che la paura sarebbe volata via sulle ali di una fenice irlandese[1] ma il suo buon senso continuava a ripetergli che era meglio così.
«È sotto Imperius!» ringhiò Albus, stringendo i pugni e conficcandosi le unghie nella carne. Quella donna era stata quasi una seconda madre per lui, nonostante quello che la gente dicesse sui Malfoy. Lui si era sempre trovato bene in quella casa, era come un enorme parco giochi per lui, e sia Draco che Astoria lo avevano accolto a braccia aperte. A scuola era tutto diverso, così come nel Mondo Magico.
Le famiglie degli ex-mangiamorte venivano evitate come la peste, e nonno Arthur gli aveva detto che quella era una malattia babbana bruttissima, che aveva mietuto vittime in passato, quando ancora si credeva all’esistenza dei maghi e delle streghe. Albus non riusciva a capire il motivo di tutto questo astio, non se lo spiegava proprio. Suo padre gli aveva detto che Draco era dalla loro parte, aveva collaborato con gli Auror e adesso lavorava al ministero proprio come Harry, eppure sussisteva ancora quest’aura di sospetto tra la gente.
Al avrebbe volentieri Schiantato tutti quelli che si lanciavano sguardi allusivi e commentavano sottovoce il passaggio della famiglia Malfoy, quando si dirigevano a Diagon Alley poco prima dell’inizio della scuola. Era un ricordo ben vivido nella mente, sin dal suo primo anno a Hogwarts.
Albus sentì un applauso riecheggiare tra le pareti umide di quella stanza e si riscosse dai suoi pensieri. «E bravo Potter!» esultò Occhi Gialli, concedendogli un altro battito di mani. Il giovane Potter ingoiò il rospo e si morse il labbro inferiore. Se avesse potuto, avrebbe lanciato subito una fattura su quell’uomo odioso.
«Astoria, accompagna il nostro piccolo amico al piano di sopra. Non vorrei che in queste segrete umide e buie prendesse freddo» sghignazzò maligno.
La mamma di Scorpius fece un lieve cenno del capo, poi mosse dei passi e si avvicinò ad Albus che stentò a riconoscerla. Il rossore sulle gote della strega era scomparso e quel sorriso caldo e accogliente, lo stesso del figlio, sembrava soltanto un lontano ricordo perso nella mente del giovane prigioniero.
«Astoria, ti prego, aiutami!» tentò, afferrandola per una mano e stringendola forte.
Sapeva che era del tutto inutile contrastare quella maledizione senza perdono, ne era più che consapevole, però il suo cuore gli impose di provarci. La madre di Sy era l’unica che, come lui, aveva combattuto contro un nome, contro il fantasma del passato ancorato a quella famiglia e che minacciava di non lasciarli più in pace. Lei era la sola che avrebbe potuto comprendere il suo stato d’animo, perché aveva lasciato che l’amore vincesse su tutto, lasciandosi scivolare addosso le dicerie e le malelingue.
Nessuna risposta.
Astoria Greengrass in Malfoy rimase impassibile, immobile, quasi come una statua. La sua pelle diafana sembrava quella di una bambola di porcellana, pulita e immacolata. Albus rabbrividì quando una sua mano fredda gli si posò sulla spalla e strinse, cominciando a spingerlo verso la porta. Avrebbe potuto fare resistenza, spingere da parte la strega e tentare una via di fuga. C’era abbastanza spazio e Occhi Gialli era lontano.
Cosa ne sarebbe stato della famiglia di Pio? Se fosse fuggito non avrebbe mai scoperto quali sarebbero stati i piani di quel terribile mago e sarebbe tornato al castello a mani vuote. Salvo, sì, ma senza uno straccio di prova.
Non era nemmeno a conoscenza dell’oggetto che era stato rubato all’interno della Scuola e aveva uno strano, stranissimo presentimento a riguardo.
«Ti prego…» pigolò, rivolgendosi alla strega che l’aveva cresciuto, che aveva visto il suo rapporto con Scorpius evolversi.
«È inutile che continui a tentare», ghignò il mago dagli occhi gialli. «Lei non è più la donna che conoscevi, ora ubbidisce solo al mio volere».
Albus avrebbe voluto piangere. Piangere per frustrazione, per il fatto che si fosse lasciato catturare come uno sciocco, per aver perso l’occasione di fuggire, ma soprattutto perché si sentiva solo e spaesato. Sapeva che era un comportamento infantile, stupido, molto Serpeverde, ma non riusciva a farsene una ragione.
Continuava a pensare E se Scorpius fosse qui...
«Aiutami» tentò ancora, quando una lacrima solitaria sfuggì al suo controllo e scivolò lungo la guancia, fino al mento, per poi rotolare sulla mano morbida e gentile di Astoria. Fu allora che la sentì tremare, proprio quando avevano oltrepassato la porta con le inferriate e stavano imboccando il corridoio male illuminato, seguiti a ruota dal mago con gli occhi gialli e Jebediah Phelms.
Forse non era tutto perduto, o forse sì.
I gradini che conducevano al piano superiore erano stretti, quasi impraticabili, così Albus fu costretto a salire posizionandosi davanti ad Astoria e precedendo tutti nella marcia. Quel leggero tremolio non se l’era immaginato, non era stato solo frutto della sua fantasia, ne era più che certo. La lacrima aveva risvegliato qualcosa nella strega, forse una momentanea reminiscenza, ma non poteva esserne certo. Avrebbe dovuto contare sulle sue sole forze, ancora una volta, forse per l’ultima.
Davanti a lui si cominciò ad intravedere un portone di legno, così Albus si voltò e notò che le strette scale a chiocciola su cui stavano salendo non permettevano né a lui né tantomeno al mago dagli occhi gialli di vedersi. Era l’occasione perfetta per liberarsi dalla presa di Astoria e tentare la fuga.
O adesso o mai più, non poteva rimuginarci a lungo. Per lui Scorpius era più importante di tutto il resto ed era pronto a sacrificare anche la sua stessa vita per lui, perciò doveva fare qualcosa. Inspirò a fondo, fece mente locale, poi si tirò indietro quel tanto da sbilanciare Astoria per farla cadere, in modo che si reggesse al corrimano e lo lasciasse andare.
Così fece, e Albus ne approfittò per salire gli ultimi gradini a due a due e lanciarsi verso il portone che si spalancò. L’aria di libertà non era stata così profumata e Al quasi non ci credeva di averlo fatto. Tutto quel coraggio non gli si addiceva, era più una stupidata alla James, ma forse quel poco di sangue Grifondoro che scorreva nelle sue vene gli aveva dato la spinta finale per osare.
Si ritrovò nel grande salotto di casa Malfoy e si orientò quasi subito grazie a tutti i pomeriggi passati a giocare a Nascondimatto con Scorpius. Quella dimora, realizzò, era stato il loro parco giochi fin da bambini e adesso sarebbe stata la sua ancora di salvezza.
Lo sarebbe stata, certo, se solo si fosse guardato meglio attorno e avesse visto il corpo atletico di Draco e quello più gracile di Lucius apparire alle sue spalle e immobilizzarlo a terra. Si ritrovò intrappolato dopo nemmeno qualche minuto che aveva assaporato appena la libertà.
«Bene, bene, bene» ridacchiò il mago, salendo le scale con l’aiuto del suo bastone.
Soltanto alla vivida luce dei grandi lampadari a goccia del salone di Villa Malfoy, Al poté constatare quanto in realtà fosse vecchio quell’uomo che lo aveva catturato. Teneva in mano la bacchetta e con essa continuava a premere i corpi pietrificati dei due uomini di famiglia contro il suo, schiacciato a terra.
Albus si sentì come il più volgare dei topi in trappola.
«Sapevo che saresti fuggito, piccolo Potter» ridacchiò. «Sei proprio figlio di tuo padre, devo guardarmi bene da te» poi rivolse uno sguardo furioso al magonò che divenne improvvisamente piccolo piccolo. «Per fortuna che ti avevo chiesto di tenerlo d’occhio!».
«Mi dispiace, signore» pigolò quello. «Questi Potter ne sanno una più del Diavolo!».
Al si domandò chi fosse questo Diavolo, ma non ebbe abbastanza tempo per pensare che Astoria si chinò su di lui e lo afferrò nuovamente, stavolta con la presa più salda. I corpi immobilizzati di Draco e Lucius furono adagiati vicino al caminetto, dove riposava anche quello di Narcissa. Li aveva affatturati con un Pietrificus Totalus, realizzò Albus e quel mago aveva catturato tutta la famiglia di Scorpius.
Li teneva in ostaggio per chissà quale assurdo motivo, poi si ritrovò il volto del vecchio mago a pochi centimetri dal suo. Quella mano fredda e rugosa gli spostò di colpo i capelli dalla fronte e il giovane Potter tentò di scostarsi con un gesto di stizza.
«So che stai morendo dalla curiosità di sapere il perché di tutto questo, ma dovrai pazientare l’arrivo del nostro ospite» sghignazzò. «So per certo che si sta precipitando qui».
«Lasciami andare, oppure mio padre…» lo minacciò tentando di incutergli almeno un po’ di paura.
«Tuo padre, cosa?» ghignò quello, socchiudendo le palpebre e facendo sparire momentaneamente quegli occhi di topazio dietro folte ciglia. «Nessuno sa che sei qui, piccolo Potter. Sai, alle volte fare l’eroe ha i suoi rischi».
Albus ingoiò l’aria che, attorno a lui, iniziava a scarseggiare. La frenesia di scoprire chi si celasse dietro tutto quel complotto lo aveva fatto agire senza il minimo raziocinio, inducendolo a tralasciare l’aiuto di un adulto che forse gli avrebbe fatto comodo se fosse finito in trappola.
Non puoi sobbarcarti il peso del mondo sulle spalle, Al – gli aveva ripetuto sua sorella Lily più e più volte, soprattutto quando aveva deciso di intraprendere la campagna contro le dicerie su Scorpius e sulla sua famiglia. Chi meglio di lui, abituato ad essere paragonato a suo padre, sapeva come ci si poteva sentire quando la gente mormorava.
«Sei rimasto senza parole, ragazzino!» trillò Jebediah, sghignazzando e posando la torcia che fino ad allora aveva illuminato il loro cammino.
Il mago dagli occhi gialli sogghignò a sua volta, poi carezzò distrattamente la testa del suo bastone. Ad Al parve vederlo muoversi, ma pensò si trattasse unicamente di un’allucinazione.
«Mi sfugge un piccolo particolare», mormorò poi, pensandoci meglio. Albus cominciò a guardarsi intorno, riconoscendo la sua bacchetta legata alla cintola del magonò. «Tu cosa c’entri in tutto questo, perché sei qui, ora?».
Già. Perché si trovava lì da solo?
«Perché Scorpius è il mio migliore amico!» sputò tutto insieme, sentendosi montare dentro una forte rabbia che non si addiceva al suo carattere mite e dolce.
Occhi Gialli alzò il mento e lo fissò attraverso quelle iridi serpentesche che gli misero una forte ansia addosso. «C’è dell’altro, lo percepisco» insinuò, facendo boccheggiare Albus.
Non sapeva dove l’altro volesse andare a parare. Era vero, lui e Scorpius non erano semplici amici, non lo erano mai stati, ma nessuno doveva sapere di loro, almeno fino a che non fossero stati pronti.
«Parla, ragazzino!» gli urlò Jebediah, spingendolo leggermente.
Il mago dagli occhi gialli fulminò il suo tirapiedi e quello tornò al suo posto abbassando la testa mortificato. «Sai, Jebediah, forse è arrivato il momento che tu vada ad accogliere il nostro Ospite d’Onore» gli comunicò.
Il magonò annuì quattro o cinque volte prima di volatilizzarsi alla vista e sparire dentro una delle numerose stanze della villa. Albus si chiese chi potesse essere così importante per Occhi Gialli tanto da mettere in scena tutto quello, ma soprattutto cos’era l’oggetto trafugato dal castello. Avrebbe dovuto utilizzare tutta la sua astuzia Serpeverde per scoprirlo.
«Tanto non riuscirai ad averla vinta, prima o poi si accorgeranno della mia assenza!» gli urlò contro, tentando di divincolarsi dalla presa di Astoria.
Il mago lo fissò con uno sguardo bieco, poi con la bacchetta liberò la madre di Scorpius dalla Maledizione senza perdono e per un attimo Al incontrò quegli occhi che tanto aveva visto nel suo migliore amico. La vide confusa, spaesata, quasi come se non lo riconoscesse, poi mormorò un semplice «Al…» che gli fece sciogliere il cuore.
«Finite Incantatem!» gridò poi Occhi Gialli, liberando Draco dal Pietrificus Totalus e incantando il resto della famiglia, compresa Astoria che divenne rigida come un pezzo di marmo.
«Imperio» soffiò ancora, in direzione del capofamiglia e Albus vide le iridi grigie di Draco Malfoy diventare vacue, spegnersi di quella luce che aveva visto sin da bambino. «Occupati del nostro piccolo ficcanaso», gli ordinò e Al si sentì nuovamente stringere per le spalle, stavolta con molta più forza di quanto Astoria aveva utilizzato precedentemente. «In questo modo non ti verrà voglia di scappare» ghignò.
Il mago dagli occhi gialli gli si avvicinò e gli sollevò la testa intrappolandogli il mento tra pollice e indice, dopodiché gli alitò un sorriso in faccia. «Dici che non riuscirò a vincere, eh? Che prima o poi qualcuno si accorgerà della tua assenza?».
Albus avrebbe voluto divincolarsi da quella presa e fargliela pagare, ma non era abbastanza forte. Non lo era mai stato.
«Non hai idea di quanto il tempo sia un concetto relativo, quando riesci a plasmarlo al tuo volere» si lasciò sfuggire e il giovane Potter intravide un barlume di speranza per riuscire a carpire i suoi piani in tempo.
Plasmare il tempo, cosa voleva dire?
«Non esiste un incantesimo tanto potente!» ringhiò, strattonando la presa salda che Draco aveva sulle sue spalle.
Fu allora che Occhi Gialli si lasciò andare ad una risata gutturale che gli impresse un lungo brivido per tutta la spina dorsale. Sembrava di sentir gioire un serpente, poco prima che ingoiasse la sua preda.
«Non si tratta di un incantesimo, piccolo Potter» ridacchiò, asciugandosi le lacrime dal viso rugoso.
«E di cosa?» insistette, sperando si lasciasse sfuggire dell’altro.
In quel preciso istante, però, le porte del salone si spalancarono e ad Albus si fermò il cuore nell’istante in cui riconobbe l’Ospite tanto atteso. No, non sarebbe dovuta andare in quel modo, aveva fatto tanto perché lui ne restasse fuori.
Vide Scorpius avanzare con la bacchetta alla mano. Aveva il passo furioso, così come la smorfia su quel suo bel viso che ne deturpava la purezza.
«No…» riuscì soltanto a mormorare Albus, ricacciando indietro la sensazione che fosse unicamente colpa sua tutto quello.
«Bene, bene!» tuonò il mago, fingendo di alzare le mani in segno di resa. «Finalmente sei arrivato, mio piccolo Scorpius».
«Vattene!» gli urlò Albus, prima che la mano di Draco gli tappasse la bocca e gli impedisse di svelare la trappola che avevano architettato.
Quando gli occhi di Sy incontrarono i suoi, spaventati e quasi colmi di lacrime, per un attimo poté leggere sul suo viso un senso d’apprensione che rare volte gli aveva visto in volto. In quel preciso momento capì che era venuto per lui, che era stata colpa sua tutto quello. Lo aveva indotto in trappola, avevano previsto tutto soltanto per attirarlo lì. Il vero obiettivo era Scorpius, non lui, ed era stato così cieco da non capirlo.
Avrebbe voluto piangere, darsi dell’idiota per non averlo capito, ritornare indietro nel tempo e non alzarsi dal letto…
tornare indietro nel tempo.
Spalancò gli occhi nell’istante esatto in cui gli si materializzò davanti l’immagine di un oggetto di cui aveva sentito parlare, in uno dei racconti di Zio Ron che ritraevano la sua infanzia e quella di suo padre.
Ma non erano state distrutte?
«Lasciali andare!» ringhiò Scorpius, tenendo la presa salda sulla sua bacchetta e puntandola verso il mago dagli occhi gialli.
«Non posso» ridacchiò quello, accarezzando il bastone con la testa di basilisco.
Al vide Pio stringere il pugno e trattenere la rabbia a stento. Ne aveva passate tante nella sua vita, era normale che si infuriasse. «Cosa vuoi dalla mia famiglia? Cosa vuoi da noi!» urlò frustrato.
E fu a quel punto che calò il silenzio, prima che Occhi Gialli potesse sorridere genuinamente. «Non voglio nulla dalla tua famiglia, perché io sono la tua famiglia».
Quelle parole rimasero sospese nell’aria, lasciando Albus esterrefatto a fissare il volto di Scorpius. Aveva recepito la notizia e sembrava molto più sorpreso di tutti loro.
«N-Non è vero!» tuonò ancora, agitando la bacchetta in procinto di formulare un incantesimo.
«Sì che lo è, chiedilo al tuo caro nonnino» ghignò, poi con un colpo di bacchetta fece levitare il corpo pietrificato di Lucius e lo adagiò a terra, liberandolo dall’incantesimo. Lo afferrò dal pavimento e gli puntò la bacchetta alla gola, ringhiando soddisfatto da tutta quella malvagità.
Se era davvero un membro della loro famiglia, perché si comportava così?
«Diglielo, Lucius. Dì a tuo nipote chi sono io in realtà» soffiò nell’orecchio dell’anziano mago.
Gli occhi grigi di Scorpius si spalancarono proprio nel mentre in cui vide suo nonno annuire terrorizzato. «È v-vero…» soffiò impercettibilmente.
Al non ci credeva e avrebbe voluto urlarlo a Scorpius, perché quella era solo una messa in scena per attirarlo in una trappola. Era stata unicamente colpa sua e lui doveva fare qualcosa.
«Cosa è vero? Papà, nonno… che state facendo?» domandò Sy, più a sé stesso che ai diretti interessati.
Draco Malfoy stringeva ancora la presa su Al e lui non riusciva nemmeno a parlare. Avrebbe dovuto liberarsi o per lui e Scorpius sarebbe stata la fine.
«Continua, Lucius» lo obbligò Occhi Gialli, premendo sempre di più la bacchetta sulla giugulare dell’altro mago.
«L-Lui è…» e prese una paura, terrorizzato da quello che quel mago avrebbe potuto fare a suo nipote. «L-Lui è il fratello di mio padre, Abraxas» espirò tutto d’un fiato. «F-Fa parte della nostra famiglia».
«Ah! Proprio a questo volevo arrivare», ghignò l’altro, poi tornò a fissare Scorpius con quei maledetti occhi gialli. «Ora veniamo a noi, sangue del mio sangue».
Nel frattempo Albus vide Jebediah Phelms apparire alle spalle di Scorpius e avvicinarglisi di soppiatto, con la chiara intenzione di disarmarlo. Tentò di divincolarsi, di avvertire il suo amico, ma era del tutto inutile con una mano premuta sulla bocca e l’altra che lo schiacciava contro il petto di Draco. In un attimo gli scorsero davanti agli occhi tutti i momenti passati insieme a Sy, dai loro primi anni a Hogwarts fino ad ora, comprese le scampagnate attorno al terreno vasto in cui era immersa la Villa. Avevano un cognome diverso, questo era vero, ma Al si sentiva come facente parte di quella famiglia e i suoi sentimenti per Pio non facevano altro che intensificare questo legame.
«Ho bisogno di un favore da te», continuò il mago con gli occhi gialli. «Un favore che solo un membro della mia famiglia può compiere».
«Cosa ti fa pensare che lo farò?» rispose fiero Scorpius, senza mai piegare la spina dorsale.
Anche questo amava in lui. Nonostante ciò che gli aveva sempre ripetuto James sui Malfoy, Al sapeva che nel petto di Sy batteva un cuore da vero Grifondoro, soprattutto quando si trattava della sua famiglia. Erano legati, come Albus e il clan Potter-Wesley, e un tale affetto superava qualsiasi barriera imposta dalla codardia.
Occhi Gialli non sembrò affatto impressionato dalla risposta del ragazzo, anzi, ne sembrava addirittura compiaciuto. «Perché dentro di te lo sai che sei destinato a servire l’Oscuro Signore» sibilò.
Albus sgranò gli occhi e desiderò con tutto sé stesso di aver capito male. Cosa c’entrava Voldemort in tutto quello? Era sparito tanto tempo fa, ormai, cosa mai aveva in mente quel mago?
Fu allora che spostò lo sguardo su Scorpius e vide riflessa nelle iridi quella paura che lo aveva accompagnato per tutti quegli anni a Hogwarts. Gli sembrava di essere tornato a quel giorno, durante lo smistamento, quando il cappello parlante lo aveva assegnato alla tanto chiacchierata Casa Serpeverde e tutte le occhiate che avevano accompagnato Scorpius fino al suo posto, in fondo alla tavolata.
Ad Albus gli si era stretto il cuore e forse anche quel motivo aveva influito sulla scelta del cappello per quanto lo riguardava. All’inizio aveva avuto paura, lo aveva anche chiesto a suo padre Harry quel giorno a King’s Cross, ma alla fine, quando si era ritrovato su quello sgabello aveva incrociato gli occhi grigi di Scorpius e il mondo si era fermato per un secondo.
«Smettila! Non è vero!» insisté Scorpius.
Gli ci erano voluti anni per accettare tutte le critiche che gli erano stata rivolte contro, tutti quei sussurri che udiva provenire dai corridoi su suo padre, suo nonno, tutta la sua famiglia. Non avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe trovato faccia a faccia con qualcuno che rinnegasse la sua estraneità con Voldemort e con tutto ciò che era successo in passato. Al pensò che quella guerra non gli apparteneva, non apparteneva a nessuno di loro. Era finita tanto tempo fa e così doveva essere, loro non c’entravano nulla, soprattutto Sy.
Il mago dagli occhi gialli si avvicinò al giovane Malfoy, facendo dei passi calcolati per non innervosire il ragazzo che aveva ancora la bacchetta puntata su di lui. Trascinò anche Lucius con sé e Albus notò gli occhi dell’anziano mago cercare quelli del nipote. Gli diceva silenziosamente di fuggire, di lasciarli al loro destino e salvarsi. Forse sarebbe stata la scelta più saggia, forse non sarebbe mai dovuto tornare alla Villa.
«Io sono la tua famiglia, Scorpius» ghignò, controllando che il magonò fosse a portata di bacchetta.  Al notò che era proprio dietro Sy, il quale non si era accorto di nulla. Avrebbe dovuto avvertirlo, fare qualcosa, cercare in tutti i modi di salvarlo perché in fondo al suo cuore sapeva che un po’ era stata colpa sua.
Era stato attirato in trappola come esca, per catturare un pesce molto più grande. Aveva sbagliato i suoi calcoli, aveva sbagliato tutto.
«E tu sei parte di me, come tuo nonno e come tuo padre» sibilò ancora.
Fu a quel punto che Albus, preso da una forte dose di coraggio che nemmeno gli apparteneva, usò tutta la sua forza per assestare un pestone sul piede di Draco, soggiogato dall’Imperius e farlo indietreggiare per il dolore.
«Attento!» gridò, una volta che fu libero. «Scappa, Scorpius, è una trappola!» insisté, vedendo l’amico che lo fissava con uno sguardo vitreo.
Sarebbe stato bello se tutto si fosse risolto per il meglio in quel determinato attimo, se Sy si fosse accorto di Jebediah alle sue spalle, se avesse impugnato la bacchetta, schiantato il magonò e se fosse fuggito il più lontano possibile a chiamare aiuto.
Già, sarebbe stato bello.
Invece non andò così. Jebediah Phelm approfittò di quell’attimo di smarrimento del giovane Malfoy per disarmarlo. Gli piombò addosso come un falco e lo atterrò, appropriandosi della sua bacchetta e lasciando che Occhi Gialli sorridesse soddisfatto del suo piano. Aveva previsto tutto, ogni minima mossa, magari si era aspettato addirittura una stupidata come quella di Albus.
Draco si riprese quasi subito dal colpo e lo agguantò di nuovo, stavolta stritolandogli quasi le spalle contro il suo petto. Il giovane Potter avrebbe voluto gridare per la rabbia, avrebbe voluto urlare al mondo intero di aiutarli, di correre in loro soccorso, di fare semplicemente qualcosa.
«Ottimo lavoro, piccolo Potter. Forse dovrei pensare bene di assumerti come mio tirapiedi», ironizzò il vecchio mago, prendendosi gioco di Albus e confermando i suoi sospetti. «E ora veniamo a noi, caro pronipote» ghignò, vedendo Sy rialzarsi da terra.
Aveva lo sguardo perso, come se avesse lasciato ormai che la speranza di una salvezza lo abbandonasse. In quegli anni di scuola, Al aveva imparato a conoscerlo, a capire che Malfoy aveva un carattere debole, fragile e sensibile, nonostante ostentasse a tutti uno Scorpius burbero e taciturno.
Albus lo aveva paragonato ad una spugna, uno di quegli oggetti babbani per fare la doccia, perché come una di quelle, Scorpius assorbiva tutto, ogni cosa gli veniva detta contro e alla fine sarebbe stato talmente saturo di quei commenti spregevoli che qualcuno avrebbe dovuto strizzarlo.
Beh, quel qualcuno era sempre stato Albus.
Avrebbe voluto dirgli tante cose in quel momento, di non lasciarsi abbindolare da quell’essere, da quel mostro con gli occhi gialli. Non avrebbe dovuto, almeno per il bene della sua famiglia che aveva lottato tanto in quegli anni per ristabilire il proprio nome.
Purtroppo Sy era vissuto all’ombra di quel cognome così sconveniente per lui e chiunque lo incontrasse per strada, sapeva che suo nonno aveva servito il Signore Oscuro, così come suo padre. Erano una famiglia maledetta, proprio come quella di Al.
Vincolati da un’etichetta che gli si era appiccicata addosso a causa di azioni avvenute in un passato che non apparteneva loro, che non li riguardava affatto, ma con cui avevano dovuto fare i conti sin da piccoli.
 
Hai il sangue sporco, come quello di tuo padre.
Diventerai un eroe, proprio come tuo padre.
Sei feccia, tale e quale alla tua famiglia.
Sei uno studente modello, hai gli stessi geni della tua famiglia.
Stai lontano da me, Mangiamorte.
Tu sei il figlio del Salvatore del Mondo Magico? Vieni con noi!
 
E tanti altri ricordi che al momento Albus non avrebbe mai voluto rimembrare.
«Lascia fuori Albus!» ringhiò Sy, fissando il mago con gli occhi gialli di traverso. Era stato sempre protettivo nei suoi confronti, quasi come un secondo fratello maggiore.
Occhi Gialli ghignò sadico, poi guardò in direzione del piccolo Potter. «Siete molto legati, eh? Eppure non si direbbe proprio visto i trascorsi delle vostre famiglie».
«Il passato è passato», commentò Lucius, adirato per quello che suo zio stava facendo a suo nipote. «Abbiamo superato le dicerie della gente».
In risposta a quell’affronto, il vecchio mago lo gettò nuovamente a terra con gli altri, pietrificandolo e facendolo tacere almeno per il momento. Al notò che gli tremavano le mani per la rabbia oppure per uno sforzo eccessivo. Quel mago era vecchio e molto, forse non aveva la forza di attuare il suo piano da solo.
«Cosa vuoi da me? Che vuoi dalla mia famiglia?!» chiese Scorpius, ormai al limite della pazienza.
Fu allora che Occhi Gialli fece cenno a Jebediah di avvicinarsi. Il magonò trotterellò verso di lui, con la stessa cadenza di passo di un’acromantula, poi si frugò all’interno del panciotto e ne tirò fuori un sacchettino.
«Il castello di Hogwarts è un luogo troppo sorvegliato perché un mago potente come me potesse passare inosservato. Ho dovuto servirmi di una persona innocua, tranquilla, che non fosse minimamente sospettabile».
Che stesse rivelando loro tutto il suo piano? Al non riusciva a capire dove quel discorso volesse andare a parare, ma rimase buono perché nel suo piccolo aveva compreso quale fosse l’oggetto che tanto aveva cercato quel mago.
«Era un piano complesso, soprattutto perché quello che cercavamo si diceva esistesse solamente per diceria, nessuno aveva più visto un oggetto del genere dopo che furono distrutti tutti quelli del Ministero».
Albus cercò lo sguardo di Sy per un attimo, ma lui era troppo concentrato sulle parole di Occhi Gialli per curarsi di lui. Era sicuro che se avesse incontrato quegli occhi grigi anche solo per un secondo, avrebbe avuto la certezza che Scorpius non si lasciasse soggiogare dalle parole di quell’uomo viscido. Purtroppo non incrociò mai il suo sguardo.
«Alla fine Jebediah è riuscito a trovarlo, grazie anche ad una piccola ‘soffiata’ da parte di qualcuno all’interno del castello ed ora è finalmente nelle mie mani» sghignazzò, tirando fuori dal sacchetto un anellino d’oro attaccato ad una lunga catenella.
Al sgranò gli occhi quando riconobbe l’oggetto soltanto dalla descrizione povera di particolari che gli aveva fatto suo zio Ron. Il suo intuito non lo aveva tradito, sapeva benissimo cosa fosse quel ciondolo che il mago teneva tra le mani scheletriche e bianche.
«Cos’è?» chiese Scorpius sorpreso e Occhi Gialli sorrise ancor più maliziosamente.
«Questa, mio piccolo pronipote, non è altro che una Giratempo» mormorò in tono teatrale. «Basta girare la ruota tante volte quante ore vuoi tornare indietro nel tempo e lei farà tutto il resto».
Adesso mancava solamente la rivelazione di cosa Scorpius c’entrasse in tutto quello. Al aveva intuito che Occhi Gialli lo desiderava, in fondo aveva aspettato tanto per averlo nelle sue grinfie con tutta la famiglia da utilizzare come merce di scambio.
«E cosa sono io in tutto questo?» chiese appunto Sy, stavolta lanciando ad Albus uno sguardo allusivo. Forse non tutto era perduto.
Il mago dagli occhi gialli fissò il giovane Malfoy con uno sguardo austero. «Sei la chiave dell’intero progetto, caro pronipote. Come potrai vedere bene da te, ormai sono troppo vecchio per viaggiare nel tempo, non reagirei bene ad una magia così potente perciò mi serviva una persona fidata, qualcuno della mia stessa famiglia, con il mio stesso sangue, che potesse riportare alla gloria il Signore Oscuro e far rivivere ai Malfoy il loro splendore di un tempo» spiegò.
Nessuno parlò, anche perché non c’era nulla da aggiungere. Al si diede dell’idiota per non averci pensato prima, per non aver capito che Scorpius era la chiave di volta di tutto quel progetto. Realizzò immediatamente che era solo colpa sua, che se non fosse sgusciato via dal letto quella notte, magari Sy non l’avrebbe seguito e non sarebbe caduto in quella trappola. Si sentì immediatamente responsabile, un vero sciocco, altro che Serpeverde.
«Non seguirò mai il tuo piano, pazzoide!» gli sputò addosso Scorpius adirato.
«Oh, sì che lo farai», lo minacciò l’altro. «Potrei uccidere un membro della tua famiglia o addirittura questo piccolo ficcanaso qui. Basta che ordini a tuo padre di usare una maledizione senza perdono su di lui, non pensi?» ghignò. «Ma non voglio costringerti, no. So che lo farai perché anche tu, come me, hai un destino scritto nel sangue. Anche tu sai di appartenere al Signore Oscuro, come tutta la tua famiglia».
«Io non…» tentò Sy, ma s’interruppe.
«Sì che lo sai», insisté il mago. «Potrai anche fuggire, scappare dall’altra parte del mondo, o persino ucciderci se lo desideri, ma noi resteremo sempre e comunque la tua famiglia, non dimenticarlo».
No, non avrebbe dovuto tirare in ballo quell’argomento.
«I-Io…». Eccolo, stava cedendo. Al poté vedere l’espressione del suo viso mutare in qualcosa di confuso, come se tutte le dicerie contro cui avevano combattuto per una vita intera gli si stessero ritorcendo contro. Allora non era servito a nulla parlargli? Quegli anni erano stati solo buttati al vento.
«Sei parte di questa famiglia, hai il dovere di adempiere al tuo destino».
Allora Albus decise che doveva intervenire, ancora una volta. Con decisione morse la mano di Draco, costringendolo a lasciargli la bocca libera. «NON ASCOLTARLO!» gridò a pieni polmoni.
Scorpius si voltò verso di lui, ma i suoi occhi non erano più vividi come quando era arrivato. Le parole di quel mago lo stavano soggiogando, lo stavano piegando al suo volere. Albus si sentì in dovere di fare qualcosa, qualunque cosa potesse salvarlo.
«Fallo tacere, ora!» ordinò a Draco, ma il piccolo Potter fu più lesto.
«Ricorda chi sei, Sy!» insistette. «Non puoi prenderti tutta la responsabilità delle azioni che i tuoi parenti hanno fatto in passato. Tu sei diverso! Il destino lo scriviamo noi, giorno dopo giorno!».
Forse in un angolo remoto del suo cuore sapeva che Scorpius poteva essere ancora salvato, riportato sulla retta via. Aveva sofferto tanto nella sua vita, non si meritava anche questo. Albus aveva imparato ad amarlo, ad accettarlo con tutti i suoi pregi e i suoi difetti e per questo non avrebbe mai smesso di lottare.
Si sentì nuovamente agguantare da dietro, mentre perdeva la capacità di parlare ancora una volta. Ormai il tempo non era più dalla sua parte e se non si fosse inventato qualcosa, Occhi Gialli avrebbe riavuto la sua guerra.
«Non ascoltarlo, io sono la tua famiglia!», ringhiò frustrato. «Ora tu prendi questo e torni indietro al momento esatto in cui Harry Potter e l’Oscuro Signore stavano combattendo. Devi fermarlo, questo è il tuo compito. È il tuo destino» e gli mise in mano la Giratempo.
Scorpius si rigirò quel magico oggetto tra le mani confuso, mentre Albus faceva di tutto per liberarsi dalla presa di Draco. Non poteva, non doveva rovinarsi così!
Era solo colpa sua tutto quello, unicamente colpa della sua stupidità. Non avrebbe mai dovuto lasciarlo solo, rischiare di essere catturato. Sapeva che Sy avrebbe dato la sua vita in cambio della sua, perché tra di loro si era formato un legame ormai indissolubile.
«Ora gira la rotellina» gli suggerì il mago.
Eccolo il momento tanto atteso. In quella manciata di secondi il destino del Mondo Magico era nelle mani di un diciassettenne, di un ragazzo confuso che aveva unicamente bisogno d’affetto e di nient’altro. Al spalancò i suoi grandi occhi verdi verso quel viso che aveva tanto amato e che aveva imparato a scoprire a poco a poco. Se solo fosse stato in grado di fare qualunque cosa, qualsiasi, avrebbe messo in gioco anche la sua stessa vita.
Una lacrima silenziosa sgorgò sulla sua guancia e s’infranse nuovamente tra le dita di un altro membro della famiglia Malfoy. Un brivido, un lieve tremolio provenne da quel tocco e Draco si riscosse.
Forse non tutto era perduto, magari c’era ancora una piccola speranza di poter contrastare il male, di poter mettere fine ad una maledizione che aveva rovinato una famiglia.
Forse… - pensò Albus, ritrovando gli occhi grigi di Scorpius. Forse anche lui avrebbe avuto una piccola particina nel suo destino.
Sentì la presa sulle sue spalle farsi più leggera, mentre cercava di non dare a vedere l’estremo stupore della scoperta. Occhi Gialli stava ancora urlando contro Scorpius e Al non era sicuro di cosa il ragazzo avrebbe potuto fare. Era confuso, spaventato, convinto che l’intero mondo ce l’avesse con lui, che avesse il sangue malato.
Albus cominciò ad odiare il Mondo Magico per questo, tutte quelle dicerie che l’avevano rovinato anno dopo anno, senza che lui potesse fare nulla.
Lanciò uno sguardo a Draco e vide che lo fissava. L’uomo spostò le sue iridi grigie verso la bacchetta che era saldamente incastrata alla cintola, come se stesse cercando di suggerirgli qualcosa.
Il giovane Potter aveva sentito che non tutte le maledizioni duravano per sempre, che era facile ingannare l’Imperius se si possedeva una mente abbastanza forte, ma si sorprese che il padre di Scorpius chiedesse il suo aiuto. Purtroppo non c’era tempo per indugiare e anche se Al era un Serpeverde, nelle sue vene scorreva anche sangue Grifondoro e aveva il dovere almeno di tentare.
«Cosa stai aspettando, nipote!» tuonò la voce del mago, facendo tremare Albus.
Passò le mani attorno alla bacchetta di Draco e la sfilò, senza che nessuno si accorgesse di nulla. Nel frattempo, Scorpius era pietrificato e non sapeva cosa fare. Continuava a rigirarsi l’ultima Giratempo tra le mani, incapace di muovere un dito, nonostante Occhi Gialli avesse piuttosto fretta.
«N-No-Non posso…» smozzicò, chinando il capo.
Ad Albus si strinse il cuore e lì capì veramente che il destino di Scorpius non era scritto nel suo sangue. Lui era diverso dai suoi genitori, dai suoi nonni, e non doveva necessariamente percorrere il cammino dei suoi antenati.
Dopo che Voldemort era stato sconfitto, si era aperta una nuova era per i maghi e sarebbe stato così anche per la famiglia Malfoy.
«Cosa?! Tradito dal sangue del mio sangue!» urlò il mago, perdendo completamente il senno. Forse si sarebbe aspettato più collaborazione da parte del suo pronipote, ma Albus fu fiero di Sy. «Come osi sfidarmi?»
Scorpius allora alzò lo sguardo verso quel mago che era così lontano dall’assomigliargli e aggrottò le sopracciglia. Era quello il Malfoy che Albus conosceva, il ragazzo riservato che sedeva sempre da solo, che nei momenti di intimità tirava fuori il blocco da disegno babbano e cominciava a lasciarsi trasportare dalla fantasia. Era lui quello più coraggioso.
«Perché non è giusto!» urlò il ragazzo, gettando la Giratempo a terra con quanta più forza avesse nelle braccia.
In quel preciso istante il tempo si bloccò e Albus ne approfittò per sfilare definitivamente la bacchetta di Draco ancora intontito dalla maledizione e stringerla fino a farsi diventare le nocche bianche.
«Tu! Come hai osato?!» ringhiò infuriato Occhi Gialli, precipitandosi a vedere che fine avesse fatto l’ultimo esemplare di Giratempo pervenuta nel castello. Mosse qualche passo ma Scorpius lo precedette e non contento di averla lievemente ammaccata, con la suola della scarpa si assicurò di schiacciarla per bene.
Ci fu un momento, quando il vecchio mago alzò lo sguardo verso Sy, che Albus credette che avrebbe potuto ucciderlo con un semplice sguardo. Alla fine, Jebediah Phelms che fino a quel momento era rimasto in disparte, sfoderò la bacchetta di Albus e cercò di minacciare Scorpius, anche se era solo un semplice magonò.
«Non ci userai di nuovo! Lascia in pace la mia famiglia!» ringhiò in direzione di Occhi Gialli, il quale era accecato dall’ira.
Albus comprese in quell’istante che Scorpius era disarmato e che sarebbero bastati pochi secondi per colpirlo.
«Se non sei con me, sei contro di me!» sbraitò il mago, ormai in preda all’ira. Il suo piano era stato mandato in fumo dall’unico che avrebbe potuto portarlo a termine e adesso aveva perso tutto. Tirò fuori la bacchetta e la puntò minaccioso verso Scorpius, il quale chiuse gli occhi, affrontando la sua punizione.
Fu in quel preciso istante che il lato Grifondoro di Albus ebbe la meglio. Era stufo di vivere di racconti, di mirabolanti azioni che avevano coinvolto suo padre e i suoi zii. Adesso era il suo turno e avrebbe fatto di tutto pur di proteggere quel ragazzo che piano piano stava imparando ad amare.
«Expelliarmus!» gridò in direzione di Occhi Gialli, correndo verso Sy e mettendoselo dietro le spalle, come a proteggerlo.
Il mago rimase sorpreso, mentre vedeva la sua bacchetta piroettare lontano da dove si trovavano, ticchettando sul pavimento di pietra. Aveva duellato forse una o al massimo due volte in tutta la sua vita, perché non era mai stato un amante dei duelli. Aveva osservato però suo fratello James, nei movimenti e negli incantesimi giusti da usare.
Purtroppo la teoria era così diversa dalla pratica.
«Tu!» ringhiò il mago, fissando anche lo sguardo su Draco che rimaneva ancora impassibile, come se fosse sotto Imperius.
«Mio signore!» gridò Jebediah Phelms, impugnando la bacchetta di Scorpius per porgergliela.
«Che cosa ti è saltato in mente?» gli sussurrò Sy alle spalle, fissandolo allarmato.
Albus lo guardò con la coda dell’occhio, stando attento a non abbassare la guardia. «Volevi che ti schiantasse? Che ti riducesse a erba pipa?»
Scorpius rimase senza parole e Al trattenne a stento un sorriso quando lo vide sgranare gli occhi con uno stupore genuino e infantile. Amava anche quello di Scorpius.
«Attento al magonò,» gli disse poi il suo amico, ma Jebediah era lesto come una faina ed era quasi arrivato da Occhi Gialli con la bacchetta di Scorpius in mano.
«Vermiculus!» gli urlò contro, trasformando il vecchio magonò in un bel verme da pesca.
Purtroppo, però, poco prima di ricevere l’incantesimo in pieno petto, il magonò riuscì a lanciare la bacchetta in direzione del vecchio mago, il quale la puntò immediatamente verso Al, scagliando uno Stupeficium.
Il giovane Potter tentò di deviare l’incantesimo, ma l’impatto fu talmente forte che lo spinse contro Scorpius, alle sue spalle, facendoli capitombolare sul pavimento. Albus si rialzò a fatica, tutto dolorante, e pensò che nonostante quel mago fosse vecchio, aveva un mucchio di energie dentro di sé.
«Facciamola finita per una buona volta,» disse minaccioso. «Prima ucciderò te, piccolo Potter. Tu e la tua famiglia mi avete sempre portato soltanto guai. Siete come la peste e mi sbarazzerò di voi uno ad uno!»
«Scordatelo!» intervenne Scorpius. «Dovrai prima passare sul mio cadavere.»
Gli occhi gialli del vecchio mago si allargarono in preda allo stupore, dopodiché un’espressione di disgusto gli si dipinse sul volto coriaceo.
«Un Potter e un Malfoy,» pronunciò disgustato. «Siete un disgustoso abominio. Lucius stesso avrebbe dovuto farvi fuori; questa tresca amorosa è ridicola!»
Albus arrossì d’istinto, anche se la situazione non era certo adatta ad una debolezza del genere. Non avevano ancora fatto parola con nessuno di ciò che stava nascendo tra di loro, forse solo con Violet.
Sentir uscire quelle parole di odio dalla bocca di Occhi Gialli gli fece ribollire il sangue nelle vene e stringere ancor più saldamente la presa sulla bacchetta.
Avvertì anche le dita di Scorpius che gli sfiorarono il braccio.
Occhi Gialli era pronto a scagliare verso di loro parte della sua potente magia e Al non era sicuro che sarebbe stato in grado di contrastarla. Era davvero pronto a perdere la vita adesso? Aveva davvero visto tutto per poter mettere fine alla sua esistenza?
Ovviamente la risposta era no. A diciassette anni non si poteva dire di aver vissuto abbastanza. Il pensiero di essere al fianco di Scorpius, però, la convinzione di morire cercando di proteggerlo, era una ragione sufficiente per lui, per non fargli abbandonare la postazione.
Albus allora rimase impalato lì, con la bacchetta in mano e Sy dietro le spalle. Sarebbe morto per mano di un vecchio, di un mago dimenticato, ma almeno avrebbe lottato, avrebbe tentato di salvare il suo ragazzo con ogni mezzo.
«Avada Kedav…!» pronunciò il mago dagli occhi gialli, ma la porta del grande salone di Villa Malfoy si spalancò di colpo.
«Stupeficium!» gridò una voce e un lampo di luce verdina saettò sulle teste dei due giovani per colpire Occhi Gialli e farlo capitombolare all’indietro.
Albus era ancora troppo scosso per rendersi conto di cosa fosse successo, ma quando vide il mago rialzarsi temette il peggio. Smosso da chissà quale forza di volontà, vedendolo debole e tremante, dentro di lui si risvegliò una creatura fatta unicamente di rabbia.
Odiava quell’essere, lo odiava con tutto il cuore.
Aveva rischiato di portargli via il suo Scorpius, di separarli per sempre, e li aveva minacciati dicendo loro di essere un abominio. L’unico essere spregevole era quel vecchio e le sue sciocche convinzioni.
«P-Pietrificus Totalus!» pronunciò in direzione del vecchio mago e quello divenne un blocco di marmo, con la mano a pochi centimetri dalla bacchetta.
Fu in quel momento che sentì un paio di braccia forti sorreggerlo, mentre cadeva completamente svuotato di ogni energia o fibra vitale. Era esausto, provato. Troppe emozioni tutte concentrate in così poco tempo.
«Ehi, stai bene ometto?» gli domandò l’uomo dagli occhi verdi, che poco dopo riconobbe come suo padre, Harry.
Annuì pigramente, poi vagò allarmato con lo sguardo alla ricerca di Scorpius. Lo trovò poco più in là che stava soccorrendo i genitori e i nonni, con l’aiuto di Violet ancora in camicia da notte.
Allora l’ha trovato il mio biglietto, pensò sorridendo tra le braccia del padre che era intervenuto insieme agli altri Auror.
«Ho duellato, papà,» gli comunicò fiero, sorridendo debolmente.
«Sei stato molto coraggioso. Sono fiero di te.»
Harry lo aiutò ad alzarsi quando vide che poteva stare in piedi senza nessun giramento di capo e mentre gli altri Auror recuperavano sia il mago completamente pietrificato sia il magonò che tentava di strisciar via da quel salone di pietra, Albus cercò lo sguardo di Scorpius.
Trovò i suoi occhi grigi quasi subito e gli sorrise.
Stavolta fu Scorpius ad arrossire e Albus non poté fare altro che sorridere, raggiungendolo ed abbracciandolo. Si poteva dire che ormai avessero passato di tutto insieme e se quella brutta situazione non li aveva separati, la loro relazione poteva durare per sempre.
«C’è un po’ di spazio anche per me, piccioncini?» chiese Violet accigliata.
Albus sgranò gli occhi e la guardò sorpreso. «T-Tu c-co-come…?» tentò di chiederle, con scarsi risultati.
Violet lo guardò stupita. «Ma dai, Al. È così ovvio,» sbuffò. «Soltanto voi continuate a pensare che l’intera scuola non sappia cosa fate sotto le lenzuola!»
«Al, stai bene?» gli domandò Sy, quando lo vide passare lentamente dal colore aragosta, fino a raggiungere il verde vomito.
Okay, forse c’era ancora tempo per risolvere la situazione, ma in quel momento Albus Severus Potter avrebbe volentieri voluto morire.
 
 
Note:
[1] Augurey = E' uccello molto timido che vive nascosto nei cespugli di more e di rosa canina, nutrendosi di insetti e Fate. E' nativo della Gran Bretagna e dell'Irlanda, ma è diffuso in tutto il Nord Europa. L'Augurey ha una livrea nero con sfumature verdi, il suo aspetto è tetro e ricorda un po' un avvoltoio denutrito, per questo in passato si riteneva che fosse di cattivo auspicio. Questo lugubre uccello vola solo quando piove e il suo canto annuncia precipitazioni atmosferiche, questa sua capacitá l'ha reso un animale domestico molto ricercato che i maghi solitamente tengono in casa appollaiato su un trespolo.
[2] Sherlo Pomps = Sherlock Holmes storpiato da nonno Arthur.

***
Complimenti a chi è sopravvissuto fino alla fine di questa simpatica OS!!!
Premetto che è la mia seconda storia nel fandom HP (sì, scrivo solamente one shot partecipanti ai contest xD) e la primissima in assoluto sulla NG. Devo ammettere che ho sempre adorato Albus e anche se non leggo molte storie di questo fandom, preferisco molto la nuova generazione alle ff su quella vecchia.
Il personaggio che amo di più in assoluto è Al. Ho partecipato a questo contest anche perché mi trovavo d'accordissimo con la giudiciA sul suo ruolo secondario in tutte le ff che girano su EFP, così ho provato a renderlo al meglio che ho potuto.
Beh, speriamo vi sia piaciuto come io mi sono divertita a scrivere di lui ^^
Il contest conteneva un pacchetto obbligatorio da utilizzare, e scegliendo il pacchetto ''tana'', mi sono capitate queste cosine:

- "Potrai anche fuggire, scappare dall'altra parte del mondo, o persino ucciderci se lo desideri, ma noi resteremo sempre e comunque la tua famiglia, non dimenticarlo."
- Finite Incantatem
- Malfoy Manor

Ovviamente, appena ho letto ''Malfoy Manor'' ho pensato -in modo abbastanza malizioso- a una Albie/Sy. Sinceramente quei due insieme mi piacciono troppo, considerando anche la storia che ruota attorno ai Malfoy una volta finita la guerra (almeno per me). Insomma, tutte le dicerie, la ''cattiva'' fama. Ho pensato che la vita a scuola per Scorpius non sarebbe stata facile all'inizio, soprattutto a causa di quel cattivone di James, ma per sua fortuna c'è Albus :3

Vabbé, finisco di cianciare.
Ringrazio la giudiciA per l'opportunità che mi ha dato nel scrivere questa fantastica OS -che inizialmente avevo pensato di tramutare in long, ma sono troppo pigra- e del fatto che l'ha reputata valida per il suo contest.
Grazie!
Ringrazio, inoltre, chiunque la leggerà e quella SANTA della mia wife che sopporta i miei scleri e legge tutte le mie porcate incoraggiandomi nonostante sia tutta robaccia da buttare xD

Wife ti lovvo! *limonano*

Un bacione!
Marty

Ah! Se foste curiosi sui ''volti'' dei miei pg (quelli del banner) ve li lascio qui perché secondo me Albus e Scorpius sono UGUALI, anche se il bimbo dell'ultimo film mi è piaciuto! :3
Albie
Scorpius


 
 
 
 
 
 
 
   
 
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