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Autore: Ninfea Blu    08/03/2012    18 recensioni
Oscar ha delle sorelle, lo sappiamo. Questa storia parla di una di queste sorelle, una che non conosciamo, perchè la Ikeda non ha pensato a una possibilità del genere. Danielle ha davvero molto in comune con Oscar... stessi capelli, stessi occhi. Qui parlerò dei suoi sentimenti, del suo rapporto con Oscar e inevitabilmente con l'amico Andrè che potrebbe, in qualche modo, mettersi fra loro. Perchè Danielle, gemella identica ma più femminile della nostra madamigella, potrebbe avere il coraggio di essere tutto quello che non è Oscar...
Aggiunte fan art cap. 7 - cap. 12
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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10 - Riflessi

10 – Riflessi e ambiguità

 

 

André attendeva contro il rettangolo scuro dell’ingresso alle scuderie, la posa rigida, le braccia distese lungo i fianchi, i pugni chiusi.

Lentamente mi avvicinavo a cavallo e la sua figura si stagliava sempre più netta sullo sfondo. Mi appariva stranamente immobile, bloccato nello sforzo di trattenere il guizzo dei muscoli.

Era nervoso, o forse arrabbiato.

Ignoravo totalmente quale potesse essere il motivo, ma l’inquietudine mi attraversò il cuore quasi immediatamente; temetti di venire smascherata, lì sul posto.

Sarebbe stato terribile. E umiliante.

Per me.

Per Oscar.

Avrei negato disperatamente, fino all’inverosimile.

In sella a Caesar, mi voltai un momento per verificare quanto Oscar fosse lontana; avevo su di lei diversi minuti di vantaggio, minuti che potevo volgere a mio favore. Dovevo approfittarne, in qualche modo.

Stavo per affrontare il mio primo vero confronto diretto con André, mentre ero nei panni di colei che amava e non sapevo ancora cosa avrei fatto o detto. Giudicai che sarebbe stato saggio tentare, per quanto possibile, di adattarmi alla situazione.

Avrei dovuto essere convincente e naturale per non destare sospetti, cosa tutt’altro che scontata.

Quando fui a pochi metri, arrestai il cavallo; solo allora, André si mosse per venire a prendere le redini.

Gli sorrisi, ma lui non disse una parola, né si mostrò amichevole; puntai il mio sguardo nel suo e colsi l’ ombra che rabbuiava il verde già cupo dei suoi occhi. Mi allarmai, non sapendo cosa aspettarmi e un improvviso senso di panico mi fece sentire inadeguata ai panni che portavo.

Pensai che Oscar avrebbe indagato, cosa che feci, con ogni cautela possibile.

“Che faccia scura! È successo qualcosa durante la nostra assenza?” chiesi, tentando di sdrammatizzare.

André mi restituì lo sguardo vago e allarmato di chi è colto in fallo.

Fu questione di un secondo, poi si riebbe dalla sorpresa e la sua espressione tornò quella di sempre, mentre rispondeva con la consueta ironia.

“Accidenti Oscar, non ti si può nascondere niente.” Esclamò ridacchiando un po’ forzatamente.

Mi aveva chiamata Oscar, quindi non ci aveva scoperte. Si riferiva ad altro. Mi calmai un poco.

“Vorresti essere più chiaro? Non ti seguo…”

Intanto, con tutta la disinvoltura di cui ero capace, ero scesa dalla sella e avevo ceduto le redini all’attendente; Andrè, con tutta calma, guidò il cavallo dentro le scuderie.

“Niente di grave Oscar; è solo… che non mi piace fare il galoppino, lo sai.”

Lo vidi scomparire con Caesar nella penombra dell’ambiente. Sembrava restio a proseguire oltre quella conversazione.

Lo seguii col sospetto che stavo per indovinare di cosa si trattava; durante la nostra cavalcata, lui e Fersen erano rimasti soli in casa: lo svedese doveva aver fatto o detto qualcosa che lo aveva irritato. André sapeva nascondere bene i suoi impulsi, ma poteva essere che davanti a Oscar non fosse sempre tanto riservato e schivo. Però avrebbe osato sbilanciarsi sul suo nemico?

Continuai a fingere.

“Continuo a non seguirti: che cos’è questa storia del galoppino?”

Aveva già tolto e riposto le briglie e ora stava slegando il sottopancia della sella. Il silenzio tra noi perdurava e André non si preoccupava di interromperlo, quasi non volesse rispondere alla mia domanda. Mi stavo innervosendo anche se cercavo di nasconderlo, appoggiandomi con noncuranza alla parete di legno del box.

“È la storia ridicola, squallida e abbastanza comune, di un noto nobiluomo che vorrebbe insidiare una donna. Non vale neppure la pena di parlarne.”

La risposta laconica non si prestava a troppe interpretazioni, e mi fu subito chiaro a cosa André si riferisse. Chissà se Oscar avrebbe colto altrettanto in fretta l’allusione al conte, o avrebbe fatto finta di non capire.

“Perché sei tanto infastidito? Per la richiesta che ti è stata fatta o per la donna coinvolta?”

“Un po’ entrambe le cose… e comunque, sarò un servo, ma non mi piace essere usato, né preso in giro.” ammise secco, con una certa riluttanza. Capivo il suo evidente disappunto, ma non potevo esprimere il mio reale rammarico, né dimostrami troppo solidale.

“È qualcosa che riguarda Danielle, vero? – Esitai volutamente. - L’uomo non sarà…”

André parlò senza abbassare lo sguardo che all’improvviso mi aveva puntato addosso.

“Scusami, forse non dovrei parlarne con te, Oscar…”

Allora, mi sentii spiazzata.

“Ti fai problemi con me, André? E da quando?”

André lasciò passare qualche secondo, come se cercasse la risposta migliore da dare.

“Da quando tu e il nobile conte siete diventati ottimi amici; non vorrei essere io a far crollare il tuo perfetto castello di carte…”

Erano parole calcolate, ma davvero sorprendenti, dette da lui.

“Sei ambiguo senza ragione; se si tratta di mia sorella, posso accettare la realtà. Non sono una sprovveduta, dovresti saperlo.”

“Se è vero, meglio così.”

Ero nei panni di Oscar; per questo, tendeva a essere evasivo.

E io credevo che normalmente le dicesse tutto. Oppure era la situazione?

Anche André stava attuando una qualche strategia?

Di recente, mi sembrava di aver colto un atteggiamento diverso fra loro, come se Andrè cercasse di mettere distanza tra lui e la sua padrona.

La confessione fatta sul balcone della mia casa qualche giorno prima, senza dubbio aveva avuto delle conseguenze; lo avevo scosso in modo insperato, e poteva essere che non volesse tradire il suo turbamento davanti a Oscar.

Fu così che decisi di correre il rischio: mettere la vera Oscar davanti a questa possibilità per scoprire paradossalmente se ero diventata io, Danielle, l’oggetto del desiderio di André.

Era un’ operazione intrigante e molto pericolosa che poteva risolversi in maniera inattesa e contraria ai miei reali desideri.

Potevo, senza volerlo, scatenare qualcosa che avrebbe allontanato André da me.

Nei miei panni, come attraverso uno specchio deformante, per ipotesi, Oscar poteva scoprire e vivere il mio stesso sentimento, quell’amore intenso e divorante che bruciava i residui di vecchi amori dimenticati sul fondo della mia anima.

Forse André si sarebbe confidato con la finta Danielle.

E la finta Danielle avrebbe incontrato lo sguardo vivo, intenso e caldo di un uomo sconosciuto fino a quel momento. André avrebbe creduto di avvicinarsi a me, senza sospettare di non essere mai stato tanto vicino alla donna che amava da sempre.

 

Mia sorella a breve avrebbe raggiunto le scuderie; di lì a poco, sentimmo il nitrito del cavallo all’esterno. Senza dubbio, sarebbe stato interessante assistere al loro incontro, vedere la loro interazione e scoprire come Oscar, nei miei panni si sarebbe rapportata a lui.

Dovevo solo restare a guardare.

Magari, spingere un poco le cose.

Ma quando Oscar entrò a cavallo nella scuderia, Andrè mi spiazzò nuovamente.

Si allontanò con assoluta decisione per puntare diritto in direzione della donna vestita da amazzone in sella alla mia Desiree. Oscar si era arrestata subito dopo l’ingresso; mi trovavo in penombra rispetto a lei, ma riuscivo a scorgere perfettamente il suo viso leggermente accaldato, su cui leggevo la leggera sorpresa di trovare Andrè e me, lì.

Avanzai di qualche passo e anche André si accostò al cavallo che scartò un poco all’ indietro e afferrando le redini, sussurrò all’animale per calmarlo, accarezzandolo sul collo; poi si rivolse a Oscar che era rimasta quasi interdetta a fissarlo.

“Se volete, potete appoggiarvi a me, contessa; vi aiuto a scendere.”

Estrema gentilezza nella voce persuasiva. Le mani pronte e salde attorno alla vita di Oscar.

Mia sorella, per reazione istintiva, aprì la bocca come per protestare, ma non osò fiatare appena colse il mio sguardo allarmato dietro le spalle dell’attendente.

Non tradirti proprio ora, pensai.

Oscar non si sarebbe fatta aiutare, ma Danielle sì. E lei stava per dimenticare chi era.

Io e lei ci scambiammo una rapida occhiata d’intesa, poi Oscar tornò a posare lo sguardo sul suo attendente che aspettava un suo cenno d’assenso.

Si sporse leggermente dalla sella e posò le mani sulle spalle forti dell’amico per aggrapparsi a lui; si ritrovò a terra, accompagnata dalla forza delle braccia del suo servo e per tutto il tempo di quel rapido contatto, mentre nel tragitto il corpo di Oscar scivolava vicino a quello di André, mi parve che gli occhi dell’uno catturassero quelli dell’altra con la forza avvincente di una calamita.

Fu come se entrambi dimenticassero di non essere soli.

Pensai per un attimo di essermi ingannata, ma rimasi quasi esterrefatta quando capii che quella strana atmosfera perdurava; le mani eleganti e forti di André continuavano a trattenere la vita di mia sorella e lei si manteneva aderente a lui, ancorata alle sue spalle; il suo petto si sollevava e il respiro accelerato tradiva l’emozione accesa e subitanea che la stava cogliendo.

Chissà se mai si erano sfiorati così intimamente prima di quell’attimo.

Tra tanti sguardi, chissà se mai ci fu uno simile negli anni della loro lunga convivenza.

Pensai che non doveva essere mai accaduto, ma ora, l’unica che poteva esserne consapevole era Oscar.

Cercai di darmi un contegno, richiamando mia sorella all’attenzione.

“Danielle, dovremmo andare. Hai altre incombenze per questa sera…”

Solo allora, parve ricordarsi che ero presente alla scena; si volse a guardarmi in viso scostandosi da André quasi con imbarazzo. Fece qualche passo verso di me, sollevando leggermente la gonna e muovendo la paglia sotto i suoi passi: teneva il frustino in mano e con l’altra piegava leggermente lo scudiscio all’estremità, tradendo un lieve nervosismo.

“Sì, Oscar. Vai pure avanti, io ti raggiungo tra poco; voglio prima dare dell’ acqua e un po’ di biada al mio cavallo e volevo farmi aiutare dal nostro André.”

“Posso aspettarti, se vuoi…” tentai.

“Preferisco di no. Capisci, vero?”

Sollevò un sopracciglio con fare eloquente.

Capivo fin troppo chiaramente: Oscar nelle mie sembianze, voleva restare sola col suo attendente, un’evenienza allarmante. Mi resi conto che non avrei avuto totale controllo su ogni possibile risvolto del gioco e lasciarli soli era quanto mai rischioso; Andrè senza saperlo, avrebbe potuto tradire me e lui, contemporaneamente. Non sapevo cosa fare.

Avevo paura che dopo tanti sforzi, la verità venisse a galla troppo presto, ma Oscar mi stava mettendo alle strette e se avessi obbiettato qualche scusa si sarebbe insospettita.

Sospirai rassegnata e abbassai il capo.

“Ma certo… vado a cambiarmi per la cena.”

A passi lenti mi incamminai verso il cono di luce proiettato dall’uscita. Non volevo andarmene e non potevo restare. Lanciai un’occhiata rapida ad André mentre gli passavo di fianco. Non potevo metterlo in guardia senza tradire il patto segreto suggellato con Oscar. Lui non doveva sapere.

André ricambiò il mio stesso sguardo, forse solo un poco più perplesso.

Ma quando fui all’esterno delle scuderie non mi risolsi ad allontanarmi da lì.

Mi accostai dietro il portone nel tentativo di udire le parole che si sarebbero detti.

Ascoltavo, e intanto, paure opposte e contrastanti m’ invadevano il cuore.

Temevo di veder rivelato il mio segreto.

Temevo che André tradisse sé stesso e il suo cuore.

Temevo Oscar scoprirsi amata da lui, e respinta come Danielle, ma avevo anche paura di scoprirmi finalmente amata attraverso gli occhi di mia sorella.

Mi giunsero così le loro voci, i bisbigli, i silenzi, suoni leggeri di passi sulla paglia, il nitrito di un cavallo, un secchio d’acqua che veniva rovesciato nell’abbeveratoio.

Non potevo vedere gesti, né espressioni, né reazioni, ma mi sembrava di poter immaginare l’emozione rarefatta dietro le parole, mentre raccoglievo frasi spezzate che galleggiavano nell’aria come piume portate dal vento.

Il cielo della sera sopra di me era sempre più infuocato.

 

 

§§§§§

 

 

 

Oscar continuava a tormentare il frustino che reggeva tra le mani.

Dall’ingresso proveniva la luce rossastra del tramonto che sembrava far prendere fuoco alla paglia seminata sul pavimento. Preferiva restare nella penombra, l’aiutava a camuffare l’emozione che avvertiva ancora addosso, che le vibrava sulla pelle sotto il tessuto del vestito da amazzone. Sentiva tremare le vene dei polsi.

Andrè era fermo dietro di lei, in attesa.

Non sapeva di cosa e non trovava il modo di rompere quello strano silenzio che era sceso tra loro.

Cosa avrebbe fatto Danielle? Cosa avrebbe detto?

Aveva paura di guardarlo negli occhi e tradirsi.

Improvvisamente lo sentì muoversi, lentamente.

I passi sulla paglia si avvicinavano, accorciando la distanza tra i loro corpi.

Restava zitta, bloccata, mentre sperava che fosse lui a parlare per primo. A rompere il ghiaccio.

Ma non era ghiaccio se avvertiva uno strano calore che le scendeva dentro l’anima.

Che cosa farà lui?  Si chiedeva sgomenta.

E perché prima mi ha stretto così?

Lui voleva Danielle?

Prese fiato e coraggio.

Lei era Danielle; per il momento Oscar doveva scomparire.

Si voltò, decisa ad affrontarlo.

“Che cosa succede, André?”

Lo guardò dritto negli occhi che non le erano mai parsi così foschi, che forse mai l’avevano turbata tanto. Oscar non si era mai smarrita in quello sguardo, ma nei panni di Danielle le pareva di annegarvi dentro. Era una sensazione oltremodo inspiegabile, come lo strano vuoto fatto di paura e speranza che si era formato alla bocca dello stomaco. André era davanti a lei e sosteneva il suo sguardo con un’intensità sconosciuta.

“Credo tu lo sappia, Danielle. Sei stata tu a scatenare tutto.”

Sembrava un’ accusa e si chiese se l’amico non avesse ragione.

Cosa stava facendo Danielle?

“Spiegami, ti prego. Ho bisogno di capire: mi sto mettendo tra te e Oscar? Sto minando il vostro rapporto in qualche modo?”

Andrè avvertì il tono di voce accalorato, quasi spaventato.

Si era trattenuto davanti a Oscar, ma sentiva di non potersi contenere di fronte a Danielle; doveva parlare senza timore, senza ambiguità.

Con lei voleva prendersi il lusso doloroso di essere sincero. Forse anche cattivo.

C’era altro che doveva dire, e confusione e tormento nel suo cuore.

E un sospetto. Un dubbio cui non voleva credere, ma non poteva del tutto accantonare.

Lei sembrava diversa, sensazione che aveva avuto fin da quando le aveva viste scendere dalle scale quel pomeriggio. Così decise di rischiare.

La afferrò con impeto per le braccia.

“Non è strano che tu mi faccia una domanda simile? Certo che lo stai facendo! Te l’ho detto; tu mi turbi profondamente e non potrebbe che essere così. Perché lo fai, eh? Vuoi mettere alla prova la mia resistenza?”

“Cosa? NO!! Stai dicendo che tra noi… potrebbe succedere… Oh, André… dimmi la verità, ti prego; tra te e lei… - aveva paura a dirlo – è cambiato qualcosa, a causa mia?”

“Oh, Danielle… - sospirò - Io ho cercato di non pensare a quello che ci siamo detti l’altro giorno; ho cercato di non dare valore alle tue parole, ma passa il tempo e mi accorgo che non è facile. Sono solo da così troppo tempo che temo di confondere un palpito improvviso e leggero con un desiderio più grande… Dovevi seguire Oscar, non restare qui con me…” e mentre parlava, con il dorso della mano le accarezzò una guancia.

Oscar, senza nemmeno rendersene conto, quasi in un moto involontario, si lasciò andare a quel gesto gentile chiudendo gli occhi e inclinando il viso, per godere meglio di quel contatto inaspettato. Ma li riaprì quasi subito, sconvolta, quando si rese conto del brivido morbido che le correva sulla pelle delle labbra appena sfiorate dal pollice di André.

Così, occhi negli occhi, scoprì le loro labbra pericolosamente vicine.

Anche l’amico avvertì il pericolo; ridestato bruscamente, la lasciò andare allontanandosi svelto da lei. Riprese a parlare con foga, portandosi una mano alla tempia, ma senza guardarla in viso.

“E ora ci si mette anche il conte di Fersen con le sue richieste assurde! L’ho quasi preso a pugni, c’è mancato davvero poco.”

“Cosa?!”

La rivelazione fu così inaspettata che Oscar sgranò gli occhi. Tutto in quel momento le appariva sorprendente; perfino André le appariva nuovo e diverso. Avvertiva la voce vibrante e appassionata, un impeto sordo malcelato. Una foga tutta virile e affascinante. Un’ indignazione pura, sentita profondamente. Era magnetismo, quello più viscerale e se ne sentiva attratta come non mai.

“Sentirlo parlare in quel modo di te… e di Oscar… Non lo so… È stato veramente troppo anche per me.”

“Come… Oscar? Che significa? Cosa ti ha detto di lei?”

Domandò incerta; non era più sicura di volerlo sapere, né che le interessasse davvero.

E la risposta di André la inquietò più di tutto quello che di scabroso avrebbe potuto scoprire sul conte di Fersen.

“Oh, non è tanto quello che mi ha detto di lei; è quello che mi ha detto di te! Capisci?! È stato così cinico, da parte sua. Sei un trofeo da raggiungere, una meta ambita…”

Ricordare nel dettaglio i retroscena di quella conversazione, ancora lo innervosiva; l’attendente sembrava non trovare la maniera giusta per esprimersi, come se ci fosse un altro senso alle parole.

“All’ improvviso mi sono arrabbiato, ho reagito male. Non lo avevo mai fatto, neppure davanti a tua sorella. Ma vedi Danielle, ora a mente fredda, non so più dire da dove sia partita e dove sia arrivata la rabbia che ho provato. Non so cosa l’abbia davvero scatenata…” e su quelle parole la sua espressione divenne pensierosa. Oscar gli si accostò di nuovo posandogli una mano inguantata su un braccio.

“Che vuoi dire?”

Lo vide esitare, confuso, mentre l’ansia mista alla paura le bloccava il respiro e le accelerava il battito del cuore, e una malefica aspettativa la soffocava come se non avesse più parole da opporre.

“Non so esattamente chi volevo proteggere…  se te, oppure Oscar…”

Lei continuava ad ascoltare quella sorta di confessione, sbigottita, ma pronta a ricevere una fitta acuta e dolente all’altezza del petto.

“So che tu non ne hai bisogno, ma lei…”

André continuava a tremare d’incertezza, come se ogni singola parola gli costasse sforzo e fatica.

Sfinita da quell’attesa di un affondo, Oscar trovò il coraggio di anticipare la stoccata.

“André, tu… ti sei arrabbiato con Fersen a causa mia, perché… per caso… provi un sentimento… per me?”

Allora, lui la guardò di nuovo; uno sguardo serio e profondo come l’amore che nascondeva. Le prese una mano e scostando un lembo del guanto, le baciò l’interno delicato del polso, e Oscar avvertì sulla pelle sensibile il calore dolce ed eccitante di quelle labbra morbide. [1]

Non poté fare altro che trattenere il respiro che morì in un sussurro spezzato.

“Non lo so, Danielle. Davvero io non lo so. Oh, tu conosci i miei veri sentimenti, sai per chi batte il mio cuore, ma sai che sono solo quanto te. E hai ragione; sarebbe così facile tra noi…”

La lasciò andare e Oscar rimase inerte di fronte a lui, travolta dall’emozione che la sommergeva come la marea, e la riduceva al silenzio. Sentiva quella stessa marea arrivarle agli occhi; non avrebbe retto oltre, ma fu André a liberarla da quel tormento.

“Ti prego, va via Danielle. Vattene prima che uno di noi commetta una pazzia; se ora ti baciassi, come desidero fare, potrei non riuscire più a fermarmi…”

E bastarono quelle parole a farglielo desiderare.

E bastò il dolore che lesse in quegli occhi a farla fuggire da lì.

Sollevò le gonne e corse fuori verso la luce rossastra del tramonto, senza accorgersi che in parte quella fuga poteva tradirla; André l’aveva inseguita per un attimo ed era rimasto bloccato sul portone aperto, con la luce del sole morente all’orizzonte, col dubbio insidioso su chi fosse la donna che fuggiva. L’attendente non si accorse della gemella vestita da uomo nascosta precipitosamente dietro un albero, lì vicino; la finta Oscar aveva assistito all’ultima scena, colto stralci di parole e frammenti di emozioni che avevano acceso in lei un’effervescente speranza.

 

 

§§§§§

 

 

 

Tornavo verso la villa e avevo il cuore in tumulto.

Un tumulto fatto di gioia.

Avevo ascoltato solo parzialmente la conversazione nelle scuderie, ma il senso di tutto mi appariva straordinariamente chiaro; André avvertiva del trasporto per me, cosa di cui ero stata certa fin dall’inizio. Volevo credere che fosse qualcosa più di semplice trasporto. Ma per lealtà verso il suo amore segreto, forse tentava di soffocarlo, di sopire le braci che bruciavano sotto la cenere. Il bacio cui Andrè non aveva voluto cedere era, se non altro, la conferma che avevo ragione.

Dovevo raggiungere la mia stanza prima di Oscar, possibilmente senza farmi sorprendere da nessuno.

Ma dovevo prepararmi ad affrontare la reazione che avrebbe avuto.

Mi aspettavo il peggio.

Avevo appena varcato l’ampio ingresso, quando colsi la figura di Ninette, la mia cameriera; aveva l’aria sconvolta e si stava allontanando velocemente verso l’ala del palazzo riservata alla servitù.

Quando mi vide in abiti maschili, si bloccò un secondo, mi fece una riverenza rispettosa e corse via, prima che potessi fermarla.

L’avrei interrogata più tardi, appena fossi rientrata nei miei panni femminili, intanto puntai verso le scale che portavano ai piani superiori. Ero a metà della rampa e fu allora che colsi il rumore di una porta che si apriva al piano di sotto. Mi sporsi dalla balaustra per vedere chi fosse e scorsi l’ambigua madame Lisette uscire dal salottino privato che si trovava al temine delle scale. Ripensai all’espressione appena intravista della mia cameriera e collegai le due cose; proseguii salendo verso le mie stanze private, mi spogliai di pantaloni, panciotto, camicia, infilai la mia vestaglia da camera e lì, attesi.

Oscar mi avrebbe raggiunto a breve. Entrò trafelata nella stanza pochi minuti dopo.

Aspettai che mi dicesse qualcosa, un qualsiasi commento su quanto era avvenuto nelle scuderie. Ma Oscar si limitò a fare qualche passo nella stanza, quindi si lasciò cadere pesantemente su una sedia, con lo sguardo fisso su un punto imprecisato del pavimento. Pareva assente.

Non mi sarei aspettata quella reazione; domande, accuse, grida e strepiti, ma non quel silenzio opprimente e indecifrabile.

Cercai di superare quel silenzio.

“Oscar… ma che succede? Qualcosa è andato storto? Perché non dici una parola?”

Allora, lei si voltò a guardarmi; l’espressione tranquilla era però enigmatica. Impossibile immaginare i suoi pensieri o i suoi dubbi. Più sconcertanti di tutto furono le sue parole.

“Ridammi i miei vestiti; è ora di tornare a essere noi stesse.”

Non aggiunse altro, mentre con le mani stava già trafficando senza troppa cura con le forcine che trattenevano il cappellino sulla testa. L’aiutai a sfilarsi la gonna, a slacciare il busto e per tutto il tempo di quell’ operazione mantenne il più assoluto silenzio, assorta in pensieri segreti.

Quando fu vestita e pronta per andarsene, la bloccai sull’uscio con una domanda.

“Oscar, non devi dirmi niente?”

“No Danielle. Non ho niente da dirti.”

La porta si richiuse fra noi senza ulteriori parole.

 

 

 

§§§§

 

 

Leopold, seduto in poltrona accanto al camino, osservava con dolcezza la sua accompagnatrice che sorseggiava una tazza di te. Avrebbe preferito essere solo con lei, già lontano da quella casa.

Lo sarebbe stato tra un paio di giorni, sperava non accadesse nulla fino ad allora.

Lisette con la sua discrezione, aveva saputo reggere benissimo la situazione imbarazzante di trovarsi in casa con sua moglie Danielle. Ma all’ imprevisto di quella riunione famigliare si era aggiunta Oscar. La cognata lo aveva impensierito; conosceva il suo acume, l’intuizione del militare, e che fosse lì, con Danielle, non lo faceva stare tranquillo.

Poi rifletteva, e pensava che da una donna di quello stampo non potessero venire sospetti di natura tipicamente femminile.

Lisette anche nel silenzio, avvertiva la sua agitazione. Posò tazza e piattino sul tavolo davanti a lei; il tintinnio della porcellana contro il cucchiaino scosse il conte in modo impercettibile.

“Siete troppo preoccupato. Non credo che a vostra cognata interessino i vostri segreti. Né saprebbe intuirli.” Commentò con assoluta calma.

“Volete dire i nostri segreti, mia cara. - Puntualizzò il conte di Recamier. – Però non dovreste sottovalutarla, sapete? Tutte le volte che l’ho fatto io, me ne sono sempre pentito.”

“Credetemi, non sottovaluto madamigella Oscar, non farei mai un errore del genere. Però nei vostri segreti mi sono trovata coinvolta, mio malgrado. Non ho potuto fare altrimenti.”

La donna sorrise all’uomo bonariamente, quasi con indulgenza.

“Non fatemi sentire in colpa, vi prego; non ho mai pensato che sarebbe finita così. Eppure, in nessun altro modo noi ci saremmo legati tanto profondamente. Non trovate?”

Constatò guardandola in viso. Lisette abbassò lo sguardo sulle mani che teneva in grembo.

“Sì, ne convengo. È comunque molto triste avere trovato l’amore e il dolore più atroce nello stesso tempo.”

Leopold si alzò dalla poltrona, le si fece accanto e le prese le mani.

“Anch’io ho sofferto Lisette; amavo sinceramente Isabeau, aveva portato una ventata di freschezza nella mia vita. Prima di lei non ricordo di essermi sentito felice.”

“Isabeau era la gioia di vivere… per tutti noi. Ma dopo di lei? Siete altrettanto felice con me, ora?” chiese Lisette con un sorriso franco e una nota vagamente amara nella voce argentina.

“Non potete dubitarne. Voi mi avete ridato la serenità perduta.”

“Lo so. Perdonatemi se a volte ne dubito, specialmente ora che ho incontrato vostra moglie; una donna giovane e molto bella… uno spirito inquieto, con una luce strana e mutevole nello sguardo; è di lei che dovremmo preoccuparci…”

Lisette aveva parlato quasi assorta in pensieri propri.

“Spirito inquieto? Non capisco che intendete… - Leopold accennò un vago sorriso, fece una lunga paura, poi sospirò. - Voi capite che mia moglie non dovrà mai venirlo a sapere: sarebbe un disastro.”

Lisette si alzò dal piccolo divano in un frusciare di sottane, per accostarsi all’ampia vetrata; si perse qualche secondo nella contemplazione del cielo tinto di striature rosa e arancio all’orizzonte. Poi tornò con gravità a posare lo sguardo sull’uomo rimasto seduto al suo posto.

“E come pensate di poterlo nascondere, Leopold? Ci saranno documenti da erigere per il riconoscimento; la bambina porterà il vostro nome. Si verrà a sapere comunque. Siete ancora disposto a riconoscerla, non è così? Io non ho mai inteso obbligarvi; ero già pronta a farmi carico della piccola anche senza il vostro aiuto.”

“Ma Lisette, si tratta di mia figlia. Non intendo sottrarmi alle mie responsabilità, né verso di lei, né verso di voi.  E vi prego, non prendetelo per senso del dovere; sapete bene che sono mosso da sentimenti profondi per voi. Ve l’ho già dimostrato.”

Il conte non nascose il tono permaloso.

Lisette si allontanò dalla finestra per tornare a sedersi accanto a lui.

“Lo so, Leopold.” E gli strinse le mani, un gesto che non era solo gratitudine.

L’ambiente era debolmente illuminato dalla luce fioca di poche candele.

Lisette accostò la fronte a quella dell’uomo.

Nessuno di loro si accorse della fedele e sveglia Ninette rimasta ad ascoltare dietro la porta chiusa per ordine della sua padrona; aveva scoperto quanto bastava a gettare lo scandalo sulla famiglia Recamier.

Ora la serva si mordeva le labbra nel dubbio su cosa fosse giusto fare e si chiedeva se non fosse più saggio e conveniente tenere tutto per sé.

 

 

 

Continua…

 

 

Eccomi qui e scusate l’enorme ritardo.

Buona festa della donna; spero gradiate il mio regalo.

Ho avuto qualche problema con la seconda parte del capitolo, temevo di anticipare troppo gli eventi, ma neppure vorrei allungare troppo il brodo e mi pareva giusto far capire certe dinamiche, anche se ancora non le ho chiarite del tutto.

Qualcosa inizia a svelarsi, ma il meglio ci sarà coi prossimi capitoli.

Intanto, spero che questo capitolo vi abbia soddisfatto.

Come sempre voglio ringraziare tutte le persone che seguono questa storia e che l’apprezzano, per me vuol dire molto.

Per Serelalla; te lo dico subito, così ti prepari psicologicamente. Fai un respiro profondo… Dovrai attendere un po’ di più il prossimo aggiornamento, perché ho un’altra storia da portare avanti, un altro capitolo da scrivere (e tu conosci i miei tempi) quindi sarò costretta a trascurare questa storia per un po’. Coraggio, sei una ragazza forte, ce la puoi fare!!

Ciao a tutte e grazie di tutto.

 

 

 

 

 



[1]  Scena ispirata da “L’età dell’innocenza”. Mi piace troppo quel film e ho pensato che una scena simile poteva stare benissimo qui.

   
 
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