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Autore: Il Professor What    09/03/2012    4 recensioni
Sto finendo di guardare "I Tudors", e suggestionato dall'ultima puntata, dove Enrico VIII vede i fantasmi delle sue prime tre mogli, ho deciso di fare incontrare al sovrano altri due spettri, di due persone importanti del suo passato.
Genere: Drammatico, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati tre giorni dall’apparizione di Moro. Enrico era sempre più debole e malato. Aveva cominciato a sentire il peso dell’immensa reggia attorno a lui, quasi un Dio gliel’avesse caricata sulle spalle come ad Atlante. I servitori evitavano il suo sguardo quando lo servivano, venivano e strisciavano via impauriti, timorosi dei propri pensieri. Ma lui sapeva quello che pensavano, sapeva che vedevano che stava morendo, eppure non riuscivano né a dirglielo in faccia né a mentirgli.
Si era trascinato fino alla cappella del palazzo, e cercava di pregare. Ma le quattro apparizioni avevano innescato una ridda di immagini, suoni, voci che ormai non lo abbandonava più. A volte rivedeva Anna ballare nelle sue stanze, altre volte il sorriso dolce di Jane incinta, altre ancora Tommaso che gli spiegava teologia. Le parole latine gli scivolavano fuori dalla bocca per volare in alto, ma il suo cuore restava in basso, oppresso, schiacciato dai ricordi.

E lo sentì. Il brivido ormai familiare, la sensazione di non essere solo. Stanco e rassegnato, si voltò per vedere chi era. E restò impietrito.

Odio, puro odio fiammeggiava in quegli occhi scuri come la notte. Il viso ingrugnito come quello di un bulldog, il corpo magro e secco avvolto nel solito completo nero, il fantasma sembrava avere tutta la durezza fredda e liscia della pietra.
“S-signor Cromwell” balbettò, spaventato. Nessuno degli altri lo aveva guardato così: Tommaso e Jane erano addolorati, Caterina fiera, Anna piena di rimpianto. Cromwell, invece, aveva l’espressione dell’odio.
“Maestà.” La voce un tempo melliflua adesso era un suono che gli faceva gelare le ossa.

“Cosa volete?” chiese alla fine Enrico, dopo lunghi secondi di un silenzio pesante come il piombo.
“Ammirare cosa avete fatto del vostro regno dopo la mia morte. E’ stato Hereford a sostituirmi, giusto? Un buon amministratore… uno scarso politico. Non credo durerà molto a lungo. E neanche suo fratello.” Scosse la testa, ridendo sottovoce. “Mi sono sempre chiesto come ha fatto la loro sorella ad accecarvi così tanto da non farvi vedere le serpi attorno a lei.”
“Non osate…” Enrico si infiammò di collera a quelle parole. Nessuno aveva il permesso di insultare Jane o la sua memoria! Nessuno!
“Altrimenti, cosa mi fate, Maestà? Mi manderete di nuovo al patibolo? L’avete già fatto una volta, mi pare… e sempre per causa di una donna.”

Rabbia. Disprezzo. Veleno. Quelle parole erano uno schiaffo morale, che Enrico non intendeva tollerare. Si alzò e cercò di colpire lo spettro, ma la gamba malferma cedette e si ritrovò a terra, ansimando per il dolore e lo sforzo, i piedi di Cromwell davanti alla sua faccia.
Sic transit gloria mundi… Così passa la gloria del mondo.” Adesso era quasi divertito, Cromwell.

“Andatevene via, signor Cromwell! Andatevene via!”
“No.”

Per un attimo, Enrico credette di aver capito male: gli aveva detto no? Gli era stato detto “no”? Non conosceva quella parola, nessuno gliela diceva da anni. Stupito e irato, Enrico rialzò lo sguardo da terra per fissare il suo aguzzino.

“Non me ne andrò da qui, Vostra Maestà, a vostro comando. Me ne andrò quando piacerà a me, per una volta. Voi non avete più alcun potere su di me… sono libero, come ho sempre cercato di essere. Quasi vi ringrazierei per questo, se non dovessi ricordare come quel bastardo di Brandon, i vostri cari cognati e quel cane di sir Francis Bryan mi abbiano fatto morire! Ve l’hanno detto, o no, che hanno fatto ubriacare il boia perché la mia testa non si staccasse subito?”
“Non incolpate me per colpe che sono vostre, Thomas! Voi vi siete elevato da solo alla vostra posizione! Avete tradito Wolsey, quando vi ha chiesto aiuto, o sbaglio? Avete tradito i Bolena, che vi avevano appoggiato, giusto?”
“Perché, voi no? Non mi dite che non avete colpa nelle malefatte o nella caduta del cardinale, o di Anna e della sua famiglia, o anche della mia, Vostra Maestà! Voi siete responsabile quanto noi, perché prima non vi siete accorto di niente, e dopo ci avete sputati via come spazzatura!”

Enrico fece un altro sforzo per alzarsi e colpire la figura, ma di nuovo la gamba gli cedette, e il re ricadde in ginocchio per terra, urlando straziato dal dolore. Nessuno accorse, come se la reggia fosse improvvisamente vuota. Quando l’urlo si spense, Cromwell riprese a parlare.

“Credete di aver mai contato qualcosa, Vostra Maestà? Pensavate di essere per davvero il centro dei nostri pensieri e delle nostre attività? Oh, ma certo che sì, siete sempre stato un presuntuoso, orgoglioso, lunatico. Un bamboccio, un burattino di pezza facilissimo da manovrare.”
“Non vi permettete, Cromwell! Non vi…”
“Ah no, Vostra Maestà, questa volta io parlerò, e vi dirò tutto, fino all’ultima sillaba! Anzi, no, vi farò una domanda: quando mi avete mandato al patibolo, eravate davvero convinto che io fossi colpevole?”

Enrico non seppe cosa rispondere a questa domanda. La verità è che non ci aveva mai pensato. Non aveva mai preso seriamente in considerazione il caso di Cromwell, quando era stato incarcerato. Preso com’era dalla smania per Catherine Howard, aveva ascoltato senza troppa attenzione le accuse che gli venivano presentate contro di lui dai Seymour e da Gardiner. E comunque, non lo sopportava più, dopo quel fallimentare matrimonio con la tedesca… la tedesca con cui aveva comunque finito per andare a letto, si ricordò improvvisamente.

“E pretendete che vi porti rispetto?” Quasi urlava, adesso, il fantasma, mentre ogni singolo lineamento del volto era sfigurato da un furore cieco. “Io ho perseguito per tutta la mia vita uno scopo… con pochi scrupoli, certo, e commettendo molti peccati, sicuramente… ma almeno posso dire in tutta sincerità che sapevo cosa volevo, e mai, mai ho ucciso o tradito un uomo a mente leggera, senza cercare di sapere per quale motivo dovesse morire. Voi potete dire lo stesso? Voi, un bambino mai cresciuto con una corona in capo?”
“Io sono il re d’Inghilterra!” urlò allora Enrico con tutta la voce che gli rimaneva nei polmoni, in un disperato tentativo di far cessare quello spettro accusatore, che gli buttava in faccia tutti i suoi dubbi, scavandogli nella testa con lucida crudeltà, risvegliando vecchi spettri e fantasmi.
“Ve ne è mai fregato qualcosa del vostro popolo? O del futuro del vostro paese? Della Riforma, ve ne è mai importato qualcosa? No, erano solo mezzi per soddisfare il vostro egoismo, la vostra infantile e irritante megalomania! Voi siete la vergogna di vostro padre e della vostra nazione, ma adesso è finita.”

“Che intendete dire?” Non gli piaceva per niente il sorriso soddisfatto che era comparso sulle labbra del fantasma.

“Sapete che vostra figlia Elisabetta ha fatto voto di non sposarsi? E’ una ragazza forte, credo che lo manterrà. Ah, e vostra figlia Maria… povera fanciulla, lei desidera un matrimonio, ma se non ve ne siete occupato voi che siete il padre, ho i miei dubbi che ci penserà Edoardo… anche lui, povero bimbo, chissà se vivrà abbastanza da diventare grande…”

NO! Enrico sbiancò in viso. Non poteva essere vero… non doveva essere vero! I Tudors non potevano finire così! Per tutta la vita, aveva cercato di continuare la dinastia di suo padre, non poteva finire con lui! “State mentendo!”
“Sto solo facendo delle constatazioni.” La calma con cui Cromwell disse questa frase abbatté il re, che chinò piano la testa, come sotto la mannaia del boia. Allora era vero.

“Quello che dovevo dire l’ho detto. Vi saluto, Vostra Maestà… a presto.” Adesso la voce era tornata melliflua, come in vita, ma la mellifluità era tinta di sarcasmo e di ironia.
Enrico non alzò gli occhi per vederlo scomparire. Non si mosse dal pavimento. Non emise né un suono né un lamento. Si limitò ad accasciarsi a terra, le forze che gli mancavano, i nervi ormai a pezzi, il viso scosso dai singhiozzi, e la verità delle parole di Cromwell a rimbombare nella sua testa.

Non era più niente, ormai. Non era mai stato niente, forse. Non era stato un marito, perché tutte le sue mogli erano state maltrattate o poco amate. Non era stato un padre, perché aveva scacciato le sue due figlie e aveva fatto crescere suo figlio lontano da sé. Non era stato un re, perché non si era mai chiesto quale fosse per davvero il bene del suo paese. Tra poco, non sarebbe stato neanche più un uomo… tra poco, avrebbe incontrato Chi non poteva comandare. E tutti coloro che aveva umiliato, offeso, ucciso, sarebbero stati di fronte a Lui per accusarlo, come Cromwell adesso.
La paura lo attanagliò e non lasciò più, in quegli ultimi giorni che lo condussero alla tomba.
 

“Perché con lo stesso metro con cui giudicate, sarete giudicati.

  
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